La scoperta dell’interferone è scaturita da due decenni di ricerca dedicata al fenomeno dell’interferenza virale, culminata nel 1957, quando Isaacs e Lindenmann dimostrarono che le cellule infettate da virus producono un fattore solubile, capace di indurre uno stato antivirale nelle cellule non infettate.
Il potenziale di tale scoperta venne compreso
rapidamente, e la prima dimostrazione pubblica della produzione e dell’azione
dell’interferone ebbe luogo durante la riunione della Royal Society di
Londra verso la metà di maggio 1985. In un rapporto relativo a tale
dimostrazione vennero formulati due commenti interessanti: il suo interesse pratico risiede nella semplicità della produzione
e sarà necessario acquisire una gran quantità di lavori di ricerca prima
di poter chiarire se possiede un valore pratico in medicina.
L’interferone non fu prodotto
facilmente: infatti è stato necessario attendere lo sviluppo delle tecnologie
per le colture cellulari di massa e l’arrivo dell’ingegneria genetica
prima di poter risolvere definitivamente i problemi di approvvigionamento. La
ricerca sull’interferone crebbe in modo esponenziale tra il 1960 e il 1990:
attualmente sono disponibili ogni anno oltre 1200 pubblicazioni scientifiche e
mediche, e il valore pratico dell’interferone in campo terapeutico è fuori
discussione.
Classificazione degli interferoni umani |
|||||
fino al 1980 |
attuale |
cellule produttrici |
sottotipi |
cromosoma |
geni |
tipo
I |
a |
leucociti |
>15 |
9 |
23 |
tipo
II |
b |
fibroblasti |
2 |
9 |
1 |
tipo
III |
g |
linfociti
T |
1 |
12 |
1 |
Inizialmente la classificazione
si basava sui dati di stabilità e riconosceva due soli tipi di interferone.
Più tardi venne introdotta una classificazione basata sul tipo di cellula
produttrice e gli interferoni furono riclassificati come leucocitari,
fibroblastici e immuni. Oggi questi tipi vengono definiti interferoni a, b e g. Sono
il prodotto di una famiglia multigenica. Mentre esiste un singolo gene per
ciascuno degli interferoni b
e g, ci sono almeno 23 geni diversi
per l’interferone a,
raggruppati sul cromosoma 9, i quali codificano per almeno 15 proteine
funzionali. Eccezion fatta per due casi, gli interferoni a
disponibili in commercio sono prodotti ricombinanti, sintetizzati da batteri
manipolati per mezzo dell’ingegneria genetica.
Interferoni a ricombinanti: attività antivirale, induzione della
differenziazione di cellule progenitrici midollari, attività
antiproliferativa (impiegato come farmaco d’elezione nella terapia
antiproliferativa della tricoleucemia
[1]
).
Interferone b ricombinante: la forma ricombinante è simile a quella naturale
sia per l’attività specifica che per lo spettro d’attività antivirale,
antiproliferativa e per le proprietà immunomodulanti.
Interferone g ricombinante: la molecola ricombinante conserva l’attività
biologica di quella naturale, riassumibile in 3 effetti principali:
antiproliferativo, immunomodulante, antivirale.
[1] La tricoleucemia non è altro che la leucemia a cellule capellute o reticoloendoteliosi leucemica.