La meiosi, caratteristica di tutti gli eucarioti che si riproducono sessualmente, porta alla formazione di gameti aploidi a partire da cellule diploidi.
Essa consta di una sola fase S
di sintesi del DNA, seguita da due divisioni nucleari consecutive, per cui
dalla cellula diploide di partenza si formano, in due tappe, quattro gameti
aploidi.
Le mutazioni sono cambiamenti di varia estensione del DNA di un organismo, con effetti di carattere ereditario sul fenotipo o sulle attività metaboliche. Si tratta di eventi casuali e la loro affermazione dipende dalla selezione naturale, che favorisce la propagazione solo di quelle mutazioni che rendono gli individui più adatti all’ambiente o alle sue variazioni.
Tutti sappiamo dell’esistenza
di organismi resistenti agli
insetticidi o agli antibiotici: si tratta di popolazioni derivate da individui
che hanno subito una mutazione, in seguito alla quale sono diventati
insensibili agli agenti letali per gli individui non mutanti.
Si ritiene che
le mutazioni
siano fra le cause più
importanti dell’evoluzione. Le specie di pluricellulari oggi viventi,
superiori a due milioni, sono derivate da una o da poche specie iniziali in
meno di due miliardi d’anni e si sono probabilmente differenziate in seguito
a mutazioni dei geni strutturali o delle frazioni regolatrici del genoma. Sono
stati citati solo i pluricellulari perché la meiosi è soprattutto di loro
pertinenza, ma anche l’evoluzione degli altri esseri viventi dipende
essenzialmente dall’effetto selettivo dell’ambiente su mutazioni
occasionali.
Le mutazioni sono eventi rari: si calcola che ne insorga una ogni 10.000-1.000.000 di cellule. È statisticamente improbabile che una cellula accumuli più di una mutazione. Con la divisione mitotica, altamente conservativa, occorrono varie generazioni perché una seconda mutazione si instauri nella stessa linea cellulare.
Dal punto di vista evolutivo, la mitosi è quindi un
evento poco utile per assicurare l’accumulo di mutazioni. La vasta e rapida
fioritura evolutiva degli organismi pluricellulari si deve a un diverso tipo
di divisione, quella meiotica, che si è differenziata dalla mitosi
parallelamente ai fenomeni della sessualità.
Mediante la riproduzione sessuata, un nuovo organismo origina dalla fusione di due cellule appartenenti a individui diversi, accumulando così le mutazioni eventualmente presenti nel genoma dei genitori. Le cellule che si fondono si chiamano gameti e generalmente provengono da individui di sesso diverso.
Il gamete maschile è lo
spermatozoo
o spermio, una
piccola cellula mobile; quello femminile è l’uovo, cellula spesso di
proporzioni enormi in quanto ricca di materiali di riserva. L’unione dello
spermio con l’uovo si dice fecondazione e l’uovo fecondato è detto
zigote. Dallo zigote, in cui sono riuniti i genomi materno e paterno, si
sviluppa per successive mitosi il nuovo individuo.
Di converso è detta asessuata, in quanto dovuta a un solo
genitore, la riproduzione che si realizza attraverso la mitosi per scissione o
per gemmazione di parti del corpo dalle quali si ricostruisce un individuo
completo, identico al genitore. Questo meccanismo di riproduzione è piuttosto
raro nei Metazoi, anche se nell’Uomo ne conosciamo diversi esempi
rappresentati dai gemelli monovulari.
Nella riproduzione sessuale, i gameti non mantengono la
stessa quantità di DNA né lo stesso numero di cromosomi delle cellule
somatiche dei genitori, altrimenti con la fecondazione si svilupperebbero
nuovi individui con un corredo genetico ogni volta raddoppiato. D’altra
parte, il dimezzamento del patrimonio genetico nei gameti, attuato in vista
della fecondazione, deve essere effettuato in maniera appropriata, ossia
conservando una copia dei geni caratteristici della specie che si riproduce,
in modo da dare zigoti geneticamente equilibrati.
Le cellule somatiche dei pluricellulari sono generalmente
diploidi: i cromosomi, e i geni, sono sempre presenti in duplice copia nei
loro nuclei, dove si riscontrano coppie omologhe corrispondenti per forma,
dimensioni e contenuto genetico, con la peculiare eccezione degli
eterocromosomi o cromosomi sessuali. I gameti, mediante la divisione meiotica,
ereditano un corredo aploide, costituito dalla metà del corredo cromosomico
diploide, ma una metà non casuale, perché di ciascuna coppia di cromosomi
omologhi viene ereditato un solo rappresentante.
Due gameti aploidi che si fondono ricostituiscono quindi
nello zigote un corredo diploide. Pertanto, ciascuna delle coppie di omologhi
presenti nelle cellule di un organismo a riproduzione sessuale, è costituita
da cromosomi dei quali uno è materno, portato dall’uovo, e l’altro è
paterno, portato dallo spermio.
I fenomeni della sessualità, di enorme importanza evolutiva, sono resi possibili dall’esistenza della divisione meiotica, che dimezza ordinatamente il patrimonio genetico dei gameti. Questo però non è il solo risultato della meiosi, in quanto si attua un ampio rimescolamento del patrimonio genetico fra i cromosomi di ciascuna coppia di omologhi: in tal modo, mutazioni presenti su cromosomi diversi possono concentrarsi su uno solo, accumulando ulteriormente il carico mutazionale in un gamete. Questo rimescolamento è noto come crossingover.
Ne deriva che i gameti prodotti dalla meiosi non sono mai
geneticamente identici fra loro e danno luogo a zigoti che presentano un’ampia
variabilità genetica anche rispetto ai genitori. Gli individui nati da
riproduzione sessuale differiscono fra loro in varia misura, e ciò permette
alla selezione naturale di far emergere continuamente quelli più idonei alla
sopravvivenza e che saranno i soli a riprodursi e a trasmettere i caratteri
favorevoli alle nuove generazioni.
Benché i fenomeni di sessualità trovino la massima
espressione nei pluricellulari, essi sono importanti anche nei Protozoi, che
tuttavia non producono gameti, ma si scambiano materiale genetico con processi
molto più rudimentali.
Si può quindi concludere che tutti i gruppi di viventi hanno sperimentato metodiche per sfuggire alla trappola evolutiva costituita dalla invariabilità genetica, conseguenza della mitosi, o dell’equivalente scissione dei Procarioti.
La meiosi è la più efficace di queste metodiche e
risulta molto perfezionata negli animali pluricellulari, svolgendosi con
modalità piuttosto differenti nella linea maschile (spermatogenesi) rispetto
a quella femminile (oogenesi).
La divisione meiotica consta di due successive divisioni nucleari precedute da una sola duplicazione del materiale genetico, cioè da una sola fase S.
Per questo motivo nei gameti
maturi la quantità finale di DNA risulta dimezzata. Infatti, la cellula
diploide progenitrice duplica il proprio DNA e genera due cellule figlie
ciascuna delle quali ne contiene una quantità dimezzata.
Ogni cellula così generata, dividendosi a sua volta senza
ulteriori fasi S, produce due cellule terminali con quantità aploide di DNA.
I gameti hanno quindi la metà del DNA di una cellula diploide presintetica.
È una metà non casuale, perché viene conservato un rappresentante dei
cromosomi di ciascuna coppia di omologhi. Per questo la meiosi risulta
complessa.
Le due divisioni nucleari di una meiosi normale sono indicate come meiosi 1ª e meiosi 2ª. La prima divisione meiotica consiste nella riduzione del numero cromosomico e conduce a un patrimonio aploide a partire da una costituzione diploide, detta divisione riduzionale, mentre la seconda determina la separazione dei cromatidi e rappresenta la divisione equazionale.
Nella maggior parte dei casi le divisioni sono
accompagnate da citochinesi
[1]
,
per cui la meiosi genera quattro cellule aploidi da una singola cellula
diploide.
Sia la prima che la seconda divisione meiotica si possono
suddividere in stadi corrispondenti a quelli tipici della mitosi: profase,
metafase, anafase e telofase. Questi stadi sono però del tutto peculiari.
[1] Citochinesi, che letteralmente significa movimento della cellula, consiste nella divisione del citoplasma. Con essa si realizza la separazione dei due nuclei in cellule figlie distinte, ponendo fine al processo di divisione.