Conrad Gessner
Historiae animalium liber III qui est de Avium natura - 1555
De Gallo Gallinaceo
trascrizione di Fernando Civardi - traduzione di Elio Corti
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¶ Qui morbo
regio aestivo laborat, obsonium edat pullum gallinaceum percoctum, probe
conditum cum cepa, coriandro, caseo, sale, sesamo, et uva passa alba,
Hippocrates in libro de internis affectionibus. Egregia quaedam
condimenta pro pullis coctis describit Ant. G<u>ainerius in capite
de restaurando appetitu. |
¶
Chi soffre di itterizia estiva deve cibarsi di un pollo stracotto ben
condito con cipolla, coriandolo, formaggio, sale,
sesamo e uva passa
bianca, Ippocrate nel trattato De internis affectionibus. Antonio
Guainerio descrive alcuni eccellenti condimenti per i polli
lessi nel capitolo su come recuperare l’appetito. |
¶ Pullus in
agresta. Pullum cum salita carne decoquito: ubi semicoctus fuerit, grana
uvae sublatis e medio vinaceis, in cacabum ferventem indito:
petroselinum et mentham minutatim concidito, piper et crocum in pulverem
conterito. Haec omnia in cacabum, ubi pullastra cocta fuerit, conijcito,
ac patinam statim facito. Hoc obsonio nil salubrius, admodum enim alit,
facile concoquitur. stomacho, cordi, hepati, renibus convenit, ac bilem
reprimit, Platina lib. 6. cap. 16[1]. |
¶
Pollo in agresta. Fa
cuocere a lungo il pollo con della carne salata: quando sarà giunto a
metà cottura metti nella pentola calda dei vinaccioli presi dal centro
delle vinacce: tritura per bene del prezzemolo e della menta, riduci in
polvere del pepe e dello zafferano. Metti tutti questi ingredienti nella
pentola dove intanto la pollastra si sarà cotta, e prepara subito un
piatto da portata. Nulla è più salutare di questo cibo, infatti è
oltremodo nutriente, viene facilmente digerito, giova allo stomaco, al
cuore, al fegato, ai reni, e reprime l’ira, Platina libro VI capitolo
16. |
Et mox cap.
17[2].
Pullus assus. Pullum bene depilatum, exinanitum et lotum assabis. asso,
atque in patinam imposito, antequam refrige<r>at, aut succum mali
medici[3],
aut agrestam cum aqua rosacea, saccaro ac cinnamo bene trito infundes,
convivisque appones. Hoc Bucino[4]
non displicet, qui acria (acida) simul ac dulcia appetit, ut bilem
reprimat et corpus obeset. Idem 6.9.[5]
praescribit quomodo paretur pastillus ex quavis carne animantis cicuris,
ut vituli, capi, gallinae et similium. Eiusdem e lib. 6. cap. 15.[6]
de porcello lactente condimentis quibusdam farciendo assandoque verba
recitavi in Sue G. Idem
autem (inquit) fieri potest ex <ansere>, anate, <gru{a}e>,
capo, pullastra. |
E
subito dopo, al capitolo 17. Pollo
arrosto. Farai arrostire un pollo ben spiumato, svuotato e
lavato. Dopo averlo arrostito, e dopo averlo messo in un piatto da
portata, prima che si raffreddi gli verserai sopra o del succo di mela
della Media – di arancia, o meglio, di
cedro -,
oppure dell’agresta con acqua di rose, sciroppo di zucchero di canna e
cannella ben tritata, e lo metterai in tavola ai convitati. Questa
ricetta non dispiace a Bucinus il quale va ghiotto per le cose che sono
allo stesso tempo pungenti (acide) e dolci, per reprimere l’ira e
ingrassare il corpo. Sempre Platina in VI,9 dà le istruzioni sul modo
di preparare un pasticcio basato su qualsiasi tipo di carne di animale
domestico, come vitello, cappone, gallina e simili. Dello stesso Platina
ho riportato nel paragrafo G del maiale le parole tratte da VI,15
relative al maialino da latte da farcire e da arrostire con alcuni
intingoli. E dice: si può fare la stessa cosa con l’oca, l’anatra,
la gru, il cappone, la pollastra. |
¶ Qui icteri
prima specie laborat, obsonium edat pullum gallinaceum percoctum probe
conditum cum cepa, coriandro, caseo, sale, sesamo et uva passa alba,
Hippocrates in libro de internis affectionibus.[7] |
¶
Chi comincia a presentare un ittero deve cibarsi di un pollo stracotto
ben condito con cipolla, coriandolo, formaggio, sale, sesamo e uva passa
bianca, Ippocrate nel trattato De internis affectionibus. |
¶ Ex capis
aut pullastris Mirause[8]
Catellonicum[9], Platinae verbis
describemus in Capo F. |
¶
Con le parole di Platina descriveremo nel capitolo del cappone,
paragrafo F, il Mirause catalano. |
¶ E
pullastris pastilli, ex libro Germanico Baltasaris Stendelii. Pastillo
confecto pullastras rite paratas membris confractis impone: et pro
magnitudine pastilli tria aut quatuor ova addito, salem, et zinziber
satis abunde. per aestatem convenit etiam uvas passas Corinthiacas addi,
ut caponibus quoque et aliquid butyri recentis. operculum etiam facies
quale pro pastillo e capone praescribitur, et ovis illines. Horis duabus
coques. Quod si frigidum habere malis, ius per foramen superius
effundito, et pingui separato flatu, idem rursus affundito. |
Pasticci
a base di pollastre tratto dal libro in tedesco di Balthasar
Staindl. Dopo aver preparato l’involucro di pasta mettici le
pollastre preparate come al solito con gli arti disarticolati: e a
seconda della grandezza dell’involucro di pasta aggiungi tre o quattro
uova, sale, e zenzero in discreta quantità. Durante l’estate
conviene aggiungere anche uve passe di Corinto, come anche ai capponi, e
un po’ di burro fresco. Preparerai anche una copertura come viene
prescritta per il pasticcio a base di cappone, e lo cospargerai di uova.
Farai cuocere per due ore. Ma se lo preferisci freddo, fa uscire il
brodo attraverso il foro superiore e dopo che il grasso è stato
separato con un soffio, versacelo sopra di nuovo. |
Cum pulli in
olla operta coquuntur, vel assantur potius in butyro, affuso etiam vino
modico cum semiassi sunt, nostri hoc genus cocturae vocant verdempffen.
Latine forsan suffocare dixeris, quemadmodum ova pnicta[10],
id est suffocata Graeci efferunt. |
Quando
i polli vengono cotti in pentola chiusa, oppure quando vengono arrostiti
preferibilmente nel burro, anche con una spruzzata di una piccola
quantità di vino quando sono mezzo arrostiti, i nostri chiamano questo
tipo di cottura verdempffen, in latino forse potresti dire suffocare,
così come i Greci chiamano pnictà - cotte in un vaso ben chiuso
- le uova, cioè soffocate. |
Sunt qui
uvarum acinos cum pullo in olla operta coquant. deinde conterunt,
exprimunt, et rursus ad pullum affundunt cum butyro, Baltasar Stendelius. |
Vi
sono alcuni che fanno cuocere gli acini d’uva insieme al pollo in una
pentola chiusa col coperchio: quindi li schiacciano, li spremono e li
versano nuovamente sul pollo insieme a del burro, Balthasar Staindl. |
Et rursus ad
idem, Pullos rite paratos in ollam inde, vinum et ius carnium affunde,
cum modico salis et aromatici pollinis crocei. quod si iusculum crassius
desideras, segmenta duo panis albi tosta bullienti iuri inijcito, cum
ferbuerint, extractis una cum iecore tritis exprimito succum colando per
aromaticum pollinem, et rursus affundito, et perfecte coqui sinito. Sunt
qui limonum (quae poma sunt de genere citreorum) segmenta cum pullis
elixant, quae deinde iis cum inferuntur imponunt, etc. |
E
ancora, per fare uno stufato: Metti dentro a una pentola i polli
preparati come al solito, mettici del vino e del brodo di carni con un
po’ di sale e di polvere aromatica di zafferano. Ma se desideri un
brodino più grasso metti nel brodo quando bolle due fette tostate di
pane bianco, quando giungeranno all’ebollizione, dopo averle estratte
e averle tritate insieme al fegato, spremi il succo facendolo colare
attraverso la polvere aromatica, e mettilo di nuovo nella pentola, e
lascia che cuocia come si deve. Vi sono alcuni che fanno cuocere insieme
ai polli delle fette di limone (che è un frutto del tipo del cedro) e
quindi quando vengono messi in tavola gliele mettono sopra, etc. |
¶ Pullos
elixos vel suffocatos, ut diximus, nostri aliquando cum pisis recentibus
seorsim coctis inferre solent. |
¶
Come abbiamo detto, i nostri conterranei talora sono soliti mettere in
tavola polli lessi o in stufato con piselli freschi cotti a parte. |
¶ Gelu cum
expresso succo carnis gallinacei pulli, in Gallia usitatum pro
febrientibus et aliis ad vires restaurandas. Carnem pulli et pedes
vituli aut vervecis discoques donec caro incipiat dissolvi, tum
percolabis et exprimes succum, cui adijcies bonam partem sacchari ac
pollinis cinnamomi: purificabis cum albuminibus et testis ovorum,
colabis denuo, addesque crocum, aut aliud quippiam pro colore quem {desyderas}
<desideras>, viride, rubrum, etc. si acidum placuerit, aceti
aliquid, vel rob, id est defrutum aliquod eius saporis, ut de ribes aut
berberis addi potest. |
¶
Il ghiaccio con succo ottenuto
spremendo la carne di pollo è usato in Francia per coloro che hanno la
febbre e per altre persone al fine di ripristinare le energie. Farai
cuocere a lungo carne di pollo e zampe di vitello oppure di montone
castrato fintanto che la carne comincia a dissolversi, quindi la
filtrerai e ne spremerai il succo, al quale aggiungerai una buona
quantità di zucchero e di polvere di cannella: lo purificherai con
albumi e gusci d’uovo, lo colerai una seconda volta e vi aggiungerai
dello zafferano o qualcos’altro di verde, di rosso, etc., a seconda
del colore che desideri. Se piacerà acido si può aggiungere un po’
d’aceto, oppure di rob, cioè, un succo dello stesso sapore,
come quello ottenuto dal ribes o di
crespino. |
¶ Cibarium
contusum: Gallinam vel caponem percoquito donec carnes bene mollescant,
et in pila pulpam una cum ossibus contunde. quod si parum carnis fuerit,
licebit etiam segmenta albissimi panis simul conterere. tum una cum iure
omnia per aeneum vas colatorium exprimes, modicum generosi vini, et
croci aromatumque quantum satis videbitur adijcies, et coques aliquandiu,
cum inferre volueris, panem tostum subijcies, interdum ova extra testam
in aqua cocta impones. Reliquias etiam gallinarum et caponum a mensa,
carnes scilicet cum ossibus aliqui tundunt, et ferculum parant: cui
nonnulli elixum hepar agninum contusum adijciunt. Hic cibus puerperis,
et iis qui venam secuerint convenit, Baltasar Stendelius. |
¶
Pietanza pestata: Fa
cuocere a lungo una gallina o un cappone fino a quando le carni siano
belle molli e pesta la polpa insieme alle ossa dentro a un mortaio. Ma
se ci sarà poca carne sarà possibile pestarci insieme dei pezzi di
pane bianchissimo. Quindi farai passare il tutto insieme al brodo
attraverso un colino di bronzo, vi aggiungerai un po’ di vino di buona
qualità, e quel tanto di zafferano e di aromi che ti sembrerà
sufficiente, e farai cuocere per un po’, e quando vorrai servire vi
metterai sotto del pane tostato, talora vi metterai sopra delle uova
sgusciate fatte cuocere in acqua. Alcuni pestano anche gli avanzi di
tavola delle galline e dei capponi, cioè le ossa con la carne, e
preparano una portata: alla quale alcuni aggiungono del fegato
d’agnello bollito e pestato. Questo cibo è adatto per le puerpere e
per coloro che hanno fatto un salasso, Balthasar Staindl. |
¶ Si
vespertinus subito te oppresserit hospes, | Ne gallina malum responset dura palato, |
Doctus eris vivam misto mersare {falerno}
<Falerno>: |
Hoc teneram faciet, Horatius 2. Serm.[11]
Nux pullo inclusa illum longe celerius coqui facit, Cor. Agrippa. |
¶
Se improvvisamente un ospite serale ti coglierà di sorpresa, affinché
la gallina non risulti spiacevolmente dura al palato, sarai scaltro se
la immergi viva in vino nuovo di Falerno: questo la renderà tenera,
Orazio Satirae II – o Sermones come lui le chiama. Una
noce inserita nel pollo lo fa cuocere molto più rapidamente, Heinrich
Cornelius Agrippa von Nettesheim |
¶ In
pastillum gallinaceum. Cristas pullorum trifariam, iecuscula
quadrifariam dividito: testiculos integros relinquito, laridum
tessellatim concidito, nec tundito. duas aut tres uncias vitulinae
adipis minutatim concidito, aut loco adipis medullam bubulam aut
vitulinam addito. Gingiberis, cinnami, saccari, quantum satis erit
sumito. Haecque omnia cum cerasis acribus (acidis) ac siccis ad
quadraginta misceto, inditoque in pastillum ad id apte ex farina subacta
factum. In furno aut sub textu in foco decoqui potest. Semicoctum ubi
fuerit, duo vitella ovorum disfracta, modicum croci et agrestae
superinfundes, Platina 6. 38.[12] |
¶
Per un pasticcio di pollo.
Dividi in tre parti le creste dei polli e i fegatini in quattro parti:
lascia interi i testicoli, taglia a quadretti del lardo e non pestarlo.
Taglia a pezzettini due o tre once [circa 50-75 g] di grasso di vitello,
oppure al posto del grasso aggiungi del midollo di bue o di vitello.
Prendi tanto quanto basta di zenzero, di cannella e di zucchero. E
mescola tutte queste cose insieme a una quarantina di ciliege aspre
(acide) e secche, e mettile dentro a un adeguato involucro di pasta
fatto con farina impastata. Può essere cotto nel forno oppure sul fuoco
sotto a un canovaccio. Quando sarà a metà cottura vi verserai sopra
due tuorli d’uovo sbattuti, un po’ di zafferano e di agresta,
Platina VI,38. |
¶ Edulium in
asthmate et aliis affectionibus pectoris, cum aegri infirmi sunt admodum.
Pullum vel gallinam iuvenem pinguem cum ordeo puro discoquito donec
liquefiat, tum tere pullum pulpa et ossibus, et parum ptisanae infunde,
exprime, cola. praestabit quidem pullo dum teritur aquam rosaceam
affundere, [390] et diligenter miscere, Arnoldus in libro de aquis. Idem
in libro de conservanda sanitate: Album ferculum (inquit) de pullis
gallinarum frequenter sumi poterit, modo ne fiat de pulpis effilatis,
(sic loquitur) sed ex transverso subtiliter incisis: et postea contritis
ac ligatis cum lacte amygdalarum, paucove amylo aut polline oryzae. |
¶
Cibo in
caso di asma e di altre affezioni del torace, quando i pazienti stanno
molto male. Fa cuocere
per bene un pollo o una giovane e grassa gallina con orzo puro fintanto
che il tutto non sia diventato poltiglia, quindi trita il pollo con
polpa e ossi e mettici insieme un po’ di decotto d’orzo, spremi,
lascia colare. Ma sarà utile versare sul pollo mentre lo si trita
dell’acqua di rose e rimescolare accuratamente,
Arnaldo da Villanova nel libro De aquis. Sempre lui
nel libro De conservanda sanitate dice: Spesso si potrà
mangiare una portata in bianco fatta con polli di galline, basta che non
sia fatta con carni filacciose (dice così), ma che siano state tagliate
trasversalmente in pezzetti sottili: e poi pestati e amalgamati con
latte di mandorle o con poco amido o fior di farina di riso. |
[1] In Libellus platine de honesta voluptate ac valitudine, Bononiae, per Johannem Antonium Platonidem, 1499, questa ricetta si trova al capitolo 15.
[2] In Libellus platine de honesta voluptate ac valitudine, Bononiae, per Johannem Antonium Platonidem, 1499, questa ricetta si trova al capitolo 16.
[3] II,5 – de coctoneis – Coctonea dici cum de malis loquimur: et non coctona. Varronis ac Plinii auctoritate manifestum est: qui coctona inter ficus commemorant. [...] mala medica: quae vulgo narantia vocamus [...]. (Libellus platine de honesta voluptate ac valitudine, Bononiae, per Johannem Antonium Platonidem, 1499) – Probabilmente si tratta di un qui pro quo di Platina. La narantia dovrebbe etimologicamente corrispondere all’arancia, mentre il malum medicum fin dai tempi dei Romani corrispondeva al cedro. Siccome per Platina il malum medicum è l’arancia e prescrive una spremuta di mali medici, è giocoforza tradurlo con arancia, anche se un antico Romano avrebbe inteso una spremuta di cedro.
[4] It is difficult to determine whether this name is a mistake by Aldrovandi [Platina!!!] for Dominicus Bucius, who wrote Quaesita III Medicinalia, juxta Hippocratis, et Galeni mentem examinata (ed. by A. Bucci, Venice, 1551; another ed., Leyden, 1577). A certain Bucinense (Niccolò degli Angeli) edited the Scriptores Rei Rusticae (Florence, 1515, 1521), but he is probably not referred to here. (Aldrovandi on Chickens, Lind, 1963) - Niccolò Angeli, detto Angelo Buccinese, insigne latinista del XVI secolo, di Bucine in provincia di Arezzo.
[5] In Libellus platine de honesta voluptate ac valitudine, Bononiae, per Johannem Antonium Platonidem, 1499, questa ricetta si trova al capitolo 10.
[6] In Libellus platine de honesta voluptate ac valitudine, Bononiae, per Johannem Antonium Platonidem, 1499, questa ricetta si trova al capitolo 14.
[7] Prescrizione già citata per l’itterizia estiva all’inizio di questa pagina.
[8] Nel testo anonimo in catalano Sent Sovi (1324) suona come Mig-raust. Mastro Martino, dal quale il Platina ha tratto la ricetta, in italiano medievale lo chiama Mirrause e Roberto di Nola nel suo testo in catalano scrive Mirraust. Mig raust in tedesco visigoto significa mezzo arrostito, come mi ha specificato Marie Josèphe Moncorgé in una preziosa e-mail del 16 agosto 2005: “En effet, mig raust = à moitié rôti, en allemand wisigoth. Comment ce mot a-t-il survécu jusque dans une recette catalane du 14e? En tous cas, mig raust devient mirrause chez Martino, mirrauste chez Robert de Nola, miraus chez Scappi.” – Nella trascrizione del testo di Roberto di Nola a mia disposizione (Lybre de doctrina Pera ben Servir: de Tallar: y del Art de Coch) sta scritto Mirraust, e non una volta sola, ma credo che il vocabolo possa considerarsi equivalente a Mirrauste.
[9] In Platina - Libellus platine de honesta voluptate ac valitudine, Bononiae, per Johannem Antonium Platonidem, 1499 - esiste solo catellonicum:
VI,12
Mirause catellonicum
VI,32
Patina catellonica
VI,41
Cibarium album catellionicum – che però suona catellonicum nell’indice
VII,60
Carabazum catellonicum
VII,72
Leucophagum catellonicum
L’aggettivo sostantivato Catellani – e non Catelloni - è usato da Platina in Liber VI,12 – Mirause catellonicum – Catellani gens quidem lauta: et quae ingenio ac corpore italicae solertiae haud multum dissimilis habetur obsonium: quod mirause illi vocant: sic condiunt [...]
In Aldrovandi il mirause ricorre una sola volta e possiamo ipotizzare – ma solo ipotizzare - che egli abbia desunto l’aggettivo Catellanicum che l’accompagna dal suo maestro l’Ornitologo, cioè da Conrad Gessner.
Dal momento che catellonicum potrebbe essere un’abituale variante di catellanicum, il Catellanicum di Gessner e di Aldrovandi non viene corretto. E che catellonicum possa essere una comune variante di catellanicum possiamo arguirlo dal testo di Gessner in cui il mirause ricorre due volte – prima come catellonicum e poi come catellanicum - salvo che Catellanicum sia un puro errore tipografico: pag. 413: Mirause Catellanicum: Catellani gens quidem lauta, et quae ingenio ac corpore Italicae solertiae haud multum dissimilis habetur, obsonium, quod mirause illi vocant, sic condiunt: [...] – La conferma a questa mia decisione di accettare sia catellanicum che catellonicum mi giunge dal Dr Thomas Gloning - Institut für Germanistische Sprachwissenschaft, Università di Marburgo, Germania - il quale così mi ha risposto con una e-mail del 17 settembre 2005: M.E. Milham, dans l'édition de Platine, ne change pas _catellonicus_, donc je pense que c'est une forme assez régulière dans le temps. Aussi, la variation entre des differentes formes était plus grand à ce temps qu'aujourd'hui.
[10] L’aggettivo greco pniktós significa soffocato, strangolato, cotto in vaso ben chiuso, stufato.
[11] Satirae II,4,17-20: Si vespertinus subito te oppresserit hospes,|ne gallina malum responset dura palato,|doctus eris vivam musto mersare Falerno:|hoc teneram faciet.
[12] In Libellus platine de honesta voluptate ac valitudine, Bononiae, per Johannem Antonium Platonidem, 1499, questa ricetta si trova al capitolo 37.