La scelta, in seno a una
popolazione, di una parte di tutta la massa di individui capaci di riprodursi,
modifica la variabilità genetica degli F1
e delle altre generazioni selettive rispetto a quella che si avrebbe con una
riproduzione casuale. Ma questa variazione è generalmente modesta o assai
piccola quando l’ereditabilità è minore del 50%.
A parità di altre condizioni, è poi chiaro che le
variazioni nella frequenza dei geni e dei genotipi saranno tanto maggiori
quanto più ristretto è il numero dei componenti la popolazione. In
conclusione si può dunque affermare che la
selezione massale - cioè la selezione che opera su gruppi di
animali senza un sistema di accoppiamento ben definito e senza la costituzione
di linee più o meno isolate - non
produce variazioni genetiche di grande rilievo nel complesso della popolazione.
Questa conclusione teorica sembrerebbe contraddetta dai risultati della
pratica zootecnica, ma a questo proposito è utile chiudere la nostra
esposizione con alcune considerazioni.
In primo luogo, si deve tener presente che i miglioramenti
notevoli raggiunti in determinati allevamenti dipendono sia dalla forte
percentuale di animali scartati, sia dall’applicazione della riproduzione
consanguinea, che è l’unico metodo capace di aumentare (specie in gruppi
ristretti) la frequenza dei geni desiderati e la proporzione di individui
omozigoti. D'altra parte, quando si vuol paragonare la variabilità dei
caratteri di una razza con quella presente in un singolo allevamento, non si
deve dimenticare che ogni azienda ha delle caratteristiche ambientali proprie
che tendono ad influire nello stesso modo su tutti gli animali
dell'allevamento. Tali effetti ambientali comuni possono essere sufficienti a
conferire un’uniformità fenotipica - entro i singoli allevamenti - assai
maggiore di quella presentata da un campione statistico formato da individui
prelevati da tutti gli allevamenti dediti a quella determinata razza.
In conclusione, la generalità degli allevatori e parecchi
tecnici tendono a confondere il miglioramento somatico di caratteristiche
morfologiche e funzionali, ottenuto mediante alimentazione e cure d’allevamento
più appropriate, con il miglioramento genetico derivante dall'applicazione
della selezione e dalle variazioni ottenute nella frequenza dei genotipi, ai
quali corrispondono i caratteri più apprezzati e utili.
La determinazione, con appropriati metodi statistici, o
meglio ancora con indagini sperimentali, dell’ereditabilità dei caratteri
zootecnicamente più importanti, può contribuire notevolmente a chiarire
questo equivoco, indicando le possibilità di incremento delle produzioni o
dei caratteri che sono da aspettarsi come risultato del lavoro di selezione.
Se il lavoro di selezione cessa, o se la scelta degli
animali viene effettuata con criteri empirici su caratteri di scarsa
ereditabilità, la riduzione della variabilità genetica e i progressi
realizzati scompaiono rapidamente, poiché la distribuzione dei gameti e dei
genotipi tende a ritornare, nel giro di poche generazioni, a quella che si
verifica nella riproduzione libera e casuale.