Lessico


Matteo Silvatico
Matthaeus Sylvaticus - Matthaeus Silvaticus

Matteo Silvatico fu un medico salernitano (ca. 1285 - ca. 1342) che scrisse Opus Pandectarum Medicinae, una compilazione di materia medica con diligenti ed esatte ricerche intorno alla virtù delle erbe. Pandectae viene dal latino pandectae, dal greco pandéktai, da pân, tutto+déchesthai, accogliere, contenere.

Edizione del 1526 dell'Opus Pandectarum Medicinae
Londra - British Library

Data l’importanza delle ricerche effettuate dalla Professoressa Annamaria Martorano, alla quale vanno i miei più sentiti complimenti, voglio conservarne un estratto condensato, pubblicato in www.scuolamedicasalernitana.it con il titolo Matteo Silvatico e le Pandectae Medicinae. Il latino Pandectae viene tradotto con Pandette, derivato dal greco pandéktēs che significa raccolta universale, quindi, una sorta di lessico enciclopedico. Ecco le ricerche della Professoressa Martorano.

Nella cronologia dei medici salernitani dal IX secolo a tutto il XV secolo, esistente nel primo volume della Collezio Salernitana di S. De Renzi (pag.524), Matteo Silvatico viene citato insieme a N. Giacomo Comite (altro medico della Scuola salernitana) nel 1325, periodo in cui vi era la guerra tra Bolognesi e i Modenesi, nonché fra i Fiorentini e Castruccio Castracane di Lucca. Inoltre ci fu la spedizione di Carlo Duca di Calabria in Sicilia e Giovanni XXII dichiara eresia il ghibellinismo e vi muove contro le Crociate. Questi furono gli avvenimenti che si susseguirono negli anni in cui visse Matteo Silvatico.

La sua data di nascita non ci è stata tramandata, ma possiamo dedurla dai documenti e dai testi fino a noi conservati e giunti, e cadrebbe intorno al 1285, mentre la data della sua morte si pensa che sia stata intorno al 1342.

La figura di Matteo Silvatico, medico insigne, dottore in fisica, uomo dotto e nobile, s’innalza proprio nel secolo XIV, periodo culminante nella storia lunga e gloriosa della Scuola Medica di Salerno.

La famiglia Silvatico è una delle più antiche di Salerno e nel medesimo tempo anche una delle prime estintesi; perciò le notizie e i documenti a noi pervenuti sono molto limitati.

Un primo documento in cui compare il nome della famiglia Salvatico o Silvatico è il manoscritto Prignano della Biblioteca Angelica di Roma. Vennero i Salvatico nella città di Salerno da Tosciano, Casale della stessa città, oggi distrutto; e i primi dei quali abbiamo memoria sono Raone Cavaliero e Giovanni. Raone di padre di Roberto altresì cavaliere e Giovanni di Aschettino. Non abbiamo notizia di altro Giovanni Silvatico Cavaliere, se sia stato figliuolo del suddetto Roberto oppure d’Aschettino. Abbiamo notizia di un Goffredo Silvatico, che divenne cognato di Bartolomeo Marsico.

Poi un Roberto Silvatico nell’anno 1200 intervenne a una donazione fatta nel mese di settembre della quarta Indizione e nel 1201 trovasi unito con Giovanni Silvatico.

Nel 1239 si parla di un Pietro Silvatico che fu procuratore di Terra di Lavoro e di Contado di Molise per l’imperatore Federico II e che nel 1264 intervenne con suo fratello Bartolomeo in una vendita.

In seguito un Ruggiero Silvatico nell’anno 1269 fu un feudatario di Carlo principe di Salerno e nel 1287 si trovò fra i feudatari che prestavano servizio militare per la guerra di Sicilia.

Nel 1322 un Ruggiero con Matteo Silvatico, professore in medicina con Tommaso Capograsso ecc., intervennero nel testamento fatto da Tommaso de’ Ruggiero.

Del suddetto Matteo abbiamo memoria fin dall’anno 1296, ritrovandosi egli scritto nel libro dei Benefattori della Confraternita di S. Spirito di Benevento, “Magister Matthaeus Silvaticus Medicus de Salerno”.

Fu cavaliere e nell’anno 1337 intervenne con altri della quinta Indizione, allorché fu letto il Decreto di Bertaldo marchese di Hohenburch.

Il suo nome viene riportato testualmente così : Matteo Silvatico salernitano dottore in fisica, ecc

Ma non solo fu cavaliere Matteo, fu anche dottissimo nella medicina e scrisse l’eruditissimo libro delle Pandette, il cui titolo era:”Liber cibalia et medicinalia Pendottarum”, che dedicò al re Roberto, del quale era medico nell’anno 1340, in cui donava al Monastero di S. Maria della Porta dei Padri Predicatori di Salerno, una casa dentro le mura della città.

Un documento dell’Archivio di Santa Maria della Porta (redatto dal notaio Nicola Tumino nel 1342), accenna ad un Matthaeus Silvaticus de Salerno Milis, Regia Physicus.

Questo Matteo Silvatico scrisse, Opus Pandectarum Medicinae, stampato la prima volta in Napoli nel 1474, come riferisce Gaspar Ens in deliciae spodem (Toppi nella biblioteca di Napoli fol.17 e Fr.Girolamo Maria di S.Anna nella vita di S.Gennaro lib. 2° C.6 fol. 148).

Tale opera fu stampata per la seconda volta in Lione nel 1534, ne fa menzione Ottavio Beltrano nel Regno di Napoli fol. 182.

Altro documento che menziona Matteo Silvatico è quello pubblicato da Ughelli, atto pubblico salernitano dell’anno 1337: Conradus iudex eivitatis Salerni, Landulfus Gambalinus publicus eiusdem civitatis notarius e infrascriptores vocati de eadem civitate e aliunde. Vidilicet Simon Guarna Matthaeus Salvaticus salernitanus Doctor in Phisica, Guillelmus de Djano, Philippus Graecus milites ecc.

Nel documento Ughelli è trascritto un decreto di Bertoldo di Hohembachr, capitano di Salerno per delegazione di Manfredi, il quale in presenza dei giudici della Curia e dei testimoni D.Eufresio de Porta, mag.Matteo, mag.Mauro, mag. Roggiero de Salerno, mag. Jacobo Vulturno conferma il possesso di alcuni edifici all’Arcivescovo di Salerno.

Matteo Silvatico, medico insigne, miles et regis phisicus, appartenente come abbiamo visto a una nobile famiglia salernitana del Seggio del Campo, che dette diversi personaggi illustri non solo per feudi o cingoli militare ma anche per lettere, dedicò le Pandectae al re Roberto nel 1317, ma quest’opera era già conosciuta fin dai tempi di Carlo II.

In questo stesso periodo Matteo Silvatico viene citato da Pietro d’Albano, eppure alcuni basandosi su insufficineti ragioni lo fanno vivere alla fine del secolo decimoquarto.

A questo l’Argelati volle sostenere che Silvatico fosse stato di Milano, poggiandosi su documenti ricercati da Sitone e da Fagnano, con i quali si prova essere stato in Milano un Matteo Silvatico medico e nel 1388 uno dei dodici della provvisione.

Ma Tiraboschi stesso, senza mettere in dubbio l’esistenza di un Matteo Silvatico milanese, osserva che non poteva quello confondersi con Matteo Silvatico, autore delle Pandette, opera presentata al re Roberto nel 1317, e contenente osservazioni cliniche da lui eseguite nel 1297.

Supponendo che avesse avuto solo trent’anni quando eseguiva tali osservazioni, avrebbe dovuto avere l’età di almeno centoventi anni quando era uno dei dodici della provvisione.

Vi sono alcuni, invece, che basandosi egualmente su fatti interpretati senza critica, assegnano per patria a Matteo la città di Mantova.

Ma oltre alle varie incoerenze sopra indicate, vi sono molte prove dirette che mostrano e provano che la patria di Matteo Silvatico fosse Salerno.

La prima è testimonianza sua propria quando cita il suo Orto medico di Salerno “Et ego ipsam (culeasiam) ebeohabee Salerni in viridario meo, secus spectabilem fontem”.
La seconda è che Boccunzio Grillo, autore antico, lo chiama “concivis meus”.
La terza è che esisteva uno strumento nel Convento di Santa Maria della Porta di Salerno, stipulato nel 1342 dove si trova citato “Dominus Matthaesus Silvaticus de Salerno Miles et Regis phisicus”.

E infine è importantissimo il documento del 1337 che si legge in Ughelli, nel quale si parla di Matthaeus Silvaticus salernitanus doctor in phisica.

Dopo questi documenti sarebbe superfluo citare l’autorità di Masilio Colonna, di Baccio, d’Eugenio, di Mazza.

D’altronde è noto che la famiglia Silvatico era salernitana e nobile, ascritta al Sedile del Campo in Salerno, proprietari di feudi in quei contorni, per cui con i documenti sopracitati, non è più da mettere in dubbio che Matteo Silvatico sia stato salernitano.

Se d’altra parte Matteo Silvatico, come hanno sospettato alcuni, fosse lo stesso Matteo Scillanzio, si troverebbe un altro documento della sua esistenza cioè il Diploma contenuto negli Atti Angioini dell’anno 1270 let.C pag.211, nel quale si parla di coloro che fecero da garanti a Landolfina, moglie di Giovanni da Procida, per un debito contratto, e fra quelli si cita un Magister Mattaeus Scillantius.

Ma oltre la differenza del cognome, non pare che i due personaggi si possano confondere anche perché, vivendo ancora Matteo Silvatico medico, nel 1342, supposto che fece la garanzia almeno di 25 anni, avrebbe avuto poco meno di 100 nel 1342.

Matteo Silvatico apparteneva, come è citato nei vari documenti, a una nobile famiglia del Seggio del Campo; in tutte le famiglie nobili di Salerno, infatti vi furono nell’antichità cavalieri e dottori in medicina, essendo tale professione molto importante e nobile nella nostra città.

Opus Pandectarum Medicinae

L’opera che ci rimane di Matteo Silvatico porta il titolo di Opus Pandectarum Medicinae, ed è una compilazione di materia medica, con diligenti ed esatte ricerche intorno alla virtù delle erbe. Egli dà la spiegazione di un gran numero di vocaboli e presenta l’etimologia di molti nomi; in quanto Haller, con la sua critica piccante, chiami quest’opera “barbari auctoris opus chacticum”, tuttavia si riconoscerà più ragionevole il giudizio di Freind, il quale crede che per esattezza e dottrina superi tutte le altre del tempo: “illud de Sylvatico aequisssime dici potest, facta ab eo quadam in re botanica incrementa, naturamque et virtutem herbarum accuratius descriptam, quam a quovis antea in obscuris istius saeculis esset praestitum”.

Silvatico ebbe cura di far venire dalla Grecia, i semi della Cantalide (Athamanta cretensis - Dauco cretico), per coltivarla nel suo orto. È curioso che la Caesalpina fu chiamata da Silvatico “Presillum Lignum” (quasi legno del Brasile, molto tempro prima che fosse stata scoperta l’America).

L’erudizione di Silvatico, in questa sua opera, è immensa e mostra il progresso che aveva fatto l’arabismo a quei tempi. Già si era abbandonata l’ingenua semplicità degli scrittori salernitani dell’undicesimo secolo fino al cadere del dodicesimo; tuttavia si rileva, da quelle citazioni, quanto la Biblioteca Medica Salernitana di quel tempo, fosse accresciuta di fama. Fra i Greci egli cita Ippocrate, Galeno, Dioscoride, Democrito ecc.; fra i Latini: Celso, Cassio Felice, Teodoro Prisciano e più frequentemente di ogni altro Plinio, ecc.; fra gli arabi: Avicenna, Mesuè, Serapione, Isacco Giudeo, Costantino Africano ecc.

Matteo Silvatico in questa sua opera tratta di tutte le erbe che erano conosciute, sia quelle che, per le loro singolari qualità, guariscono e sia quelle che nuocciono. La parola Pandectae è certamente parola greca e in latino significa dizionario, che raccoglie tutto. Il dottissimo autore per questo suo studio fu preferito ai molti antichi e illustri filosofi.

Il Manoscritto dell’Opus Pandectarum Medicinae, scritto in latino, è conservato a Roma nella Biblioteca Vaticana (Ms. Vat. Lat. 13010). Esso si presenta all’osservatore in un modo non rifinito, abbastanza grosso e logorato dal tempo. Sulla sbiadita copertina, di colore grigiastro non vi è scritto nulla; le dimensioni sono 280x400 mm.

Matteo Silvatico
e le sue Pandette
www.giardinodellaminerva.it

I Silvatico giunsero a Salerno, da Tosciano Casale. La famiglia, molto antica ed influente, iscritta nel Seggio del Campo, espresse già un medico agli inizi del XII secolo: Giovanni Silvatico, milite e barone.

Nell’anno 1188 è ricordato un altro Giovanni Silvatico, anch’egli medico. Nel 1239, Pietro Silvatico fu procuratore di Terra di Lavoro e del Contado di Molise per l’imperatore Federico II. In seguito un Ruggiero Silvatico, nell’anno 1269, era tra i feudatari di Carlo, principe di Salerno. Tra il XIII ed il XIV secolo, si distinse Matteo Silvatico, insigne medico della Scuola Salernitana e profondo conoscitore di piante per la produzione di medicamenti. Il manoscritto Pinto riporta la notizia che la casa dei Silvatico si trovava nei pressi della chiesa di Santa Maria delle Grazie.

Matteo godette d’ampia fama, tanto che il re di Napoli, Roberto d’Angiò, lo volle tra i suoi medici personali, concedendogli, poi, il titolo di miles, come segno di gratitudine e liberalità. Con tale titolo compare in un documento stilato tra l’arcivescovo di Salerno e la confraternita dei Crociati. Giovanni Boccaccio, probabilmente lo conobbe presso la corte del re Roberto, dedicandogli poi, nel Decamerone, la X novella della IV giornata.

L’opera principale del maestro Silvatico furono le Pandette (Opus Pandectarum Medicinae), un lessico sui semplici per lo più d’origine vegetale. Il manoscritto fu completato nel 1317 e dedicato al re di Napoli Roberto d’Angiò. Un secolo e mezzo dopo Angelo Catone Sepino, medico personale di Ferdinando I d‘Aragona re di Napoli, reputò l’opera estremamente interessante, tanto da curarne la prima edizione, stampata a Napoli nel 1474. Nel secolo successivo le Pandette furono ripubblicate più volte con l‘aggiunta di indice e additio.

Le Pandette, nell’edizione a stampa veneziana del 1523, sono composte da 721 capitoli: di questi 487 trattano di vegetali, 157 di minerali, 77 di animali e 3 descrivono semplici dei quali non siamo stati in grado di dare una definizione. I 487 vegetali sono denominati con 1972 nomi (tra latini, arabi e greci), con una media di 4 sinonimi per pianta. I capitoli delle Pandette si aprono con il nome del semplice, segue poi l’elenco dei sinonimi (latini, arabi e greci), la descrizione morfologica desunta da autori illustri (per lo più Dioscoride e Serapione il Giovane) o dall‘esperienza personale, la complessione (cioè la “natura” del semplice) e si chiudono con l’elencazione delle proprietà terapeutiche.

La denominazione del capitolo è un primo indizio evidente di quanto la cultura orientale abbia influenzato l'opera di Silvatico: dei 487 capitoli che riguardano le piante, 233 (il 42,9%) sono definiti con un nome di origine araba, 134 (il 27,6%) con uno di origine greca e soltanto 120 capitoli (il 24,6%) sono denominati tramite un termine latino. Quest’influenza risulta ancora più chiara se si considera il significativo numero di capitoli dedicati alle specie di origine esotica. Su di un totale di 484 piante da noi identificate, 67 (il 13,8%) sono esotiche. Tale influsso è uno degli aspetti più singolari e irripetibili dell'opera. Nessun altro trattato europeo compendierà tanti nomi arabi per definire piante di origine mediterranea.

La descrizione morfologica è quasi sempre ricca di particolari, spesso ripresa dai classici; le parti del vegetale vengono o descritte o paragonate a organi simili di piante molto note o già illustrate. C‘è molto dell’esperienza di Silvatico in queste minuziose descrizioni. Tra i meriti che vanno riconosciuti al lavoro di Silvatico, va sottolineato il rigore scientifico adoperato nella descrizione e nella elencazione delle proprietà dei semplici vegetali; nulla traspare cioè della tradizione magico-superstiziosa propria di altri testi.

È interessante infine notare la grande attenzione dedicata dall'Autore agli organi ipogei della pianta (radici, rizomi, bulbi, tuberi ecc.). Nelle descrizioni essi sono sempre citati e la loro forma spesso influenza il nome stesso della pianta, così come, da Linneo in poi, sarà il fiore a influenzare la nuova nomenclatura binomia.

Dictionnaire historique
de la médecine ancienne et moderne

par Nicolas François Joseph Eloy
Mons – 1778