Uno dei tanti interrogativi
ancora senza risposta definitiva è l’origine delle varie forme e strutture
presenti in natura. Un cristallo ha uno stato d’aggregazione determinato dal
processo di arrangiamento geometrico delle sue molecole. Il lavoro di molti
biologi con interessi morfologici cerca di chiarire come un embrione
indifferenziato possa evolversi verso un essere complesso. Sicuramente nei
cromosomi esistono tutte le informazioni necessarie, ma attraverso quale
meccanismo fisicochimico l’informazione genetica viene espressa nelle
macchie del leopardo, nelle strisce della zebra, nelle piume barrate?
Già intorno al 1950 un matematico inglese, Alan Turing,
propose una spiegazione basata su un ingegnoso meccanismo chimico. Alan Turing
è un grande logico informatico, famoso per essere riuscito a decifrare un
codice segreto tedesco durante la II Guerra Mondiale. Il postulato di questo
scienziato è il seguente: “I
diversi aspetti somatici sono conseguenza dei disegni che alcune sostanze,
dette morfogene, creano nei tessuti sottostanti quando si trovano in
differente concentrazione”.
Il problema era stabilire come questi prodotti,
normalmente ripartiti uniformemente nei tessuti, potessero venire a trovarsi
spontaneamente in una situazione non omogenea. Il matematico propose un
modello che comportava la presenza di almeno due reagenti: un attivatore e un inibitore.
Per attivatore
si intende una sostanza capace di aumentare il proprio tasso di produzione in
una misura direttamente proporzionale alla sua sintesi. In altre parole, l’attivatore
si comporta da catalizzatore di se stesso, proprio come un fuoco di paglia che
brucia più intensamente man mano che il calore prodotto aumenta.
L’inibitore
è invece una sostanza che si oppone alla moltiplicazione dell’attivatore.
In un modello siffatto, ben presto attivatore e inibitore si troveranno in
condizione d’equilibrio, senza poter dar luogo a nessuna variazione.
Per formare dei disegni disomogenei è necessario
prevedere un fenomeno supplementare: la diffusione.
Immaginiamo una goccia d’inchiostro blu che cade in un bicchiere d’acqua
immobile: in breve l’inchiostro si diluisce e l’acqua si colora in
azzurro. La diffusione ha creato uno stato omogeneo. E questo a dir poco ci
disorienta, perché è proprio l’opposto di quello che cerchiamo di
dimostrare.
Tuttavia questa tendenza all’uniformità può essere
controbilanciata da una reazione chimica, a
condizione che l’inibitore si diffonda più rapidamente dell’attivatore.
A questo punto siamo in possesso di tutti gli elementi
previsti dal modello di Turing. Ci rimane solo da capire come essi
interagiscano. All’inizio della reazione tutti gli elementi sono in
concentrazione omogenea, ma esiste sempre qualche piccola fluttuazione.
Quando, in un punto qualsiasi, avremo un lieve incremento dell’attivatore,
la reazione potrà aver luogo con una velocità direttamente proporzionale
alla concentrazione dell’attivatore e del suo antagonista. Se entrambi
avessero una capacità di diffusione uguale, ben presto la reazione si
troverebbe in equilibrio e la fluttuazione sparirebbe.
Supponiamo allora che l’inibitore abbia una capacità di propagazione più elevata,
e diffondendosi più rapidamente finisca di essere deficitario proprio nel
luogo dove si è registrata la fluttuazione iniziale. Di colpo l’attivatore
troverà campo libero per accelerare sempre più la sua produzione, trovandosi
però nella condizione di non potersi allontanare di molto dal luogo di
sintesi. In un altro distretto, differente da quello in cui si trova, verrebbe
annullato dall’inibitore che l’ha preceduto. Come risultato avremo zone
con un’elevata concentrazione di attivatore separate tra loro dalla presenza
di picchi elevati di inibitore. In questo modo, alcune fluttuazioni naturali
verranno amplificate a un punto tale da creare importanti differenze di
concentrazione che daranno luogo a un dedalo
di macchie.
L’ipotesi di Turing cominciò a essere accettata dalla
comunità scientifica negli anni sessanta, grazie al lavoro della Scuola di
Bruxelles sotto la direzione di Ilya Prigogine, premio Nobel per la chimica
nel 1977. La sua équipe dimostrò che, fra tutti i disegni possibili, i più
stabili e quindi i più facilmente osservabili sono le macchie e le strisce
disposte su una rete esagonale
- ;
all’estremo opposto ci sono i quadrati e i rettangoli. Ecco perché non
troveremo mai una zebra a scacchiera.
Per passare dalla teoria alla pratica fu necessario
attendere ancora alcuni anni. Fu solo nel 1989 a Bordeaux che un’équipe del
CNRS, formata dal chimico Patrick De Kepper, dalla biochimica Étienette Dulos
e dal fisico Jacques Boisonnade, riuscì a sintetizzare con un piccolo
reattore chimico delle strisce colorate molto simili a quelle della zebra,
nonché delle macchie che somigliano moltissimo a quelle del leopardo.
Le condizioni necessarie alla formazione di strutture
di Turing, cioè motivi a strisce, sono facilmente riscontrabili in
biologia. Le reazioni del tipo attivazione-inibizione sono estremamente comuni
e le molte sostanze attivatrici, che vanno dal semplice ione calcio Ca++
alle molecole giganti delle proteine e degli enzimi, hanno una velocità di
diffusione molto varia, ma in pratica non si può ancora sostenere che siano
proprio questi processi a stabilire l’origine delle forme. A questo riguardo
infatti le opinioni sono contrastanti. Per alcuni tutto viene deciso a livello
molecolare da precise indicazioni in possesso delle cellule. Altri
preferiscono un approccio più macroscopico e, fra questi, alcuni pensano che
lo sviluppo embrionale possa effettuarsi con processi simili a quelli
descritti da Turing.
In fisica il passaggio da una struttura semplice e
indifferenziata a una complessa viene definito rottura di simmetria. Il meccanismo di Turing in effetti, generando
strisce e macchie, rompe la simmetria iniziale di un ambiente omogeneo,
ovviamente obbedendo a tutte quelle regole di logica matematica che
sovrintendono a tali fenomeni.
D’altronde anche il trittico
attivazione-inibizione-diffusione è ugualmente molto interessante e come
concetto fisico può essere considerato alla stregua dei fenomeni dinamici non
lineari, cioè fenomeni con effetti non proporzionati alle cause, che creano
strutture di un equilibrio del tipo di quello che possiamo riscontrare ovunque
in uno spazio compreso tra la crosta terrestre e le nuvole.
Immaginiamo uno strato d’acqua scaldato dal basso.
Vedremo che si organizza spontaneamente in rulli paralleli, i rulli
di Bernard. Ora, questo meccanismo può essere fisicamente paragonato a
quello di Turing.
Nelle equazioni che descrivono tutti questi sistemi
instabili si notano delle strane somiglianze matematiche che rivelano
identità fisiche molto profonde. Chi avrebbe pensato che anche dietro a una
piuma barrata possano forse nascondersi le leggi universali della natura? Non
solo dietro a una piuma barrata. Attraverso il processo di rottura di
simmetria si generano le macchie del giaguaro, le strisce della zebra, le
chiazze del ghepardo e della giraffa, gli occhi della coda del pavone e delle
ali delle farfalle.