Ulisse Aldrovandi
Ornithologiae tomus alter - 1600
Liber
Decimusquartus
qui
est
de Pulveratricibus Domesticis
Libro
XIV
che tratta
delle domestiche amanti della polvere
trascrizione di Fernando Civardi - traduzione di Elio Corti - revisione di Roberto Ricciardi
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Circa
ova, quae supponenda sunt, duo
maxime considerare oportet, qualitatem nempe, et numerum. Ne sint itaque
subventanea, seu hypenemia, sed Gallum expertarum Gallinarum, atque haec
recentia, plena, quae aquae dulci iniecta submerguntur, in quibus soli
obtentis semen Galli apparet, nihil autem vacui, et si fieri potest,
vetularum potius quam pullastrarum. |
Circa
le uova che sono da mettere a covare, è della massima importanza tenere
in considerazione due cose, e precisamente la qualità e il numero.
Pertanto non debbono essere ventose, o piene di aria, ma di galline che
sono venute a contatto con il gallo, e debbono essere recenti, piene,
che messe in acqua dolce vengono sommerse, nelle quali, messe contro
sole, è visibile il seme del gallo, e nulla di vuoto, e, se è
possibile, di galline anziane anziché di pollastre. |
Sed
in eiusmodi ovorum electione inter Plinium[1],
et Columellam[2]
insignis est contradictio, cum ille intra decem dies edita laudet,
vetustiora, aut recentiora infoecunda existimans: hic vero, etsi quae
decem dierum sunt, infoecunda non putet, aptissima tamen ad excludendum
recentissima quaeque iudicet. Sed malim ego hac in re Columellae
assentiri, eoque magis cum hunc sequi Albertum videam, qui etiam illud
addit, ova quatriduana optima esse, minus vero probari infra aut supra
hoc tempus nata: sed haec Alberti determinatio quodam modo Columellae
adversatur, qui dum recentissima, ut dixi, laudat, eo ova incubationi
aptiora innuere videtur, quo ortui suo proximiora existunt: quin
im<m>o observari vult, dum eduntur, ac signo aliquo notari, ut,
quanto prius fieri possit, glocientibus supponantur, caeteraque vel
reponantur, vel aere permutentur. Super qua re inquisitae a me nostrae
mulierculae, Alberti potius, quam Columellae praeceptum sequendum
praedicant, quia inquiunt recentia unius diei, vel etiam duorum
supposita irrita, et putrida fiunt. |
Ma
a proposito di tale scelta delle uova esiste un’evidente
contraddizione fra Plinio
e Columella,
dal momento che il primo loda quelle che sono state deposte da dieci
giorni, ritenendo infeconde quelle più vecchie o più recenti: ma
l’altro, anche se non ritiene essere infeconde quelle che sono di
dieci giorni, tuttavia giudica molto adatte alla schiusa anche quelle
molto recenti. Ma a questo proposito preferirei dare ragione a
Columella, tanto più che mi pare che Alberto
lo segua, in quanto anche lui aggiunge che le uova di quattro giorni
sono ottime, mentre vengono giudicate meno favorevolmente quelle deposte
prima o dopo questo lasso di tempo: ma questa conclusione di Alberto in
qualche modo si oppone a Columella il quale, come ho detto, mentre loda
quelle molto recenti, sembra voler indicare che le uova sono tanto più
adatte all’incubazione quanto più sono vicine al momento in cui sono
state deposte: ma anzi pretende che si faccia attenzione a quando
vengono deposte, e che vengano contraddistinte con un segno, affinché
il più presto possibile vengano messe sotto a quelle che fanno la voce
da chioccia, e che le altre o vengano messe da parte oppure vengano
barattate con del denaro. Le nostre donne di campagna, da me interrogate
a questo proposito, dichiarano che bisogna seguire l’insegnamento di
Alberto anziché di Columella, in quanto dicono che quelle recenti di
uno o anche due giorni se messe a covare diventano infruttuose e
putride. |
Verum
etsi quandoque ova omnibus iam
dictis bonitatis signis praedita sint, fit tamen ut nonnunquam minime
foetum excludant, idque vel incubantis, vel quae ea {a}edidit Gallinae
culpa. Eorum enim quae pariunt nonnulla quandoque infoecunda sunt,
quamvis ex coitu conceperint, quod inde colligimus, quia nullus ex iis
provenit foetus, licet diligentissime incubatu foveantur. Sunt vero
potissimum sterilia, vel quia subventanea sunt, vel alias ob causas,
quas ad quatuor hasce Albertus redigit. Primo propter corruptum albumen,
ex quo partes pulli formari debeant. Secundo propter vitelli
corruptionem, unde suppeditandum erat alimentum, nam sic pullus
imperfecte formatur, et partes quaedam in ipso {absolutae non} <non
absolutae>[3]
inveniuntur, et non coniunctae, sicut in abortu animalis vivipari ante
perfectionem lineamentorum foetus. Albumine vero corrupto, nihil omnino
per totam incubationem formatur, sed ovum totum marcidum evadit, et
foetidum, uti sanies corrumpitur in apostemate. Tertio contingit ovum
vitiari membranarum, et fibrarum, quae per albumen tendunt, culpa: Nam
corrupta tunica, quae continet vitellum, humor vitellinus effluit, et
confunditur cum albumine; itaque impeditur ovi foecunditas. Corruptis
vero fibris, corrumpuntur, et venae, et nervi pulli, impeditur eius
nutritio, compago destructis ligamentis dissolvitur, et laesis nervis
sensus amittitur. Quarto propter vetustatem, exhalante spiritu, in quo
est virtus formativa: unde vitellus pondere suo penetrat albumen, et ad
testam fertur in eam partem, cui incumbit ovum. Hisce igitur quatuor
modis ova infoecunda fieri contingit. |
In
verità, anche quando le uova sono dotate di tutte quelle
caratteristiche di buona qualità che abbiamo appena riferito, accade
tuttavia che talora non generano assolutamente un feto, e ciò accade o
per colpa della gallina che le cova, oppure di quella che le ha deposte.
Infatti talora alcune di quelle uova che depongono sono infeconde
nonostante le avessero concepite in seguito al coito, cosa che deduciamo
dal fatto che da tali uova non può nascere alcun feto quand’anche
vengano riscaldate con estrema diligenza durante l’incubazione. Ma
sono soprattutto sterili in quanto o sono ventose, o per altri motivi
che Alberto riconduce ai seguenti quattro. In primo luogo a causa
dell’albume che si è alterato, dal quale dovrebbero formarsi le parti
del pulcino. In secondo luogo a causa di un’alterazione del tuorlo, da
dove doveva essere fornito l’alimento, e così infatti il pulcino si
sviluppa in modo imperfetto, e in esso si rinvengono alcune parti
incompiute e non unite tra loro, come nell’aborto di un animale
viviparo prima del perfezionamento dei lineamenti del feto. Ma,
essendosi alterato l’albume, durante tutta l’incubazione non si
forma assolutamente nulla, e l’uovo diventa tutto quanto marcio e
fetido, come il pus che si altera in un ascesso. In terzo luogo accade
che l’uovo si altera per colpa delle membrane e delle fibre che si
estendono attraverso l’albume. Infatti, una volta che la tunica che
contiene il tuorlo si è alterata, il liquido vitellino defluisce e si
mescola con l’albume; di conseguenza la fecondità dell’uovo viene
ostacolata. Ma una volta che le fibre si sono alterate, si alterano
anche le vene e i nervi del pulcino, la sua nutrizione viene resa
impossibile, e una volta che si sono distrutti i legamenti l’unione
tra le varie parti si dissolve e quando i nervi sono stati lesi viene
persa la sensibilità. In quarto luogo, a causa dell’invecchiamento,
in quanto fuoriesce l’aria in cui risiede la proprietà formativa: per
cui il tuorlo a causa del suo stesso peso entra nell’albume e si porta
verso il guscio, in quella parte in cui l’uovo si incurva. Pertanto
accade che le uova diventano infeconde secondo queste quattro modalità. |
In
secundo quidem modo, ut hoc
iterum repetamus, aliquando accidit, quod humoribus corruptis partes
igneae combustae ferantur ad putamen, unde ovum in tenebris lucet,
quemadmodum truncus arboris putrefactae, cuiusmodi ovum sibi visum in
regione Corascena Avicenna testatur. Sunt et alii forte corruptionis
ovorum modi, sed qui sub iam dictis facile comprehendi possunt. Depravantur,
inquit Aristoteles[4],
ova, et fiunt, quae urina
appellantur, tempore potius calido, idque ratione. Ut enim vina
temporibus calidis coalescunt faece subversa: hoc enim causa est, quod
depraventur: sic ova pereunt vitello corrupto. Id[5]
enim in utriusque terrena portio est. Quamobrem et vinum obturbatur
faece permista, et ovum vitello diffuso. Multiparis igitur hoc accidit
merito, cum non facile omnibus calor conveniens reddi possit, sed aliis
deficiat, aliis superet, et quasi putrefaciendo obturbet. Haec ille:
quae vero urina vocat, Plinius[6]
aliis cynosura vocari scribit, forte quod aestate, ut diximus, et sub
cane magis urina fiant: quia etiam canicularia dicuntur. Caelius οὔρια
ova (modo οὔρια
eadem sint, ut videtur, cum
urinis) quasi fluctuosa dici putat: nam οὔρον,
inquit, ventum[7]
dicunt: quo argumento etiam ab Homero mul{t}os[8]
dici οὐρῆας
coniectant
periti, et recenset Eustathius διὰ
τὸ ἄγονον,
id est, ob insitam non gignendi proprietatem, quod eorum semen sit ἀνεμαῖον,
id est spiritosum, et proinde foecunditatis nescium[9]:
et rursus, ubi quaerit, unde eiusmodi ova fluitent? Ratio, inquit, erui
illinc potest quod aquescant, ac spiritus contabescentia concipiant
plurimum: qua ratione colligitur et illud, cur in aqua pereuntes, primo
quidem ima petere: mox ubi computrescere coeperint, emergere, ac
fluitare soleant. |
Nella
seconda modalità, ripetendolo di nuovo, talora accade che le porzioni
ignee che sono andate incontro a combustione vengano trasportate verso
il guscio da parte dei liquidi alterati, per cui al buio l’uovo emana
della luce, così come fa il tronco di un albero putrefatto - per
bioluminescenza, e Avicenna
attesta che un uovo siffatto è stato da lui osservato nella regione del
Corasan.
Forse esistono anche altre modalità di corruzione delle uova, ma che
possono facilmente essere incluse fra quelle appena citate. Aristotele
dice: Le uova si alterano e quelle
dette non fecondate si formano preferibilmente quando la stagione è
calda, e ciò avviene per un motivo. Come infatti durante le stagioni
calde i vini si inacidiscono per il rimescolamento della feccia: questo
infatti rappresenta il motivo per cui si corrompono: così le uova vanno
a male per il tuorlo che si è alterato. Infatti in entrambi i casi esso
rappresenta - essi rappresentano - l’elemento terroso. Motivo per cui
si intorbidisce sia il vino per la feccia che viene rimescolata, sia
l’uovo per il tuorlo che si è sparso. È logico pertanto che ciò si
verifichi negli uccelli multipari dal momento che il giusto calore non
può essere facilmente offerto a tutte le uova, ma ad alcune è
insufficiente, per altre è eccessivo, e le intorbidisce come se le
facesse andare in putrefazione. Queste le sue parole: quelle che egli
chiama urina, Plinio scrive che da altri vengono dette cynosura,
forse perché, come abbiamo detto, in estate e durante la canicola
- agosto - diventano maggiormente sterili: per cui vengono anche dette
canicolari. Lodovico Ricchieri
ritiene che vengono dette uova oúria (purché le oúria,
come sembra, corrispondano a quelle non fecondate) come se fossero
agitate dai flutti: dice infatti che chiamano oúron un
vento - il vento favorevole:
ragion per cui gli esperti suppongono che anche da Omero
i muli vengono detti ourêas, ed Eustazio
commenta con dià tò ágonon,
cioè a causa di un’insita caratteristica a non generare, in quanto il
loro seme sarebbe anemaîon,
cioè ventoso, e pertanto incapace di essere fecondo: e in aggiunta,
quando si chiede “per quale motivo siffatte uova stanno a galla?” Il motivo, dice, può essere ricavato dal fatto che
diventano liquide come l’acqua e mentre si decompongono assorbono
moltissima aria: per tale motivo si può dedurre anche perché quando
stanno macerando in acqua, dapprima vanno a fondo: non appena hanno
cominciato a imputridire, hanno l’abitudine di risalire e di
galleggiare. |
Etsi
tamen spiritu ita intus concepto aquae innatantia putredinem suam testentur eiuscemodi ova, ac proinde infoecunditatem, non ergo
subventanea seu hypenemia sunt, ut Calepinus perperam exponit, nam
hypenemia sine Galli congressu Gallinae pariunt, sed ita fiunt iam
dictas ob causas, quibus demum addere potes, quando ab incubante Gallina
reliquuntur, atque hinc forte Florentinus, qua die subditurus es ova,
non unam tantum Gallinam, sed tres, [223] quatuorve superponi praecipit. |
Tuttavia
anche se siffatte uova, per aver così assorbito al loro interno
dell’aria, galleggiando sull’acqua testimoniano la loro
putrefazione, e perciò la loro infecondità, non per questo sono subventanea
o hypenemia,
come erroneamente riporta Ambrogio Calepino,
infatti le galline depongono le uova hypenemia quando non si sono accoppiate col gallo, ma diventano tali per le
cause appena esposte, alle quali infine puoi aggiungere poiché vengono
abbandonate dalla gallina che le sta covando, e forse per questo motivo
Florentino
consiglia che, nel giorno in cui porrai le uova a covare, tu vi metta
sopra non una gallina soltanto, ma tre o quattro. |
[1] Naturalis historia
X,151: Ova incubari intra decem dies
edita utilissimum; vetera aut recentiora infecunda. Subici inpari numero
debent. Quarto die post quam coepere incubari, si contra lumen cacumine
ovorum adprehenso ima manu purus et unius modi perluceat color, sterilia
existimantur esse proque iis alia substituenda. Et
in aqua est experimentum: inane fluitat, itaque sidentia, hoc est plena,
subici volunt. Concuti vero experimento vetant, quoniam non gignant confusis
vitalibus venis.
[2] De re rustica VIII,5,4: Observare itaque dum edant ova et confestim circumire oportebit cubilia, ut quae nata sunt recolligantur, notenturque quae quoque die sunt edita, et quam recentissima supponantur gluttientibus (sic enim rustici appellant avis eas quae volunt incubare), cetera vel reponantur vel aere mutentur. Aptissima porro sunt ad excludendum recentissima quaeque. Possunt tamen etiam requieta subponi, dum ne vetustiora sint quam dierum decem.
[3] Il significato è completamente diverso: Aldrovandi doveva solo citare correttamente la sua inesauribile fonte, cioè Conrad Gessner Historia Animalium III (1555), pag. 420: Secundo, propter corruptionem vitelli, unde alimentum suppeditandum erat. itaque formatur pullus imperfecte, et partes quaedam in ipso non absolutae inveniuntur et non coniunctae, sicut in abortu animalis vivipari ante perfectionem lineamentorum foetus.
[4] De
generatione animalium
III,2 753a 17-30: Nelle uova gli animali giungono più velocemente a compimento
nella stagione soleggiata, perché il tempo concorre in quanto anche la
cozione è prerogativa del calore. Sia la terra concorre alla cozione grazie
al suo calore, sia l’animale che cova fa la stessa cosa: trasmette il
calore che ha in sé. Ma logicamente è durante la stagione calda che le
uova si corrompono e si formano le cosiddette sterili [οὔρια]:
come anche i vini nella stagione calda si inacidiscono per il rimescolamento
della feccia (perché è questa la causa del corrompimento), così anche
nelle uova avviene per il tuorlo. Essi rappresentano in entrambi i casi
l’elemento terroso, perciò il vino è intorbidito per il rimescolamento
della feccia, le uova che si corrompono per quello del tuorlo. È logico che
questo accada agli uccelli multipari, perché non è facile conferire a
tutte le uova un riscaldamento conveniente, ma in alcune ce n’è difetto,
in altre eccesso, e esse sono intorbidite come se andassero in putrefazione.
(traduzione di Diego Lanza) – Alcuni
traducono οὔρια con sierose e l’aggettivo è frequente per designare le uova
chiare. Confronta anche Hist. an. VI,3 562a 30: 4, 562b 11; De gen. an.
III,2 753a 22. (Roberto
Ricciardi)
[5] La fonte è rappresentata da Conrad Gessner Historia Animalium III (1555), pag. 422: Id enim in utrisque terrena portio est.
[6] Naturalis historia
X,166: Inrita ova, quae hypenemia diximus, aut mutua feminae inter se
libidinis imaginatione concipiunt aut pulvere, nec columbae tantum, sed et
gallinae, perdices, pavones, anseres, chenalopeces. Sunt
autem sterilia et minora ac minus iucundi saporis et magis umida. Quidam
et vento putant ea generari, qua de causa etiam zephyria appellant. Urina
autem vere tantum fiunt incubatione derelicta, quae alii cynosura dixere.
[7] Confronta per esempio Omero Odissea V 628; X 17; Iliade I 479; II 420, etc.
[8] L’errore tipografico – oppure di Aldrovandi – poteva essere evitato confrontando il testo con quello esatto di Conrad Gessner Historia Animalium III (1555), pag. 422: Ova generationi inepta οὔρια quasi fluctuosa dici legimus. nam οὔρον dicunt ventum, quo argumento etiamnum ab Homero mulos dici οὐρῆας coniectant periti, et recenset Eustathius: διὰ τὸ ἄγονον, id est ob insitam non gignendi proprietatem, quod eorum semen sit ἀνεμαῖον id est spiritosum, ed proinde foecunditatis nescium, Caelius. Unde fit ut τὰ ἀφανιοθέντα ὠά καὶ ἐπουρίσαντα, hoc est corrupta et urina ova, fluitent? Integra certe καὶ ἀπαθῆ, confestim sidere, manifestum est. Ac ratio quidem erui illinc potest, quod aquescant ac spiritus contabescentia concipiant plurimum. Qua ratione colligitur et illud, cur in aqua pereuntes, primo quidem ima petere: mox ubi computrescere coeperint, emergere ac fluitare soleant, etc. Idem.
[9] Confronta Eustazio ad Il. I 50: οὐρῆας μὲν πρῶτον ἐπῴχετο – in alternativa ad altre spiegazioni Eustazio (p. 42, 10 sg.) propone: παρὰ τὸν οὖρον, ὃ δηλοῖ τὸν ἄνεμον τοῦτο δὲ διὰ τὸ ἄγονον τῶν τοιούτων ζώῳν καὶ τὸ τοῦ σπερματικοῦ πνεύματος ἄκαρπον καὶ ὥσπερ ἀνεμιαῖον. Διὸ καὶ τὰ ἐν τοῖ ὠοῖς ἄκαρπα διὰ τὴν τοιαύτην αἰτίαν οὔρια ἡ κοινὴ λέγει συνήθεια.