Una speciale interazione cellulare è quella che conduce allo sviluppo di un individuo multicellulare complesso a partire dalla singola cellula uovo.
Dopo
la fecondazione l’uovo si scinde, per divisioni successive, in un numero
sempre più elevato di cellule. Esternamente le cellule dell’embrione sono
tutte molto simili fra loro, ma comincia
a manifestarsi una certa differenziazione quando le cellule sono appena in
numero di otto.
A causa di una divisione leggermente ineguale, quattro
cellule sono più piccole delle altre quattro, cui si associa una differenza
non solo nella dimensione, ma anche nel contenuto, in quanto, in origine, il
citoplasma dell’uovo fecondato non è uniforme, potendosi talora osservare
una stratificazione con un maggior numero di granuli di tuorlo nella metà
più bassa, rispetto a quella più alta.
Si è inoltre dimostrato sperimentalmente che esistono
altre differenze nella composizione del citoplasma, lungo l’asse che va del
polo superiore a quello inferiore dell’uovo. La scissione dell’uovo, che
separa le diverse regioni tra loro, assegnandole a cellule diverse, determina
così il differenziamento dei contenuti citoplasmatici delle cellule figlie.
Come reagiscono i geni, tra loro identici e presenti nel
nucleo di tutte le cellule, a questi differenti
ambienti citoplasmatici? In analogia con le vedute della genetica molecolare
dei microrganismi, sembra che geni diversi rispondano in maniera diversa ad
ambienti diversi. Nell’ambiente X i geni A, C, D, F, G, possono essere
attivati, mentre i geni B, E, H, possono essere repressi. Nell’ambiente Y si
possono attivare i geni A, C, F, H e i geni B, D, E, G, possono venir
repressi; infine, in un ambiente Z, possono crearsi altri assortimenti di geni
attivi e inattivi. Col procedere dello sviluppo si verificano ulteriori
differenziazioni nell’embrione, poiché parti diverse dell’assetto genico
totale sono chiamate in azione selettivamente. I diversi destini delle diverse
cellule dell’embrione dipendono da questa sequenza:
ü
differenze
iniziali regionali nel citoplasma dell’uovo
ü
suddivisione
dell’uovo in cellule differenziate
ü
produzione
di un ulteriore differenziamento per mezzo delle interazioni specifiche tra
assetti genetici identici e contenuti cellulari differenziati.
I dettagli dell’attivazione e dell’inattivazione dei geni o, per usare i termini derivati
dagli studi di microbiologia, della derepressione e della repressione,
sono di difficile spiegazione. Si crede che i differenti componenti dell’ambiente
citoplasmatico di cellule diverse producano in parte i loro effetti mediante l’interazione
con geni regolatori che controllano lo stato
di funzionamento dei geni
strutturali.
Si è suggerito che la produzione delle catene di emoglobina
di un bambino normale, durante lo sviluppo prenatale e immediatamente
postnatale, possa costituire un esempio di regolazione sull’attività dei
geni strutturali. Durante gli stadi più precoci della vita embrionale non si
formano quantità rilevabili di emoglobina. Invece, durante il secondo mese,
vengono sintetizzate almeno quattro differenti catene: a,
b, g ed e. Intorno alla fine del terzo
mese di vita endouterina le catene a
raggiungono la stessa proporzione che avranno nell’adulto. Le catene b vengono prodotte con maggior
lentezza e non raggiungono la proporzione definitiva fino a parecchi mesi dopo
la nascita. La quantità della catena g
è inversamente correlata a quella della catena b;
le catene g si formano quasi con la
stessa rapidità con cui si formano le catene a
fino alla fine del sesto mese di vita prenatale, ma poi cominciano a sparire,
e, intorno al terzo mese di vita postnatale, sono calate a circa l’1% dell’emoglobina
totale. Contrariamente alle catene a, b e g, che
sono prodotte per tutta la vita prenatale e oltre, le catene e sono prodotte solo per un breve
periodo, e scompaiono dall’embrione prima della fine dei primi tre mesi. Le
catene d, infine, non compaiono
fino a poco prima della nascita, e non costituiscono mai più dell’1% circa
della quantità totale di emoglobina.
Si è dimostrato che alcune catene di emoglobina sono
determinate, ciascuna, da un differente gene strutturale, e lo stesso è
probabilmente vero per tutte le altre. I cambiamenti notevoli nelle quantità
relative, prodotte durante lo sviluppo prenatale e postnatale, possono
sicuramente dipendere dai grandi cambiamenti che hanno luogo nell’ambiente
interno che circonda i geni per l’emoglobina, durante gli stadi embrionale,
fetale e neonatale. Componenti
dell’ambiente interno delle cellule interagiscono con i geni regolatori che
controllano l’attività dei geni strutturali. Quest’ipotesi è
avvalorata dal fatto che esiste un gene che determina la produzione
permanente, lungo l’arco della vita adulta, di un numero di catene g 10-20 volte superiore alla
norma. Poiché queste catene non sono assolutamente differenti rispetto a
quelle prodotte da una persona normale, si può pensare che il gene che ne
causa la produzione eccessiva sia un gene regolatore, piuttosto che un gene
strutturale. La regolazione dell’attività dei geni per l’emoglobina è
quindi correlata con lo stadio dello sviluppo.
Un altro tipo di regolazione è quello in cui prodotti
specifici dipendenti dai geni sono limitati a tipi specifici di cellule.
Così, l’enzima glucosio-6-fosfatasi, legato al metabolismo del glicogeno,
si trova nel fegato e nel rene, ma non altrove, e lo stesso vale per l’omogentisinico
ossidasi, la cui assenza determina l’alcaptonuria; l’insulina è prodotta
esclusivamente dalle cellule di Langerhans del pancreas; mentre l’emoglobina
viene sintetizzata solo nelle cellule staminali del sangue.
D’altro canto, sembra che altre sostanze dipendenti dai
geni vengano prodotte in tutte le cellule. Alcuni esempi sono la transferasi
che catalizza la conversione del galattosio in glucosio e la catalasi, che
scinde il perossido d’idrogeno.