Fig.
VIII. 68 - Il tacchino
dalla cresta bianca maschio
Eleazar Albin
vide questo uccello presso
Henry Cornellyson, Scudiere,
dall’altra parte di Chelmsford, nella provincia di Essex.
Eccoci al dunque.
Quando il nostro Cristoforo nel 1502 approdò a Punta de Caxinas ricevette gallinas de la tierra che erano migliori di quelle spagnole:
«Here he was hospitably received by the natives, who brought food consisting in part of native fowls (gallinas de la tierra) which were better than those of Spain. [1] »
Bennett & Zingg (1935) in una relazione sulla tribù dei Tarahumara [2] del Messico settentrionale ci fanno sapere che per questi Indiani non è un problema addomesticare il tacchino e che non c’è neanche bisogno di tagliargli le remiganti in quanto non solo non fugge, ma di notte dorme sulle case o sugli alberi circostanti. Vi invito a dedicare la massima attenzione alla lettera del Professor Carter che troverete fra poche pagine, in cui ci parla della presenza del pollo nell’area esplorata da Coronado [3] .
Anche i nostri ruspanti, che proprio per il fatto di ruspare vivono al suolo, vanno di buonora ad appollaiarsi sugli alberi, ma non tutti ci riescono, dipendendo dalla razza e dalla varietà. Invece i miei pavoni avevano scelto la casa del vicino e alcuni addirittura i cavi dell’energia elettrica; per non parlare dei miei giovani tacchini che ho sempre dovuto ricuperare dagli alberi nottetempo se volevo abituarli al pollaio.
Affermando che volano sia i tacchini che molte razze di polli, né i tacchini né i polli sarebbero teoricamente identificabili come gallinas de la tierra, in quanto ambedue stanno al suolo solo di giorno. Però i tacchini - perlomeno quelli strettamente imparentati col selvatico - volano, mentre non si comportano così tutti i polli, per cui questi sono più gallinas de la tierra di quei tacchini.
Sembra quasi che stia spaccando il pelo in due!
Allora, siccome tacchino e pollo vivono al suolo durante il giorno, ma solo il tacchino non industriale ha la peculiarità di appollaiarsi sempre e in alto, non vorrei che la dizione gallinas de la tierra anziché significare gallinacei indigeni di quella terra - dall'identità incerta oppure identificabili come tacchini - non foss’altro che l’equivalente di atahualpa (wa = uccello + allpa = terra) usato dagli Incas per indicare il pollo: quindi, dei polli belli e buoni.
Non ho esperienza sulla capacità di spiccare un volo da parte di una varietà di tacchino creata dall’uomo , la Beltsville white, quella dal petto largo che ci delizia il palato con prelibate bistecche, ma credo che stia sempre e solo a terra in quanto non è neppure capace di accoppiarsi tanto il suo soma è sbilanciato. Però ai tempi di Colombo questo ceppo non era ancora stato inventato.
Al contrario, perlomeno in Europa e in Asia, esistevano già tante varietà di polli che non è il momento di elencare; cerchiamo di non scordare che se l’arricciata ha qualche difficoltà di volo, allora la gallina da lavare con Perlana citata da Aldrovandi - cioè la Gallina lanigera di cui parla anche Gessner - non dovrebbe farcela a muoversi da terra.
Che dire, poi, di quei polli osservati da Marco Polo nel reame di Fugiu, che avevano peli come i gatti “E havvi belle donne, e havvi galline che non hanno penne, ma peli come gatte, e tutte nere...”?
Colombo disse che quei volatili erano migliori di quelli di Spagna.
Se riuscissi a dimostrare, come sto agognando da tempo, che il tacchino era già presente in Europa prima della scoperta del Nuovo Mondo, allora dovete convenire che questo brano di storia mi darebbe una mano in quanto, secondo la tesi gallinas de la tierra = tacchini, Colombo ricevette tacchini migliori di quelli già presenti in Spagna.
Non erano certo tacchini quelli di Punta de Caxinas, perché in caso contrario verrebbe meno la certezza di una loro importazione dall’America nel 1511 o nel 1512.
Queste date si fondano su due documenti. Un ordine del Vescovo di Valencia del 24 ottobre 1511 imponeva ad ogni nave delle Isole e della Tierra Firme di trasportare a Siviglia dieci tacchini, maschi e femmine, per allevarli. Un ordine reale del 30 settembre 1512 parla di due tacchini arrivati in Spagna su di una nave proveniente da Hispaniola.
Oppure quelli di Punta de Caxinas erano senza dubbio tacchini che Colombo già conosceva per averli mangiati in Spagna. Così si renderebbe valida un’ipotesi scartata dai più:
fu Pedro Alonso Niño nel 1500 a portare in Europa il tacchino da lui scoperto nel 1499 durante la spedizione in Tierra Firme a Curiana, a ovest di Cumaná in Venezuela. La notizia è dovuta a Pietro Martire, che nel libro VIII della prima Decade riferisce della spedizione di Peralonso Niño:
Cria aquella tierra en abundancia ciervos, jabalìes, conejos, en el vello, en el color y en el tamaño semejantes a liebres, y palomas y tortolas; las mujeres crian en las casas patos y anades, como entre nosotros. En los bosques revolteaban a cada paso los pavos (mas no pintadas y de varios colores, pues el macho se diferencia poco de la hembra), y por los arbustos de las lagunas, los faisanes. |
In quella terra crescono in abbondanza cervi, cinghiali, conigli che nel pelo, nel colore e nella grandezza somigliano a lepri, colombi e tortore; nelle abitazioni le donne allevano germani e anatre, come accade anche da noi. Nei boschi svolazzavano pavoni ad ogni passo (ma non colorati e variopinti, inoltre il maschio si differenzia poco dalla femmina) e, tra gli arbusti delle lagune, i fagiani. |
A mio parere questi pavos selvatici della foresta di Curiana che svolazzavano ad ogni piè sospinto dovevano essere dei rappresentanti del genere Crax. Peralonso Niño avrà importato in Europa altri pavos, ma non questi.
Quindi Colombo aveva già degustato tacchini in Spagna prima del 1502: quelli di Peralonso Niño.
Da notare che Pietro Martire nella III Decade, riferendo della visita di Colombo a Capo Honduras, dice che vi erano uccelli simili a pavoni per colore, dimensioni, gusto e sapore. Se non erano Cracidi, è verosimile che fossero tacchini, ma ciò non esclude a priori che gli indigeni abbiano offerto a Colombo non solo tacchini, ma anche polli.
Durante le peregrinazioni del quarto viaggio - quello del 1502 - Colombo giunse nella terra di Cariai: “Llegué á tierra de Cariai...” in Costa Rica; il luogo dell’approdo è forse l’isola di Uva di fronte a Limón; nella terra di Cariai vide alcuni polli molto grandi, gallinas, forniti di piume lanose. Il testo è tratto da Cristóbal Colon: Los cuatro viajes; Testamento, Consuelo Varela, Alianza Editorial, Madrid 1984, pag.291:
De muchas maneras de animalias se uvo, mas todas mueren de barro; gallinas muy grandes y la pluma como lana vide hartas; leones, cierbos, corços y otro tanto y assí aves. |
Trovammo molte altre sorte di animali, che tutti muoiono a causa di bubboni purulenti; vidi molte galline assai grandi dalle piume come di lana, leoni e cervi e caprioli e molti animali ancora, e così uccelli. |
Anche questi sono polli buoni e belli, perché ci sarebbe da rischiare il capestro affermando che Colombo non era in grado di distinguere polli da avvoltoi, i quali, da giovani hanno piume lanose: secondo alcuni forse queste gallinas erano giovani avvoltoi.
Non è soltanto mia l’idea che Colombo avesse qualche numero naturalistico.
Mario Cermenati, in Ulisse Aldrovandi e l’America, recita testualmente:
«Lo scopritore del nuovo mondo, dotato di un vivissimo sentimento della natura e di un penetrante spirito d’osservazione, si era occupato anche di ricerche e di studi di storia naturale, come lo provano le postille autografe ad un Plinio del 1489; e fino dal suo primo viaggio aveva portato seco, non soltanto quell’oro e quelle perle per cui tutti i volgari andarono in visibilio, ma non pochi altri prodotti naturali, come a dire frutti svariati e pelli di fiere, tanto che la regina Isabella - con lettera da Segovia del 1° agosto 1494 - lo eccitava a continuare nelle raccolte ed a fare sopra tutto incetta di novità ornitologiche.»
Bernal Diaz del Castillo (Medina del Campo 1492 - Guatemala 1581) partecipò alla spedizione di Hernán Cortés alla conquista del Messico e, già vecchio, scrisse la Verdadera historia de la conquista de la Nueva España, uscita postuma nel 1632. La sua narrazione è colma di citazioni riguardanti il cibo, fatto che peraltro non deve sorprenderci in un soldato, che spesso è alle prese con il problema del pane quotidiano.
Orbene, Diaz fa riferimento ai polli in ben 61 passaggi diversi. In un punto egli parla di polli di Castiglia, nei rimanenti usa 55 volte il termine generico gallina, due volte gallina de la tierra - termine anch’esso non specifico - e tre volte impiega dei termini che offrono scarsi indizi identificativi. Vediamo i passi più interessanti.
Descrizione della visita a Montezuma alla quale Diaz partecipò in veste di guardia del corpo di Cortés:
Oí
decir que solían guisar carnes de muchachos de poca edad, y como
tenìa tantas diversidades de guisados y de tantas cosas, no lo
echabamos de ver si era de carne humana o de otras cosas, porque
cotidianamente le guisaban gallinas, gallos de papada, faisanes,
perdices de la tierra, codornices, patos mansos y bravos, venado ... e
cosas que se crian en estas tierras, que son tantas que no los
acabaré de nombrar tan presto. |
Sentii dire che essi erano soliti cuocere carne di bambini piccoli, e siccome vi erano tante cose lesse di diverso tipo e tante cose, non riuscimmo a vedere se si trattava di carne umana o di altro tipo, perché tutti i giorni cuociono galline, gallos de papada, fagiani, pernici de la tierra, quaglie, anatre domestiche e selvatiche, cervo ... e cose allevate in queste terre, che sono così tante che non riuscirei a finire di nominarle in breve tempo. |
Quindi Diaz opera una netta distinzione fra gallinas e gallos de papada: i due termini sono separati da una virgola.
Descrizione di ciò che Diaz ebbe modo di vedere in un villaggio interamente deserto dove sostò durante una lunga e faticosa marcia attraverso l’Honduras:
Pues desque hobimos entrado en las casas, hallamos tantos gallos de papada y gallinas cocidas, como los indios las comen con sus ajis y de pan maíz que se dice entrellos tamales, que por una parte nos admirábamos de cosa tan nueva, y por otra nos alegramos con la mucha comida. |
Dopo essere entrati nelle case, trovammo molti tacchini e galline cotti, come gli indios li mangiano con i loro peperoncini e con il pane di mais che loro chiamano tamales, e da una parte restammo meravigliati di un fatto tanto nuovo, e dall’altra ci rallegrammo per il cibo abbondante. |
Diaz descrive lo straordinario banchetto organizzato da Cortés in Messico per celebrare la pace temporanea fra Carlo V e Francesco I di Francia nel 1538:
...
y luego gallos de papada y gallinas rellenas; ... luego pollos y
perdices de la tierra ... y luego traen gallinas de la tierra cocidas
enteras con picos y pies plateados ... |
... e quindi tacchini e galline in umido; .. quindi polli e pernici de la tierra ... e quindi portano galline de la tierra cotte intere col becco e le zampe ricoperti d’argento ... |
Non aggiungo altro e mi associo a Langdon.
[1] Il testo è di Schorger; abbiamo già visto che l’originale di Fernando Colombo suona così: gallinas de la tierra, que son mejores que las nuestras.
[2] I Tarahumara, di ceppo mongolico, giunsero dall’Asia attraverso l’istmo di Bering. Essi si attribuirono il nome di Raramuri - corridori scalzi - e vivono in circa 60.000 unità nelle sierre dello stato messicano di Chihuahua confinante con Texas e New Mexico. In remoti villaggi del Giappone e fra i Tarahumara esiste un’identica prassi: il divieto totale di cibarsi di uova e di carne di pollo (George Carter, ottobre 1996).
[3] Vazquez de Coronado (forse Salamanca 1510 - Messico 1554): governatore della Nuova Galizia (Messico), iniziò nel 1540 una lunga spedizione che lo portò a percorrere il Texas, l'Oklahoma e il Kansas attuali, giungendo fino al Sud della California. I risultati politici ed economici della spedizione furono nulli, mentre si rivelarono di grande importanza quelli geografici e storici.