Vol. 2° -  XXIX.3.

Come nascono barre e chiazze?

Uno dei tanti interrogativi ancora senza risposta definitiva è l’origine delle varie forme e strutture presenti in natura. Un cristallo ha uno stato d’aggregazione determinato dal processo di arrangiamento geometrico delle sue molecole. Il lavoro di molti biologi con interessi morfologici cerca di chiarire come un embrione indifferenziato possa evolversi verso un essere complesso. Sicuramente nei cromosomi esistono tutte le informazioni necessarie, ma attraverso quale meccanismo fisicochimico l’informazione genetica viene espressa nelle macchie del leopardo, nelle strisce della zebra, nelle piume barrate?

Già intorno al 1950 un matematico inglese, Alan Turing, propose una spiegazione basata su un ingegnoso meccanismo chimico. Alan Turing è un grande logico informatico, famoso per essere riuscito a decifrare un codice segreto tedesco durante la II Guerra Mondiale. Il postulato di questo scienziato è il seguente: “I diversi aspetti somatici sono conseguenza dei disegni che alcune sostanze, dette morfogene, creano nei tessuti sottostanti quando si trovano in differente concentrazione”.

Il problema era stabilire come questi prodotti, normalmente ripartiti uniformemente nei tessuti, potessero venire a trovarsi spontaneamente in una situazione non omogenea. Il matematico propose un modello che comportava la presenza di almeno due reagenti: un attivatore e un inibitore.

Per attivatore si intende una sostanza capace di aumentare il proprio tasso di produzione in una misura direttamente proporzionale alla sua sintesi. In altre parole, l’attivatore si comporta da catalizzatore di se stesso, proprio come un fuoco di paglia che brucia più intensamente man mano che il calore prodotto aumenta.

L’inibitore è invece una sostanza che si oppone alla moltiplicazione dell’attivatore. In un modello siffatto, ben presto attivatore e inibitore si troveranno in condizione d’equilibrio, senza poter dar luogo a nessuna variazione.

Per formare dei disegni disomogenei è necessario prevedere un fenomeno supplementare: la diffusione. Immaginiamo una goccia d’inchiostro blu che cade in un bicchiere d’acqua immobile: in breve l’inchiostro si diluisce e l’acqua si colora in azzurro. La diffusione ha creato uno stato omogeneo. E questo a dir poco ci disorienta, perché è proprio l’opposto di quello che cerchiamo di dimostrare.

Tuttavia questa tendenza all’uniformità può essere controbilanciata da una reazione chimica, a condizione che l’inibitore si diffonda più rapidamente dell’attivatore.

A questo punto siamo in possesso di tutti gli elementi previsti dal modello di Turing. Ci rimane solo da capire come essi interagiscano. All’inizio della reazione tutti gli elementi sono in concentrazione omogenea, ma esiste sempre qualche piccola fluttuazione. Quando, in un punto qualsiasi, avremo un lieve incremento dell’attivatore, la reazione potrà aver luogo con una velocità direttamente proporzionale alla concentrazione dell’attivatore e del suo antagonista. Se entrambi avessero una capacità di diffusione uguale, ben presto la reazione si troverebbe in equilibrio e la fluttuazione sparirebbe.

Supponiamo allora che l’inibitore abbia una capacità di propagazione più elevata, e diffondendosi più rapidamente finisca di essere deficitario proprio nel luogo dove si è registrata la fluttuazione iniziale. Di colpo l’attivatore troverà campo libero per accelerare sempre più la sua produzione, trovandosi però nella condizione di non potersi allontanare di molto dal luogo di sintesi. In un altro distretto, differente da quello in cui si trova, verrebbe annullato dall’inibitore che l’ha preceduto. Come risultato avremo zone con un’elevata concentrazione di attivatore separate tra loro dalla presenza di picchi elevati di inibitore. In questo modo, alcune fluttuazioni naturali verranno amplificate a un punto tale da creare importanti differenze di concentrazione che daranno luogo a un dedalo di macchie.

L’ipotesi di Turing cominciò a essere accettata dalla comunità scientifica negli anni sessanta, grazie al lavoro della Scuola di Bruxelles sotto la direzione di Ilya Prigogine, premio Nobel per la chimica nel 1977. La sua équipe dimostrò che, fra tutti i disegni possibili, i più stabili e quindi i più facilmente osservabili sono le macchie e le strisce disposte su una rete esagonale - ; all’estremo opposto ci sono i quadrati e i rettangoli. Ecco perché non troveremo mai una zebra a scacchiera.

Per passare dalla teoria alla pratica fu necessario attendere ancora alcuni anni. Fu solo nel 1989 a Bordeaux che un’équipe del CNRS, formata dal chimico Patrick De Kepper, dalla biochimica Étienette Dulos e dal fisico Jacques Boisonnade, riuscì a sintetizzare con un piccolo reattore chimico delle strisce colorate molto simili a quelle della zebra, nonché delle macchie che somigliano moltissimo a quelle del leopardo.

Le condizioni necessarie alla formazione di strutture di Turing, cioè motivi a strisce, sono facilmente riscontrabili in biologia. Le reazioni del tipo attivazione-inibizione sono estremamente comuni e le molte sostanze attivatrici, che vanno dal semplice ione calcio Ca++ alle molecole giganti delle proteine e degli enzimi, hanno una velocità di diffusione molto varia, ma in pratica non si può ancora sostenere che siano proprio questi processi a stabilire l’origine delle forme. A questo riguardo infatti le opinioni sono contrastanti. Per alcuni tutto viene deciso a livello molecolare da precise indicazioni in possesso delle cellule. Altri preferiscono un approccio più macroscopico e, fra questi, alcuni pensano che lo sviluppo embrionale possa effettuarsi con processi simili a quelli descritti da Turing.

In fisica il passaggio da una struttura semplice e indifferenziata a una complessa viene definito rottura di simmetria. Il meccanismo di Turing in effetti, generando strisce e macchie, rompe la simmetria iniziale di un ambiente omogeneo, ovviamente obbedendo a tutte quelle regole di logica matematica che sovrintendono a tali fenomeni.

D’altronde anche il trittico attivazione-inibizione-diffusione è ugualmente molto interessante e come concetto fisico può essere considerato alla stregua dei fenomeni dinamici non lineari, cioè fenomeni con effetti non proporzionati alle cause, che creano strutture di un equilibrio del tipo di quello che possiamo riscontrare ovunque in uno spazio compreso tra la crosta terrestre e le nuvole.

Immaginiamo uno strato d’acqua scaldato dal basso. Vedremo che si organizza spontaneamente in rulli paralleli, i rulli di Bernard. Ora, questo meccanismo può essere fisicamente paragonato a quello di Turing.

Nelle equazioni che descrivono tutti questi sistemi instabili si notano delle strane somiglianze matematiche che rivelano identità fisiche molto profonde. Chi avrebbe pensato che anche dietro a una piuma barrata possano forse nascondersi le leggi universali della natura? Non solo dietro a una piuma barrata. Attraverso il processo di rottura di simmetria si generano le macchie del giaguaro, le strisce della zebra, le chiazze del ghepardo e della giraffa, gli occhi della coda del pavone e delle ali delle farfalle.

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