I siti archeologici dell'antico Egitto sono concentrati lungo il corso del Nilo tra il delta e il lago Nasser, formatosi in tempi recenti in seguito alla costruzione della diga di Assuan (1960-1968). Su un'altura lungo le sponde meridionali di questo bacino si trovano i templi di Abu Simbel, spostati dalla loro collocazione originaria e ricostruiti in questo sito per evitare che venissero sommersi dalle acque del lago artificiale.
Nel 1913 Peters era dell’avviso che né l’antico Egitto né l’Egitto dei Tolomei [1] ebbero la fortuna di conoscere il pollo. Coltherd, nel 1965, raccoglieva in un esauriente articolo tutto ciò che nel frattempo l’archeologia era andata lentamente raggranellando, offrendo un panorama meno lacunoso di quello di Peters.
Senz’altro lungo la valle del Nilo i polli si stanziarono definitivamente sotto l’influenza greca e persiana. La loro presenza in Egitto e a Creta molti secoli prima di quest’influsso, fu solo espressione di un commercio di creature esotiche e non di un allevamento locale. Lowe fissò la sua attenzione su un sigillo in steatite di Creta, datato 1500 aC, in cui è chiaramente rappresentato un gallo domestico.
Creta - il cui centro attualmente più popoloso è Iráklion, che i Veneziani nel XIII sec. italianizzarono dall'arabo in Candia - è un’isola dalla felice posizione geografica: infatti sbarrando a sud il Mare Egeo, era tappa obbligata delle principali rotte commerciali mediterranee. Ciò favorì senza dubbio le sue relazioni con aree culturalmente più progredite, contribuendo fin da età antichissima al sorgere di una raffinata civiltà che, nella sua fase finale, molto influì anche sull'affinamento culturale dei suoi conquistatori provenienti dal continente greco. Nel 3° millennio aC, come ha chiarito la moderna ricerca archeologica, Creta era già un'importante potenza marittima, interessata ai mercati egiziani ed egeo-anatolici attraverso una fitta rete di traffici commerciali.
In Egitto è stata rinvenuta un’evidente e sicura raffigurazione di pollo in un graffito eseguito su blocchi di pietra di un tempio a Medamoud - presso Tebe, 1840 aC - i quali recano il nome di Sesostri III (1878-1840 aC), della XII dinastia. Ciò è reso oltretutto plausibile dal fatto che intorno al 1850 aC l’Egitto era collegato alla Mesopotamia e all’India da importanti scambi di import-export.
Fig. VIII.
3 - Dagli Annali Reali del Grande tempio di Karnak:
4 uccelli di questa terra; essi ... ogni giorno.
(da The domestic fowl in ancient Egypt – J.B. Coltherd, Ibis
108, 1966)
A questo documento di Medamoud segue un periodo di silenzio, fino all’emergere del genio militare di Tutmosi III (1490-1436 aC) della XVIII dinastia, che allargò i confini dell’Egitto sino all’Eufrate e giù fino alla quarta cateratta del Nilo (deserto di Nubia in Sudan – lat 18° 49’ N - long 32° 10’ E).
La spiegazione di un così lungo silenzio può essere facilmente ricondotta all’invasione dell’Egitto da parte degli Hyksos [2] con interruzione dei normali scambi commerciali. Tutmosi III riceveva un’infinita quantità di tributi da tutti i Paesi sottomessi nonché da alcuni Paesi al di fuori della sua portata, come Assiria e Babilonia.
Negli Annali Reali incisi sulla pietra delle mura del Grande Tempio di Karnak, nella sezione che racconta il passaggio dell'Eufrate da parte delle truppe egiziane, sta scritta una frase, incompleta e ricostruita dagli specialisti, che dice: “quattro uccelli di questa terra; essi [depongono] ogni giorno.”
Sfortunatamente manca il resto della frase, dalla quale sarebbe possibile sapere quale fosse la patria d’origine degli uccelli. Ma gli studiosi sono dell’avviso che si trovasse fra Siria e Babilonia: Arapha (Kirkuk) a est del Tigri.
E non lontano da Arapha sono stati rinvenuti sigilli provenienti da Mohenjo-Daro e da Harappa, e di converso oggetti sumerici sono stati trovati nella Valle dell’Indo. Tutto ciò depone per i già citati scambi commerciali che si svolgevano preferibilmente via mare - ma anche via terra seppure più pericolosi - fra Valle dell’Indo e Mesopotamia, dai quali hanno tratto profitto un po’ tutti i popoli occidentali.
Fig. VIII.
4 - Raffigurazione del pollo nell’antico Egitto
Sx: Testa di gallo domestico della tomba di Rekhmara a Tebe (1450 aC)
Dx: Gallo domestico dipinto su òstrakon
della tomba di Tutankamen (1338 aC)
Di maggiore importanza sono tre documenti pittorici, tutti sicuramente datati e raffiguranti un pollo senza dubbio alcuno: la testa di un gallo domestico in un murale della tomba di Rekhmara - Tebe, 1450 aC - ministro di Tutmosi III. Il murale, rapidamente deterioratosi, raffigurava una processione di 50 persone appartenenti a razze diverse che recavano al Faraone un tributo costituito da scimmie, leoni, leopardi, giraffe e antilopi, e tra tutti questi animali si trovava l’immagine dorata della testa di un gallo. Secondo Crawford la sua cresta è del tipo a pisello in un soggetto eterozigote e i tratti della faccia sono molto simili a quelli degli attuali ceppi Asiatici.
Crawford afferma giustamente che, se questa sua interpretazione è corretta, allora la mutazione cresta a pisello deve essere parecchio antica, e che le caratteristiche degli Asiatici debbono essersi sviluppate ben presto, molto presto, appena dopo l’addomesticamento del Gallo della giungla. Ecco le sue precise parole:
«If this interpretation is correct, then the pea comb mutation must be a very ancient one, and Asiatic breed characteristics must have developed soon after domestication of junglefowl.» (Poultry Breeding and Genetics, pag. 12)
A mio parere questo punto di vista di Crawford non fa altro che rincuorare coloro che stanno bivaccando in parete, in attesa che si verifichi il tanto sospirato disgelo del mondo scientifico il quale, un giorno o l’altro, si deciderà ad ammettere l’origine polifiletica delle nostre razze domestiche.
L’ostrakon della tomba di Tutankamen (1338 aC)
L’altro dipinto è anch’esso un gallo domestico su òstrakon [3] proveniente dalla tomba di Tutankamen, e forse contemporaneo al funerale del Faraone avvenuto nel 1338 aC, molto somigliante al Gallus gallus; il terzo reperto consiste in una coppa d’argento del regno di Seti II (1200-1194 aC) con incisa la figura di un gallo domestico del tutto simile a quello dell’ostrakon.
Particolare
della coppa d’argento del regno di Seti II (1200-1194 aC)
rinvenuta a Tell Basta - circa 80 km a NE del Cairo
Gli esperti sono dell’avviso che la scena è ambientata ai margini del deserto: il gallo – con le caratteristiche fenotipiche del Gallus gallus – sta in piedi presso una palma ed è in compagnia di due suoi pulciotti che si trovano alle sue spalle, ma uno solo è visibile nella foto.
I cinque secoli che separano la morte di Seti II dalla XXVI dinastia dei Saiti [4] - iniziata nel 663 aC - furono gravati da un declino politico e commerciale e, per la mancanza di tracce di pollo in questo lasso di tempo, si può supporre che l’allevamento non si svolse in modo regolare. Tutti i reperti archeologici che abbiamo appena citato possono attualmente essere interpretati come dovuti a scambi di prodotti commerciali esotici.
Non v’è dubbio che polli del Sudest Asiatico e del Subcontinente Indiano, sia domestici che selvatici, facessero parte integrante degli scambi commerciali con l’area mediterranea. Quando l’Egitto conobbe il declino politico e la recessione economica, per l’arco di cinque secoli non lasciò tracce di polli, che solo nel 600 aC riapparvero negli scritti e nei dipinti giunti sino a noi.
Quando verso la fine del 1200 aC gli Ebrei guidati da Mosè lasciarono l’Egitto per la Terra Promessa, gli Egizi avevano polli addomesticati, in parte rappresentati da combattenti, mentre i figli d’Israele durante la peregrinazione nel deserto e anche più tardi non li possedevano, come non possedevano api.
È interessante approfondire un brano della storia egizia ed ebraica.
Il primo re egiziano che la Bibbia chiama col suo nome è Sheshonq I della XXII dinastia - seconda metà del X secolo aC - quando: “Nel quinto anno del regno di Roboamo [intorno al 925 aC], Shishaq [= Sesac = Sheshonq I], re d’Egitto, salì a Gerusalemme, prese i tesori della casa di Jahvè e i tesori del palazzo del re: prese tutto. Prese tutti gli scudi d’oro che Salomone aveva fatti.” (I Re, 14: 25-26)
Fu una vittoria molto lucrativa, tant’è che per quasi due secoli l’Egitto visse col bottino della Palestina. A partire dal secolo VIII aC, di fronte alla minaccia ogni giorno crescente dei re d’Assiria e di Babilonia, i re di Giuda e d’Israele si rivolgono all’Egitto e pongono la loro fiducia nei Faraoni. Ma anche la stabilità politica ed economica dell’Egitto vacilla e non è possibile ai Faraoni offrire sufficiente protezione ai popoli simpatizzanti. Intervengono Shabaka e Taharqa a fondare, intorno al 700 aC, la XXV dinastia (secondo altri studiosi fondata da Piankhi) e a risollevare temporaneamente le sorti della nazione. Si pensa che fu Taharqa a favorire l’avicoltura, che si trasformò in fonte di reddito nazionale. A questo periodo risalgono i famosi megaincubatoi.
Coltherd è più dell’avviso che i primi veri tentativi di un allevamento intensivo del pollo nella Valle del Nilo vadano datati ai tempi dei Saiti (quando Sais, situata sul ramo di Rosetta del Delta del Nilo, fu capitale del regno dal 663 al 525 aC durante la XXVI dinastia, detta appunto saita o saitica) o, più probabilmente, che vadano datati ai tempi dei Tolomei. Gli stretti legami tra Grecia ed Egitto durante la XXVI dinastia (663-525) rendono in parte ragione della frequenza del gallo nell’arte del delta del Nilo.
Un piccolo sigillo in diaspro del VII secolo aC proveniente da Tharros, nel golfo di Oristano, porta incise due figure di uomini in abbigliamento egiziano, con una pianta di loto e un gallo; il gallo fu il soggetto favorito dagli artisti in terrecotte sia Greci che Fenici operanti nella zona del Delta intorno al 500 aC.
Raffigurazione
di gallo domestico su papiro del periodo Tolemaico
databile intorno al III
secolo aC.
Le caratteristiche fenotipiche di questo gallo rispecchiano ancora quelle del Gallus gallus dei reperti di un millennio prima, per cui si può presumere che nel III sec. aC in Egitto non fosse ancora presente qualche strano e accattivante fenotipo, come il collo nudo, capace di attrarre l’attenzione e l’estro dei disegnatori. Salvo che qualche nuovo reperto archeologico smentisca presto o tardi questa ipotesi.
[1] Tolomei è l’altro nome con cui è nota la dinastia dei Lagidi, dal nome Tolomeo che portarono i suoi esponenti, i quali regnarono sull'Egitto dal IV al I secolo aC. Fondatore della dinastia fu Tolomeo I Sotere (367-283 aC), figlio di Lago (nobile macedone vissuto nella prima metà del sec. IV aC), diventato satrapo d'Egitto (cioè governatore delle circoscrizioni amministrativo-militari) dall'estate del 323 e che nel 304 si proclamò re. Tolomeo era coetaneo e amico di Alessandro Magno e partecipò alle sue campagne. La dinastia ebbe termine nel 31 aC con la morte di Cleopatra VII Filopatore, ultima regina d'Egitto, figlia di Tolomeo XII Aulete. Caratteristica del governo dei Tolomei fu la conservazione delle strutture politiche, sociali, religiose ed economiche che avevano garantito all'Egitto faraonico la sua stabilità. Di Alessandria, polis greca in uno Stato praticamente di tipo orientale, essi fecero una delle capitali intellettuali del mondo ellenico. La politica estera dei Lagidi fu caratterizzata dai continui conflitti con la Siria per il possesso della Palestina e dalle ripetute interferenze in Grecia con funzione antimacedone. Con Roma essi stabilirono rapporti amichevoli fin dal III secolo.
[2] Hyksos: da hkjkzswt, prìncipi di paesi stranieri, contro la falsa etimologia fornita da Manetone hyk-sôs = Re pastori. Secondo il racconto di Manetone, nel secondo periodo intermedio tra il XVII e il XVI secolo aC, dopo due dinastie indigene deboli (la XIII e la XIV) una stirpe di re pastori invase l'Egitto stabilendo la capitale in Avaris. La realtà storica è forse alquanto diversa, come si può dedurre dagli scarsi testi rimasti e dalle testimonianze archeologiche. Si trattò, più che di una vera invasione, di una lenta penetrazione di popolazioni nomadi asiatiche (affini a quelle che contemporaneamente abitavano la Siria-Palestina, cioè gli Amorrei) iniziatasi alla fine del Medio Regno e più tardi organizzatasi in Stato con sovrani che assunsero protocollo regale sul modello di quello faraonico. Si formarono così quelle che Manetone chiama dinastie XV e XVI o, con termine moderno, i Grandi Hyksos e i Piccoli Hyksos (questi ultimi regnanti, forse parallelamente ai primi, su piccole porzioni di territorio). Non è facile precisare fin dove si sia estesa la loro influenza, ma a un certo momento arrivarono fino a Gebelein, a sud di Tebe. Durante la XVII dinastia ebbe inizio la riscossa nazionale promossa dai sovrani tebani, con la presa di Avaris e l'inseguimento degli Hyksos fino a Sharuhen grazie ad Ahmose successore di Kamose e fondatore della XVIII dinastia. Agli Hyksos si attribuisce l'introduzione in Egitto dei cavalli e dei carri da guerra.
[3] Óstrakon in greco significa conchiglia, passato poi a significare anche cocci di stoviglie in terracotta. Dato il costo elevato dei materiali di cancelleria, i cocci erano usati per scrivere, per dipingere, per incidervi immagini. Famose le votazioni ad Atene che si servivano di ostrakon. Reperti archeologici hanno dimostrato che in Egitto questa forma di comunicazione era più diffusa che altrove, servendo per appunti, contratti e persino per composizioni letterarie.
[4] Nel 663 aC un principe di Sais, Psammetico, approfittando delle divisioni interne degli Assiri e forte dell'aiuto del re di Lidia Gige, che gli inviò mercenari greci e carii, riuscì a ristabilire l'unità interna dell'Egitto fondando la XXVI dinastia, l'ultimo periodo di fioritura dell'Egitto, in cui un cosciente ritorno alle tradizioni riportò nella letteratura e nell'arte i modi e il linguaggio dell'Antico e Medio Regno, vagheggiati come favolosa età dell'oro. I Greci penetrarono in Egitto come mercenari e mercanti, ampliandone gli orizzonti culturali.