Vol. 2° -  XIV.4.

il differenziamento

Una speciale interazione cellulare è quella che conduce allo sviluppo di un individuo multicellulare complesso a partire dalla singola cellula uovo.

Dopo la fecondazione l’uovo si scinde, per divisioni successive, in un numero sempre più elevato di cellule. Esternamente le cellule dell’embrione sono tutte molto simili fra loro, ma comincia a manifestarsi una certa differenziazione quando le cellule sono appena in numero di otto.

A causa di una divisione leggermente ineguale, quattro cellule sono più piccole delle altre quattro, cui si associa una differenza non solo nella dimensione, ma anche nel contenuto, in quanto, in origine, il citoplasma dell’uovo fecondato non è uniforme, potendosi talora osservare una stratificazione con un maggior numero di granuli di tuorlo nella metà più bassa, rispetto a quella più alta.

Si è inoltre dimostrato sperimentalmente che esistono altre differenze nella composizione del citoplasma, lungo l’asse che va del polo superiore a quello inferiore dell’uovo. La scissione dell’uovo, che separa le diverse regioni tra loro, assegnandole a cellule diverse, determina così il differenziamento dei contenuti citoplasmatici delle cellule figlie.

Come reagiscono i geni, tra loro identici e presenti nel nucleo di tutte le cellule, a questi differenti ambienti citoplasmatici? In analogia con le vedute della genetica molecolare dei microrganismi, sembra che geni diversi rispondano in maniera diversa ad ambienti diversi. Nell’ambiente X i geni A, C, D, F, G, possono essere attivati, mentre i geni B, E, H, possono essere repressi. Nell’ambiente Y si possono attivare i geni A, C, F, H e i geni B, D, E, G, possono venir repressi; infine, in un ambiente Z, possono crearsi altri assortimenti di geni attivi e inattivi. Col procedere dello sviluppo si verificano ulteriori differenziazioni nell’embrione, poiché parti diverse dell’assetto genico totale sono chiamate in azione selettivamente. I diversi destini delle diverse cellule dell’embrione dipendono da questa sequenza:

ü differenze iniziali regionali nel citoplasma dell’uovo

ü suddivisione dell’uovo in cellule differenziate

ü produzione di un ulteriore differenziamento per mezzo delle interazioni specifiche tra assetti genetici identici e contenuti cellulari differenziati.

I dettagli dell’attivazione e dell’inattivazione dei geni o, per usare i termini derivati dagli studi di microbiologia, della derepressione e della repressione, sono di difficile spiegazione. Si crede che i differenti componenti dell’ambiente citoplasmatico di cellule diverse producano in parte i loro effetti mediante l’interazione con geni regolatori che controllano lo stato di funzionamento dei geni strutturali.

Si è suggerito che la produzione delle catene di emoglobina di un bambino normale, durante lo sviluppo prenatale e immediatamente postnatale, possa costituire un esempio di regolazione sull’attività dei geni strutturali. Durante gli stadi più precoci della vita embrionale non si formano quantità rilevabili di emoglobina. Invece, durante il secondo mese, vengono sintetizzate almeno quattro differenti catene: a, b, g ed e. Intorno alla fine del terzo mese di vita endouterina le catene a raggiungono la stessa proporzione che avranno nell’adulto. Le catene b vengono prodotte con maggior lentezza e non raggiungono la proporzione definitiva fino a parecchi mesi dopo la nascita. La quantità della catena g è inversamente correlata a quella della catena b; le catene g si formano quasi con la stessa rapidità con cui si formano le catene a fino alla fine del sesto mese di vita prenatale, ma poi cominciano a sparire, e, intorno al terzo mese di vita postnatale, sono calate a circa l’1% dell’emoglobina totale. Contrariamente alle catene a, b e g, che sono prodotte per tutta la vita prenatale e oltre, le catene e sono prodotte solo per un breve periodo, e scompaiono dall’embrione prima della fine dei primi tre mesi. Le catene d, infine, non compaiono fino a poco prima della nascita, e non costituiscono mai più dell’1% circa della quantità totale di emoglobina.

Si è dimostrato che alcune catene di emoglobina sono determinate, ciascuna, da un differente gene strutturale, e lo stesso è probabilmente vero per tutte le altre. I cambiamenti notevoli nelle quantità relative, prodotte durante lo sviluppo prenatale e postnatale, possono sicuramente dipendere dai grandi cambiamenti che hanno luogo nell’ambiente interno che circonda i geni per l’emoglobina, durante gli stadi embrionale, fetale e neonatale. Componenti dell’ambiente interno delle cellule interagiscono con i geni regolatori che controllano l’attività dei geni strutturali. Quest’ipotesi è avvalorata dal fatto che esiste un gene che determina la produzione permanente, lungo l’arco della vita adulta, di un numero di catene g 10-20 volte superiore alla norma. Poiché queste catene non sono assolutamente differenti rispetto a quelle prodotte da una persona normale, si può pensare che il gene che ne causa la produzione eccessiva sia un gene regolatore, piuttosto che un gene strutturale. La regolazione dell’attività dei geni per l’emoglobina è quindi correlata con lo stadio dello sviluppo.

Un altro tipo di regolazione è quello in cui prodotti specifici dipendenti dai geni sono limitati a tipi specifici di cellule. Così, l’enzima glucosio-6-fosfatasi, legato al metabolismo del glicogeno, si trova nel fegato e nel rene, ma non altrove, e lo stesso vale per l’omogentisinico ossidasi, la cui assenza determina l’alcaptonuria; l’insulina è prodotta esclusivamente dalle cellule di Langerhans del pancreas; mentre l’emoglobina viene sintetizzata solo nelle cellule staminali del sangue.

D’altro canto, sembra che altre sostanze dipendenti dai geni vengano prodotte in tutte le cellule. Alcuni esempi sono la transferasi che catalizza la conversione del galattosio in glucosio e la catalasi, che scinde il perossido d’idrogeno.

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