È il momento di prendere ossigeno a pieni polmoni, mandarne una buona dose al cervello e leggere con calma le tortuosità che ci attendono.
Affrontiamo adesso questo tour de force per non perdere il bandolo della matassa, in quanto il problema linguistico indoeuropeo riaffiorerà in Sudamerica. Non è difficile dimostrare l’influsso linguistico da parte dell’Asia Meridionale sulle parlate dell’Estremo Oriente e dell’Occidente. Vediamo di comporre questo mosaico fin dove è possibile, servendoci dell’indostano.
Indostan è un nome di origine persiana con cui viene designata la regione che si trova a est del fiume Indo, tra la catena dell'Himalaya a nord e la linea Narmada-Chota Nagpur a sud, che la separa dal Deccan, corrispondente quindi alla piana gangetica tra il Punjab e il Rajasthan a ovest, e l'Assam a est. Talora il termine fu esteso a comprendere l'intero subcontinente indiano o fu limitato a quella parte della pianura del Gange in cui si parla l'hindi. In persiano e in hindi l’Indostan è detto Hendustan.
L’hindi è l’insieme dei dialetti neoindiani, i quali possono essere raccolti in un gruppo occidentale - all'incirca dal Punjab a Kanpur - e in un gruppo orientale - da Kanpur alla frontiera col Bihar. Il più importante dialetto del gruppo occidentale è l'indostano; una sua varietà è la hindi propriamente detta, basata sul dialetto nagor apabhramsa e scritta in caratteri devanagarici, il cui lessico è caratterizzato da una riduzione dei termini arabi e persiani a vantaggio di quelli sanscriti: divenuta la lingua ufficiale dell'Unione Indiana a partire dal 1949, presenta una struttura fonetica e morfologica fortemente semplificata rispetto a quella dell'indiano antico.