La diffusione del pollo dalla Valle dell’Indo verso oriente è stata oggetto di scarsi studi. In verità, anche se è definitivamente assodato che la Cina ebbe una domesticazione separata e antica, anche se è dimostrato che la domesticazione ha avuto inizio in qualche punto del Sudest Asiatico, sarà necessario un riassestamento delle idee qualora si voglia proporre una nuova visione delle vie battute dal pollo per raggiungere i vari angoli del Globo.
Come si è visto, il nome usato per indicare il pollo è simile sia in Cina che nelle Filippine. Invece il vocabolo giapponese è del tutto diverso, probabilmente perché in Giappone i polli hanno avuto differenti origini: forse furono acquisiti dalla Cina via Corea durante il periodo Yayoi (300 aC - 300 dC) - ipotesi basata su reperti ossei dell’isola di Iki - e l’evoluzione delle razze nipponiche è stata completamente differente da quella delle razze europee.
In Giappone esistono per lo meno 11 razze originarie raggruppabili per aree geografiche e si sostiene che esse abbiano avuto origine durante l’era Edo (1600-1860).
Fig. VIII. 35 - Diffusione del pollo domestico in Polinesia nei tempi preistorici: le linee tratteggiate indicano il percorso seguito dalle razze non combattenti, mentre le linee intere mostrano quello delle razze combattenti, o, per l’Isola di Pasqua, il tragitto dei termini usati per il pollo. Da Tonga alle Marchesi l’itinerario è solo ipotetico. (da The Journal of Pacific History, vol. 24, 1989)
Per le isole del Pacifico, si pensa che l’introduzione del pollo avvenne sia dalla Cina che dall’India e i dati a supporto sono basati su evidenze morfologiche e linguistiche. La monografia di Stanley Ball (1933) dedicata al pollo delle isole del Pacifico conclude per un’origine legata a una recente importazione di Gallus domesticus, mentre per i polli selvatici, incontrati per la prima volta a Tahiti dagli Europei, si può correttamente pensare che essi discendano dal Gallus gallus giunto dalla Malesia insieme agli antenati dei Polinesiani (quest'ultima asserzione è da prendere con le dovute cautele).
Nel 1921, quando la South Sea Expedition di Whitney visitò le Isole della Società [1] , gli abitanti di Papeete e distretti limitrofi possedevano polli che, in base alle caratteristiche accuratamente catalogate, non presentavano tratti del sonnerati, del lafayettei e del varius, bensì del gallus e del domesticus. Infatti nessuno presentava un bargiglio singolo né le piume del maschio del sonnerati, in nessuno le piume del petto richiamavano quelle del lafayettei che sono arancio con striscia scura al rachide oltre ad essere appuntite e sfrangiate. Tuttavia, nelle Isole Marchesi [2] esiste un pollo dai tarsi impiumati e questo fa pensare di colpo al Gallus pluma cruris.
Harrison Smith (1989) ha fornito a Plant una serie di dati che si possono così riassumere: nel gruppo delle Figi si trovano sia i Bankivoidi che i Malesioidi, che talora si sono incrociati ma che esistono separati in alcune aree.
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Fig.
VIII.
36 - Petroglifi delle Hawaii
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Tra i petroglifi delle Hawaii non è raro incontrare animali: con maggior frequenza ricorrono uccelli, cani, squali, tartarughe e polli. Gli abitanti delle Hawaii sono stati i Polinesiani più prolifici in fatto di petroglifi, in quanto ogni gruppo famigliare, nonché ogni individuo, aveva il suo speciale ’aumakua - divinità custode ancestrale - per la quale erano previste offerte e rituali. Alcune raffigurazioni di animali potrebbero essere null’altro che il simbolo di spiriti soprannaturali. Simile agli ’aumakua era un’altra classe di spiriti protettori, gli ’unihipili, che spesso consistevano in un animale appartenente ad una classe zoologica, altre volte si trattava invece di un animale specifico. Questi spiriti protettori venivano creati attraverso la deificazione di un membro della famiglia passato a miglior vita e il cui spirito era entrato nell’animale. Il trasferimento dello spirito era demandato a un kahuna, esperto in questa mansione dopo lunga preparazione. A parer mio le rappresentazioni stilizzate hawaiane del pollo richiamano il Gallus gallus o un soggetto che è comunque molto fagianoide.
In Hawaiian Archaeology (volume 5, 1996) è contenuto un lavoro di Gary Somers del National Park Service in Alaska. Il titolo è Two human burials from Kalaupapa, Moloka’i - Due tombe umane di Kalaupapa a Molokai (isola di 671 km² e 6.700 abitanti dell'Oceano Pacifico nell'arcipelago delle Hawaii). Nel 1986 furono scoperte ossa di esseri umani sepolti nella sabbia in posizione flessa, come era pratica prima dell’influenza europea e missionaria. Le tombe erano due e in una venne rinvenuto anche lo scheletro praticamente intero di un uccello di poche settimane di vita, un Gallus gallus, detto anche moa da queste parti. Il reperto di un’associazione uomo-pollo è il fatto inabituale del ritrovamento, ed allora Gary Somers si dedica a una carrellata sull’impiego documentato del moa da parte di queste popolazioni, cercando così di giungere a un’interpretazione corretta del reperto tombale.
Il pollo serviva da cibo per i vivi, era viatico per i defunti, era mezzo di ricreazione attraverso le gallomachie, aveva un impiego medicinale e religioso, rappresentava una fonte di guadagno, era un animale d’affezione nonché un pedaggio per attraversare il fiume Wailuku. Ma nessuna di queste funzioni è in grado, per ora, di spiegare la presenza nella tomba di quel pollo in quanto sepolto con una donna, e le donne soggiacevano al divieto di nutrirsene potendo mangiare solo carne di pesce e di cane. Pertanto, se si volesse interpretare la presenza del pollastrello come viatico, si entrerebbe in contraddizione con le regole tribali. Bisogna comunque sapere che il pollo, oppure il maiale, serviva da lasciapassare per l’anima del defunto, che così veniva resa accetta agli dei ancestrali. Somers ci informa ancora che i polli appartenevano agli animali sacrificali, offerti talora durante una malattia protratta, oppure al tempio per ingraziare i numi tutelari della famiglia. Il pollo, come il maiale, al termine dell’offerta veniva gettato nel fuoco fino ad incenerirsi.
In merito al Pacifico vorrei fare una considerazione personale.
Noi Europei siamo troppo rivolti all’Atlantico, sia perché è il nostro Oceano, sia perché fu lo scenario dell’epopea di Colombo, che di riflesso è anche nostra. Possiamo enumerare stuoli di navigatori che avevano scelto le rotte dell’Est, ma non per questo abbiamo fatto il tifo per le loro scoperte come invece la cultura corrente ci ha indotto a fare per Colombo. Attualmente tutta l’area della Polinesia e della Melanesia la teniamo in considerazione solo in vista di una vacanza da sogno. Nulla sappiamo dell’etnologia delle Isole del Pacifico, ci limitiamo a sorvolarle per atterrare su quella dotata dei migliori comforts, possediamo solo notizie frammentarie sul loro passato grazie a cinema e televisione. Tra poco ci accorgeremo che questa parte del Globo ha vissuto più intensamente di quanto pensiamo. Mi è bastato un breve soggiorno in Australia per aprire nuovi orizzonti che credevo inesistenti. E posso dire grazie al Pollo.
[1] Isole della Società: arcipelago (1.647 km² - 162.000 ab.) dell'Oceano Pacifico, nella Polinesia Francese, formato da due gruppi insulari, le Isole del Vento (Îles du Vent) a SE e le Isole Sottovento (Îles sous le Vent) a NW, così chiamate per la loro posizione rispetto ai venti predominanti, gli alisei. Città principale è Papeete sull’isola di Tahiti, sede del governo della Polinesia Francese.
[2] Isole Marchesi: arcipelago (1.274 km² - 7.400 ab.) dell'Oceano Pacifico, facente parte della Polinesia Francese, di cui costituisce una circoscrizione amministrativa. Furono scoperte nel 1595 dallo spagnolo Mendana.