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Apriamo questo capitolo con alcune brevi ed essenziali notizie di anatomia e fisiologia.
Fig.
XVI. 1 - Encefalo di pollo visto di lato.
Sono anche raffigurate 10 delle 12 paia di nervi
cranici.
Il cervelletto è una struttura posta dorsalmente al
midollo allungato o tronco encefalico, al quale è connesso dai peduncoli cerebellari. È un
centro che interviene con funzione regolatrice nel controllo e nel mantenimento
del tono della muscolatura striata e dei movimenti volontari. La sostanza
grigia del cervelletto si distribuisce in superficie, costituendo la corteccia
cerebellare, e in alcuni nuclei profondi che prendono il nome di nuclei
centrali. La sostanza bianca occupa una posizione intermedia. La corteccia è
composta da 3 strati sovrapposti che, a partire dal più superficiale, sono: lo
strato molecolare, lo strato delle cellule di Purkinje
[1]
e lo strato dei granuli. Gli elementi più voluminosi sono rappresentati dalle
cellule di Purkinje, dotate di una ricca arborizzazione dendritica espansa
nello strato molecolare sovrastante.
Finora sono state descritte 20 mutazioni o varianti a
carico del sistema nervoso del pollo. Dal momento che il disordine neurologico
causa di solito degli effetti negativi sulla crescita e sulla produzione di
uova, ne deriva che spesso è pienamente giustificata la ricerca scientifica
relativa all’anomalia causata dalla mutazione, allo scopo di rimuoverla dall’allevamento.
Inoltre alcune anomalie sono state studiate a causa della loro somiglianza a
condizioni patologiche dell’uomo e di altri animali, diventando preziosi
modelli di genetica animale per malattie umane che colpiscono il sistema
nervoso.
Descriveremo gli aspetti genetici delle varianti a carico
del sistema nervoso del pollo suddividendole in quattro gruppi. Esistono 10
anomalie che hanno come risultato l’insorgenza di tremori a carico di tutto
il corpo e quando sono state effettuate delle indagini approfondite, quasi
tutte hanno dimostrato una degenerazione delle cellule di Purkinje del
cervelletto. La condizione che va sotto il nome di Loco congenito, o di
Sindrome da astronomo, è stata la prima anomalia a essere descritta (Knowlton,
1929):
è la più diffusa nei polli e in altri animali da cortile, e probabilmente la
meno compresa fra tutte le anomalie a carico del sistema nervoso. Sono 7 le
anomalie che sfociano in crisi convulsive. Infine, una sola mutazione - tipsy,
ubriaco - sembra coinvolgere la funzione neuromuscolare e non mostra
correlazioni con le altre anomalie.
Cinque di queste dieci mutazioni
che analizzeremo vengono attribuite a geni recessivi legati al sesso che
causano dei fenotipi tra loro molto simili, il cui comune denominatore è
rappresentato da un difetto delle cellule di Purkinje del cervelletto. Le
altre cinque mutazioni responsabili di tremori sono dovute a geni
autosomici.
ce
- cerebellar hypoplasia |
Legato
al sesso, recessivo
Gruppo di associazione V - cromosoma Z
Una peculiare ipoplasia e
degenerazione del cervelletto associata a un disturbo nervoso fu descritta da
Winterfield (1953) in un certo numero di ceppi commerciali destinati a
fornire uova da incubare. Il disturbo nervoso era evidente a 12 settimane di
età, era osservabile solo nelle pollastre e consisteva in un incontrollabile
ballonzolare della testa e del collo, suggestivo per un coinvolgimento
cerebellare, con un’incidenza del 3-10% a carico dei 15 ceppi analizzati.
Crescita e vitalità dei soggetti colpiti erano normali, tanto che raggiunsero
la maturità sessuale, ma furono scartati prima del periodo dell’accoppiamento.
All’esame necroscopico fu possibile mettere in evidenza
che tali soggetti possedevano in modo inequivocabile un cervelletto
rudimentale, conseguenza di un’ipoplasia oppure di un’atrofia. Il
cervelletto raggiungeva solamente il 12,5-25% della grandezza normale per un
soggetto maturo e solo la metà della grandezza del cervelletto di un pulcino
normale di un giorno d’età. Le alterazioni patologiche interessavano
solamente la corteccia cerebellare, dove parecchi neuroni erano andati
incontro ad alterazioni degenerative con una riduzione numerica delle cellule
di Purkinje.
Non fu possibile condurre dei test di accoppiamento.
Tuttavia l’evidenza suggeriva la presenza di un gene recessivo legato al
sesso al quale Somes nel 1980 assegnò il simbolo ce.
cd
- cerebellar degeneration |
Legato
al sesso, recessivo
Gruppo di associazione V - cromosoma Z
Furono Markson et al. (1959)
a
riferire un’affezione cerebellare in femmine Sussex bianco columbia e
ritennero che fosse paragonabile se non identica a quella descritta da
Winterfield nel 1953. La patologia si manifestava solo nelle femmine e
abitualmente compariva fra i 2 e i 3 mesi di vita: consisteva in una lieve
atassia e in lievi tremori a carico della testa e del collo. Crescita e
vitalità erano normali e i soggetti furono in grado di produrre uova. Le
anomalie macroscopiche del cervelletto consistevano nelle sue dimensioni, che
andavano da circa la metà del normale a quelle di un nodulo rattrappito, ma
la caratteristica forma e struttura macroscopica erano sempre presenti. Anche
le modificazioni microscopiche furono riscontrate solo a carico del
cervelletto ed erano rappresentate da distruzione di cellule di Purkinje.
Tutti i reperti erano caratteristici non per un’ipoplasia, bensì per una
degenerazione e un’atrofia. Fu possibile dimostrare attraverso progenie che
era in causa un gene recessivo legato al sesso al quale Somes nel 1980
assegnò il simbolo cd.
sh
- shaker |
Legato
al sesso, recessivo
Gruppo di associazione V - cromosoma Z
Furono Scott et al. (1950)
a
descrivere questa situazione nella Rhode Island Red, con sintomi molto simili
a quelli determinati dalla pseudopeste aviare - o malattia di Newcastle - e
dall’encefalomielite aviare infettiva, ma ambedue queste malattie furono
escluse come causa della sindrome neurologica, i cui sintomi si resero
manifesti a 5 settimane di età e che iniziarono come lievi ma rapidi
movimenti della testa e del collo, per diventare sempre più marcati con l’avanzare
dell’età, tant’è che solo pochi soggetti a 10 settimane di vita erano in
grado di camminare senza inciampare. La stimolazione era in grado di aggravare
la sintomatologia. Gran parte dei soggetti colpiti morirono per fame e solo
poche femmine raggiunsero la maturità.
Scott esaminò dal punto di vista istopatologico 14
soggetti colpiti dalla sindrome: a livello cerebellare fu messa in evidenza
una caratteristica perdita di cellule di Purkinje e degenerazione di parecchie
di quelle superstiti. La severità dei sintomi variava in modo diretto con l’entità
della distruzione delle cellule di Purkinje.
Con test di accoppiamento fu possibile dimostrare che la
condizione patologica era causata da un gene recessivo legato al sesso al
quale Mueller (1952) attribuì il simbolo sh.
sln
- sex linked nervous disorder |
Legato
al sesso, recessivo
Gruppo di associazione V - cromosoma Z
Un’altra sintomatologia
rappresentata da tremore della testa e del collo fu descritta da Kawahara (1955)
nella
Plymouth Rock barrata, osservabile in alcuni individui a un giorno d’età,
ma in altri solo dopo aver raggiunto le 4 settimane di vita. Si trattava
solamente di femmine, metà delle quali, a 20 settimane di vita, era incapace
di stare eretta e di camminare, e alla fine moriva. Le rimanenti femmine
raggiungevano la maturità sessuale, ma la loro capacità depositiva era molto
scarsa.
L’esame istologico dimostrò una degenerazione delle
cellule di Purkinje cerebellari, ma con caratteristiche cronologiche
degenerative diverse da quelle descritte per la condizione shaker.
Nonostante qualche dubbio derivante dai risultati di test di accoppiamento, a
questa condizione venne attribuita come causa un gene recessivo legato al
sesso il cui simbolo è sln. Ma Cole nel 1961 ha espresso l’ipotesi
che questa condizione sia identica allo shaker, fatta eccezione per
piccole differenze nel suo manifestarsi, che potrebbero essere spiegate dall’intervento
di geni modificatori.
j
- jittery |
Legato
al sesso, recessivo
Gruppo di associazione V - cromosoma Z
In base alle osservazioni di
Godfrey (1953), questa anomalia insorse in modo indipendente
nella Livorno bianca e nella New Hampshire: a un giorno dalla nascita i
pulcini erano caratterizzati da una retrazione della testa al di sopra del
dorso e da rapide vibrazioni laterali del capo. L’intensità dei due sintomi
era variabile e veniva accentuata dalla stimolazione. Gran parte dei pulcini
morì per fame nel giro di pochi giorni dalla schiusa e solo poche femmine
sopravvissero fino a raggiungere la maturità sessuale, presentando tuttavia
la tendenza a muoversi in circolo e la mancanza di coordinamento dei movimenti
della testa e del collo, con peggioramento dei sintomi dopo stimolazione.
Anche nel caso di questa sindrome l’esame istologico
dimostrò una riduzione numerica e un deterioramento delle cellule di Purkinje
del cervelletto, con una relazione diretta fra severità della sintomatologia
ed entità del deterioramento: quindi, reperti simili a quelli di Scott per lo
shaker. Si tratterebbe tuttavia di una mutazione intervenuta in un
locus diverso da quello occupato da sh, nonostante j e sh
causino degli effetti fenotipici simili.
sh-2
- shaker-2 |
Autosomico, recessivo
Gruppo di associazione sconosciuto
Fu McGibbon a riscontrare questa
condizione, ma un resoconto completo non venne mai pubblicato. A 4 settimane
di vita si osservò un lieve e rapido movimento della testa e del collo; con l’avanzare
dell’età i sintomi si fecero più severi, peggiorando con la stimolazione.
A 14 settimane di vita la maggioranza dei soggetti era incapace di tenere la
stazione eretta e finirono per morire di fame. A differenza della situazione
descritta da Scott, lo shaker-2 era autosomico ed era controllato da un
singolo gene recessivo dotato di bassa penetranza.
cq
- congenital quiver |
Autosomico, recessivo
Gruppo di associazione sconosciuto
Questa condizione riscontrata da
Smyth (1985) nella Fayoumi è completamente diversa dagli altri
tremori ereditari, nonostante anche in questo caso sia coinvolta la perdita di
cellule di Purkinje cerebellari. All’atto della schiusa era visibile una
rapida vibrazione di tutto il corpo, successivamente i sintomi erano difficili
da identificare fra le 2-6 settimane di vita, mentre nei soggetti più
cresciuti il tremore si presentava con entità variabile potendo andare da un
lieve tremito a scosse pronunciate.
Le alterazioni patologiche erano rappresentate da estesa
degenerazione di neuroni a carico del nevrasse, diffusa perdita di cellule di
Purkinje a carico della corteccia cerebellare, rarefazione spongiosa della
sostanza bianca.
Un curioso effetto pleiotropico di cq è la
sterilità dei maschi omozigoti, mentre le femmine e i maschi eterozigoti
hanno una normale capacità riproduttiva. L’esame istologico dei testicoli
di maschi omozigoti ha dimostrato una disorganizzazione cellulare e una
marcata riduzione della spermatogenesi. Un’associazione fra infertilità e
sindromi caratterizzate da tremori è nota nel topo; nel pollo esistono altri
due esempi di associazione fra riproduzione e funzione del sistema nervoso: i
maschi affetti da piroetta - pir - raggiungono in ritardo la maturità
sessuale e la già descritta degenerazione cerebellare cd si associa a
una ridotta fertilità e schiudibilità delle uova.
fs
- faded shaker |
Autosomico, recessivo
Gruppo di associazione sconosciuto
Questa mutazione descritta da
Silversides e Smith (1986) nella Livorno dorata è
completamente differente da tutte le altre: essa provoca tremori che si
associano a una diluizione del colore del piumaggio. La mortalità dei
soggetti fu molto elevata senza che fosse stato possibile identificarne una
causa specifica; la maggior parte morì fa il 18° giorno d’incubazione e
una settimana di vita, e i pochi sopravvissuti morirono entro tre mesi d’età.
Il tremore era molto pronunciato nell’estremità
posteriore del pulcino, con una frequenza costante per ciascun individuo che
oscillava tra le 6 e le 10 vibrazioni al secondo. Non furono identificati
difetti a carico delle cellule di Purkinje cerebellari, ma esisteva un’evidente
carenza di mielina nella midollare del cervelletto. Difetti di mielinizzazione
del tutto simili sono noti nel topo, tutti quanti associati a tremori della
parte posteriore del corpo.
Il piumaggio di questi polli andava da un colorito quasi
normale fin quasi al bianco; i melanosomi erano numericamente ridotti e
incompletamente melanizzati. Questa è l’unica mutazione nel pollo che
coinvolga sia il sistema nervoso che la pigmentazione. Qualcosa di simile
accade nella mutazione bronzo scolorito - fb, faded bronze - del
tacchino e nella mutazione disturbo nervoso con piumaggio scuro della
quaglia giapponese (dn - dark feather nervous disorder). Esistono
peraltro numerosi casi di associazione fra colore del mantello e funzionamento
del sistema nervoso nel topo e in altri mammiferi.
La mutazione autosomica fs è recessiva con
penetranza incompleta a causa dell’azione di un singolo gene dominante
capace di mascherare gli effetti del genotipo fs/fs.
hnd
- hereditary nervous disorder |
Autosomico, recessivo
Gruppo di associazione sconosciuto
Okado (1980)
pubblicò
una breve relazione in cui descriveva un disturbo nervoso in pulcini del Pollo
di Gifu, caratterizzato da tremori e da scosse laterali della testa che
comportavano difficoltà ad assumere cibo e acqua, per cui si giungeva alla
morte di maggior parte dei soggetti nel giro di una settimana dalla schiusa,
una situazione simile a quella già descritta da Hutt e che vedremo tra poco.
Si concluse per una mutazione autosomica recessiva alla quale Somes (1988)
assegnò
il simbolo hnd.
Tremore
congenito |
Multifattoriale
recessivo
Questa alterazione fu descritta
per la prima volta da Hutt (1932) nella Livorno bianca. I pulcini
che ne erano affetti presentavano tutti i gradi di tremore: da un tremore
appena percettibile a un tremore talmente grave da non permettere al soggetto
di mantenere la stazione eretta. Il tremore non veniva indotto da un trauma
improvviso e non veniva accentuato dalla stimolazione, era continuo finché il
pulcino manteneva la posizione eretta, per scomparire in quella accovacciata.
Il tremore poteva già essere osservato appena dopo la schiusa e in pulcini di
1-2 giorni presentava una frequenza di 10-16 vibrazioni al secondo. Solo pochi
soggetti sopravvissero alla prima settimana di vita. Il tremore si riduceva
con l’avanzare dell’età, con una crescita notevolmente ritardata.
Hutt fu in grado di dimostrare che questa condizione
patologica si trasmetteva ereditariamente, che era recessiva e che non era
legata al sesso. Tenne in considerazione la possibilità che fossero in causa
due paia di geni, ma successivamente optò per un singolo gene autosomico
recessivo dotato di bassa penetranza a causa di geni modificatori. Sittmann (1967)
rianalizzò
i dati di Hutt servendosi di una metodologia per genetica umana e giunse alla
conclusione che la penetranza di questa condizione era completa e che la sua
ereditabilità dipendeva da 2 paia di geni recessivi autosomici. Somes (1978)
annoverò questa condizione di tremore congenito come multifattoriale.
lo
- congenital loco |
Autosomico, recessivo
Gruppo di associazione sconosciuto
Loco
è vocabolo spagnolo che significa pazzo, folle, sciocco. Questa è stata la
prima patologia a carico del sistema nervoso a venir descritta nella
letteratura riguardante la genetica dei volatili da cortile e Knowlton (1929) ne
fornì una lunga e dettagliata descrizione a carico della Plymouth Rock
barrata. Secondo questo autore pochi anni prima Durant aveva osservato e
illustrato una condizione uguale o simile nella Livorno bianca.
Secondo Knowlton i pulcini nascevano normalmente, ma una
successiva analisi dei dati (Sittman, 1965)
dimostrò una riduzione della schiusa pari al 15%. Appena nato, il soggetto
presenta la testa stirata posteriormente e da un lato, con il becco che punta
all’insù, da cui il nome di sindrome da astronomo, come se il soggetto
osservasse perennemente il cielo. Il pulcino cade lateralmente o all’indietro
e giace su un lato oppure sul dorso, presentando un’enorme difficoltà nel
mantenersi dritto. Se ci riesce, immediatamente insorge di nuovo l’opistotono
e il capitombolo. La condizione è quasi sempre letale nel giro di pochi
giorni dalla nascita a causa dell’impossibilità di nutrirsi e di bere.
Questa sindrome è molto diffusa tra i polli, tanto che un’indagine
di Knowlton mise in evidenza la sua presenza in ben 30 stazioni sperimentali
del Nordamerica: erano coinvolte, oltre alla Livorno bianca e alla Plymouth
Rock, ceppi di Rhode Island Red, di Wyandottes e di Ancona.
Knowlton concluse trattarsi di un’affezione causata da
un gene autosomico recessivo, al quale Hutt (1949) assegnò
il simbolo lo. Nonostante la sua diffusione, non sono stati fatti studi
approfonditi su questa sindrome, che si presenta anche nel tacchino e nella
quaglia giapponese.
cy
- crazy |
Autosomico, recessivo
Gruppo di associazione sconosciuto
McGibbon (1973)
fornì
una breve descrizione di un disturbo neurologico in pulcini neonati di Ancona:
presentavano violenti e incontrollati movimenti del corpo e mancanza di
equilibrio, uno stato spastico che durava parecchi secondi e quindi il
soggetto si adagiava o sul dorso o su un fianco. Incapaci di nutrirsi
spontaneamente, questi pulcini non riuscirono a sopravvivere nonostante un’alimentazione
attraverso siringa e all’atto della morte si presentavano intensamente
itterici. Questa mutazione autosomica recessiva è andata perduta.
pir
- pirouette |
Autosomico, recessivo
Gruppo di associazione sconosciuto
McGibbon (1974)
riscontrò
una mutazione del comportamento dotata di vitalità quasi normale: quando i
pulcini venivano tolti dal cestello di schiusa volteggiavano o compivano delle
piroette. Questo loro modo di muoversi non era transitorio, bensì
persistente, e la durata dei singoli movimenti era di circa 10 secondi. I
soggetti erano in grado di nutrirsi e di bere, essendo così possibile
allevarli nonostante il loro comportamento piroettante fosse continuato sino
all’età adulta. Col procedere dell’età, alcuni soggetti tra quelli
colpiti manifestò un opistotono sotto forma di un improvviso movimento a
scatto della testa in direzione del dorso; questa manifestazione si presentava
prevalentemente dopo aver bevuto acqua, tant’è che la fuoriuscita di acqua
dal becco imbeveva le piume del dorso e della sella.
I soggetti presentavano anche una docilità e una mancanza
di paura della gente, e non erano aggressivi nei confronti degli altri
soggetti non portatori della mutazione. La maturità sessuale fu raggiunta
normalmente nelle femmine, mentre nei maschi fu tardiva. La fertilità si
dimostrò soddisfacente ricorrendo all’inseminazione artificiale, ma un
accoppiamento naturale fu un evento raro.
Collo
arcuato |
Multifattoriale
In letteratura sono stati
riferiti due disordini di origine genetica che causano un inarcamento del
collo in avanti e al di sotto del corpo. Potrebbe trattarsi della stessa
mutazione genetica verificatasi in modo distinto, oppure potrebbe trattarsi di
una causa genetica totalmente differente tra un caso e l’altro.
Il primo collo arcuato fu riferito da Conner e Shaffner (1953)
in
soggetti New Hampshire: quelli che ne erano affetti si presentavano normali
nell’aspetto e nel comportamento se erano indisturbati, eccetto il fatto di
presentare un collo arcuato in avanti, ma quando venivano disturbati la testa
veniva spinta completamente al di sotto del corpo dove veniva scossa
rapidamente da un lato all’altro. Questa postura poteva essere mantenuta a
lungo se il soggetto non cadeva a causa di perdita dell’equilibrio.
La sintomatologia non si esprimeva fintanto che il
soggetto non avesse raggiunto 2-3 mesi d’età, con un esempio riscontrato a
soli 25 giorni dalla nascita e il più tardivo a 7 mesi. La morte sopravveniva
per impossibilità a nutrirsi e a bere. La produzione di uova e la schiusa non
vennero intaccate finché le condizioni fisiche non si erano parecchio
deteriorate, ma la fertilità dei maschi risultò molto scarsa, dovendosi
così ricorrere all’inseminazione artificiale.
Nonostante i sintomi fossero quelli della fase terminale
del morbo di Newcastle, non fu possibile dimostrare lesioni caratteristiche
per malattia di Newcastle, leucosi o carenze nutrizionali. Anzi, a livello del
sistema nervoso centrale non furono dimostrate lesioni grossolane.
Gli autori giunsero alla conclusione che tale patologia
era di origine autosomica e che era dovuta all’azione di parecchi geni.
Tuttavia i dati disponibili sono così limitati che si potrebbe postulare a
ragione che la causa risiedeva in un singolo gene recessivo. Ma il ceppo si
estinse, per cui il problema della base genetica della malattia rimane
irrisolto. Somes (1978) ha catalogato questa sindrome come multifattoriale.
ans
- arched neck seizures |
Autosomico, recessivo
Gruppo di associazione sconosciuto
Il secondo caso di disturbo
caratterizzato da inarcamento del collo in avanti e al di sotto del corpo è
stato descritto da Nunoya (1983) nella Fayoumi. La sua espressione consisteva in una crisi
che poteva essere indotta da un inatteso forte rumore, da un movimento
improvviso, da una luce intensa e altri stimoli audiovisivi. Il soggetto così
messo in allarme si metteva accovacciato e con gli occhi chiusi, curvando il
collo fintanto che la testa veniva a trovarsi tra le zampe. L’accesso era
della durata di 15-30 secondi, dopo di che il soggetto riapriva gli occhi,
lentamente riguadagnava l’equilibrio e si ristabiliva completamente.
Questa sintomatologia poteva presentarsi in soggetti di
ogni età, ma era più frequente intorno a 6 settimane di vita. Velocità di
crescita e funzione riproduttiva apparvero normali. Le lesioni istopatologiche
osservate a carico del cervello e dei nervi spinali consistevano in
degenerazione delle piccole arterie, infiltrazione cellulare del cervello,
demielinizzazione e/o perdita di fibre nervose accompagnata da edema e
proliferazione delle cellule di Schwann a carico dei nervi cervicali. Si
ritiene che le modificazioni vascolari fossero la causa della sintomatologia,
mentre le lesioni dei nervi cervicali parrebbero secondarie ai ripetuti
accessi convulsivi. L’indagine genetica ha accertato trattarsi di una
sindrome dovuta a un gene autosomico recessivo.
epi
- epileptiform seizures |
Autosomico, recessivo
Gruppo di associazione sconosciuto
Fu Crawford (1970)
a
fornire una descrizione delle crisi epilettiformi, che possono manifestarsi
durante tutto l’arco della vita del soggetto. Sono state osservate durante
il primo giorno di vita, quando il pulcino viene tolto dall’incubatrice; l’incidenza
e la severità dei sintomi presentano un declino durante i primi 3-7 giorni e
quindi tornano a manifestarsi quasi totalmente, persistendo sino all’età
avanzata.
Le crisi presentano in modo caratteristico 3 fasi:
- fase 1, della durata di 5-7 secondi: è caratterizzata
da aumento della vigilanza, appiattimento del piumaggio, vocalizzazione
eccitata, estensione in alto e all’indietro del collo, movimenti di
beccamento in senso laterale e in direzione del dorso
- fase 2, della durata di 5 secondi: è caratterizzata da
perdita del controllo muscolare delle zampe, per cui il soggetto barcolla, si
accovaccia sulle ginocchia e può estendere le ali allo scopo di servirsene
come supporto
- fase 3, della durata di 30-35 secondi: consiste in una
violenta estensione e flessione delle zampe e delle ali, con il soggetto che
cerca di correre ma capitombola e si dimena in modo incontrollato, per poi
cadere in un coma che può durare parecchi minuti.
Quando il soggetto riesce a rimettersi in piedi, assume un
atteggiamento come se stesse appollaiato e non risponde agli stimoli esterni,
potendo rimanere fermo per un periodo prolungato. La sequenza completa appena
descritta può ripetersi dopo un breve intervallo di ripresa.
Le crisi possono essere scatenate da tutta una varietà di
stimoli che sono in grado di condurre a un affaticamento nervoso, tra cui si
può includere lo stress da calore; in condizioni di laboratorio lo stimolo
più efficace si è dimostrato essere la stimolazione luminosa intermittente.
La frequenza della stimolazione in grado di indurre le crisi è paragonabile a
quella osservabile nei soggetti umani che soffrono di epilessia fotosensitiva.
Proprio per questo sono stati effettuati studi approfonditi sulla risposta
farmacologica e sulla biochimica cerebrale, dal momento che la mutazione epi
è utile come modello animale per la malattia umana. Nel pollo le crisi
possono venir attenuate o abolite da fenobarbital, fenitoina e primidone in
concentrazioni plasmatiche efficaci nei pazienti umani, che possono giovarsene
in caso di grande male epilettico; nel caso di crisi di piccolo male si può
usare la etosuccimide che invece è inefficace nel pollo affetto dalla
mutazione epi. Su questa scia sono stati e vengono provati nuovi
farmaci allo scopo di trovare una soluzione terapeutica in campo umano, anche
per le convulsioni febbrili dei bambini.
Nonostante questi utilissimi risvolti in campo umano e i
numerosi studi effettuati, non si è potuto mettere in evidenza alcuna lesione
microscopica a carico del cervello del pollo. È stato solo possibile
constatare che gli emisferi cerebrali dei soggetti epilettici hanno un peso
maggiore rispetto al normale, con un aumentato contenuto proteico senza
contemporaneo aumento della quota idrica. Dal punto di vista biochimico si è
potuto rilevare che gli emisferi cerebrali hanno un’elevata concentrazione
di noradrenalina, mentre dopamina e 5-idrossitriptamina hanno una bassa
concentrazione; non pare tuttavia che questi dati siano direttamente coinvolti
nella suscettibilità alle crisi epilettiche.
xl
- sex-linked lethal |
Legato
al sesso, recessivo
Gruppo di associazione V - cromosoma Z
Goodwin (1950)
pubblicò
una breve descrizione di un disturbo a carico del sistema nervoso riscontrato
nella Livorno bianca. Non gli venne mai attribuito un nome e ha continuato a
essere conosciuto come letale legato al sesso cui fu attribuito il
simbolo xl.
L’autore osservò che venivano colpite solo le femmine,
il decorso era estremamente acuto e i soggetti morivano nel giro di poche ore
dall’insorgenza dei sintomi. I soggetti si presentavano estremamente
apatici, si appoggiavano sullo sterno e toccavano il suolo con la punta del
becco. Talora faceva seguito uno stato comatoso, talora uno stato dispnoico e
spasmi tetanici. Poche pollastre sopravvissero a numerosi attacchi e parecchie
di loro raggiunsero la maturità. L’esame autoptico non dimostrò lesioni
significative né la causa di morte.
px
- paroxysm |
Legato
al sesso, recessivo
Gruppo di associazione V - cromosoma Z
Come riferito da Cole (1961)
questa
situazione si presentò per la prima volta tra femmine le cui madri erano
delle Ancona e il cui padre era frutto dell’incrocio fa una Houdan e un
maschio di Livorno bianca. Gli attacchi di parossismo cominciarono a
manifestarsi a circa 2 settimane d’età in seguito a stimolazione uditiva o
visiva; essi consistevano in una estensione rigida delle zampe, la testa
gettata all’indietro, le ali che sbattevano in modo violento, con tutto il
corpo in preda a uno stato tetanico e a tremori. Successivamente il corpo
andava incontro a un rilassamento totale accompagnato da occhi chiusi e da una
prostrazione completa di durata variabile. Quando il soggetto si era ripreso
dalla crisi, allora camminava per un po’ sulle dita e compiendo dei passi
piccoli e rapidi; se lo si assisteva per mantenere l’equilibrio, allora la
coda si allargava come quella del tacchino quando fa la ruota. Gli attacchi
potevano ripetersi anche dopo un breve intervallo di benessere. Scarsa la
velocità di crescita, con morte entro le 15 settimane di vita.
Non è stato possibile ottenere dei maschi omozigoti per
questo gene, per cui non si conosce l’espressione di questa sindrome nel
sesso maschile.
Nonostante Cole non fosse riuscito a dimostrare
alterazioni sia grossolane che microscopiche in qualsiasi punto dell’encefalo
e del midollo spinale, Beck (1983) fu in grado di dimostrare che i
nuclei e i tratti di fibre del sistema uditivo e vestibolare erano ampiamente
degenerati.
tip
- tipsy |
Autosomico, recessivo
Gruppo di associazione sconosciuto
Una breve descrizione di questa
condizione venne fornita da Hawkes (1973):
essa non è evidente all’atto della schiusa, ma lo diventa con sicurezza
intorno a 50 giorni d’età, quando si può osservare che i soggetti
diventano progressivamente incapaci a mantenere un’andatura salda. L’entità
di questa sintomatologia era variabile e coloro che ne erano maggiormente
affetti morivano entro 3 mesi di vita. Gli altri riuscivano a raggiungere la
maturità se venivano prestate particolari cure e attenzioni, riuscendo anche
a riprodursi.
Si è sospettato trattarsi di un difetto primitivamente
neurologico, ma non sono stati riferiti studi dettagliati in proposito. Ciò
che è certo è che i soggetti maggiormente colpiti presentavano una marcata
atrofia dei muscoli della cintura pelvica.
Per
aspera ad astra
Il 13 agosto 1995, verso le 5 pomeridiane,
mi recai nel mio allevamento di polli ornamentali con una borsa di pane per
chiamare a raccolta gli animali e verificarne la vitalità e lo stato di
salute. Mi ricordo che anche un bel maschio nero di Barbuta d’Anversa
partecipò attivamente all’inatteso banchetto e ne ammirai volentieri il
portamento e il piumaggio nero profondo, dotato dei prescritti riflessi
verde scarabeo.
Verso le 20 stavo per andarmene, quando il mio collaboratore, Jeffrei Metzger,
distante una quindicina di metri, mi chiama per mostrarmi il bel barbuto
tenuto in una mano. Subito pensai che fosse morto, ma Jeffrei mi rassicurò
immediatamente, in quanto sa che accetto malvolentieri la morte dei miei
polli. Non era morto, ma era in uno stato di ipotonia muscolare
generalizzata col capo penzoloni. Lo portai in casa e cercai di imbastire
una diagnosi corretta. Non doveva trattarsi di colera aviario, talora causa
di un grave malore improvviso che può sfociare nella morte, ricordandomi di
quanto si afferma nei libri di patologia aviare: quei polli che troviamo
morti al mattino, potrebbero essere stati colpiti nottetempo da colera
aviario fulminante. La cresta non era bluastra e questo deponeva contro la
diagnosi di colera. Allora poteva trattarsi di un’apoplessia cerebrale, o
comunque di un danno neurologico centrale, quello che in medicina umana
viene correntemente definito ictus
cerebri o colpo apoplettico.
Decisi di instaurare una terapia cortisonica in quanto,
qualora fosse in atto una turba circolatoria con danno anatomico, avrebbe
aiutato a ridurre l’edema cerebrale. È importante ridurre l’edema
cerebrale in quanto il cervello si trova in una scatola ermeticamente chiusa
e un gonfiore a carico dell’encefalo comporta talora conseguenze molto
gravi per la vita. Cercai affannosamente il cortisone e finalmente trovai
una fiala di Bentelan da 1,5 mg,
scaduta alla fine di aprile. Erano quasi le 21.
Dissi a me stesso che anche la vita di un animale è sacra, ma che la mia
coscienza poteva esentarmi dallo scendere in città per procurarmi una fiala
non scaduta. Praticai il farmaco intramuscolo, conscio che la scadenza
spesso non è assoluta, in quanto per lo più è solo indicativa e dotata di
una certa tolleranza elastica.
Dissi a Jeffrei che la mia presunta diagnosi era di
apoplessia cerebrale e che l’unica cosa da farsi era tenere il galletto
idratato con acqua e zucchero. L’indomani, se fosse stato ancora vivo,
avrebbe proseguito con cortisone e con un’alimentazione leggera costituita
da pastoncino in pallottoline. Se Jeffrei l’avesse mantenuto in vita,
lesioni anatomiche permettendo, ne avremmo viste delle belle, poiché, in
base ad esperienze in famiglia, lesioni neurologiche molto gravi si erano
notevolmente attenuate col passare dei mesi e degli anni. Jeffrei era un po’
scettico. Accettai di buon grado la sua incredulità, che suonò come una
sfida.
L’indomani il barbuto era vivo, presentava chiari segni
di paralisi all’ala destra e forse all’arto inferiore sinistro, dove
soprattutto era presente uno stato spastico in estensione. Il capo veniva
prevalentemente tenuto in opistotono, cioè riverso all’indietro, la
deglutizione non era particolarmente compromessa. Il respiro era normale,
normali le pupille, e l’intestino funzionava regolarmente. Il cortisone fu
praticato in dose singola quotidiana per 3 giorni di seguito e venne poi sospeso. L’alimentazione
assistita proseguì per una quindicina di giorni, in capo ai quali il
soggetto cominciò a beccare pomodori e frutti, incluse le banane di cui è
molto ghiotto. Successivamente, posizionando ad altezza opportuna una
ciotola contenente granoturco sminuzzato e mangime granulare, era possibile
per il gallo beccare, ma ad ogni boccone insorgeva una retropulsione dovuta
al sollevamento del capo per dare la spinta deglutitoria. Pertanto lo si
faceva beccare dalla ciotola ghermendolo saldamente con la mano. Per
riuscire a rimpinzare per benino il gozzo occorreva circa una mezz’ora.
Mamma TV rendeva tuttavia meno gravoso questo impegno di fine giornata.
Un giorno ebbi un’idea: perché non mettere il galletto
in un ambiente in cui, protetto dall’aggressione degli altri galli,
avrebbe potuto sguazzare in un mare
magnum di cibo? Il bidone profondo e rettangolare usato per conservare
la miscela della razione giornaliera rispondeva perfettamente allo scopo, e
le crisi di retropulsione sarebbero state arrestate dalla parete morbida in
plastica. Siccome durante la retropulsione il barbutino veniva a ritrovarsi
supino, il pavimento morbido come sabbia gli avrebbe permesso di trovare la
spinta adatta per rimettersi in posizione corretta. L’idea si dimostrò
valida, in quanto aveva sempre un gozzo che scoppiava. Almeno due volte al
giorno veniva assicurata un’idratazione abbondante, dapprima con siringa
cui fece seguito il bere spontaneo.
Gradualmente retropulsione e posizione supina si
attenuarono per dar posto ai movimenti deambulatori. Anche tempo addietro
era stato possibile qualche movimento deambulatorio destinato alla fuga dai
compagni, forse perché, in uno sforzo supremo per proteggersi, il barbuto
riusciva a darsi a una rapida fuga rintanandosi sotto a qualche oggetto
utile, come gabbie o suppellettili. Erano fughe brevi, rapide, rettilinee,
che non sempre riuscivano a raggiungere lo scopo, per cui, quando il
galletto veniva lasciato libero per godersi due raggi di sole e due fili d’erba,
era tenuto costantemente d’occhio. È interessante come tra galli ci si
rispetti quando si è in forma ottimale. Quando un gallo è malato, gli
altri approfittano subito per dargli il benservito. L’uomo non ha fatto
molti passi avanti rispetto a questo modo di vedere, teso ad assicurarsi la
supremazia sul territorio, quindi su cibo e femmine.
La deambulazione a un certo punto divenne di tipo
circolare, rapida, col lato sinistro del corpo all’interno del cerchio.
Jeffrei mi riferiva via via tutte queste modificazioni motorie e non
nascondeva la sua meraviglia. E io, da gatto sornione, gli dicevo che
avrebbe dovuto aspettare ancora un po’ per vedere ulteriori miglioramenti
in quanto, innanzitutto, non si poteva pronosticare una
restitutio ad integrum, e poi, se si fosse verificata, avrebbe
probabilmente richiesto parecchi mesi.
Il 17 ottobre Jeffrei mi dice che il barbuto cammina rettilineo e si regge
bene in piedi anche per parecchio tempo. Voglio verificare. In effetti,
anche sul pavimento lucido di casa riesce a camminare piuttosto bene.
Considerazioni
finali
Œ
Un soggetto simile, in altre condizioni, avrebbe avuto vita breve.
La scienza non si sarebbe arricchita di quest’osservazione clinica.
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Fare il veterinario di polli ornamentali è poco remunerativo in quanto una
tirata di collo, al galletto, non gliel’avrebbe risparmiata nessuno.
Un’ultima considerazione, che non scaturisce dal mio vizio
di umanizzare gli animali, in
quanto ho cercato di sceverare il più possibile il reale dal fantastico:
come accade per l’uomo, anche l’animale si sente incitato a vivere se si
sente circondato da affetto, se si sente accettato, se si accorge che
qualcuno dedica un po’ di tempo alla sua vita e ai suoi problemi. Io sono
quasi certo che il mio barbuto d’Anversa non si è lasciato morire di fame
non solo perché riusciva in qualche modo a nutrirsi, ma soprattutto perché
non si è sentito rifiutato e disprezzato.
13-12-1995:
Oggi vengo a sapere che il barbuto va a dormire nel recipiente del mangime.
Per entrarvi esegue senz’altro una manovra caratteristica dei polli:
compiere un balzo che lo porta a fermarsi sul bordo e quindi scendere all’interno.
A parte il fatto che il bordo dista 55 cm dal suolo, è ovvia la precisione
richiesta per uno stand by sul bordo del recipiente. Interessante il fatto che al
mattino se ne starebbe nel nido se non venisse messo forzatamente insieme
agli altri compagni di tettoia, nei confronti dei quali dimostra una certa
paura in quanto tende a rimanere appartato sotto a una gabbia.
14-3-1996:
Il galletto, che nel frattempo ho battezzato Pippi, è in carne, in quanto
preso in mano è discretamente pesante. Ha dimostrato un ritorno dell’aggressività,
rivolta verso un giovane gallo grande il doppio di lui, che è stato messo
nella stessa gabbia. È il periodo degli amori e non lesina nel
corteggiamento a una Barbuta d’Anversa millefiori che attualmente vive con
lui. La compagna presenta una paresi agli arti inferiori di dubbia
interpretazione. Nel tentativo di accoppiarsi insorge una retropulsione, che
si verifica anche quando canta a squarciagola. Sapendo che la retropulsione
insorge anche quando gira il capo per arrangiarsi il piumaggio del dorso,
quando si trova tra le mie mani approfitta subito per farsi toilette. Il
piumaggio ha ripreso una lucentezza accettabile, però un certo numero di
piume della coda sono disordinate e un po’ frastagliate, forse conseguenza
dei traumi da retropulsione. Non si può escludere tuttavia un disturbo
trofico, in quanto, pur avendo avuto la muta autunnale, il piumaggio è
sempre stato abbastanza scadente. L’incedere è più sicuro, anche se ci
sono attimi di esitazione e qualche accenno a movimento rotatorio.
14-8-1996:
Pippi è morto annegato in seguito a un temporale notturno particolarmente
violento, durante il quale aveva abbandonato il suo minuscolo pollaio, forse
quando qualche lampo intenso aveva rischiarato il recinto. L’ho messo in
freezer con l’intenzione di fargli fare un’autopsia da un veterinario di
Bologna che si occupa di questi volatili poco remunerativi, in quanto non
vengono né verranno mai considerati animali d’affezione, nonostante
qualcuno che abita in città li tenga sul balcone di casa con saltuari
accessi in appartamento, cercando così di emulare i Giapponesi, che tengono
le loro Nagasaki in gabbie di bambù. L’autopsia non ha mai avuto luogo,
essendomi in quel periodo impossibile raggiungere Bologna, e quindi ho
sepolto l’ibernato galletto con tutti gli onori che meritava. Ma quanto a
diagnosi il decorso clinico parla chiaro: ictus cerebri con quasi
completa restituito ad integrum.
[1] Purkyně Jan Evangelista (Purkinje in tedesco): anatomista e fisiologo ceco (Libochovice, Boemia, 1787 - Praga 1869). Fondatore dell'Istituto di fisiologia di Breslavia, poi professore della stessa disciplina a Praga, negli ultimi anni della sua vita si dedicò alla politica e alla traduzione dei poeti tedeschi in lingua ceca. Studioso della fisiologia della visione, fece importanti osservazioni sulla percezione cromatica. I suoi studi di anatomia microscopica e di istologia, che si rivelarono fondamentali per lo sviluppo della teoria cellulare, riguardano soprattutto il cilindrasse delle fibre nervose, le grandi cellule multipolari dello strato intermedio della corteccia cerebellare (note come cellule del Purkinje) e le cellule costituenti il fascio di conduzione atrioventricolare del miocardio (anch'esse dette cellule del Purkinje). Osservò e descrisse la discoblastula dell'uovo di pollo. Gli si deve inoltre la scoperta delle impronte digitali come mezzo di identificazione.