Allorché
nel 1600 venne pubblicato il II volume dell'Ornithologia
di Aldrovandi, non erano ancora trascorsi molti lustri da quando a
Basilea - il cui toponimo dal 1448 si unì al basilisco,
animale fantasioso e terribile - un gallo di undici anni era stato
condannato a morte. Venne decapitato e messo al rogo in quanto si era
permesso di andare contro natura: aveva deposto un uovo. Era il 4
agosto del 1474. Anche il suo presunto uovo venne dato alle fiamme
A
Basilea il basilisco, da solo o in coppia, fa da supporto allo stemma
civico caricato del pastorale vescovile. Sul Lungoreno si trova la
Drachenbrunnen - la fontana del drago - o Basiliskenbrunnen ,
una fontanella pubblica del 1884 che getta acqua in continuazione
dalla bocca di un basilisco dotato di cresta semplice e di due bei
bargigli da gallo Livornese.
Così,
Basilea cremò un gallo ovaiolo, ma già da 5 lustri aveva unito un
essere peccaminoso, mostruoso e fantastico al simbolo del potere
spirituale.
Basilisco
che fa da supporto allo stemma civico di Basilea
caricato del pastorale vescovile
Stampa del XVI secolo – archivio personale di Ottfried Neubecker
Com’è
strano l’atteggiamento dell’uomo! Il basilisco regge lo stemma
della città con il pastorale, e la popolazione metteva al rogo un
povero gallo ovaiolo. Ha ragione Cecilia Gatto Trocchi quando afferma
che nell’antica Roma gli ermafroditi erano un foedum atque turpe prodigium, una turpe mostruosità che intacca
l’ordine naturale di quegli esseri che sono normalmente o maschio o
femmina, portando così l’umanità a sentirsi minacciata dalla
collera degli Dei. Basilea ridusse in cenere un gallo ovaiolo, ma unì
un essere peccaminoso, mostruoso e fantastico al simbolo del potere
spirituale. È imbarazzante tutto ciò, è semplicemente imbarazzante.
Quei
maschi e quelle femmine le cui gonadi non si sono sviluppate
regolarmente o che non funzionano normalmente, vengono detti capponi
di sviluppo e poulardes di
sviluppo. Talvolta l’ovaio è così inattivo al momento della
muta che le nuove piume non subiscono l’influenza degli ormoni
femminili e si sviluppano invece come quelle di una poularde,
ossia assai simili alle piume di un gallo. Se l’ovaio,
successivamente alla muta, riacquista la propria funzionalità, la
gallina può deporre uova. Dato che il suo piumaggio mascolinizzato
non cambia fino alla muta successiva, ci troviamo di fronte a un
individuo che sembra un gallo ovaiolo. Oggi un pollo siffatto susciterebbe solo una giusta
curiosità scientifica, ma così non poteva essere in epoche in cui la
stregoneria era à la page,
e così non poteva essere nel 1474 quando a un povero gallo -
verosimilmente di questo tipo - toccò prima la mannaia e poi il rogo
per l’evidente crimine contro natura.
Ma
non è certo il momento di analizzare per intero questo affascinante
ramo della biologia per il quale una revisione dei dati è già stata
compiuta da Forbes a partire dall’epoca aristotelica. Aldrovandi
crede e non crede a questa stranezza della natura dal sapore quasi
diabolico, ma alla fin dei conti deve timidamente arrendersi -
timidamente, a mio avviso, e per ovvi motivi politici - di fronte alle
persone degne di fede che gli avevano portato alcune uova di gallo.
È
d'obbligo contraddire Aldrovandi circa il fatto che Aristotele non
menziona le uova di gallo: "È accaduto di osservare formazioni
simili all'uovo in un certo stadio del suo sviluppo (cioè tutto
uniformemente giallo, come lo sarà più tardi il vitello), anche in
un gallo sezionato sotto il diaframma, laddove le femmine hanno le
uova; queste formazioni sono interamente gialle d'aspetto, e grandi
come le uova. Vengono tenute in conto di mostruosità." (Aristotele
Historia
animalium VI, 2).
Giustamente
Aldrovandi non trova nulla da eccepire circa l'età di siffatti galli
che si dice depongano uova. Infatti, se la longevità potenziale
massima del pollo domestico raggiunge i 30 anni, la longevità media
dei galliformi allevati in cattività si aggira intorno ai 13 anni.
Per curiosità è interessante conoscere quanto riferito da Bowles nel
1964: nel 1930, in occasione del IV Congresso Mondiale di Avicoltura
tenutosi a Londra, fu esposto al Palazzo di Cristallo una femmina di
Silky dalla veneranda età di 24 anni. Bowles era inoltre a conoscenza
di una nana ibrida ancora in vita che aveva 23 anni e che nei primi 18
anni aveva deposto regolarmente uova; questa gallina apparteneva a
Elliot Kimball.
Torneremo
sul colore di queste uova di gallo quando ci addentreremo nei meandri
di quale fosse la colorazione del guscio nei secoli passati. Vorrei
tuttavia aggiungere che le annotazioni di Aldrovandi sono precise
circa alcuni punti. Oggi sappiamo che il tuorlo è in grado di
stimolare meccanicamente la produzione dell’albume: infatti questo
può essere ottenuto anche con sfere d’ambra, d’osso o di cera
collocate all’inizio dell’ovidutto. Anche le feci deviate
artificialmente verso l'ovidutto vengono ricoperte d’albume. Le uova
senza tuorlo d’origine spontanea dimostrano tuttavia che un corpo
estraneo non è di capitale importanza per la loro formazione: tali
uova, costituite solo da albume e guscio, sono anche dette uova
di gallo, e sono frequenti verso la fine del periodo depositivo,
ovviamente della gallina. Lo
stesso Thomas Browne
nel 1646 così scriveva a questo proposito nel suo Pseudodoxia
Epidemica (III,vii): “[...] as we have made trial in some which
are termed Cocks' eggs: Ovum Centennium, or the last egge,
which is a very little one.”
Le
uova di gallina senza tuorlo, sfrondate delle fantasie del passato,
vengono fondamentalmente distinte in due classi:
-
uova contenenti parassiti o altri corpi estranei con funzioni di
stimolo meccanico
-
uova prive di qualsiasi incluso cui possa essere attribuita la
produzione abnorme di albume.
In
questo secondo caso l’ipotesi più accreditata è quella secondo cui
il solo accumulo di albume nelle sezioni albuminifere dell'ovidutto è
in grado di stimolare successivamente la formazione del rivestimento
calcareo.
A
questo punto è ovvio chiedersi da che tipo di galli provenissero le
uova osservate da Aldrovandi: da una poularde? oppure da
qualche pollo con un diverso curriculum vitae? Sembrerebbe più
verosimile la seconda ipotesi, dato che "aedere [edere]
autem id inquiunt, cum iam decrepitus esse incipit, ac senectute
confici, idque nonnullis septimo, nono, aut ad summum decimoquarto
aetatis anno evenire."
Sappiamo
per certo che una femmina, in cui siano contemporaneamente presenti
tessuto testicolare e ovarico, di solito presenta una cresta di tipo
maschile, ma conserva il piumaggio femminile.
Ma,
oltre che da congenita presenza di tessuto testicolare e ovarico,
esiste anche un ginandromorfismo da deficienza ovarica:
è noto da secoli che le galline invecchiando si dotano spesso di
speroni, e che alcune vecchie femmine - galline, fagiane, anatre -, terminato
il ciclo depositivo, spesso nel giro di numerose mute acquisiscono il
piumaggio del maschio. L’esame anatomopatologico mostra un’atrofia
più o meno completa dell’ovaio.
La
spiegazione di questo ginandromorfismo
è facile: a causa della vecchiaia, l’ovaio ha cessato di
condizionare il piumaggio femminile e di inibire gli speroni,
permettendo a questi e al piumaggio neutro di svilupparsi. Il
piumaggio maschile si completerà nel giro di una o di alcune mute a
seconda della soglia di risposta delle piume in ricrescita e a seconda
del tasso degli ormoni circolanti. Inoltre, anche qualunque malattia
dell’ovaio che conduca alla scomparsa della gonade avrà gli stessi
effetti dell’invecchiamento fisiologico.
L’atrofia
ovarica può determinare, specie nella gallina, altri effetti: la
trasformazione della gonade rudimentale destra in testicolo
con secrezione ormonale talora associata a gametogenesi maschile. Se
il parenchima ovarico residuo è ancora sufficientemente attivo, la
gallina, pur conservando il suo piumaggio femminile, acquisterà la
cresta, il canto e il comportamento sessuale del gallo. Se l’attività
ovarica è insufficiente, si aggiungeranno speroni e piumaggio
maschile, e il soggetto diventerà un maschio fenotipicamente
completo.
A
questo punto, se l'atrofia ovarica
non è completa e se l'utero può ancora svolgere alcune funzioni,
ecco che un siffatto soggetto potrebbe deporre uova costituite magari
solo da albume, oppure con qualche abbozzo di tuorlo: forse è il caso
dell'uovo rotto che avevano portato a Ulisse.
Non
fu solo Aldrovandi a essere contattato per esprimere un giudizio su
uova deposte da galli. Simon Wilkin (1790-1852) pubblicò nel 1836 le opere complete di Sir Thomas Browne. In un’annotazione a III,vii di Pseudodoxia
Epidemica Wilkin così scrisse: “At the end of the volume for 1710 of the History of the French Royal
Academy is a curious account transmitted by M. Lapeyronie of
Montpellier, of some "cock's eggs" which a farmer had
brought to him, with the assurance that had been laid by a cock and
would be found to contain, instead of yolk, the embryo of a serpent.
One of these eggs, opened in the presence of several scavans,
was found devoid of yolk, but exhibiting a coloured particle in the
centre, which was considered as the young serpent. The cock having
been given up to M. Lapeyronie for dissection, the farmer very soon
brought some more of these little eggs, having discovered that they
were laid by a hen!”
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