Queste idee vennero controbattute da August Weismann (1834-1914) secondo il quale le modificazioni corporee non vengono trasmesse e, per quanto riguarda l’ereditarietà, il corpo non ha nessuna importanza. Ciò che conta sono le variazioni insorte nelle cellule germinali.
Tanto il concetto di Lamarck, quanto quello di Darwin, dovevano modificarsi più o meno profondamente per opera dei moderni genetisti, specie grazie a De Vries (1848-1935) il quale, con la sua teoria della mutazione, aprì una nuova era nella concezione evoluzionistica. La variabilità si manifesta in due forme differenti: variazione continua, o fluttuante, oppure sotto forma di mutazione. I singoli caratteri, nel trasmettersi alla prole, presentano variazioni più o meno grandi fra loro collegate da una serie ininterrotta di gradi intermedi e quasi indistinguibili: la statura oscilla in più o in meno, ma sempre in modo tale che gli estremi sono fra loro collegati da una serie continua di gradi intermedi. Invece, con la mutazione, ci troviamo di fronte alla brusca comparsa di deviazioni più o meno profonde dal tipo.
De Vries dimostrò la relativa frequenza e soprattutto l’importanza delle mutazioni, che sono il punto di partenza di nuove specie, razze e varietà.