La presenza nei mammiferi di una
sostanza dotata di attività melanocitostimolante contenuta nella parte
intermedia dell’ipofisi fu riconosciuta per la prima volta da Atwell (1919).
Già allora le rane venivano impiegate per saggiare l’attività
melanocitostimolante degli estratti ipofisari. Nella rana la pelle si scurisce
come risultato di una dispersione dei granuli di melanina nel contesto dei
melanofori stimolati. Successivamente venne dimostrato che la somministrazione
protratta di estratto ipofisario comporta un aumento della quantità totale di
melanina presente nella cute degli anfibi.
L’MSH appartiene a una famiglia di ormoni peptidici,
come l’ACTH o adrenocorticotropo, l’LH o a-lipotropina,
le endorfine, l’encefalina e altri ancora, derivati tutti quanti da una
proteina che rappresenta l’antenato
comune, la propiomelanocortina.
Negli estratti di ipofisi intermedia sono presenti
fondamentalmente due forme distinte di MSH: a-MSH
e b-MSH. Si tratta di due piccoli
peptidi contenenti la sequenza
octapeptidica Met-Glu-His-Phe-Arg-Trp-Gly presente in ACTH e LH,
essenziale per l’attività biologica dell’MSH. L’ACTH puro ha un’attività
MSH intrinseca, con un grado di attività pari a 1/40 di quella dell’a-MSH su base molare.
L’attività dell’MSH viene abitualmente saggiata in
vitro sulla pelle di rana, e si basa sulla dispersione centrifuga dei granuli
di melanina nei dendriti dei melanofori del derma, cui consegue uno scurimento
della cute. In condizioni ottimali si riesce a mettere in evidenza
concentrazioni minime di MSH, dell’ordine di 10-11
M. Questo fatto permette di scoprire lo stato gravidico della donna, durante
il quale esiste un aumento dell’attività simil-MSH ematica e perciò
urinaria, forse di origine fetale.
In condizioni fisiologiche l’uomo adulto sembra non
possegga MSH circolante. Tuttavia è ormai certo che l’a-MSH è presente nel sistema
nervoso centrale, specialmente nell’area dell’ipotalamo in connessione con
l’ipofisi. Sia nell’uomo che negli animali l’a-MSH
può giocare il ruolo di neuropeptide in tutta una serie di funzioni
fisiologiche non correlate con la pigmentazione, come l’aumento
della motivazione e della capacità di apprendere, lo stato di veglia,
la crescita del feto, l’eccitamento sessuale.
a-MSH:
viene sintetizzato e secreto dalle cellule opiomelanotropinergiche delle due
parti intermedie dell’ipofisi e dai neuroni del sistema nervoso centrale.
Nelle specie senza le due parti intermedie, come il pollo, la sintesi di a-MSH si verifica nella
neuroipofisi. Il rilascio di a-MSH,
sia nei mammiferi che negli anfibi, si trova sotto il controllo di uno
specifico inibitore di origine ipotalamica, MIF o
MSH-release inhibiting factor. Pare esista anche un fattore
di rilascio di origine anch’esso ipotalamico, detto MRF. Tutti questi dati debbono essere attentamente
considerati prima di stabilire con sicurezza gli effetti dell’a-MSH sul sistema melanocitario.
Inoltre, come puntualizzato da Lerner (1961),
il ruolo fisiologico principale di questo ormone può non consistere nel
controllo della pigmentazione, nonostante questo fenomeno abbia condotto alla
sua scoperta.
L’a-MSH
è un acetiltridecapeptide
identico alla sequenza 1-13 dell’ACTH. La forma deacetilata è meno potente
e probabilmente acetilazione/deacetilazione hanno una funzione regolatrice nel
controllo dell’attività dell’ormone.
b-MSH:
contiene la stessa sequenza eptapeptidica che funge da messaggero, ma con
differenti aminoacidi fiancheggianti. I dati attuali sono a favore del fatto
che l’a-MSH rappresenti la forma
fisiologicamente rilevante dell’ormone melanotropico e che probabilmente il b-MSH sia un prodotto di
degradazione della b-lipotropina
che ha 91 residui aminoacidici e lo stesso nucleo peptidico dell’ACTH. Sono
stati sintetizzati degli analoghi dell’a-MSH
dotati di un’azione da 100 a 1.000 volte maggiore rispetto all’ormone
naturale. Una di queste varianti potrebbe essere impiegata per incrementare la
pigmentazione cutanea in caso di vitiligo e di altri disordini pigmentari.
Gli eventi biochimici responsabili della dispersione dei melanosomi
indotta dall’MSH in seno ai cromatofori dei vertebrati a sangue freddo, sono
analoghi a quelli del rilasciamento
della muscolatura liscia. Ambedue i processi coinvolgono l’attivazione
dell’adenilciclasi di membrana e successivo aumento del cAMP intracellulare,
cui fa seguito una sequestrazione di ioni calcio dal citosol alla membrana
citoplasmatica. L’assenza del catione bivalente Ca++
può quindi attivare direttamente o indirettamente i melanofilamenti, col
risultato di una dispersione dei melanosomi.
La citocalasina B che provoca una scomparsa dei
microfilamenti, inibisce in modo reversibile la dispersione dei melanosomi
come risposta all’MSH. Il calcio sembra specificamente richiesto per una
trasduzione del segnale tra i recettori dell’a-MSH
e l’adenilciclasi, ma non per i movimenti dei melanosomi in sé, in quanto
la dispersione del pigmento è osservabile anche in un mezzo senza ioni calcio
in risposta alla teofillina o al dibutirril cAMP.
Gli eventi successivi che portano a un aumento della melanogenesi
sono meno conosciuti, anche se pare che essa risulti da un’attivazione della
stessa proteinchinasi cAMP dipendente. L’azione di questa chinasi potrebbe
consistere nella fosforilazione di una o più proteine che possono dare inizio
alla cosiddetta cascata
di eventi
che comporta un aumento della tirosinasi intracellulare con incremento della
melanogenesi.
Geschwind (1972)
ha trovato che l’a-MSH ha un effetto
pigmentante sul mantello del topo aguti, mentre non ha alcun effetto
significativo sul colore dei peli del topo giallo omozigote per il gene
recessivo e, anche se dotato dell’allele
Ay.
Si può pertanto affermare che l’a-MSH
non ha effetti sull’attività tirosinasica e sulla melanogenesi a livello
dei melanociti del follicolo pilifero del topo non aguti, per cui la sua
azione dovrebbe dipendere dall’espressione del locus aguti.
Si è suggerito che, nonostante i meccanismi
intracellulari regolanti la tirosinasi siano attivi, i melanociti possono non
necessariamente esprimere i loro recettori a-MSH
in modo continuo. Questo potrebbe spiegare perché i melanociti follicolari
del criceto siberiano e del topo rispondono all’a-MSH
solo durante la crescita del pelo.
Differenze nella risposta all’MSH potrebbero anche
spiegare lo scurimento del mantello e l’incremento dell’attività
tirosinasica che si verifica nei melanociti follicolari di certi topi durante
il periodo della sintesi eumelanica, nei quali l’effetto dell’a-MSH
si riduce di pari passo col ridursi della sintesi dell’eumelanina, per essere eventualmente persa durante l’intervallo
di tempo in cui i melanociti producono prevalentemente feomelanina. Finché i meccanismi cAMP
dipendenti possono regolare la tirosinasi durante il periodo dell’eumelanogenesi,
non svolgono alcun effetto sui melanociti formanti feomelanina. Se così
fosse, l’incapacità dei melanociti a rispondere all’a-MSH durante la feomelanogenesi
potrebbe essere dovuta a una mutata risposta al cAMP piuttosto che a un’espressione
del recettore.
Si pensa generalmente che l’a-MSH sia anche in grado di
stimolare i melanociti epidermici dell’uomo e che pertanto può
rappresentare un ormone pigmentante. Esami microscopici dopo iniezione di a-MSH hanno messo in evidenza che
la dispersione dei granuli di melanina nei dendriti precedeva l’avvio di
neomelanogenesi per attivazione della tirosinasi. Tuttavia, correlazioni tra
pigmentazione e livelli di MSH circolante esistono solo quanto i tassi di
ormone sono estremamente elevati come in certi disordini dell’asse
adreno-ipofisario.
Sia l’MSH che l’ACTH presentano un’identica sequenza di 7 aminoacidi. Poiché è ormai definitivamente acquisito che la specificità delle azioni biologiche è legata alla specifica sequenza degli aminoacidi nelle molecole, le somiglianze strutturali tra MSH e ACTH possono suggerire il perché di un’attività stimolante sulla melanogenesi anche da parte dell’ACTH, che nelle forme di morbo di Addison [1] più frequenti si trova in circolo in quantità esuberante, dato che la sua produzione non è più controbilanciata dal cortisone; l’attività melanocitostimolante è circa 1/100 di quella dell’MSH.
Nonostante
queste sottigliezze biochimiche che sanno quasi di pedanteria, alcuni
distretti cutanei delle razze bianche si scuriscono durante la gravidanza per
un’ipertrofia dell’ipofisi; nel morbo di Addison l’iperpigmentazione
scompare o si attenua con la terapia cortisonica sostitutiva. L’imbrunimento
delle palpebre che può rapidamente far seguito a uno stress emotivo potrebbe
essere dovuto a una brusca liberazione di MSH e di ACTH, in conseguenza della
mobilitazione dell’asse ipofiso-surrenale, che fa parte delle primissime
fasi della sindrome d’adattamento.
Nell’uomo l’iniezione intramuscolare di un estratto
crudo di ipofisi suina è in grado di scurire sia la cute che i nevi.
Ambedue le forme di MSH sono in grado di incrementare il
contenuto di melanina nei dendriti della cavia e di far aumentare la quota di
melanina libera, specialmente la forma a
dell’ormone. In parecchi soggetti sottoposti a trattamento la quota di
melanina presente nel corpo cellulare risultava ridotta. Pertanto si dedusse
che i granuli erano stati dispersi nei dendriti come accade nei melanofori
degli anfibi e che l’apprezzabile aumento della melanina extramelanocitaria
starebbe a indicare un corrispondente aumento dell’attività tirosinasica
dei melanociti.
Lerner & Snell (1966) hanno
potuto dimostrare nell’uomo che, dopo iniezioni di a-MSH racemizzata, si verifica un
marcato scurimento della cute di tutto il corpo, valutabile clinicamente. Dai
dati emersi nella cavia, si può arguire che nei mammiferi abbiano luogo due
processi separati:
§
dispersione
dei granuli di melanina, desumibile da un allungamento e da un ingrossamento
dei dendriti ripieni di melanina
§
aumento
della sintesi melanica, deducibile da un netto incremento della melanina
libera nei cheratinociti circostanti.
[1] Il morbo di Addison (Thomas Addison, medico inglese, Longbenton 1793 - Brighton 1860) è caratterizzato da una progressiva ridotta sintesi di cortisone da parte delle ghiandole surrenali, che incappucciano il polo superiore del rene. La causa più frequente è una distruzione dovuta al bacillo tubercolare. John Fitzgerald Kennedy ne soffriva fin da quando era tra i Marines. Si include nel morbo di Addison anche quella forma secondaria a un deficit di produzione di ACTH da parte dell’ipofisi: questa variante non presenta iperpigmentazione cutanea, e il motivo è ovvio.