L’evoluzione, a livello molecolare, si riflette in
differenze a carico alla struttura delle molecole proteiche. Dal punto di
vista evoluzionistico le
proteine costituiscono, per così dire, le impronte digitali della storia dell’evoluzione,
in quanto caratterizzate da sequenze di aminoacidi tra loro diverse quale
risultato di una mutazione genica. Gli organismi dotati di sequenze
aminoacidiche in comune possono venir considerati come più strettamente
correlati di quanto non lo siano quegli organismi che presentano importanti
differenze nella struttura aminoacidica di una determinata proteina.
Gli avvenimenti più interessanti dal punto di vista
evoluzionistico e genetico sono quelli che si sono svolti a carico dei sistemi
di codifica e di traduzione del materiale genetico. Esperimenti di Oro, di Fox
e Harada, hanno dimostrato che le basi adenina e uracile possono sintetizzarsi spontaneamente da substrati chimici probabilmente
presenti agli albori della vita sulla terra. Ponnamperuma e altri
ricercatori hanno esteso questi esperimenti al fine di dimostrare la
formazione di composti purina-zucchero, adenosina e desossiadenosina in
condizioni presumibilmente uguali a quelle di un lontanissimo passato.
Scaldando tali nucleosidi in presenza di acido fosforico si possono produrre i
nucleotidi RNA e DNA.
Non è possibile trovare una via d’uscita a una diatriba
che per ora è fine a se stessa, se cioè fu l’RNA oppure il DNA a fungere
da materiale genetico iniziale. Alcuni sono dell’avviso che la sequenza
consista in DNA ® RNA ® proteina, mentre l’altra
possibilità è rappresentata dalla sequenza evoluzionistica inversa, che
cioè il primo materiale genetico fu l’RNA, dal momento che attualmente esso
rappresenta l’unico anello di giunzione fra gene e proteina. Nel passato l’RNA
può aver svolto ambedue i ruoli: quello di autoduplicazione e quello di
sistema per la sintesi proteica. A sostegno di questo punto di vista si può
invocare il fatto che l’autoreplicazione dell’RNA è indubbiamente
possibile, come lo dimostrano certi virus.
La sostituzione dell’RNA da parte del DNA come materiale
genetico può essersi verificata per ottenere almeno due vantaggi:
Œ
il
DNA è più stabile, in quanto manca del gruppo idrossilico in posizione 2’
dello zucchero
dal momento che l’RNA ha dato
luogo al sistema di sintesi proteica, gli enzimi che servono a questo scopo
non agiscono sul DNA, e il DNA può così limitarsi al solo compito di
produrre gli stampi per la sintesi delle proteine.
All’inizio dovevano essere
presenti errori non di poco conto, quando il meccanismo della traduzione del
messaggio genetico era ancora imperfetto, per cui debbono essersi verificate
parecchie situazioni ambigue, come per esempio l’assegnazione di aminoacidi
differenti a uno stesso codone. Pertanto le proteine ancestrali dovevano
essere tutt’altro che esattamente uguali, quanto piuttosto statisticamente
uguali. Le modificazioni nell’assegnazione di particolari aminoacidi a
particolari codoni non deve aver provocato effetti drastici come si
verificherebbero attualmente. In altre parole, il cambiamento dell’assegnazione
ai codoni in quel sistema genetico primitivo può aver generato delle proteine
che non erano diverse in modo spiccato rispetto alle varianti proteiche
prodotte da un meccanismo di traduzione imperfetto. In tali circostanze il
codice genetico deve aver avuto l’opportunità di evolvere e di portare a
termine uno stato di cose in cui vengono prodotti pochissimi errori di
traduzione.
L’attuale dizionario del codice genetico ha un numero di
voci che stanno ad indicare che l’evoluzione
si è svolta in una direzione tale da ridurre gli errori.
Bisogna innanzitutto notare che gli aminoacidi che hanno a propria
disposizione più di un codone, hanno dei codoni che generalmente sono
identici per i primi due nucleotidi (posizione I e II) e differiscono solo a
carico del terzo nucleotide (posizione III). Dal momento che gli esperimenti
in vitro indicano che la terza posizione di parecchi codoni è quella più
facilmente soggetta a errori di traduzione, un simile sistema di codifica deve
aiutare a prevenire le sostituzioni aminoacidiche.
Inoltre possiamo seguire la classificazione di Woese, che
raggruppa gli aminoacidi nel modo seguente:
·
aminoacidi funzionali:
tirosina, istidina, lisina, acido glutammico, triptofano etc, coinvolti nell’attività
enzimatica delle proteine
·
aminoacidi non funzionali:
fenilalanina, leucina, isoleucina, valina, alanina, treonina etc
Gli errori di traduzione a livello del nucleotide codonico
più propenso agli errori, occupante la posizione I, causano generalmente la
sostituzione di un aminoacido appartenente allo stesso gruppo. Così la
fenilalanina, UUU, può essere letta in modo errato come CUU, AUU e GUU, ma
provoca sempre la presenza di un aminoacido appartenente allo stesso gruppo
non funzionale.
Inoltre, il riscontro che i codoni dotati di basi
pirimidiniche (U, C) in posizione II sono maggiormente propensi a commettere
un errore durante la traduzione rispetto ai codoni dotati di purine (G, A),
può rendere ragione del fatto che i codoni per gli aminoacidi appartenenti al
gruppo funzionale sono prevalentemente formati da purine, e che i gruppi non
funzionali, in cui gli errori non rivestono eccessiva importanza, generalmente
posseggono codoni dotati di pirimidine. Anche se si tratta di congetture, uno
sguardo al codice genetico da questo punto di vista è altrettanto utile degli
altri punti di vista dai quali osserviamo gli altri aspetti del fenomeno
complesso e meraviglioso della vita nei suoi passi evolutivi.
L’ultima tappa del processo evolutivo del materiale
genetico e del perfezionamento del codice genetico è la nascita del
cromosoma,
la cui presenza ha notevolmente migliorato il meccanismo dell’organizzazione
e della trasmissione del messaggio contenuto nel codice genetico. In una
struttura unica si trovano raggruppati parecchi geni in accordo con le loro
interrelazioni di maggior efficienza funzionale, senza dimenticare che il
tutto viene trasmesso da un essere all’altro come un’unità. Analizzando
gli organismi inferiori vien da pensare che il raggruppamento di geni con
funzioni correlate sta ad indicare che l’organizzazione cromosomica ha un
ruolo essenziale per la sopravvivenza. Dalle osservazioni si deduce pure che
esiste una notevole pressione selettiva affinché determinate relazioni
genetiche vengano a tutti i costi mantenute, impedendo possibilmente qualsiasi
variazione cromosomica.
Nuove tecniche di genetica molecolare, tra cui l’analisi
dei polimorfismi per la lunghezza dei frammenti generati da enzimi di
restrizione e l’analisi delle sequenze di RNA e di DNA, hanno aperto nuovi
spiragli sui processi evolutivi. Si è trovato che parti diverse di un gene evolvono con velocità diverse.
Quelle parti del gene che hanno gli effetti minori sulla fitness,
cioè sul benessere, sembrano quelle
che si evolvono con frequenza maggiore. Oltre alle variazioni nella sequenza
nucleotidica, l’evoluzione molecolare comprende anche variabilità nei
polimorfismi per lunghezza del DNA. Le famiglie multigeniche si evolvono per
ripetuta duplicazione di geni, seguita da divergenza genetica delle loro
sequenze.
Fig. XIX. 1 – Evoluzione dei geni. Alcuni geni si sono evoluti mediante la moltiplicazione di un singolo esone.
Sembra
che il DNA mitocondriale degli animali si evolva a
velocità maggiore che non il DNA dei
geni nucleari. Le sequenze di RNA e DNA possono venire utilizzate per
fare inferenze sui tassi evolutivi e sulle relazioni tra organismi.
I genetisti di popolazione hanno recentemente iniziato ad
applicare tecniche di genetica molecolare allo studio della variabilità
genetica in seno alle popolazioni e a interrogarsi sulle basi molecolari dell’evoluzione.
Attraverso l’uso della mappatura di restrizione e dei metodi per il
sequenziamento del DNA, i biologi possono attualmente esaminare l’evoluzione
a un livello genetico più di base, a livello del DNA. Questi studi non hanno
alterato i principi della genetica di popolazione, ma hanno fornito un quadro
più completo e dettagliato di come le forze naturali producano i cambiamenti
evolutivi.