Abbiamo trattato il processo di
mutazione come se si verificasse solamente nei gameti, ma esistono dati
sperimentali a favore del fatto che i geni sono suscettibili di mutazione in
molte se non in tutte quante le cellule.
Se a uno stadio embrionale molto precoce un allele è
mutato dalla forma A alla forma A’, le divisioni ulteriori delle cellule AA
non mutanti e delle cellule AA’ mutanti condurrebbero a un individuo i cui
tessuti sarebbero in parte formati da cellule AA e in parte da cellule AA’.
Se A’ fosse dominante, con espressione fenotipica autonoma nelle cellule del
soma, in un individuo siffatto potrebbe essere osservabile un mosaico.
In diversi mammiferi la comparsa infrequente di pellicce a
mosaico, invece che uniformi, è stata attribuita a mutazioni somatiche
precoci. Quando il genotipo AA’ appartiene a cellule somatiche, il
mosaicismo non può essere comprovato in modo rigoroso, dato che la controprova di una mutazione consiste nella sua
trasmissione alle generazioni successive, evento ovviamente impossibile nel
caso di mutazioni esclusivamente somatiche.
Si sospetta che nell’uomo alcune anomalie a mosaico
siano dovute a mutazioni insorte durante le fasi precoci dello sviluppo
embrionale, ma non abbiamo la prova definitiva che ciò sia realmente
avvenuto. Più la mutazione è tardiva rispetto allo sviluppo, più piccola
dovrebbe essere la porzione di tessuto nata dalla cellula mutante. Così,
alcuni mosaici abbastanza comuni a carico del colore degli occhi, come la
presenza di un segmento bruno in un’iride per il resto azzurra, forse sono
dovuti a mutazioni somatiche insorte in una fase tardiva dello sviluppo. Allo
stesso modo, quando in alcuni individui si manifesta un retinoblastoma,
assente negli ascendenti diretti e nei discendenti, può darsi che sia in
causa una mutazione somatica.
I cambiamenti genetici nelle cellule somatiche possono
essere determinati da vari meccanismi dei quali uno solo è costituito da
mutazioni geniche vere e proprie. Così, se una cellula è eterozigote per una
coppia di alleli A e A’, la perdita del cromosoma che porta A’ lascerà
una cellula emizigote per A. Anche
la perdita di un cromosoma o di parte di un cromosoma,
senza un gene marcatore, equivale a
un cambiamento genetico, dato che sconvolge il bilanciamento fra geni.
Un altro processo che determina cambiamenti genetici è il crossingover fra cromosomi omologhi che si verifica nelle cellule somatiche. È stato dimostrato da Stern (1936) che ciò avviene in Drosophila, avviene anche nelle muffe e nel topo, ma non sono disponibili studi di genetica decisivi per l’uomo. Il crossingover nelle cellule somatiche, come nelle cellule germinali, si attua fra due cromosomi allo stadio di quattro filamenti.
Il crossingover somatico in
una cellula eterozigote AA’ può determinare la distribuzione mitotica di AA
in una cellula figlia e di A’A’ nell’altra. Se A’ è dominante, il
tessuto con fenotipo recessivo AA si sviluppa dalla cellula AA originata da segregazione
somatica. Se tutti questi genotipi, AA, AA’ e A’A’, sono
fenotipicamente riconoscibili, allora su uno sfondo AA’ compariranno macchie
gemelle AA-A’A’. Se il genotipo AA’, presente nella maggior
parte delle cellule dell’organismo, determina una colorazione della pelle di
media intensità, mentre AA determina l’assenza di colore e A’A’ una
forte pigmentazione, allora su uno sfondo cromatico di intensità media si
renderà visibile un settore privo di colore accanto a un settore molto scuro.
Cambiamenti cromosomici, che non siano la perdita o l’aggiunta
di interi cromosomi, comprendono le delezioni di parte del cromosoma, le duplicazioni di segmenti, le traslocazioni e le inversioni. Una qualsiasi di queste
aberrazioni può esercitare un effetto fenotipico potenzialmente nuovo,
nonché trasmissibile qualora si sia verificato nei gameti. Nel caso delle
delezioni e delle duplicazioni si verifica solitamente un’alterazione del
bilanciamento tra geni.
Nei genotipi con una traslocazione che non abbia alterato il normale bilanciamento genico, oppure con inversioni nelle quali siano presenti tutti i geni pur se disposti in modo diverso, i nuovi fenotipi sono il risultato dell’effetto di posizione. È stato dimostrato, in organismi da esperimento, che alcuni geni esercitano un effetto differente, dominante o recessivo, quando vengano posti in nuove regioni cromosomiche.
Ogniqualvolta il frammento rotto si riunisce con un altro frammento, i geni che si trovano accanto a una rottura vengono a trovarsi vicini a nuove regioni cromosomiche, in modo tale da dare origine a un nuovo tipo di cromosoma. Il nuovo fenotipo, determinato dalla nuova posizione del gene, si trasmette alla stessa maniera dei fenotipi prodotti da un allele mutato occupante lo stesso locus, poiché il cromosoma che ha subito il riordinamento si riproduce permanentemente nella forma riordinata.
Nell’uomo effetti di posizione di
questo genere non sono stati ancora scoperti, tuttavia sono stati messi in
evidenza in un altro mammifero, il topo.