Vol. 1° -  VIII. - Lettura 1

I megaincubatoi dell’Egitto

Diodoro Siculo [1] e altri scrittori dell’antichità ci riferiscono che da tempo gli Egiziani avevano l’abitudine di far schiudere le uova in forni, ma nessuno era a conoscenza dei particolari di tale procedimento; la sola cosa nota era l’uso di sterco di dromedario per ottenere il calore necessario alla schiusa.

Aristotele sapeva che in Egitto le uova venivano fatte schiudere nel letame; Plinio era a conoscenza di quest’attività degli Egiziani, anche se non dà indicazioni circa le località dove le uova venivano fatte schiudere sulla paglia al tepore di un fuoco moderato, e riporta anch’egli la notizia di Aristotele circa l’impiego del letame (X,153):

Quaedam autem et citra incubitum sponte naturae gignunt, ut in Aegypti fimetis.
Alcune uova invece si schiudono naturalmente e spontaneamente senza incubazione, come nei letamai dell’Egitto.

Anche i Cinesi, nei secoli passati, si servirono di incubatoi [2] che però potevano accogliere poche uova rispetto a quelli egiziani, in quanto la capienza si aggirava sulle 600 unità e nel 246 aC misero a punto un’incubatrice in argilla composta da due parti: un cilindro e un cono. Il cilindro, fatto con mattoni di fango, doveva accogliere carbone di legna disposto alla base, mentre alla sua sommità veniva incastrato il cono, con la punta rivolta in basso, riempito in parte di cenere e per il resto di uova contenute in un cesto di paglia con il coperchio dello stesso materiale.

Dobbiamo a Réaumur la descrizione accurata degli incubatoi come erano ancora impiegati dagli Egiziani intorno al 1750.

Fig. VIII. 5
Il trattato di Réaumur sull’incubazione artificiale -
1751 

René-Antoine Ferchault de Réaumur nacque a La Rochelle nel 1683. Stabilitosi nel 1703 a Parigi, si fece presto notare per le sue non comuni capacità: a soli 25 anni già era membro dell'Accademia delle Scienze. Nel 1710 ebbe l'incarico di redigere la descrizione ufficiale dei mestieri e delle arti in Francia. Nel 1730 ideò il termometro ad alcol con graduazione diretta secondo una scala divisa in 80 parti, perfezionato solo nel 1734. I suoi interessi spaziarono in moltissimi altri campi della scienza. Divenne un naturalista assai noto, dedito allo studio di vari tipi di animali, tra i quali molluschi, uccelli, pesci e insetti. Si spense a La Bermondière (Maine) nel 1757.

Nella seconda edizione del trattato Art de faire éclorre et d’élever en toute saison des oiseaux domestiques (1751), Réaumur espone in uno stile piano e piacevole tutto ciò che allora si sapeva sui megaincubatoi dell’Egitto. I dati che aveva potuto raccogliere erano discordanti circa i numeri, probabilmente perché coloro che avevano visitato l’Egitto avevano avuto modo di osservare incubatoi di differente capienza. Premesso che queste strutture erano denominate mamal dagli Egiziani, Réaumur riferisce che gli addetti costituivano quasi una casta e che provenivano tutti quanti da un solo villaggio e dintorni: Bermé nel Delta a venti leghe dal Cairo, cioè a circa 80 km da questa città (presumendo che Réaumur usasse come unità di misura la lega di posta francese).

Quindi, nel 1751, Réaumur riferisce il toponimo Bermé nel Delta del Nilo a venti leghe dal Cairo, ma la sua localizzazione geografica a nord del Cairo - dove ha inizio il Delta - risulta impossibile nonostante le mie affannose ricerche, che l'8 settembre 2006 non hanno risparmiato neppure l'Accademia d'Egitto in Roma, la quale purtroppo si è dichiarata geograficamente sconfitta.

In Description de l'Égypte tome onziÈme (Imprimerie Panckoucke, Paris, 1822) nella sezione Mémoire sur l'art de faire Éclore les poulets en Égypte par le moyen des fours, l'ingegnere Rozière e il farmacista Rouyer ci offrono la possibilità di localizzare Bermé. Infatti a pagina 407 essi non riportano Bermé, bensì un suo assai probabile equivalente, cioè, Behermes nel Delta - village de Behermes dans le Delta. Nella relativa nota a piè pagina specificano che ai loro tempi (1822) il villaggio già non si chiamava più Behermes, bensì Berenbâl, situato nei pressi di Foueh. Però Rozière & Rouyer non specificano la distanza fra Il Cairo e Behermes/Berenbâl, a differenza di quanto riferito da Réaumur per Bermé: 20 leghe.

I toponimi Behermes/Berenbâl riferiti da Rozière & Rouyer dovrebbero corrispondere a Bermé, in quanto nel 1822 i Beherméens erano ancora molto rinomati circa la gestione dei forni usati per far nascere i pulcini, e a questo proposito i Beherméens venivano interpellati da parecchie province (Les Beherméens sont encore aujourd'hui très-renommés pour la conduite des fours à poulets; on les appelle, pour ce travail, de plusieurs provinces.).

Ma sia Berenbâl che Foueh risultano irreperibili. Con il suo tipico fiuto di cane da tartufi, il 13 gennaio 2011 Elly Vogelaar si mette alla caccia di Berenbâl e Foueh: grazie al web può puntare naso e zampa su una mappa piuttosto antica dell'Egitto e riesce a localizzare nel Delta due toponimi equivalenti: Berimbal = Berenbâl (cioè Bermé/Behermes) e Faoua (cioè Foueh).

Il mio naso e la mia zampa non sono abili come quelli di Elly Vogelaar, anche se credo di aver localizzato Foueh/Faoua nell'attuale Fuwah, o Fuwa, latitudine nord 31° 20', che in linea d'aria dista 145 km dal Cairo. Credo che Fuwa/Fuwah sia la Foueh che cercavamo, anche se dista dal Cairo 65 km in più rispetto alla distanza aleatoria fornita da Réaumur in leghe, che peraltro non ha specificato se la sua lega vale 3,898 km (lega di posta francese) oppure 6,199 km (lega portoghese). Nonostante ciò, ritengo che la mia Fuwah/Fuwa possa corrispondere a Foueh di Rozière & Rouyer, poco più a nord della quale si trova Bermé/Behermes/Berenbâl/Berimbal.

   

Then, in 1751, Réaumur reports the toponym Bermé in the Delta of Nile at twenty leagues from Cairo, but its geographical location at north of Cairo - where the Delta starts – turns out impossible in spite of my frantic searches, which on September 8th 2006 didn't spare neither the Academy of Egypt in Rome, which unfortunately declared itself geographically defeated.

In Description de l'Égypte tome onziÈme (Imprimerie Panckoucke, Paris, 1822) in the section Mémoire sur l'art de faire Éclore les poulets en Égypte par le moyen des fours, the engineer Rozière and the pharmacist Rouyer offer us the possibility of locating Bermé. In fact at page 407 they don't report Bermé, but an its very probable equivalent, that is, Behermes in the Delta - village de Behermes dans le Delta. In the concerning footnote they specify that already at their times (1822) the village was not called Behermes anymore, but Berenbâl, located near Foueh. However Rozière & Rouyers don't specify the distance between Cairo and Behermes/Berenbâl, unlike it was reported by Réaumur for Bermé: 20 leagues.

The toponyms Behermes/Berenbâl reported by Rozière & Rouyer should correspond to Bermé, since in 1822 the Beherméens were still very famous about the management of the ovens used for hatching the chicks, and with this purpose the Beherméens were consulted by quite a lot of provinces (Les Beherméens sont encore aujourd'hui très-renommés pour la conduite des fours à poulets; on les appelle, pour ce travail, de plusieurs provinces.).

But both Berenbâl and Foueh are untraceable. With her typical olfactory sense of a truffle-dog, on January 13 2011 Elly Vogelaar starts to hunt for Berenbâl and Foueh: thanks to the web she can point nose and paw at a rather ancient map of Egypt and she succeeds in locating in the Delta two equivalent toponyms: Berimbal = Berenbâl (that is Bermé/Behermes) and Faoua (that is Foueh).

My nose and my paw are not skilled as those of Elly Vogelaar, even if I believe to have located Foueh/Faoua in the present Fuwah, or Fuwa, latitude north 31° 20', which, as the crow flies,  is 145 km far from Cairo. I believe that Fuwa/Fuwah is the Foueh we were looking for, even if it is far from Cairo 65 km more in comparison to the aleatory distance provided by Réaumur in leagues, who however didn't specify if its league corresponds to 3.898 km (French mail league) or 6.199 km (Portuguese league). Despite this, I believe that my Fuwah/Fuwa can correspond to Foueh of Rozière & Rouyer, a little northward of which Bermé/Behermes/Berenbâl/Berimbal is located.

Atto finale
Bermé è stata localizzata nel 2012
sempre grazie a Elly Vogelaar

Birma - a nordovest di Tanta - può leggersi Berma o Bermé

Nella primavera del 2012 Elly Vogelaar è entrata in contatto con Olaf Thieme (PhD - Food and Agricultural Organization of the United Nations (FAO)) il quale, da esperto egittologo, ci fa sapere che per motivi linguistici la grafia delle località può essere diversa a seconda delle fonti. Bermé di Réaumur oggi può essere scritta Berma oppure Birma, e si trova nella provincia egiziana di Gharbiya o di Al-Gharbbiya a nordovest di Tanta, capoluogo del Governatorato di Gharbiyya. Che bella la varietà della toponomastica egiziana!!! Ecco perché non riuscivamo a localizzare Bermé. Ed ecco il prezioso testo di Olaf Thieme.

«“Our” Berma is in the Al-Gharbbiya province Northwest of Tanta and from all what people were telling us it must be the same place as the village of Bermé, mentioned by Réaumur. The problem with Arabic names is that the transcription sometimes changes and which makes recognition of places for non Arabic readers difficult. On Google Maps it is shown as Birma and as you can see, again another spelling of the name. The approximate location is 30°50’45.55” North and 30°54’35.50” East”.»

Le maestranze apprendevano un'arte tramandata di padre in figlio e per nessuna ragione agli stranieri era concesso conoscere quanto veniva gelosamente trasmesso, mentre essi potevano visitare i forni che assommavano a 386, dislocati in tutto il Paese. Un solo uomo bastava al funzionamento di un incubatoio, che era attivo per sei mesi di seguito, per un totale di otto schiuse se venivano incubate uova di gallina. Si trattava di una struttura in mattoni cotti al calore, formata da un corridoio centrale fornito di sfiatatoi, il quale dava accesso sui due lati a un numero di scomparti a due piani - in media 5 per lato - in ognuno dei quali stavano adagiate 4.500 uova al piano terra. Sia la camera superiore che inferiore comunicavano con il corridoio attraverso un’apertura che permetteva l’accesso a un uomo.

Fig. VIII. 6 - Dal trattato sull’incubazione artificiale di Réaumur
Un megaincubatoio egiziano in sezione longitudinale e trasversale

La camera inferiore custodiva le uova disposte su stuoie o su stoppa, e comunicava con quella superiore attraverso un’apertura centrale, di dimensioni tali da permettere al calore, proveniente dall’alto, di raggiungere le uova in incubazione. Nella camera superiore, in una canaletta disposta alla periferia del rettangolo, veniva bruciato sterco bovino oppure di dromedario, previamente essiccato e miscelato con paglia e quindi ridotto in formelle. Si usava questo combustibile al fine di ottenere un fuoco non troppo vivace, che veniva acceso due volte al giorno, un’ora mattino e sera, e solo per i primi 8-10 giorni d’incubazione. A impedire la fuga di calore provvedevano tamponi in stoppa applicati a una metà del foro di sfiato della camera superiore, cosicché il fumo fosse costretto a passare attraverso il corridoio. Quotidianamente le uova venivano rigirate, trasferite in altri punti se giacevano in angoli non troppo caldi e in parte trasferite nella camera superiore quando il fuoco non veniva più acceso.

Réaumur adotta, per i suoi calcoli, il valore medio dei dati riferiti da Sicard, che corrisponde a 45.000 uova per covata e per struttura. L’addetto aveva il compito di assicurare una schiusa pari a due terzi delle uova incubate per cui, al termine di ogni mandata, doveva garantire 30.000 pulcini. Il resto dei conti è presto fatto:

incubatoi in Egitto: 386

Pulcini di gallina nati in ogni incubatoio: 30.000

pulcini nati ogni 21 giorni: 11.580.000

pulcini nati in 6 mesi (8 schiuse): 92.640.000

Le enciclopedie, talora, sono davvero una congerie di notizie senza ordine.

Come vedremo tra poco, la Gedea Multimediale della De Agostini si pregia di riferire che oggi in Egitto il patrimonio dei volatili da cortile assomma a 35 milioni di capi, mentre per l’Italia non ne parla assolutamente, limitandosi a dire che il nostro

“è un allevamento che opera prevalentemente in funzione della produzione del latte per il consumo urbano e per l'industria casearia; altrove il settore zootecnico è in genere male organizzato. Il patrimonio di bovini è di ca. 8 milioni di capi, inferiore sia a quello ovino e caprino (12 milioni), sia a quello suino (8,5 milioni), il quale ultimo alimenta in alcune aree qualificati salumifici; sono altresì numerosi gli allevamenti razionali di volatili da cortile.”

Siamo pertanto costretti ad attingere dati dalla Rivista di Avicoltura (n 3, 1996): grazie ad Achille Franchini ci è dato sapere che nel 1994 le uova prodotte in Italia furono circa 12 miliardi, mentre la carne di pollo raggiunse le 653.500 tonnellate.

L’addetto ai forni era talmente esperto che non aveva bisogno di termometro, peraltro inesistente. Pare si servisse del termotatto, appoggiando l’uovo alla guancia; un altro metodo, in uso anche presso i Cinesi, consisteva nell’appoggiare l’uovo a una palpebra. In base alla metodica impiegata, al numero di uova incubate e alla resa finale, possiamo trarre alcune considerazioni. Essendo i forni dotati di idonee aperture, per la schiusa l’accurato controllo della temperatura non è un fattore così importante quanto invece lo è la ventilazione, almeno per le uova di gallina. Inoltre, gli Egiziani dovevano possedere razze selezionate per l’ovodeposizione e non per la cova, caratteristiche che corrispondono a quelle delle attuali razze mediterranee.

La metodica egiziana, con alcune varianti, venne tentata da Réaumur, che cercò di diffondere quest’arte in alcune parti d’Europa, ottenendo solo parziali successi. Un tentativo molto serio di introdurre in Inghilterra un incubatoio risale al 1850, quando a Londra, in Hyde Park, si tenne la First Great Exhibition; l’inventore era un francese di nome Cantello (oppure William James Cantelo, che scriveva in inglese, i cui dati biografici sono irreperibili, autore di A Practical Exposition of the Cantelonian System: Of Hatching Eggs, and Rearing Poultry, Game, Etc., by Hydro-Incubation, or Top Contact Heat (1848)), ma anch’egli in parte fallì su una strada allora battuta da pionieri, in quanto l’apparato da lui proposto era antieconomico. Né Tegetmeier né Wright si schierarono dalla parte della tecnologia che stava muovendo i primi passi, ignari di quanto sarebbe successo da lì a poco.

Nella regione del Delta, secondo quanto riferisce Brown, questi incubatoi erano ancora attivi all’inizio del 1900. Per la mostra allestita in occasione del Congresso Mondiale di Avicoltura - tenutosi nel 1927 ad Ottawa - il Governo Egiziano ne approntò un modello di notevoli dimensioni.

L’agricoltura e l’allevamento dell’Egitto contemporaneo

Nonostante i continui progressi, il settore primario non permette di soddisfare neppure la metà del fabbisogno alimentare rivelando ancora una forte arretratezza e precarietà. La maggior parte dei terreni coltivati è irrigata in corrispondenza del Delta e della valle del Nilo, e proprio la necessità dell’irrigazione, largamente imposta dalle condizioni climatiche, insieme alla crescita urbana, limita l'ulteriore espansione dell’attività agricola. Solo 400.000 ettari sono ancora soggetti all'inondazione periodica del Nilo, mentre un’estensione ben superiore hanno le terre irrigate in permanenza grazie ai grandi sbarramenti di Aswân, Isna, Nag Hammâdi.

L'irrigazione permanente e controllata consente di praticare in rotazione sino a tre colture annue, ma presenta il risvolto negativo di non poter più contare sul fertile limo nilotico e di richiedere elevati quantitativi di fertilizzanti chimici. Le colture invernali comprendono soprattutto frumento, cipolle e legumi, le estive riguardano in prevalenza cotone, canna da zucchero, riso e piante oleaginose, le autunnali sono praticamente rappresentate da mais e da altri cereali a breve ciclo vegetativo come il miglio, che è proprio dell'Alto Egitto. La coltura di gran lunga più importante e che interessa 360.000 ettari è quella del cotone, che fornisce la prestigiosa qualità a fibra lunga. Tra i cereali prevale il mais (41 milioni di q) seguito dal frumento (19 milioni di q) e dal riso (28 milioni di q) coltivato soprattutto nel Delta. L'allevamento è complessivamente poco sviluppato, se si eccettuano i volatili da cortile: 35 milioni di capi.

Alle 4 del mattino del 30 aprile 1996 un tassista egiziano mi conduceva all’aeroporto londinese di Heathrow dove avrei accolto Bill Plant in arrivo dall’Australia. L’Egitto e i suoi megaincubatoi resero vivace e interessante il nostro colloquio, che altrimenti sarebbe stato di convenienza, in quanto ci si risolve a biascicare le solite frasi sul clima e sulle donne delle rispettive terre d’origine. Il tassista mi disse che il governatorato di Minufiya nel Delta rappresenta la regione dove viene prodotto il 70% del pollame egiziano, e che il motivo di quest’attività è legato alle colture, indispensabili per nutrire gli animali. Il governatorato di Minufiya si estende per 1.532 km² nel settore meridionale del Delta del Nilo, tra i rami di Rosetta e di Damietta, possiede 2.227.000 abitanti e il suo capoluogo è Shibîn el Kôm. I centri principali, oltre al capoluogo, sono Minûf, Ashmûn e Tala.

 sommario 

 avanti 



[1] Diodoro Siculo nacque in Sicilia ad Agirio - oggi Agira (EN) - intorno all’80 aC e morì nel 20 aC.

[2] Le notizie sugli incubatoi cinesi sono dovute a Rore Lazzaro Secondo e al Notiziario della LIA - Lega Interregionale Avicoltori Piemonte e Valle d’Aosta - la cui redazione è affidata al padre, Mario.