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Lo scopo delle ocellature è quello di attirare l’attenzione dei predatori. Per questo le farfalle sono spesso fornite di disegni rotondi di svariati colori e resteremo sorpresi dal fatto che essi sono i primi a catturare il nostro sguardo - - . Un aggressore verrà preso dallo stesso nostro impulso. Se un uccello becca l’ala, il tronco della farfalla può conservarsi integro, assicurando il perpetuarsi della specie.
Osservando una testa, il centro d’attenzione è rappresentato dall’occhio, e ciò accade non solo col pollo. A tutti sarà certamente capitato di guardare il ritratto di un uomo o di un animale. Pare strano, ma la nostra attenzione cade di primo acchito sull’occhio. Se esso è sfocato, una foto, per quanto artistica, perde gran parte del suo valore. Attenzione nel fotografare il pollo, in quanto improvvisamente può mettere in movimento la membrana nittitante. Per cui, anche se non chiude le palpebre, l’effetto è controproducente, anzi, lo è molto di più, in quanto una palpebra chiusa è sempre meglio di un occhio da pesce lesso che la nittitante è in grado di simulare.
Membrana nittitante destra parzialmente distesa di una gallina - La membrana nittitante (dal latino nictare, cioè sbattere le palpebre, ammiccare) è una terza palpebra trasparente dotata di movimento orizzontale che si trova in alcune specie animali e che può ricoprire l'occhio per proteggerlo e idratarlo mantenendo comunque la visibilità. Vari rettili, uccelli e squali hanno una vera e propria membrana nittitante, mentre in molti mammiferi (e tra questi anche l'uomo) c'è solo un piccolo residuo vestigiale all'angolo interno dell'occhio. Esiste tuttavia qualche mammifero (come l'orso polare, le foche e l'oritteropo) che presenta una vera membrana nittitante.
Qualsiasi pollo eccellente deve eccellere anche per l’occhio,
specie per le caratteristiche cromatiche, ed è ovvio che è estremamente
facile metterne in evidenza i minimi difetti. Un occhio può essere brillante
o spento, ma guai se un campione è omozigote per un allele mutante recessivo
il cui acronimo è se, sleeping
eye, occhio assonnato, in quanto il fenotipo presenta le palpebre
socchiuse come se fosse in procinto di schiacciare un pisolino. Questa
mutazione, che abbiamo visto in altro capitolo e che determina un’alterata
motilità della palpebra inferiore, perseguita il pollo per tutta la vita,
conferendogli un perenne aspetto sonnecchiante. È più frequente nelle razze
pesanti, può essere precocemente individuato, per cui la selezione può
essere fatta tempestivamente.
Le informazioni riguardanti la pigmentazione dell’occhio
sono abbastanza scarse, vuoi per la complessità dell’argomento, soprattutto
perché i dati disponibili si basano prevalentemente su rilievi cromatici
macroscopici invece di analizzare i pigmenti dei tessuti oculari. Il tutto
viene ulteriormente complicato dalle modificazioni legate all’età, al sesso
e allo stato di benessere.
I melanociti
dell’epitelio pigmentato della retina, del corpo ciliare e dell’iride, e
probabilmente anche del pecten,
derivano tutti dalla coppa ottica; quelli che andranno a popolare il tratto
uveale anteriore, coroide inclusa, il corpo ciliare e la faccia anteriore dell’iride,
prendono origine dalla cresta neurale. L’iride è la struttura che gioca il
ruolo maggiore nella colorazione dell’occhio. Questo diaframma può essere
pigmentato sia sulla faccia anteriore che posteriore, e può possedere dei
melanociti anche nel contesto dello stroma connettivo più interno,
specialmente dove il connettivo si dispone intorno ai vasi sanguigni.
Gli allevatori di un tempo
sapevano benissimo che la salute del pollo era in pericolo se compariva una
demarcazione scura tra il bordo pupillare e il resto dell’iride. Infatti
può crearsi un’area che, perdendo il primitivo colore rosso o arancio,
diventa grigioverde. Questa degenerazione è causata dalla linfomatosi
oculare, situazione tumorale che comporta il rigonfiamento di numerose cellule
dell’iride. Il liquido che riempie le cellule finisce per confluire,
formando degli otricoli ripieni di liquido, i quali, congregandosi, sovrastano
l’iride e impediscono all’osservatore di discernere la linea di
demarcazione tra pupilla e bordo irideo. Questa degenerazione può colpire un
occhio solo, oppure ambedue gli occhi, e in questo caso può trovarsi in stadi
evolutivi differenti oppure identici. Per lo più si instaura gradualmente, ma
talora può avere un decorso rapido. Quando la patologia è al massimo della
sua espressione, il classico occhio rosso o arancio diventa grigioverdastro,
come lo è in un pulcino prima che la pigmentazione sia completa.
Questa malattia è di frequente riscontro: uno stress inabituale come la muta, le condizioni d’allevamento,
il periodo depositivo, le prime gallomachie, sono fattori capaci di scatenarla. Dal momento che questa forma
tumorale è spesso associata alla cosiddetta sindrome del fegato grosso con paralisi agli arti inferiori, nota come malattia
di Marek, è opportuno che un allevatore metta in atto tutti gli accorgimenti
per ridurne al minimo l’incidenza ricorrendo a provvedimenti idonei di
igiene psichica e fisica. Naturalmente la vaccinazione contro il morbo di
Marek è un provvedimento altrettanto utile.
La medicina psicosomatica
rappresenta l’anello di congiunzione tra la psiche e la metodologia
organicista e materialista, bagaglio abituale del medico. Ricordo benissimo
che negli anni 60 il corso di laurea in medicina contemplava l’esame di
psicologia tra i complementari.
Nella terapia dell’ulcera gastroduodenale tutto era imperniato su antiacidi
e affini, la Tribenzoica C dominava il mercato e lo stomaco, l’ulceroso era
costretto a una vita da eremita. Nessuno, mai nessuno, che io ricordi, puntò
chiaramente il dito sulla piaga - in questo caso sull’ulcera - andando alla
radice della realtà. Col passare degli anni mi accorsi che l’ulceroso è un
introverso, spesso un frustrato, si flagella lo stomaco, talora procurandosi
emorragie mortali. Gli antiacidi si moltiplicarono, affiancati e soppiantati
dagli inibitori della secrezione gastrica, riducendo il Paziente a un’incapacità
digestiva senza senso. C’era chi mangiava lumache vive nella speranza di
sfruttarne il viscido secreto come linimento alle arsure dello stomaco. Forse
era una soluzione più scientifica di quella adottata dalla medicina classica.
Talora ho spinto qualcuno dallo psicologo, altre volte mi pareva più consono
un Medicone e non ho taciuto il mio invito, per lo più snobbato dal Paziente,
ma che probabilmente aveva già in cuore di adottare. Sì, questa è spesso la
soluzione, e non posso esimermi dal dichiarare completamente incompetenti
coloro che abbiamo gratificato con uno scranno in Parlamento. Essi non sanno
nulla di psicosomatica. Se ne strafregano dello stress psichico al quale ci
sottopongono tutti i santi giorni. “I Mediconi vanno messi fuori
combattimento”, dicono. Il rogo non fa capolino nelle proposte di legge in
quanto troppo usato in passato. Sciocchi! Non sanno quale risparmio
procurerebbero all’anemico e supersalassato Servizio Sanitario Nazionale
permettendo ai Mediconi di imperare. Si prenderebbero due piccioni con una
fava: guarigione del Paziente e della Finanza Pubblica.
Già un proverbio di Salomone diceva che il cuore allegro
è un’ottima medicina e uno spirito abbattuto èssica le ossa. Platone
perentoriamente affermava: “Questo è il grande errore dei medici del nostro
tempo: tenere separata l’anima dal corpo.” Povero Platone, utopistico
anche lui, in quanto ne sono passati di secoli, ma l’errore è sempre con
noi. Aveva ragione Indro Montanelli, quando affermava che la storia è maestra
di vita non in quanto facciamo tesoro dei suoi insegnamenti per non commettere
gli errori degli altri, ma solo in quanto ci permette di consolarci, poiché
già altri hanno commesso lo stesso errore.
Le conseguenze della psiche sul soma hanno un vasto raggio
d’azione, e teoricamente non esiste distretto dell’organismo che venga
risparmiato. Nella pratica clinica esistono manifestazioni ben definite, e non
stiamo ad elencarle in quanto ci interessa il pollo. Ovviamente vi state
chiedendo quale nesso esista tra psicosomatica e l’ipotesi patogenetica dell’occhio
glauco appena descritto. Ecco il nesso.
Dagli studi di psicologia comparata si può affermare che
l’animale è molto più adattato dell’uomo all’ambiente in cui vive, ma
vi è inserito con i suoi bisogni e le rispettive reazioni in maniera statica,
in gran parte precostituita secondo comportamenti istintivi, quindi
ereditariamente trasmessi. Quando mutano le caratteristiche ambientali, l’animale
migra alla ricerca di condizioni ottimali per la propria sussistenza. Nell’uomo,
invece, gli schemi di comportamento non sono che in minima parte
precostituiti, anzi, di solito, sono in continuo duttile divenire, per cui l’uomo,
secondo Gehlen, non vive la propria esistenza, ma la governa.
Le cose non stanno sempre così. Un uomo può sentirsi
inserito in questo mondo come se vivesse in un angusto pollaio, costretto a
realizzare a bacchetta le aspettative dei Padroni:
mangia, scopa, dormi, adesso devi fare figli, mo’ te ne vai in pensione. Lo
stesso accade al Pollo. Anche il Pollo ha un suo mondo psichico, magari meno
duttile rispetto ad altri animali che vediamo esibirsi nei circhi. Ma ciò non
conta. Quello che conta è che si tratta di un essere vivente che può
lasciarsi morire di fame, che può voler continuare a vivere anche se
handicappato (vedi il
caso dell’ictus cerebri descritto nella sezione XVI). Dipende dall’impatto con l’uomo.
Già Galeno, tutt’altro che smentito da recenti
osservazioni, affermava che le donne di temperamento melanconico si ammalano
di cancro più spesso di quelle con temperamento sanguigno. Di recente, molti
studiosi hanno notato un significativo rapporto cronologico tra un grave
trauma psichico e l’insorgenza di un tumore. Alcuni autori hanno addirittura
isolato dei profili caratteriologici quasi specifici per ogni localizzazione
tumorale.
Alcoolismo, tossicodipendenza, cancro. Sì. Anche il
cancro potrebbe essere una scappatoia per giungere all’autodistruzione,
rifugio sicuro del frustrato. Non è fantabiologia, parrebbe realtà,
applicabile anche al pollo se la smettiamo di considerarlo un essere da
padella o da medaglie.
E il morbo di Marek, dove lo mettiamo? Cosa ne sappiamo noi sugli
intimi meccanismi attraverso i quali si realizza l’autoaggressione
utilizzando un’arma alla portata di qualsiasi pollo? Ecco un seme di
contemplazione per chi ha l’afflato della ricerca scientifica e
sperimentale.
Tutti i pulcini presentano occhi
scuri al momento della nascita, eccetto gli albini [cre, Ca, sal, pk] che sono privi sia di
carotenoidi che di eumelanina, per cui presentano un’iride rosso brillante.
Solo dopo le prime 8 settimane di vita si può azzardare una classificazione
del colore dell’iride, in quanto il colore definitivo viene per lo più
raggiunto solo con la maturità sessuale, quando carotenoidi e melanine
mostrano il massimo della loro espressione. Nella femmina, dopo l’inizio del
periodo depositivo, il colore dell’occhio può nuovamente cambiare per
riduzione o assenza di carotenoidi, che passano nel tuorlo.
Le varie strutture anatomiche dell’occhio hanno una
pigmentazione che varia d’intensità in rapporto al genotipo. Sono coinvolte
due popolazioni di cellule pigmentarie che hanno una diversa origine
embriologica, ambedue capaci di sintetizzare eumelanina.
Inoltre, sono presenti i cromatofori, capaci di immagazzinare i carotenoidi.
Un importante deposito di carotenoidi è rappresentato dal tessuto adiposo, il
cui colore, in assenza di questi composti chimici, sarebbe grigio azzurro.
In aggiunta a questi due colori, non bisogna scordare il
rosso impartito dai capillari in cui scorre il sangue. A
questo proposito bisogna puntualizzare che il gallo ha spesso gli occhi più
intensamente rossi in quanto ha un patrimonio in globuli rossi maggiore della
gallina, situazione fisiologica anche nell’uomo. Ne deriva che in una
gallina in periodo depositivo un’anemia si manifesta più facilmente
attraverso una riduzione dell’intensità del rosso dell’iride, legata
anche alla diminuzione del giallo da carotenoidi.
Per i giudici bisogna aggiungere una notizia che eviterà
di penalizzare eccessivamente i soggetti più anziani. Anche se talora si
osservano soggetti giovani con disposizione radiale del pigmento che converge
verso la pupilla, questa situazione è molto frequente in galli anzianotti, un
tempo normali. Questa particolarità scaturisce dalla dilatazione dei
capillari dell’iride, che così finisce per intensificare il colore dovuto
ai pigmenti. La vasodilatazione sarebbe secondaria a una maggior richiesta di
sangue propria all’età, quando altri capillari dell’iride sono diventati
insufficienti ad assicurare un congruo flusso ematico. Questo è quanto dice
un’interpretazione finalistica delle teleangectasie oculari del pollo,
peraltro osservabili sul volto di persone di qualunque età, corrispondenti
alla teleangectasia idiopatica, oppure in svariate situazioni
patologiche, nelle quali le teleangectasie
secondarie costituiscono un sintomo spia. Tra le secondarie potrebbero
rientrare le ectasie
senili, che provocano piccole dilatazioni capillari e varici,
soprattutto al petto. Quindi, l’ipotesi finalistica è tutta da verificare.
Nell’uomo esiste una
situazione dovuta al diabete mellito che dal punto di vista anatomico e
morfologico ricorda quanto accade nel gallo. Si tratta della rubeosi dell’iride, caratterizzata dalla
crescita di sottili vasi sotto la superficie anteriore dell’iride attorno
alla pupilla. Si tratta di una neovascolarizzazione ischemica, e l’ischemia
è compagna del diabete, in quanto questa turba metabolica determina
alterazioni anche a carico dei piccoli vasi sanguigni e conseguente
ipoafflusso di sangue. Tuttavia, il nesso tra età del gallo e sviluppo di un
microcircolo compensatorio è tutto da dimostrare.
Occhio
grigio perla |
Poligenico,
per lo più a comportamento recessivo
Gruppo di associazione sconosciuto
L’intensificazione
del colore pigmentario non si verifica quando i capillari sono talmente
sottili da non impartire un colorito rosso all’iride. Si rammenta che i
globuli rossi hanno un aggettivo improprio, in quanto, presi singolarmente,
sono giallo paglierino, sono dei globuli
pallidi, e il colore rosso del sangue è dovuto al loro elevato numero, o
in assoluto, o in rapporto alla sezione del vaso in cui scorrono. Orbene, pur
in assenza di degenerazione tumorale dell’iride, l’iride può presentarsi
non colorata in rosso se i capillari sono molto piccoli, ma non si colora
neppure in giallo e in bruno se sono assenti sia i carotenoidi che l’eumelanina
superficiale. Se sulla superficie dell’iride è presente uno strato di
granuli opachi che inibiscono la percezione del pigmento posto sulla faccia
posteriore, si determina il cosiddetto occhio
di perla, che è una caratteristica perlomeno auspicabile e richiesta
dallo standard di certe razze a piumaggio rigido, tra cui primeggia la
Cornish.
L’occhio di perla,
caratteristico della Cornish e dell’Aseel, desiderabile anche nel Malese e
nello Shamo, ha la distribuzione della melanina come nell’occhio baio, senza
però i carotenoidi, e possiede il già citato strato di granuli che
impediscono di percepire la melanina posta sulla faccia posteriore dell’iride.
Questo tipo di occhio richiede perlomeno la presenza di due geni: un gene riduce il diametro dei capillari
sanguigni, l’altro gene deve essere in grado di inibire la deposizione di
carotenoidi, e verosimilmente anche un
terzo gene che determina la deposizione dello strato opaco di
granuli. La caratteristica su base poligenica dell’occhio di perla è
ereditata in modo recessivo, ma non pare si comporti del tutto in questo modo.
Lo standard della Cornish spesso permette all’occhio di variare dal grigio
perla al rosso pallido. In questo caso sono senza dubbio presenti alcuni
capillari più dilatati in assenza di carotenoidi. Carefoot ha osservato nella
Cornish degli occhi giallo brillante, verosimilmente quando i vasi sanguigni
non sono visibili e i carotenoidi sono presenti in elevata quantità. Non c’è
dubbio tuttavia che un allevatore dedito a questa razza deve comunque tendere
agli occhi grigio perla.
Che l’occhio di perla non sia dovuto al gene W+ è dimostrato dal fatto che
quando la Cornish ha la fortuna di rientrare nello standard oculare, presenta
sempre i tarsi gialli.
Slinger & MacIlraith (1944)
hanno fatto notare la presenza di un occhio grigioverde in femmine Plymouth
Rock con piumaggio nero. Invece Carefoot ha notato un effetto scurente nella
stessa situazione, cioè in femmine PR nere nane, derivate da galli e galline
con identica barratura, mentre fratelli e sorelle barrati avevano una normale
colorazione dell’occhio. L’effetto scurente non può essere dovuto a un
gene legato al sesso, altrimenti alcune femmine barrate avrebbero dovuto
presentare lo stesso fenotipo. Si tratta di un effetto che si associa solo all’assenza
del gene B.
Br+ - brown eye inhibitor |
Legato
al sesso, dominante
Gruppo di associazione V - cromosoma Z
Baio. Questo aggettivo è riferito a
un tipo di mantello del cavallo e dei bovini dotato di peli rossastri con
diverse gradazioni cromatiche, mentre la criniera e la parte inferiore degli
arti sono neri. Quindi, per occhio baio, si intende un occhio rossastro, un
occhio che non è né
rosso né giallo. Il termine origina dall'aggettivo latino badius,
che ha un equivalente nel francese o provenzale bai,
e nell’italiano bazzotto. Viene
detto bazzotto non solo l’uovo tra sodo e al guscio, cioè un po’ più
scottato di quello à la coque, ma
viene definito bazzotto anche il cavallo di colore baio, cioè di colorazione intermedia.
I dialetti si perdono, o si trasformano, dipende dai punti
di vista. Nel dialetto valenzano esiste un aggettivo il cui significato si è
fatto palese avventurandomi in queste ricerche etimologiche. Si tratta di bazà,
con la zeta pronunciata come una esse aspra. Bazà
significa né molle né duro. È facile immaginare a cosa venga comunemente riferito questo attributo.
Sì, lo so, per un allevatore è meglio avere la risposta
in tasca qualora si voglia prenderlo in castagna sul significato dell’espressione
francese à
la coque,
in quanto nessuno gli chiederà mai cosa significa bazzotto,
né tanto meno bazzano. L’uovo
à la coque è un uovo un po’
bazzano, più molle che duro. Per essere precisi bisogna aggiungere che si
tratta di un uovo cotto in acqua, ma col guscio. Coque
è locuzione francese che significa guscio
d’uovo, voce onomatopeica che riproduce il grido della gallina non
appena ha assolto al suo compito di depositrice. L’Accademia d’Italia ne
propose invano la sostituzione con uovo
scottato.
Fu MacArthur a mettere in evidenza il gene Br+, definendolo inibitore
dell’occhio bruno, capace di agire sulla sola pigmentazione dell’occhio,
separato dal locus Id da 22,5 unità
crossover. Questo gene determina la deposizione di eumelanina solo
sulla
faccia posteriore dell’iride, ed è in grado pertanto di
ridurre l’estrema melanizzazione dell’occhio fibromelanotico.
Carefoot è dell’avviso che l’attribuire a un solo
gene l’assenza di melanina sulla faccia anteriore dell’iride, o, al
contrario, ritenere che la presenza di melanina in questa sede sia dovuta al
fatto che Br+ non fa parte del genotipo, si
tratterebbe di una semplificazione eccessiva del problema. Per renderci conto
di quanti colori siano richiesti dallo standard e quali varianti siano
concesse, possiamo citare le caratteristiche del Combattente Inglese Antico:
“Può avere occhi rossi, faccia rossa e tarsi bianchi, come può avere occhi
neri, faccia nero-porpora con tarsi e becco neri.” E proprio per comprendere
la grande variabilità riscontrabile in pratica, dobbiamo aggiungere che
Carefoot ha potuto osservare che sia l’Australorp che l’Orpington nera
spesso tendono verso una faccia da
zingaro con un po’ di rosso all’occhio. Questo contrasta con l’osservazione
che i geni E ed ER
di norma danno luogo a un occhio brunastro in assenza di specifici inibitori.
L’occhio di tipo selvatico, come viene definito quello del
Gallo Rosso della giungla, della Livorno dorata e della Gauloise, presenta un
epitelio pigmentato della retina e un pecten intensamente melanizzati, oltre a
un doppio strato di epitelio pigmentato sulla faccia posteriore dell’iride.
Sulla faccia anteriore dell’iride si rinvengono solo scarsi melanociti
disseminati qua e là, mentre il rimanente tratto uveale è intensamente
pigmentato. Lo stroma interno dell’iride è privo di pigmento. Per aggiunta
di carotenoidi, quest’occhio melanizzato si trasforma in occhio baio, che deriva dal combinarsi del giallo dei carotenoidi
con il rosso del sangue capillare e con il colore dell’epitelio pigmentato
distribuito sulla faccia posteriore dell’iride.
br
- brown eye |
Legato
al sesso, recessivo
Gruppo di associazione V - cromosoma Z
Per
intervento di questo allele, che permette la deposizione della melanina, i
fenotipi con occhio bruno mostrano
un incremento della pigmentazione melanica sulla faccia anteriore dell’iride,
colorata in modo uniforme oppure a chiazze.
Lo standard richiede un occhio
color nocciola per la Nana di Giava nera, derivato dal miscelarsi dei tre
colori responsabili della pigmentazione dell’iride. Di primo acchito vien da
pensare che il giallo è un pigmento del tutto estraneo in un pollo con
piumaggio e tarsi neri.
Occhio
scuro |
Geni
attivi sul colore del piumaggio e della cute
I
geni implicati nella colorazione del piumaggio e della cute influenzano anche
la colorazione dell’occhio. Abbiamo già accennato al fatto che i geni E
ed ER
si associano a un occhio brunastro se non sono presenti specifici inibitori
della melanina della faccia anteriore dell’iride. L’effetto dell’allele E,
unito a quello degli alleli id+ e idM,
sfocia in un occhio bruno scuro.
L’occhio scuro si associa al
fenotipo fibromelanotico,
caratterizzato da un imponente deposito di melanina in tutto l’occhio,
inclusa la sclera.
-
Inibitori
dell’eumelanina oculare |
Geni
attivi sul colore del piumaggio e della cute
Il gene B e il gene eWh
hanno un effetto inibitore sull’eumelanina, effetto posseduto anche da I
forse per l’effetto epistatico su E
.
Il bianco recessivo c possiede
scarsi effetti in questo senso, dimostrato anche dal fatto che l’occhio scuro si associa al fenotipo fibromelanotico della Silky
bianca.
Occhio
rosso |
Ipotizzato
un gene diverso da Br+
Secondo
Ab-Der-Halden deve esistere un gene diverso da Br+,
responsabile dell’occhio rosso della Marans e della La Flèche. La scomparsa
dell’occhio rosso in quest’ultima razza ha imposto di tollerare l’occhio
bruno. Si tratta di un rosso profondo oppure brillante,
differente dall’occhio selvatico, in quanto l’occhio del Bankiva può presentare varie tonalità, che vanno dal rosso fino al
giallo. La presenza genetica dell’occhio rosso è spesso difficile da
stabilire, poiché talora non può essere differenziato da un occhio selvatico
tendente al rosso vivo.