Vol. 2° -  XXVIII.4.

REGOLAZIONE GENETICA E ORMONALE
DELLA MELANOGENESI

I geni implicati nella colorazione del mantello che furono studiati per primi secondo le leggi mendeliane dell’ereditarietà sono stati quelli del topo. Nei genomi sono stati descritti circa 130 determinanti in più di 50 loci, che nei soggetti portatori di mutazioni sono causa di anomalie nella pigmentazione dell’occhio, della pelle e dei peli. Attualmente non è ancora chiaro quanti di questi geni siano geni strutturali codificanti per proteine direttamente o indirettamente interessate nella determinazione del fenotipo, e quanti siano invece geni regolatori deputati alla regolazione dei geni strutturali.

Gli studi vengono complicati dal fatto che la maggior parte, se non tutti quanti i geni relativi alla pigmentazione, sono dotati di effetti pleiotropici sullo sviluppo, interessando così dei parametri al di fuori della pigmentazione, oscurando altresì il loro meccanismo d’azione. Per fare un esempio, parecchie mutazioni a carico del locus aguti del topo hanno chiaramente dimostrato di possedere uno o più dei seguenti effetti pleiotropici: diabete, obesità, turbe della crescita, suscettibilità ai tumori e letalità embrionale.

Non bisogna dimenticare che la storia della genetica dei pigmenti si riferisce soprattutto al colore dei peli, che è biologicamente e biochimicamente distinto da quello della cute.

Si può affermare con discreta sicurezza (Robins, 1991) che nell’uomo un numero relativamente basso di geni, da 3 a 6 paia, può spiegare tutta la gamma della colorazione della cute, confortando l’ipotesi che solo pochi geni interagiscano tra loro e siano direttamente interessati nella regolazione dei passaggi basilari della melanogenesi.

Caratteristiche delle principali serie alleliche
responsabili del colore del mantello nei mammiferi

serie

simbolo

principali  alleli

effetti

sito d’azione

Albino

C

C+, cch, cb, c

riduce l’intensità della pigmen­tazione, in primis quella gialla e poi quella nera, fino a nessuna pigmentazione in cc (albino)

in seno ai melanociti

Aguti

A

A+, Ay, Aw, at, a, ae

controlla la distribuzione regionale del nero e del giallo nel corpo e nei peli, dal tutto giallo (dominante nel topo) a tutto nero

all’esterno dei melanociti

Estensione

E

E+, Ed, ebr, e

estende il nero (dominante) o il giallo (recessivo) nel complesso del corpo, con ebr che determina una variegatura nero-gialla

in seno ai melanociti

Brown

B

B+, Blt, b

interessa l’eumelanina, che da nera diventa marrone in bb. Può schiarire gli occhi (bb) e il sottopelo (Blt).

in seno ai melanociti

Diluizione

D

D+, d, dl

diluisce sia il nero che il giallo raggruppando i granuli di pigmento. Il portatore della mutazione letale (dl) presenta convulsioni.

in seno ai melanociti modificandone la forma

Pinkeye

P

P+, p, ps

effetto principale sui melanosomi, col risultato che i colori scuri risultano più diluiti di quelli chiari. La pigmentazione retinica risulta assente in p e in ps. La mutazione ps causa anche sterilità nel maschio.

in seno ai melanociti

Da: Giuseppe Prota, Melanins and Melanogenesis, 1992

Nella tabella troviamo elencate le principali serie alleliche interessate nel determinare la colorazione del mantello del topo, con l’annotazione di quanto è noto sinora sul meccanismo d’azione del gene interessato.

Il locus albino controlla l’espressione dell’attività della tirosinasi ed è la chiave di volta delle lesioni riscontrabili in parecchi casi di albinismo.

L’allele selvatico C+ è dominante su tutti gli altri alleli e assicura un’attività tirosinasica piena. Al contrario, l’albinismo del topo cc si presenta completamente privo di melanina, sia negli occhi che a livello cutaneo, determinando un caratteristico fenotipo bianco con occhi rosa. Tuttavia, questa mutazione non interferisce sotto altri aspetti con la differenziazione dei melanociti, detti melanociti amelanotici, identici al melanocita normale pigmentato. Bisogna notare che l’albinismo può anche derivare da geni che determinano chiazze bianche come il piebaldismo e la microftalmia mutante, che impediscono ai melanoblasti della cresta neurale e della coppa ottica di raggiungere la loro destinazione cutanea e retinica. Poco si conosce sulla base molecolare di questi geni che determinano macchie bianche.

A carico del locus B l’allele meglio conosciuto è il recessivo brown b, che agisce solo sull’eumelanina, ma nel topo è stato trovato un allele dominante Blt che schiarisce il mantello, specialmente il sottopelo. I melanosomi del topo mutante brown sono arrotondati anziché ovoidali con struttura interna disordinata e con granuli di pigmento grossolani.

Anche la serie pinkeye, cioè occhio rosa, è apparentemente coinvolta nella differenziazione e nella fine struttura dei melanosomi, nonostante studi recenti suggeriscano un’azione regolatrice a livello del processamento della tirosinasi e/o della sua traslocazione entro i melanociti.

Il locus D della diluizione del mantello, mappato nel cromosoma 9 del topo, non è correlato con una sintesi anormale di melanina, bensì con una morfologia aberrante dei melanociti negli omozigoti dd.

Dal punto di vista biochimico riveste particolare interesse il locus aguti, A, presente sul cromosoma 2 del topo, che controlla tutti i tipi di pigmentazione e determina la produzione di feomelanina o di eumelanina agendo sull’ambiente del follicolo pilifero. I melanociti del follicolo producono eumelanina quando il pelo comincia a crescere, quindi producono feomelanina e poi di nuovo eumelanina, determinando così una barra gialla nella parte media del pelo. Un mutante di questo locus è il giallo letale Ay, letale allo stato omozigote, mentre gli eterozigoti hanno un mantello oro uniforme dovuto alla feomelanina.

Altro mutante è il non aguti a, che determina una pelliccia nera se omozigote. Interessante il fatto che tutti gli altri melanociti del corpo, nonché i melanociti responsabili della colorazione dell’occhio, non vengono influenzati dal gene aguti. Abbiamo già parlato delle interrelazioni, degli scambi di informazioni esistenti tra cellule epidermiche e melanociti. Orbene, l’espressione del gene aguti pare sia regolata in modo coordinato con la crescita del pelo, dal momento che la banda gialla subapicale presente nella colorazione selvatica viene riprodotta nei peli in rigenerazione come pure durante le successive mute. Rimane tuttavia un mistero l’intricato percorso biochimico responsabile di un siffatto squisito livello di regolazione.

Il meccanismo d’azione del gene aguti è stato definito da Silvers & Russel (1955), che giunsero alla conclusione secondo cui l’informazione biochimica proviene dal di fuori del melanocita, verosimilmente da un incremento del livello dei gruppi sulfidrilici nell’ambiente follicolare. Il gene aguti codifica per una proteina composta da 131 aminoacidi dotata delle caratteristiche di una proteina secretoria (dotata cioè di una sequenza segnale idrofobica e priva di un dominio transmembrana). Gli esperimenti di trapianto di cute hanno potuto dimostrare che l’azione del gene si svolge in seno al follicolo pilifero dirigendo la sintesi del pigmento melanico, ma che l’azione del prodotto chimico derivante dal gene aguti è indipendente dalla costituzione genotipica aguti del melanocita.

Geschwind (1972) riuscì a indurre la sintesi di eumelanina nei melanociti dei follicoli piliferi in fase di sintesi feomelanica iniettando a-MSH nel topo giallo-letale. Un possibile meccanismo potrebbe consistere in un’interazione complessa tra il prodotto dovuto al locus A e il sistema di trasduzione del segnale da parte del sistema a-MSH - cAMP. Gli ultimi dati deporrebbero per un’azione della proteina aguti in senso antagonista, atto a impedire il legarsi dell’a-MSH al suo recettore (MSH-R).

L’analisi molecolare ha confermato gli studi fenotipici che depongono per una conservazione del gene aguti in parecchi ordini di Mammiferi. La funzione, o le funzioni del gene aguti nell’Uomo può non avere relazione alcuna con la colorazione a banda dei peli, dal momento che la banda gialla naturale subapicale non è stata riscontrata nei peli umani. Non si può tuttavia escludere un’influenza del gene aguti sul sistema pilifero dell’Uomo, in quanto il gene agisce in veste di regolatore metabolico. Mutazioni nel locus umano aguti possono dar luogo a obesità, diabete e suscettibilità ai tumori attraverso una superespressione ectopica come è osservabile nel topo. In altre parole, la proteina aguti agirebbe influenzando la crescita cellulare in distretti estranei alla sua sede abituale.

Anche il locus E dell’estensione è coinvolto nella formazione di feomelanina, dal momento che i suoi alleli estendono o riducono la quantità di pigmento giallo a carico del mantello del topo, come d’altro canto accade anche a carico del piumaggio del pollo. Il topo omozigote per l’allele e ha una colorazione del pelo simile a quella dell’eterozigote per il giallo letale Ay. Tuttavia, nella serie allelica dell’estensione, l’azione dei vari alleli è autonoma e non è influenzata dall’a-MSH. Pare tuttavia verosimile che questi geni controllino distinti sistemi enzimatici, la cui natura per ora ci sfugge.

Le relazioni intercorrenti tra le feomelanine gialle espresse nell’aguti e nell’estensione con le le feomelanine marrone rossicce presenti tipicamente nei capelli rossi e nelle piume del pollo, sono scarsamente note. Nell’uomo è sconosciuta l’azione del gene aguti equivalente a quella del topo. Eiberg & Mohr (1987) hanno assegnato un gene principale per i capelli rossi al cromosoma 4, ma esistono ancora parecchi interrogativi irrisolti prima di poter giungere alla spiegazione di quale sia il substrato genetico che conduce alla formazione delle feomelanine.

Ruppert (1988) ha dimostrato che il gene albino del topo è composto da 5 exoni separati da 4 grossi introni, e che occupa un’area cromosomica di circa 70 kb. Si è potuto dimostrare che questo locus possiede la capacità di codificare una proteina funzionante dal punto di vista catalitico come tirosinasi.

La conoscenza della struttura del gene della tirosinasi ottenuta attraverso il cDNA ha fornito la base necessaria per determinare le esatte modificazioni nella sequenza aminoacidica responsabile del fenotipo albino. Si tratta di una mutazione puntiforme della regione codificante in corrispondenza del nucleotide 387 (G-C transversion) che sfocia nel cambio di una cisteina conservata in una serina nel primo dominio ricco di cisteina della molecola proteica della tirosinasi. La singola modificazione a carico della struttura proteica causa la perdita virtualmente quantitativa dell’attività catalitica e la conseguente incapacità dei melanociti del topo albino a produrre melanine.

Mutazioni note a carico del locus albino, come la cincillà e l’Himalaya, si associano ad alterazioni significative nella struttura e nell’attività catalitica della tirosinasi. Così, nel fenotipo Himalaya dovuto all’allele ch, esiste un’alterazione della glicosilazione che dà luogo a un fenotipo sensibile alla temperatura. Kwon (1989) ha dimostrato che il gene della tirosinasi nell’omozigote ch/ch contiene una sostituzione A-G nel nucleotide 1.259 che determina a sua volta una sostituzione dell’istidina con arginina alla posizione 420. Dal momento che i livelli di mRNA tirosinasi nel topo cincillà c/ch sono uguali a quelli dei ceppi selvatici C+, potrebbe darsi che la riduzione della pigmentazione sia legata a un’attività piuttosto fiacca esplicata da una proteina mutata. Quest’ipotesi è avvalorata dall’osservazione che l’enzima isolato dal topo cincillà è più suscettibile all’inattivazione proteolitica, e si è visto che si tratta dello scambio di un solo aminoacido alla posizione 464, con sostituzione a carico della sequenza selvatica dell’Ala (GCA) da parte di Thr.

L’albinismo degli animali da laboratorio è equivalente all’albinismo oculocutaneo umano (AOC) tirosinasi negativo. Sono stati tuttavia descritti altri casi di albinismi umani, alcuni dei quali tirosinasi positivi, tra loro distinguibili in base a criteri clinici, ultrastrutturali e biochimici, nonché in base al loro comportamento genetico determinato accoppiando gli albini dotati di genotipi differenti. Così, mentre per la produzione di pigmento è necessaria l’espressione della tirosinasi codificata dal locus albino, esistono altri punti di controllo critici per il verificarsi della melanogenesi. Si spera che tra pochi anni si verifichi una svolta decisiva nella comprensione del meccanismo che impedisce la sintesi di pigmento nell’albinismo tirosinasi positivo.

Attraverso l’amplificazione genica dei cinque exoni della tirosinasi, sono state identificate 12 differenti alterazioni geniche in individui affetti dal tipo 1 di AOC. Queste mutazioni si raggruppano in modo non casuale, essendo presenti in vari siti sia nella regione strutturale del gene che in quella del promotore. È stata identificata una mutazione a carico del gene umano che provoca la formazione di una tirosinasi sensibile alla temperatura, analoga alla mutazione Himalaya del topo.

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