Vol. 1° -  VIII.5.1.

Le radici verbali indoeuropee

Da Glottologia di Giacomo De Gregorio - 1896

«Le radici primarie possono constare:
1 - di una sola vocale (a, i, u)
2 - della vocale a + una consonante (ad, ap, as)
3 - di una consonante, o di due consonanti, + la vocale a (da, pa, sta, spa, sna).

«Tutte le radici formate diversamente, debbono ritenersi come secondarie.

«Quando siano state istintivamente emesse le radici, cioè in qual punto dell’evoluzione intellettiva dell’uomo, indagano sia Steinthal che lo stesso Ramorino, venendo alla conclusione che il linguaggio, come elemento necessario all’intelletto, è prodotto istintivamente in quel punto della vita dell’anima in cui essa passa dalla percezione all’idea, in cui, perciò, forma le idee generali; sicché vedono nel linguaggio come un anello di congiunzione tra la vita sensitiva e la intellettiva.

«Così tra le parole e la loro significazione non vi è altro rapporto che quello di una estrinseca associazione, né può affatto reggersi la idea che il linguaggio origini per la imitazione dei rumori fatti dalle cose (onomatopeia). Tra i suoni jâ, ma, sad, da e le idee denotate da essi, andare, misurare, sedere, dare, non passa assolutamente altro rapporto al di fuori di una estrinseca associazione. Dobbiamo anzi credere che per esprimere tali idee non si fossero emesse primitivamente queste radici, ma molte altre, e che finalmente quelle soltanto ebbero la preferenza.

«L’antico egiziano era ricchissimo di omonimi. Le prime parole che seguono il periodo geroglifico ci si mostrano come il risultato di una continua e lunga selezione. Così, migliaia di forme dovettero essere spazzate via nella lotta per l’esistenza.

«Tutte le questioni che si aggirano sulle radici, e in genere sulle primitive epoche del linguaggio, saranno sempre per noi tenebrose. Per esempio, ammesse le radici come basi degli svariati sviluppi ariani, come spiegare le diversità molteplici sorte da una primitiva unità? Dapprima si ricorreva alle ragioni geografiche, poi, vistane l’insufficienza, si assunsero come forze alteratrici le ragioni etniche, e la ragione dell’influenza delle lingue preesistenti sopra le lingue sovrapposte. Tali spiegazioni possono però applicarsi ai periodi storici, mentre, per periodi antichissimi, la teoria delle spinte individuali resta la più indovinata. Nei periodi storici noi possiamo constatare le influenze che le lingue antiche preesistenti hanno esercitato sopra moderne lingue, che si sostituiscono ad esse, come le reazioni che la favella celtica, e in genere le lingue prelatine in Europa, dovettero esercitare nella romana.

«La dottrina delle spinte individuali, la quale si risolve nell’affermazione che la storia delle parole dipende, per la massima parte, da tendenze orali proprie, o da pronunzia difettosa di singole persone, probabilmente di capi tribù o di veri patriarchi che avrebbero causato degli sconvolgimenti nelle tradizioni glottiche di tutto un popolo, non è da ripudiare alla cieca, oggi, che d’ogni umana cosa si sono rintracciate e ritrovate le origini nei più umili princìpi. Inoltre, come ben osserva Renan, non si può comprendere l’organizzazione del linguaggio senza l’azione di alcuni uomini eletti, esercitanti, pel privilegio di doti intellettive straordinarie, una specie di autorità sopra tutti gli altri uomini della tribù, e capaci di imporre agli altri ciò che credessero di meglio. L’aristocrazia dei saggi è una delle leggi dell’umanità nascente.»

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