Questa tecnica consiste nel far riprodurre tra loro
animali che non siano parenti. Nell’ambito dell’esincrocio
si distinguono diversi sistemi dovuti al grado di differenziazione genetica
dei riproduttori:
·
incrocio fra specie
diverse
- species crossing o ibridazione specifica: come nel caso dell’accoppiamento fra asino
e cavalla per produrre il mulo
·
incrocio fra due razze
·
incrocio continuato
- grading: come nell’incrocio tra
un toro Shorthorn e una meticcia Shorthorn
·
incrocio non
consanguineo - outcrossing:
riproduzione fra soggetti della stessa razza ma che non siano parenti
Gli allevatori, senza ricevere
alcuna imbeccata dagli scienziati, avevano da tempo notato che nell’incrocio
tra animali non parenti si verifica spesso un aumento del vigore e dello
sviluppo dei discendenti. Il vigore
ibrido può essere definito come un’espressione di caratteri superiore e
ben maggiore di quella posseduta dai ceppi di entrambi i genitori.
Questa proprietà si manifesta con una crescita più rapida, una taglia
maggiore, una miglior produttività, una vitalità superiore e in altri modi
ancora.
Gli ibridi Austra
white, derivati dall’incrocio di Australorp con Livorno bianca, sono
più resistenti alle malattie respiratorie rispetto alle rispettive razze
parentali, e si può osservare lo stesso risultato anche negli incroci fra
differenti ceppi dell’ibrido.
Il vigore ibrido assicura un beneficio fugace. È evidente
in F1, ma abitualmente va estinguendosi nelle generazioni successive.
Perciò i ceppi parentali vanno conservati, e a ogni generazione si rendono
necessari nuovi incroci.
Fig.
XXIII. 1 – Australorp nera del 1930
Il
suo nome significa Orpington australiana.
La sua creazione è dovuta a William
Cook del Kent, UK.
La prima di parecchie importazioni in Australia risale al
1887.
La
base teorica del vigore ibrido costituisce uno dei grossi enigmi della
genetica, anche se si suppone che il vigore sia basato sull’eterozigosi.
Esistono almeno 2 teorie sulle forze coinvolte in tale risultato positivo:
Le mutazioni sono per lo più
recessive e in genere i geni recessivi esercitano effetti negativi sia sulla
vitalità che sulla crescita. I geni dominanti hanno generalmente effetti
positivi, dimostrati anche dal fatto che si sono mantenuti in una popolazione.
Si può quindi generalizzare il concetto secondo cui i geni dominanti
influiscono positivamente sul vigore. Inoltre, lo stato eterozigote per un
gene dominante costituisce un fattore di protezione contro le possibili
influenze negative esercitate dall’allele recessivo.
Fu ipotizzata molti anni fa da
Shull e si basa sulla seguente constatazione: spesso lo stato eterozigote si
esprime in modo del tutto diverso rispetto a quando l’uno o l’altro allele
è omozigote, e spesso l’eterozigote è più vigoroso di entrambi i
genitori. Nella maggior parte dei casi sarà l’allele dominante a prevalere,
ma i numerosi casi di dominanza incompleta fanno pensare che la prevalenza non
sia sempre a senso unico.
Il fatto che l’incrocio tra certe linee dia risultati
migliori rispetto all’incrocio fra altre, fa ritenere che il successo e l’insuccesso
di questi incroci dipenda dalla natura genetica del materiale implicato, e
quindi dei geni che entrano in combinazione.
L’incrocio non consanguineo
fra razze pure e l’incrocio continuato hanno un particolare valore per gli
allevatori di razze pure. Per lo più chi alleva una certa razza di bovini
preferisce impiegare un buon toro ma che non sia parente con le vacche. Ora,
se un allevatore che possiede un buon numero di vacche continua ad impiegare
nelle successive generazioni una serie di tori che, pur non essendo parenti,
posseggono dei geni desiderabili per il tipo e per la produttività, otterrà
certamente un miglioramento delle sue vacche figlie. È improbabile che con
questo procedimento egli possa ottenere risultati spettacolari, ma è
ugualmente poco probabile che possa andare incontro all’insuccesso purché,
è ovvio, impieghi tori provvisti di buoni geni e conservi, per la rimonta, il
maggior numero possibile di giovenche provenienti da buone vacche e il minor
numero di giovenche provenienti da vacche scadenti.
Questo sistema, indicato come selezione massale, ha costituito la base principale dei successi
durante il miglioramento di parecchie razze. È la forma più antica e
tradizionale di miglioramento delle razze domestiche e si attua scegliendo ad
ogni generazione, in seno alla popolazione, quegli individui che per
caratteristiche morfologiche o funzionali sono ritenuti più idonei agli scopi
dell’allevamento. I riproduttori prescelti non vengono però separati dalla
restante popolazione, né gli accoppiamenti vengono controllati in modo tale
da conoscere le genealogie dei prodotti F1.
In altri termini, in una selezione veramente massale il gruppo selezionato si
riproduce con la parte restante della popolazione in maniera del tutto
casuale.
Dal punto di vista della riproduzione in purezza, il
grande inconveniente di questo sistema è rappresentato dal fatto che gli
animali tendono a rimanere allo stato eterozigote circa parecchi geni, per
cui la trasmissione dei caratteri non avviene in modo uniforme. In compenso
però questi eterozigoti sono caratterizzati da maggior vigore e da maggior
produttività, secondari proprio all’eterozigosi poligenica.
Un altro inconveniente della selezione massale è
costituito dalla difficoltà ad
assicurare dei buoni maschi per il miglioramento di altri allevamenti. Nel
contesto di una razza, circa il 60% dei maschi è di qualità media, una
piccola percentuale sta al di sopra della media e un’altra piccola
percentuale sotto la media. Forse il 15% dei tori è costituito da soggetti
discretamente buoni, appena il 5% è
costituito da soggetti ottimi. La natura sembra opporsi a un rapido
miglioramento delle razze, come pure al loro rapido deterioramento. Non
bisogna scoraggiarsi, e talora è necessario accontentarsi di un piccolo
miglioramento annuale.
Poiché nella riproduzione non consanguinea o outcrossing
i riproduttori sono per lo più eterozigoti, si tende verso una discendenza
anch’essa eterozigote. Non è esclusa la possibilità di un’omozigosi, ma
è evidente come, per il meccanismo della disgiunzione e ricombinazione dei
geni, nelle successive generazioni si faccia facilmente ritorno all’eterozigosi.
Pertanto con la riproduzione non consanguinea si va incontro a una
considerevole variabilità genetica, per cui questo metodo è il più
conservativo.