I lustri passano, non senza intoppi di salute, ma il desiderio di Carter d’aggiornarsi è costante.
Una riassestata alla carcassa e via, sulle tracce di un fantasma che fantasma non sarebbe se l’uomo, per coprirne le vergogne, gli gettasse addosso perlomeno un manto pietoso.
Il 16 febbraio 1995 George Carter manda a Plant le ultime notizie:
«Pigafetta parla delle Filippine. Il pollo è
detto monah, e nelle isole vicine moa.
Riguardo la Malesia, egli dà Ayam
per il pollo. Così, i nomi non sono cambiati di una sillaba in 500 anni. In
America non esiste traccia di moa.
«Il mio libro sul pollo in America si è fermato,
in quanto pende dalle labbra di una cosa sola: la datazione delle ossa con C14.
Gli Archeologi americani sono adamantini: NESSUN osso
di pollo in America prima degli Spagnoli! Abbiamo una probabilità per un osso
di aquila, di macao e di pollo, tutti e tre provenienti dalle rovine dello
stesso Pueblo - fase Salado - che
risalgono senz’altro a prima del 1540. Sarò costretto a negoziare con qualcuno una datazione col C14.
«Finalmente sono riuscito a recuperare l’Handbook
of the South American Indians - 3 volumi. I polli vi sono menzionati
diverse volte e si fa notare che NON
VENIVANO MANGIATI,
che era difficile allevarli a causa dei vampiri che li aggredivano, e non c’è
nessuno che sia stato sfiorato dal pensiero di domandarsi: perché li
allevavano? Ovviamente nessun riferimento su che aspetto avessero questi
polli. Io ritengo che i polli dalle uova blu erano distribuiti, e in parte lo
sono ancora, in tutto il Sudamerica e chiaramente fino all’Honduras. Lo
stesso per i polli melanotici.»