Trattando delle variazioni
genotipiche si è già posto in evidenza quale immensa sorgente di
variabilità rappresentino le ricombinazioni dell'assetto cromosomico che si
determinano al momento della formazione dei gameti. In realtà, la produzione
degli spermatozoi e delle uova, dal punto di vista statistico, è un vero
campionamento, che obbedisce alla regola di formare un campione pari alla
metà dell'assetto cromosomico individuale, nel quale sia compreso un
cromosoma per ogni coppia.
Poiché i geni localizzati in ogni cromosoma sono molto numerosi, è praticamente impossibile che ogni paio di cromosomi possegga esattamente gli stessi geni (come ad es. AA bb cc DD EE ... KK); un complesso di considerazioni fa ritenere che la condizione media più probabile sia quella di una prevalenza dei loci allo stato eterozigote rispetto ai loci omozigoti (ad es. Aa bb Cc DD Ee ... Kk).
Da ciò consegue,
evidentemente, che non vi può essere vera eguaglianza fra il patrimonio
genico contenuto nei cromosomi di ciascun paio e che quindi, se n è il numero aploide dei cromosomi caratteristico di una specie
(39 nei polli), il numero di classi di gameti portatori di un patrimonio
ereditario sostanzialmente diverso sarà, come noto, pari a 2n, mentre i genotipi diversi nella popolazione, derivata
dalla fecondazione totale e casuale dei predetti gameti, assommeranno a 3n. Si può notare che 239
è già molto superiore al numero di tutti i polli esistenti, e che 339 è un numero inconcepibilmente grande.
Senza aggiungere altre considerazioni riguardo ai
polialleli e ai fenomeni di scambio che fanno ulteriormente aumentare il
numero di genotipi possibili, concludiamo con Lush: a meno che il numero di
geni eterozigoti esistenti in una popolazione non sia molto limitato, il numero di individui che possono differire nel
patrimonio ereditario è praticamente quasi infinito.
Bisogna d'altra parte riflettere che in realtà, pur essendo presente un gran numero di geni nel patrimonio individuale, molti di essi sono responsabili di manifestazioni fenotipiche simili e additive (poligeni), altri agiscono cooperando con geni maggiori nel determinare singoli caratteri, molti infine non danno apparentemente manifestazioni visibili, pur agendo sulla vitalità e fecondità degli animali.
Perciò, se è vero che il patrimonio genetico degli
organismi è straordinariamente complesso, considerando il problema dal punto
di vista dei fenotipi
si arriva alla conclusione che essi
risultano molto meno numerosi e si possono ordinare in una serie quasi
continua di forme, anche a causa delle molteplici influenze modificatrici
legate ai fattori esterni.
Da questo fatto, la cui enorme importanza è più che
evidente, risulta che in generale, a
medesimi fenotipi possono corrispondere e corrispondono genotipi diversi,
di cui alcuni omozigoti, la maggior parte eterozigoti; il che rappresenta
senza dubbio il maggior ostacolo al lavoro di miglioramento genetico delle
razze, data la difficoltà di identificare e di isolare quegli individui che,
oltre ad essere pregevoli per i loro caratteri, sono anche geneticamente puri,
e perciò trasmetterebbero ai discendenti queste stesse caratteristiche
desiderate.