Per specie s’intende un gruppo
di organismi aventi in comune un numero rilevante di caratteri morfologici,
fisiologici, ecologici, che siano capaci di riprodursi inter se, dando origine a progenie illimitatamente feconda.
Tale definizione non è però sufficientemente comprensiva
a causa dell’universale variabilità di tutte le caratteristiche
individuali. Per cui, non essendo accettabile l’antico concetto linneano di
fissità delle specie e dei loro caratteri in quanto non rispondente alla
realtà, tale concetto deve essere sostituito dal criterio di rassomiglianza morfo-fisio-ecologica degli individui che la
sistematica zoologica e botanica assegna alla medesima specie.
Ma è anche chiaro come tale criterio non sia sufficiente da solo, in quanto vi sono specie estremamente polimorfe e variabili, nelle quali non esiste più un’autentica rassomiglianza tra forme estreme (si pensi, ad esempio, alla Livorno e alla Silky).
Il criterio sistematico veramente basilare e discriminante rimane perciò quello della interfecondità o fecondità reciproca e illimitata che sussiste fra gli individui che compongono una specie. Va però rilevato come anche questo importantissimo aspetto fisiologico presenti un'ampia variabilità nell'ambito di molte specie, per cui non risulta sempre possibile stabilire un limite netto fra la completa fecondità degli accoppiamenti nonché della prole che ne deriva, e la sterilità di quelli o di questa.
Vi
sono infatti, in molti casi, delle condizioni fisiologiche di passaggio
graduale tra la piena fecondità e la sterilità, che dipendono da una
diversità crescente fra i patrimoni genetici degli animali che si accoppiano,
e tali condizioni hanno le loro basi citologiche nell’incompatibilità
genica e strutturale fra cromosomi paterni e materni.