Vol. 3° - XIV.

pigmentazione dell'occhio


Introduzione

Lo scopo delle ocellature è quello di attirare l’attenzione dei predatori. Per questo le farfalle sono spesso fornite di disegni rotondi di svariati colori e resteremo sorpresi dal fatto che essi sono i primi a catturare il nostro sguardo - - . Un aggressore verrà preso dallo stesso nostro impulso. Se un uccello becca l’ala, il tronco della farfalla può conservarsi integro, assicurando il perpetuarsi della specie.

Osservando una testa, il centro d’attenzione è rappresentato dall’occhio, e ciò accade non solo col pollo. A tutti sarà certamente capitato di guardare il ritratto di un uomo o di un animale. Pare strano, ma la nostra attenzione cade di primo acchito sull’occhio. Se esso è sfocato, una foto, per quanto artistica, perde gran parte del suo valore. Attenzione nel fotografare il pollo, in quanto improvvisamente può mettere in movimento la membrana nittitante. Per cui, anche se non chiude le palpebre, l’effetto è controproducente, anzi, lo è molto di più, in quanto una palpebra chiusa è sempre meglio di un occhio da pesce lesso che la nittitante è in grado di simulare.

Membrana nittitante destra parzialmente distesa di una gallina - La membrana nittitante (dal latino nictare, cioè sbattere le palpebre, ammiccare) è una terza palpebra trasparente dotata di movimento orizzontale che si trova in alcune specie animali e che può ricoprire l'occhio per proteggerlo e idratarlo mantenendo comunque la visibilità. Vari rettili, uccelli e squali hanno una vera e propria membrana nittitante, mentre in molti mammiferi (e tra questi anche l'uomo) c'è solo un piccolo residuo vestigiale all'angolo interno dell'occhio. Esiste tuttavia qualche mammifero (come l'orso polare, le foche e l'oritteropo) che presenta una vera membrana nittitante.

Qualsiasi pollo eccellente deve eccellere anche per l’occhio, specie per le caratteristiche cromatiche, ed è ovvio che è estremamente facile metterne in evidenza i minimi difetti. Un occhio può essere brillante o spento, ma guai se un campione è omozigote per un allele mutante recessivo il cui acronimo è se, sleeping eye, occhio assonnato, in quanto il fenotipo presenta le palpebre socchiuse come se fosse in procinto di schiacciare un pisolino. Questa mutazione, che abbiamo visto in altro capitolo e che determina un’alterata motilità della palpebra inferiore, perseguita il pollo per tutta la vita, conferendogli un perenne aspetto sonnecchiante. È più frequente nelle razze pesanti, può essere precocemente individuato, per cui la selezione può essere fatta tempestivamente.

Le informazioni riguardanti la pigmentazione dell’occhio sono abbastanza scarse, vuoi per la complessità dell’argomento, soprattutto perché i dati disponibili si basano prevalentemente su rilievi cromatici macroscopici invece di analizzare i pigmenti dei tessuti oculari. Il tutto viene ulteriormente complicato dalle modificazioni legate all’età, al sesso e allo stato di benessere. Per notizie anatomiche esaurienti si veda il volume II - XXVI.5.

I melanociti dell’epitelio pigmentato della retina, del corpo ciliare e dell’iride, e probabilmente anche del pecten, derivano tutti dalla coppa ottica; quelli che andranno a popolare il tratto uveale anteriore, coroide inclusa, il corpo ciliare e la faccia anteriore dell’iride, prendono origine dalla cresta neurale. L’iride è la struttura che gioca il ruolo maggiore nella colorazione dell’occhio. Questo diaframma può essere pigmentato sia sulla faccia anteriore che posteriore, e può possedere dei melanociti anche nel contesto dello stroma connettivo più interno, specialmente dove il connettivo si dispone intorno ai vasi sanguigni.

1. L’occhio glauco patologico

Gli allevatori di un tempo sapevano benissimo che la salute del pollo era in pericolo se compariva una demarcazione scura tra il bordo pupillare e il resto dell’iride. Infatti può crearsi un’area che, perdendo il primitivo colore rosso o arancio, diventa grigioverde. Questa degenerazione è causata dalla linfomatosi oculare, situazione tumorale che comporta il rigonfiamento di numerose cellule dell’iride. Il liquido che riempie le cellule finisce per confluire, formando degli otricoli ripieni di liquido, i quali, congregandosi, sovrastano l’iride e impediscono all’osservatore di discernere la linea di demarcazione tra pupilla e bordo irideo. Questa degenerazione può colpire un occhio solo, oppure ambedue gli occhi, e in questo caso può trovarsi in stadi evolutivi differenti oppure identici. Per lo più si instaura gradualmente, ma talora può avere un decorso rapido. Quando la patologia è al massimo della sua espressione, il classico occhio rosso o arancio diventa grigioverdastro, come lo è in un pulcino prima che la pigmentazione sia completa.

Questa malattia è di frequente riscontro: uno stress inabituale come la muta, le condizioni d’allevamento, il periodo depositivo, le prime gallomachie, sono fattori capaci di scatenarla. Dal momento che questa forma tumorale è spesso associata alla cosiddetta sindrome del fegato grosso con paralisi agli arti inferiori, nota come malattia di Marek, è opportuno che un allevatore metta in atto tutti gli accorgimenti per ridurne al minimo l’incidenza ricorrendo a provvedimenti idonei di igiene psichica e fisica. Naturalmente la vaccinazione contro il morbo di Marek è un provvedimento altrettanto utile.

2. Corpo sano in una Mente sana

La medicina psicosomatica

La medicina psicosomatica rappresenta l’anello di congiunzione tra la psiche e la metodologia organicista e materialista, bagaglio abituale del medico. Ricordo benissimo che negli anni 60 il corso di laurea in medicina contemplava l’esame di psicologia tra i complementari. Nella terapia dell’ulcera gastroduodenale tutto era imperniato su antiacidi e affini, la Tribenzoica C dominava il mercato e lo stomaco, l’ulceroso era costretto a una vita da eremita. Nessuno, mai nessuno, che io ricordi, puntò chiaramente il dito sulla piaga - in questo caso sull’ulcera - andando alla radice della realtà. Col passare degli anni mi accorsi che l’ulceroso è un introverso, spesso un frustrato, si flagella lo stomaco, talora procurandosi emorragie mortali. Gli antiacidi si moltiplicarono, affiancati e soppiantati dagli inibitori della secrezione gastrica, riducendo il Paziente a un’incapacità digestiva senza senso. C’era chi mangiava lumache vive nella speranza di sfruttarne il viscido secreto come linimento alle arsure dello stomaco. Forse era una soluzione più scientifica di quella adottata dalla medicina classica. Talora ho spinto qualcuno dallo psicologo, altre volte mi pareva più consono un Medicone e non ho taciuto il mio invito, per lo più snobbato dal Paziente, ma che probabilmente aveva già in cuore di adottare. Sì, questa è spesso la soluzione, e non posso esimermi dal dichiarare completamente incompetenti coloro che abbiamo gratificato con uno scranno in Parlamento. Essi non sanno nulla di psicosomatica. Se ne strafregano dello stress psichico al quale ci sottopongono tutti i santi giorni. “I Mediconi vanno messi fuori combattimento”, dicono. Il rogo non fa capolino nelle proposte di legge in quanto troppo usato in passato. Sciocchi! Non sanno quale risparmio procurerebbero all’anemico e supersalassato Servizio Sanitario Nazionale permettendo ai Mediconi di imperare. Si prenderebbero due piccioni con una fava: guarigione del Paziente e della Finanza Pubblica.

Già un proverbio di Salomone diceva che il cuore allegro è un’ottima medicina e uno spirito abbattuto èssica le ossa. Platone perentoriamente affermava: “Questo è il grande errore dei medici del nostro tempo: tenere separata l’anima dal corpo.” Povero Platone, utopistico anche lui, in quanto ne sono passati di secoli, ma l’errore è sempre con noi. Aveva ragione Indro Montanelli, quando affermava che la storia è maestra di vita non in quanto facciamo tesoro dei suoi insegnamenti per non commettere gli errori degli altri, ma solo in quanto ci permette di consolarci, poiché già altri hanno commesso lo stesso errore.

Le conseguenze della psiche sul soma hanno un vasto raggio d’azione, e teoricamente non esiste distretto dell’organismo che venga risparmiato. Nella pratica clinica esistono manifestazioni ben definite, e non stiamo ad elencarle in quanto ci interessa il pollo. Ovviamente vi state chiedendo quale nesso esista tra psicosomatica e l’ipotesi patogenetica dell’occhio glauco appena descritto. Ecco il nesso.

Dagli studi di psicologia comparata si può affermare che l’animale è molto più adattato dell’uomo all’ambiente in cui vive, ma vi è inserito con i suoi bisogni e le rispettive reazioni in maniera statica, in gran parte precostituita secondo comportamenti istintivi, quindi ereditariamente trasmessi. Quando mutano le caratteristiche ambientali, l’animale migra alla ricerca di condizioni ottimali per la propria sussistenza. Nell’uomo, invece, gli schemi di comportamento non sono che in minima parte precostituiti, anzi, di solito, sono in continuo duttile divenire, per cui l’uomo, secondo Gehlen, non vive la propria esistenza, ma la governa.

Le cose non stanno sempre così. Un uomo può sentirsi inserito in questo mondo come se vivesse in un angusto pollaio, costretto a realizzare a bacchetta le aspettative dei Padroni: mangia, scopa, dormi, adesso devi fare figli, mo’ te ne vai in pensione. Lo stesso accade al Pollo. Anche il Pollo ha un suo mondo psichico, magari meno duttile rispetto ad altri animali che vediamo esibirsi nei circhi. Ma ciò non conta. Quello che conta è che si tratta di un essere vivente che può lasciarsi morire di fame, che può voler continuare a vivere anche se handicappato (vedi il caso dell’ictus cerebri descritto nella sezione XVI). Dipende dall’impatto con l’uomo.

Già Galeno, tutt’altro che smentito da recenti osservazioni, affermava che le donne di temperamento melanconico si ammalano di cancro più spesso di quelle con temperamento sanguigno. Di recente, molti studiosi hanno notato un significativo rapporto cronologico tra un grave trauma psichico e l’insorgenza di un tumore. Alcuni autori hanno addirittura isolato dei profili caratteriologici quasi specifici per ogni localizzazione tumorale.

Alcoolismo, tossicodipendenza, cancro. Sì. Anche il cancro potrebbe essere una scappatoia per giungere all’autodistruzione, rifugio sicuro del frustrato. Non è fantabiologia, parrebbe realtà, applicabile anche al pollo se la smettiamo di considerarlo un essere da padella o da medaglie.

E il morbo di Marek, dove lo mettiamo? Cosa ne sappiamo noi sugli intimi meccanismi attraverso i quali si realizza l’autoaggressione utilizzando un’arma alla portata di qualsiasi pollo? Ecco un seme di contemplazione per chi ha l’afflato della ricerca scientifica e sperimentale.

3. Il colore degli occhi

Tutti i pulcini presentano occhi scuri al momento della nascita, eccetto gli albini [cre, Ca, sal, pk] che sono privi sia di carotenoidi che di eumelanina, per cui presentano un’iride rosso brillante. Solo dopo le prime 8 settimane di vita si può azzardare una classificazione del colore dell’iride, in quanto il colore definitivo viene per lo più raggiunto solo con la maturità sessuale, quando carotenoidi e melanine mostrano il massimo della loro espressione. Nella femmina, dopo l’inizio del periodo depositivo, il colore dell’occhio può nuovamente cambiare per riduzione o assenza di carotenoidi, che passano nel tuorlo.

Le varie strutture anatomiche dell’occhio hanno una pigmentazione che varia d’intensità in rapporto al genotipo. Sono coinvolte due popolazioni di cellule pigmentarie che hanno una diversa origine embriologica, ambedue capaci di sintetizzare eumelanina. Inoltre, sono presenti i cromatofori, capaci di immagazzinare i carotenoidi. Un importante deposito di carotenoidi è rappresentato dal tessuto adiposo, il cui colore, in assenza di questi composti chimici, sarebbe grigio azzurro.

In aggiunta a questi due colori, non bisogna scordare il rosso impartito dai capillari in cui scorre il sangue. A questo proposito bisogna puntualizzare che il gallo ha spesso gli occhi più intensamente rossi in quanto ha un patrimonio in globuli rossi maggiore della gallina, situazione fisiologica anche nell’uomo. Ne deriva che in una gallina in periodo depositivo un’anemia si manifesta più facilmente attraverso una riduzione dell’intensità del rosso dell’iride, legata anche alla diminuzione del giallo da carotenoidi.

Per i giudici bisogna aggiungere una notizia che eviterà di penalizzare eccessivamente i soggetti più anziani. Anche se talora si osservano soggetti giovani con disposizione radiale del pigmento che converge verso la pupilla, questa situazione è molto frequente in galli anzianotti, un tempo normali. Questa particolarità scaturisce dalla dilatazione dei capillari dell’iride, che così finisce per intensificare il colore dovuto ai pigmenti. La vasodilatazione sarebbe secondaria a una maggior richiesta di sangue propria all’età, quando altri capillari dell’iride sono diventati insufficienti ad assicurare un congruo flusso ematico. Questo è quanto dice un’interpretazione finalistica delle teleangectasie oculari del pollo, peraltro osservabili sul volto di persone di qualunque età, corrispondenti alla teleangectasia idiopatica, oppure in svariate situazioni patologiche, nelle quali le teleangectasie secondarie costituiscono un sintomo spia. Tra le secondarie potrebbero rientrare le ectasie senili, che provocano piccole dilatazioni capillari e varici, soprattutto al petto. Quindi, l’ipotesi finalistica è tutta da verificare.

Nell’uomo esiste una situazione dovuta al diabete mellito che dal punto di vista anatomico e morfologico ricorda quanto accade nel gallo. Si tratta della rubeosi dell’iride, caratterizzata dalla crescita di sottili vasi sotto la superficie anteriore dell’iride attorno alla pupilla. Si tratta di una neovascolarizzazione ischemica, e l’ischemia è compagna del diabete, in quanto questa turba metabolica determina alterazioni anche a carico dei piccoli vasi sanguigni e conseguente ipoafflusso di sangue. Tuttavia, il nesso tra età del gallo e sviluppo di un microcircolo compensatorio è tutto da dimostrare.

3.1. Occhio grigio perla

Occhio grigio perla

   Poligenico, per lo più a comportamento recessivo  
   Gruppo di associazione sconosciuto

L’intensificazione del colore pigmentario non si verifica quando i capillari sono talmente sottili da non impartire un colorito rosso all’iride. Si rammenta che i globuli rossi hanno un aggettivo improprio, in quanto, presi singolarmente, sono giallo paglierino, sono dei globuli pallidi, e il colore rosso del sangue è dovuto al loro elevato numero, o in assoluto, o in rapporto alla sezione del vaso in cui scorrono. Orbene, pur in assenza di degenerazione tumorale dell’iride, l’iride può presentarsi non colorata in rosso se i capillari sono molto piccoli, ma non si colora neppure in giallo e in bruno se sono assenti sia i carotenoidi che l’eumelanina superficiale. Se sulla superficie dell’iride è presente uno strato di granuli opachi che inibiscono la percezione del pigmento posto sulla faccia posteriore, si determina il cosiddetto occhio di perla, che è una caratteristica perlomeno auspicabile e richiesta dallo standard di certe razze a piumaggio rigido, tra cui primeggia la Cornish.

L’occhio di perla, caratteristico della Cornish e dell’Aseel, desiderabile anche nel Malese e nello Shamo, ha la distribuzione della melanina come nell’occhio baio, senza però i carotenoidi, e possiede il già citato strato di granuli che impediscono di percepire la melanina posta sulla faccia posteriore dell’iride. Questo tipo di occhio richiede perlomeno la presenza di due geni: un gene riduce il diametro dei capillari sanguigni, l’altro gene deve essere in grado di inibire la deposizione di carotenoidi, e verosimilmente anche un terzo gene che determina la deposizione dello strato opaco di granuli. La caratteristica su base poligenica dell’occhio di perla è ereditata in modo recessivo, ma non pare si comporti del tutto in questo modo. Lo standard della Cornish spesso permette all’occhio di variare dal grigio perla al rosso pallido. In questo caso sono senza dubbio presenti alcuni capillari più dilatati in assenza di carotenoidi. Carefoot ha osservato nella Cornish degli occhi giallo brillante, verosimilmente quando i vasi sanguigni non sono visibili e i carotenoidi sono presenti in elevata quantità. Non c’è dubbio tuttavia che un allevatore dedito a questa razza deve comunque tendere agli occhi grigio perla.

Che l’occhio di perla non sia dovuto al gene W+ è dimostrato dal fatto che quando la Cornish ha la fortuna di rientrare nello standard oculare, presenta sempre i tarsi gialli.

Slinger & MacIlraith (1944) hanno fatto notare la presenza di un occhio grigioverde in femmine Plymouth Rock con piumaggio nero. Invece Carefoot ha notato un effetto scurente nella stessa situazione, cioè in femmine PR nere nane, derivate da galli e galline con identica barratura, mentre fratelli e sorelle barrati avevano una normale colorazione dell’occhio. L’effetto scurente non può essere dovuto a un gene legato al sesso, altrimenti alcune femmine barrate avrebbero dovuto presentare lo stesso fenotipo. Si tratta di un effetto che si associa solo all’assenza del gene B.

3.2. Occhio baio, inibitore dell’occhio bruno

Br+ - brown eye inhibitor

   Legato al sesso, dominante  
   Gruppo di associazione V - cromosoma Z

Baio. Questo aggettivo è riferito a un tipo di mantello del cavallo e dei bovini dotato di peli rossastri con diverse gradazioni cromatiche, mentre la criniera e la parte inferiore degli arti sono neri. Quindi, per occhio baio, si intende un occhio rossastro, un occhio che non è né rosso né giallo. Il termine origina dall'aggettivo latino badius, che ha un equivalente nel francese o provenzale bai, e nell’italiano bazzotto. Viene detto bazzotto non solo l’uovo tra sodo e al guscio, cioè un po’ più scottato di quello à la coque, ma viene definito bazzotto anche il cavallo di colore baio, cioè di colorazione intermedia.

I dialetti si perdono, o si trasformano, dipende dai punti di vista. Nel dialetto valenzano esiste un aggettivo il cui significato si è fatto palese avventurandomi in queste ricerche etimologiche. Si tratta di bazà, con la zeta pronunciata come una esse aspra. Bazà significa né molle né duro. È facile immaginare a cosa venga comunemente riferito questo attributo.

Sì, lo so, per un allevatore è meglio avere la risposta in tasca qualora si voglia prenderlo in castagna sul significato dell’espressione francese à la coque, in quanto nessuno gli chiederà mai cosa significa bazzotto, né tanto meno bazzano. L’uovo à la coque è un uovo un po’ bazzano, più molle che duro. Per essere precisi bisogna aggiungere che si tratta di un uovo cotto in acqua, ma col guscio. Coque è locuzione francese che significa guscio d’uovo, voce onomatopeica che riproduce il grido della gallina non appena ha assolto al suo compito di depositrice. L’Accademia d’Italia ne propose invano la sostituzione con uovo scottato.

Fu MacArthur a mettere in evidenza il gene Br+, definendolo inibitore dell’occhio bruno, capace di agire sulla sola pigmentazione dell’occhio, separato dal locus Id da 22,5 unità crossover. Questo gene determina la deposizione di eumelanina solo sulla faccia posteriore dell’iride, ed è in grado pertanto di ridurre l’estrema melanizzazione dell’occhio fibromelanotico.

Carefoot è dell’avviso che l’attribuire a un solo gene l’assenza di melanina sulla faccia anteriore dell’iride, o, al contrario, ritenere che la presenza di melanina in questa sede sia dovuta al fatto che Br+ non fa parte del genotipo, si tratterebbe di una semplificazione eccessiva del problema. Per renderci conto di quanti colori siano richiesti dallo standard e quali varianti siano concesse, possiamo citare le caratteristiche del Combattente Inglese Antico: “Può avere occhi rossi, faccia rossa e tarsi bianchi, come può avere occhi neri, faccia nero-porpora con tarsi e becco neri.” E proprio per comprendere la grande variabilità riscontrabile in pratica, dobbiamo aggiungere che Carefoot ha potuto osservare che sia l’Australorp che l’Orpington nera spesso tendono verso una faccia da zingaro con un po’ di rosso all’occhio. Questo contrasta con l’osservazione che i geni E ed ER di norma danno luogo a un occhio brunastro in assenza di specifici inibitori.

L’occhio di tipo selvatico, come viene definito quello del Gallo Rosso della giungla, della Livorno dorata e della Gauloise, presenta un epitelio pigmentato della retina e un pecten intensamente melanizzati, oltre a un doppio strato di epitelio pigmentato sulla faccia posteriore dell’iride. Sulla faccia anteriore dell’iride si rinvengono solo scarsi melanociti disseminati qua e là, mentre il rimanente tratto uveale è intensamente pigmentato. Lo stroma interno dell’iride è privo di pigmento. Per aggiunta di carotenoidi, quest’occhio melanizzato si trasforma in occhio baio, che deriva dal combinarsi del giallo dei carotenoidi con il rosso del sangue capillare e con il colore dell’epitelio pigmentato distribuito sulla faccia posteriore dell’iride.

3.3. Occhio bruno

br - brown eye

   Legato al sesso, recessivo  
   Gruppo di associazione V - cromosoma Z

Per intervento di questo allele, che permette la deposizione della melanina, i fenotipi con occhio bruno mostrano un incremento della pigmentazione melanica sulla faccia anteriore dell’iride, colorata in modo uniforme oppure a chiazze.

Lo standard richiede un occhio color nocciola per la Nana di Giava nera, derivato dal miscelarsi dei tre colori responsabili della pigmentazione dell’iride. Di primo acchito vien da pensare che il giallo è un pigmento del tutto estraneo in un pollo con piumaggio e tarsi neri.

3.4. Occhio scuro

Occhio scuro

     Geni attivi sul colore del piumaggio e della cute

I geni implicati nella colorazione del piumaggio e della cute influenzano anche la colorazione dell’occhio. Abbiamo già accennato al fatto che i geni E ed ER si associano a un occhio brunastro se non sono presenti specifici inibitori della melanina della faccia anteriore dell’iride. L’effetto dell’allele E, unito a quello degli alleli id+ e idM, sfocia in un occhio bruno scuro.

L’occhio scuro si associa al fenotipo fibromelanotico, caratterizzato da un imponente deposito di melanina in tutto l’occhio, inclusa la sclera. -

3.5. Inibitori dell’eumelanina oculare

Inibitori dell’eumelanina oculare

   Geni attivi sul colore del piumaggio e della cute

Il gene B e il gene eWh hanno un effetto inibitore sull’eumelanina, effetto posseduto anche da I forse per l’effetto epistatico su E . Il bianco recessivo c possiede scarsi effetti in questo senso, dimostrato anche dal fatto che l’occhio scuro si associa al fenotipo fibromelanotico della Silky bianca.

3.6. Occhio rosso

Occhio rosso

    Ipotizzato un gene diverso da Br+

Secondo Ab-Der-Halden deve esistere un gene diverso da Br+, responsabile dell’occhio rosso della Marans e della La Flèche. La scomparsa dell’occhio rosso in quest’ultima razza ha imposto di tollerare l’occhio bruno. Si tratta di un rosso profondo oppure brillante, differente dall’occhio selvatico, in quanto l’occhio del Bankiva può presentare varie tonalità, che vanno dal rosso fino al giallo. La presenza genetica dell’occhio rosso è spesso difficile da stabilire, poiché talora non può essere differenziato da un occhio selvatico tendente al rosso vivo.

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