I geni implicati nella
colorazione del mantello che furono studiati per primi secondo le leggi
mendeliane dell’ereditarietà sono stati quelli del topo. Nei genomi sono
stati descritti circa 130 determinanti in più di 50 loci, che nei soggetti
portatori di mutazioni sono causa di anomalie nella pigmentazione dell’occhio,
della pelle e dei peli. Attualmente non è ancora chiaro quanti di questi geni
siano geni strutturali codificanti per proteine direttamente o indirettamente
interessate nella determinazione del fenotipo, e quanti siano invece geni
regolatori deputati alla regolazione dei geni strutturali.
Gli studi vengono complicati dal fatto che la maggior
parte, se non tutti quanti i geni relativi alla pigmentazione, sono dotati di effetti pleiotropici
sullo sviluppo, interessando così dei
parametri al di fuori della pigmentazione, oscurando altresì il loro
meccanismo d’azione. Per fare un esempio, parecchie mutazioni a carico del
locus
aguti
del topo hanno chiaramente dimostrato di possedere uno o più dei seguenti
effetti pleiotropici: diabete, obesità, turbe della crescita, suscettibilità
ai tumori e letalità embrionale.
Non bisogna dimenticare che la storia della genetica dei
pigmenti si riferisce soprattutto al colore dei peli, che è biologicamente e
biochimicamente distinto da quello della cute.
Si può affermare con discreta
sicurezza (Robins, 1991) che nell’uomo un numero relativamente basso di geni,
da 3 a 6 paia, può spiegare tutta la gamma della colorazione della cute,
confortando l’ipotesi che solo pochi geni interagiscano tra loro e siano
direttamente interessati nella regolazione dei passaggi basilari della
melanogenesi.
Caratteristiche
delle principali serie alleliche |
||||
serie |
simbolo |
principali
alleli |
effetti |
sito
d’azione |
Albino |
C |
C+, cch, cb, c |
riduce l’intensità della pigmentazione, in primis quella gialla e poi quella nera, fino a nessuna pigmentazione in cc (albino) |
in seno ai melanociti |
A |
A+, Ay, Aw, at, a, ae |
controlla la distribuzione regionale del nero e del giallo nel corpo e nei peli, dal tutto giallo (dominante nel topo) a tutto nero |
all’esterno dei melanociti |
|
Estensione |
E |
E+, Ed, ebr, e |
estende il nero (dominante) o il giallo (recessivo) nel complesso del corpo, con ebr che determina una variegatura nero-gialla |
in seno ai melanociti |
Brown |
B |
B+, Blt,
b |
interessa l’eumelanina, che da nera diventa marrone in bb. Può schiarire gli occhi (bb) e il sottopelo (Blt). |
in seno ai melanociti |
Diluizione |
D |
D+, d, dl |
diluisce sia il nero che il giallo raggruppando i granuli di pigmento. Il portatore della mutazione letale (dl) presenta convulsioni. |
in seno ai melanociti
modificandone la forma |
Pinkeye |
P |
P+, p, ps |
effetto principale sui melanosomi, col risultato che i colori scuri risultano più diluiti di quelli chiari. La pigmentazione retinica risulta assente in p e in ps. La mutazione ps causa anche sterilità nel maschio. |
in seno ai melanociti |
Da:
Giuseppe Prota, Melanins and
Melanogenesis, 1992 |
Nella tabella troviamo elencate
le principali serie alleliche interessate nel determinare la colorazione del
mantello del topo, con l’annotazione di quanto è noto sinora sul meccanismo
d’azione del gene interessato.
Il locus albino controlla l’espressione dell’attività
della tirosinasi ed è la chiave di volta delle lesioni riscontrabili in
parecchi casi di albinismo.
L’allele selvatico C+
è dominante su tutti gli altri alleli e assicura un’attività tirosinasica
piena. Al contrario, l’albinismo del topo cc
si presenta completamente privo di melanina, sia negli occhi che a livello
cutaneo, determinando un caratteristico fenotipo bianco con occhi rosa.
Tuttavia, questa mutazione non interferisce sotto altri aspetti con la
differenziazione dei melanociti, detti melanociti
amelanotici, identici al melanocita normale pigmentato. Bisogna
notare che l’albinismo può anche derivare da geni che determinano chiazze
bianche come il piebaldismo e la microftalmia mutante, che impediscono ai
melanoblasti della cresta neurale e della coppa ottica di raggiungere la loro
destinazione cutanea e retinica. Poco si conosce sulla base molecolare di
questi geni che determinano macchie bianche.
A carico del locus B l’allele meglio conosciuto è il
recessivo brown b, che agisce solo
sull’eumelanina, ma nel topo è stato trovato un allele dominante Blt che schiarisce il mantello,
specialmente il sottopelo. I melanosomi del topo mutante brown sono arrotondati anziché ovoidali con struttura interna
disordinata e con granuli di pigmento grossolani.
Anche la serie pinkeye,
cioè occhio rosa, è apparentemente coinvolta nella differenziazione e nella
fine struttura dei melanosomi, nonostante studi recenti suggeriscano un’azione
regolatrice a livello del processamento della tirosinasi e/o della sua
traslocazione entro i melanociti.
Il locus D della diluizione del mantello, mappato nel
cromosoma 9 del topo, non è correlato con una sintesi anormale di melanina,
bensì con una morfologia aberrante dei melanociti negli omozigoti dd.
Dal punto di vista biochimico riveste particolare interesse il locus aguti, A, presente sul cromosoma 2 del topo, che controlla tutti i tipi di pigmentazione e determina la produzione di feomelanina o di eumelanina agendo sull’ambiente del follicolo pilifero. I melanociti del follicolo producono eumelanina quando il pelo comincia a crescere, quindi producono feomelanina e poi di nuovo eumelanina, determinando così una barra gialla nella parte media del pelo. Un mutante di questo locus è il giallo letale Ay, letale allo stato omozigote, mentre gli eterozigoti hanno un mantello oro uniforme dovuto alla feomelanina.
Altro mutante è il non aguti
a, che determina una pelliccia
nera se omozigote. Interessante il fatto che tutti gli altri melanociti del
corpo, nonché i melanociti responsabili della colorazione dell’occhio, non
vengono influenzati dal gene aguti. Abbiamo già parlato delle interrelazioni,
degli scambi di informazioni esistenti tra cellule epidermiche e melanociti.
Orbene, l’espressione del gene aguti pare sia regolata in modo coordinato
con la crescita del pelo, dal momento che la banda gialla subapicale presente
nella colorazione selvatica viene riprodotta nei peli in rigenerazione come
pure durante le successive mute. Rimane tuttavia un mistero l’intricato
percorso biochimico responsabile di un siffatto squisito livello di
regolazione.
Il meccanismo d’azione del gene aguti è stato definito
da Silvers & Russel (1955), che giunsero alla conclusione
secondo cui l’informazione biochimica proviene dal di fuori del melanocita,
verosimilmente da un incremento del livello dei gruppi sulfidrilici nell’ambiente
follicolare. Il gene aguti codifica per una proteina composta da 131
aminoacidi dotata delle caratteristiche di una proteina secretoria (dotata
cioè di una sequenza segnale idrofobica e priva di un dominio transmembrana).
Gli esperimenti di trapianto di cute hanno potuto dimostrare che l’azione
del gene si svolge in seno al follicolo pilifero dirigendo la sintesi del
pigmento melanico, ma che l’azione del prodotto chimico derivante dal gene
aguti è indipendente dalla costituzione genotipica aguti
del melanocita.
Geschwind (1972) riuscì
a indurre la sintesi di eumelanina nei melanociti dei follicoli piliferi in
fase di sintesi feomelanica iniettando a-MSH
nel topo giallo-letale. Un possibile meccanismo potrebbe consistere in un’interazione
complessa tra il prodotto dovuto al locus A e il sistema di trasduzione del
segnale da parte del sistema a-MSH
- cAMP. Gli ultimi dati deporrebbero per un’azione della proteina aguti in senso antagonista, atto a impedire il legarsi dell’a-MSH al suo recettore (MSH-R).
L’analisi molecolare ha confermato gli studi fenotipici
che depongono per una conservazione
del gene aguti in parecchi ordini di Mammiferi.
La funzione, o le funzioni del gene aguti nell’Uomo può non avere relazione
alcuna con la colorazione a banda dei peli, dal momento che la banda gialla
naturale subapicale non è stata riscontrata nei peli umani. Non si può
tuttavia escludere un’influenza del gene aguti sul sistema pilifero dell’Uomo,
in quanto il gene agisce in veste di regolatore metabolico. Mutazioni nel
locus umano aguti possono dar luogo a obesità, diabete e suscettibilità ai
tumori attraverso una superespressione
ectopica come è osservabile nel topo. In altre parole, la proteina
aguti agirebbe influenzando la crescita cellulare in distretti estranei
alla sua sede abituale.
Anche il
locus E dell’estensione è coinvolto nella formazione di feomelanina, dal
momento che i suoi alleli estendono o riducono la quantità di pigmento giallo
a carico del mantello del topo, come d’altro canto accade anche a carico del
piumaggio del pollo. Il topo omozigote per l’allele e ha una colorazione del pelo simile a quella dell’eterozigote per
il giallo letale Ay.
Tuttavia, nella serie allelica dell’estensione, l’azione dei vari alleli
è autonoma e non è influenzata dall’a-MSH.
Pare tuttavia verosimile che questi geni controllino distinti sistemi
enzimatici, la cui natura per ora ci sfugge.
Le relazioni intercorrenti tra le feomelanine gialle
espresse nell’aguti e nell’estensione
con le le feomelanine marrone rossicce presenti tipicamente nei capelli rossi
e nelle piume del pollo, sono scarsamente note. Nell’uomo è sconosciuta l’azione
del gene aguti equivalente a quella del topo. Eiberg & Mohr (1987) hanno
assegnato un gene principale per i capelli rossi al cromosoma 4, ma esistono
ancora parecchi interrogativi irrisolti prima di poter giungere alla
spiegazione di quale sia il substrato genetico che conduce alla formazione
delle feomelanine.
Ruppert (1988) ha dimostrato che il gene albino del topo
è composto da 5 exoni separati da 4 grossi introni, e che occupa un’area
cromosomica di circa 70 kb. Si è potuto dimostrare che questo locus possiede
la capacità di codificare una proteina funzionante dal punto di vista
catalitico come tirosinasi.
La conoscenza della struttura del gene della tirosinasi
ottenuta attraverso il
cDNA
ha fornito la base necessaria per determinare le esatte modificazioni nella
sequenza aminoacidica responsabile del fenotipo albino. Si tratta di una mutazione puntiforme della regione codificante in
corrispondenza del nucleotide 387 (G-C transversion) che sfocia nel cambio di
una cisteina conservata in una serina nel primo dominio ricco di cisteina
della molecola proteica della tirosinasi. La singola modificazione a
carico della struttura proteica causa la perdita virtualmente quantitativa
dell’attività catalitica e la conseguente incapacità dei melanociti del
topo albino a produrre melanine.
Mutazioni note a carico del locus albino, come la cincillà
e l’Himalaya, si associano ad alterazioni significative nella struttura
e nell’attività catalitica della tirosinasi. Così, nel fenotipo Himalaya
dovuto all’allele ch,
esiste un’alterazione della glicosilazione che dà luogo a un fenotipo
sensibile alla temperatura. Kwon (1989) ha dimostrato che il gene della
tirosinasi nell’omozigote ch/ch contiene una sostituzione A-G nel nucleotide 1.259 che
determina a sua volta una sostituzione dell’istidina con arginina alla
posizione 420. Dal momento che i livelli di mRNA tirosinasi nel topo cincillà
c/ch sono uguali a quelli dei ceppi
selvatici C+, potrebbe darsi che la riduzione della pigmentazione sia legata a un’attività
piuttosto fiacca esplicata da una proteina mutata.
Quest’ipotesi è avvalorata dall’osservazione che l’enzima isolato dal
topo cincillà è più suscettibile
all’inattivazione proteolitica, e si è visto che si tratta dello scambio di
un solo aminoacido alla posizione 464, con sostituzione a carico della
sequenza selvatica dell’Ala (GCA) da parte di Thr.
L’albinismo degli animali da laboratorio è equivalente
all’albinismo oculocutaneo umano (AOC) tirosinasi negativo. Sono stati
tuttavia descritti altri casi di albinismi
umani, alcuni dei quali tirosinasi positivi, tra loro
distinguibili in base a criteri clinici, ultrastrutturali e biochimici,
nonché in base al loro comportamento genetico determinato accoppiando gli
albini dotati di genotipi differenti. Così, mentre per la produzione di
pigmento è necessaria l’espressione della tirosinasi codificata dal locus
albino, esistono altri punti di controllo critici per il verificarsi della
melanogenesi. Si spera che tra pochi anni si verifichi una svolta decisiva
nella comprensione del meccanismo che impedisce la sintesi di pigmento nell’albinismo
tirosinasi positivo.
Attraverso l’amplificazione genica dei cinque exoni
della tirosinasi, sono state identificate 12
differenti alterazioni geniche in individui affetti dal tipo 1 di AOC.
Queste mutazioni si raggruppano in modo non casuale, essendo presenti in vari
siti sia nella regione strutturale del gene che in quella del promotore. È
stata identificata una mutazione a carico del gene umano che provoca la
formazione di una tirosinasi sensibile alla temperatura, analoga alla
mutazione Himalaya del topo.