Teodoro Pascal riferisce che secondo Mariot-Didieux i nostri polli potrebbero originare delle antiche foreste celtiche, tanto più che quelle località, cui i Romani imposero il nome di Gallia [1] , abbondavano di polli.
Non è da porre in dubbio che gli antichi Galli emersero nell’arte della pollicoltura, ma non per ciò, secondo Pascal, si può impunemente asserire che i loro polli domestici siano derivati da una specie libera di abitare i loro boschi se non disponiamo di conforti paleontologici [2] . Un fatto è certo, prosegue Pascal: tutti gli Antichi hanno descritto l’esistenza di un pollo selvatico che spesso costituiva una delle portate predilette delle mense romane.
A questo proposito, visto l’interesse che Ornithologia Latina, l’autorevole trattato di Filippo Capponi, ha suscitato in Maurizio Tona nostro Presidente Federale, credo sarà utile e piacevole per gli Allevatori Italiani scorrere il passato avicolo della nostra Penisola e del Mediterraneo, osservandolo così come l’hanno fotografato gli autori Greci e Latini.
Per non alterare il fluire e il concatenarsi delle evidenze storiche e preistoriche, il lettore deve pazientare per qualche pagina ancora. Sarà così più facile soffermarsi sui passi fondamentali dell’accurato studio ornitologico del Capponi, che è riuscito a scavare nei meandri della letteratura antica.
Con certezza il pollo fu spesso addomesticato non già per ragioni alimentari, bensì per motivi magici, sacrali, e soprattutto ludici. Se in tutti i Paesi del mondo il pollo fa parte della mensa quotidiana, è pur vero che i galli vengono ovunque impiegati in combattimento e che tutti i Paesi si gloriano di almeno una razza di galli d’arena.
Darwin, nelle sue ricerche sull’origine delle specie domestiche, giunse a conclusioni che hanno scisso il mondo scientifico in due blocchi contrapposti. Secondo Darwin il pollo domestico non può trarre la sua origine da una forma primitiva spentasi coll’andar del tempo: a dimostrarlo concorrerebbe il fatto che in Asia le specie selvatiche del genere Gallus si sono conservate attraverso i secoli. Nell’opera L’origine delle specie per selezione naturale egli si esprime con queste precise parole:
“Il signor Blyth, le cui opinioni, basate su un ampio e multiforme patrimonio di conoscenze, a mio avviso sono più valide di quelle della massima parte degli altri autori, sostiene che tutte le razze di pollame sono derivate dal comune gallo selvatico indiano [3] , Gallus bankiva. Quanto alle anatre e ai conigli, le cui razze differiscono notevolmente le une dalle altre per caratteri strutturali, a mio avviso discendono, senza dubbio, rispettivamente dall’anatra e dal coniglio selvatici.”
Il La Perre de Roo confutava così il concetto darwiniano:
"Non vi è nessun esempio di galli dei nostri poderi che sia ritornato allo stato selvatico. Le ipotesi che fanno discendere l’uomo dalla scimmia, il cane dal lupo, il colombo domestico dal torraiolo, e finalmente il pollo domestico dal gallo Bankiva, sono tutte moderne. Gli antichi autori latini: Columella, Varrone, Palladio, ecc., che hanno scritto sugli animali da cortile 2.000 anni fa, essendo ancora più vicini di noi all’epoca della domesticazione del pollo, non si trovavano meno di noi nella possibilità di delucidare la questione che ci occupa. Ora, questi Autori parlano dei galli selvatici come uccelli rari che non si riproducevano in cattività e di cui si utilizzava solamente la carne, senza che in questi illustri Dotti fosse mai sorto il dubbio che quelle specie selvatiche fossero la sorgente primitiva dei nostri volatili domestici di cui possedevano già diverse varietà."
Baldamus, invece, si associa con simpatia al concetto darwiniano esaltandolo nel suo trattato di pollicoltura; anche il Professor Paolo Bonizzi aderì alle dottrine di Darwin.
Darwin sostiene, con argomentazioni convincenti, che bisogna attribuire al Gallus ferrugineus l’onore d’aver dato origine ai nostri polli domestici, in primo luogo perché quella del Bankiva è la più diffusa delle specie selvatiche e poi perché è la più somigliante al pollo domestico, in particolare alla razza combattente, con la quale talora dà dei prodotti d’incrocio. Inoltre, il canto del Bankiva non è molto dissimile da quello del combattente. A questa osservazione di Darwin, Baldamus risponde che la voce del Bankiva può essere paragonata a quella della Bantam e anch’egli asserisce che il Bankiva dà dei prodotti d’incrocio con la Bantam comune e con la Bantam della Birmania.
A partire dal 1967 alcuni studiosi si sono cimentati
nell'analisi approfondita del canto del gallo, sia domestico, sia delle 4
specie selvatiche. Gli studi più recenti sono quelli di Nicholas Collias (The
vocal repertoire of the Red Junglefowl: a spectrographic classification and
the code of communication, 1987) e
quello di Kuwayama et al. (Crowing
characteristics of Jungle Fowls, Japanese Native Breeds and White Leghorn
Breed of chicken, 1996).
Se in italiano il canto del gallo suona chicchirichì, secondo Yamaguchi (1983) in altre lingue può essere così trascritto: ko-ke-ko-koh in giapponese, ku-ku-kuh-ku in cinese, cock-a-doodle-doo in inglese, kikeriki in tedesco, kykapeký in russo, cocorico in francese; anche in Brasile risuona cocoricò (Teresinha Meister, comunicazione personale, 1998), e in rumeno è detto cucurigu con chiara derivazione dal latino cucurrire.
Fig. IV. 1 - Totenko. Una delle razze nipponiche dal lungo canto.
Secondo Collias, non solo il canto del gallo, ma anche tutto il repertorio vocale di ambo i sessi è lo stesso sia in Gallus gallus e che in Gallus domesticus. In questo momento a noi interessa il canto del gallo selvatico, il quale è costituito da una vocalizzazione fragorosa, complessa, abitualmente costituita da quattro note energiche che ammoniscono sulla presenza del maschio nel suo territorio; due galli possono ingaggiare un duello di canto allo scopo di delimitare i rispettivi territori oppure per competere nell’accaparramento di una femmina; essendo la voce di ciascun maschio diversa dall’altra, se esaminata spettrograficamente, è probabile che essa serva anche da riconoscimento.
Gli studiosi giapponesi hanno voluto ulteriormente chiarire le caratteristiche acustiche del canto del gallo misurandone, oltre alla durata e al numero di sillabe che lo compongono, anche l'altezza in kHz, e hanno preso in esame i 4 Galli della Giungla, 16 razze native giapponesi - cioè quelle sviluppate prima del 1868 - e la Livorno bianca.
Fig. IV.2 - Koeyoshi. Un’altra razza nipponica dal lungo canto.
I galli che con la loro seconda sillaba più ci romperebbero i timpani sono il sonnerati e il lafayettei, seguiti dal gallus e dal varius insieme al Nagasaki; meno dirompente è il canto della Livorno bianca, mentre si consiglia a chi è delicato di timpani di allevare il Koeyoshi, che appartiene ai galli dal lungo canto.
In ordine decrescente, il numero di sillabe dei vari chicchirichì è il seguente:
5: Gallus sonnerati
4: Gallus gallus, Livorno, Ohshamo, Kawachi-Yakko
3: Gallus
lafayettei, Gallus varius, Nagasaki, Minohiki, Tomaru
2:
Koshamo, Ukokkei, Totenko, Koeyoshi
Per altre razze nipponiche non è stato possibile stabilire con esattezza il numero di sillabe che ne compone il canto.
Le 2 sillabe che compongono il canto di Totenko e Koeyoshi - galli dal lungo canto - si possono così suddividere: una prima sillaba breve e una seconda sillaba molto prolungata; lo stesso si può dire per Koshamo e Ukokkei, solo che la loro seconda sillaba non si protrae per più 8 secondi.
Attraverso questo studio si è potuto appurare che effettivamente Darwin aveva ragione: le 4 sillabe del canto del maschio di Gallus gallus e di Livorno sono del tutto simili non solo all'orecchio, ma anche all'indagine strumentale. Ma il numero di sillabe e la durata del canto nelle 16 razze native del Giappone non sempre, anzi, piuttosto raramente hanno attinenze con quelle del Gallo Rosso della Giungla.
A differenza degli studiosi giapponesi, Collias ha rilevato i seguenti dati:
Gallus gallus: 4 note - cock-ka-doodle-doooo
Gallus sonnerati: 4 note - kuck-kaya-kaya-kuk
Gallus lafayettei: 3 note - chuck-joy-joysee
Gallus
varius: 2 note - chaw_aw-awk
Tra poco vedremo l'importanza di quest'ultimo riscontro di Collias.
Darwin ebbe importanti oppositori, tutti suoi contemporanei o quasi. Possiamo citare Edward Brown, Lewis Wright, soprattutto Tegetmeier che collaborò con Darwin in numerose ricerche e, nonostante ciò, ebbe il coraggio di opporsi al Maestro esprimendosi così:
“Si potrebbe pensare che io sia molto presuntuoso quando voglio contestare le conclusioni cui è giunto l’onorevole maestro Darwin, col quale e per il quale è stato per me un grande privilegio poter collaborare per alcuni anni, ma, un’accurata e approfondita considerazione dei fatti, mi ha condotto a conclusioni differenti rispetto a quelle cui lui è giunto ... e tenendo conto di tutte queste osservazioni io sono indotto a credere che polli come la Cocincina non discendono dalla stessa specie da cui deriva il nostro combattente ...”
Tegetmeier era proprio una bella serpe covata in seno. Non si capisce d’altra parte come Darwin abbia giustamente osservato una diversa morfologia del foro occipitale nel Bankiva e nella Cochin, e non abbia mollato sul suo punto di vista monofiletico solo per il fatto che non esistevano più gli antenati selvatici dei polli diversi dai bankivoidi. Per un attimo, meditando sul comportamento terricolo della Cochin, Darwin fu tentato di ammetterne una diversa derivazione, ma fece subito dietro front, affidando al controllo sulla fertilità degli ibridi il compito finale di arbitro insindacabile. E qui si aprì un’ulteriore bagarre con dati alquanto discordanti, che forse sono stati appianati in parte da Ghigi (1915), in parte solo di recente. Un grand’uomo, ma un po’ testardo il nostro Charles! Prendiamo spunto per darci una regolata quando crediamo di aver trovato la verità.
Una parola tira l’altra come un pollo tira l’altro. È quanto mi è accaduto con Jean Claude Périquet. Jean Claude non s’intende di polli solo per sentito dire: lui e la sua famiglia amano la natura e gli animali a un punto tale che si sono assunti l’onere di un hobby che include anatre, oche, tacchini, conigli, piccioni e cinghiali. Dimenticavo: anche una volpe, una giovane volpe orfana, che a suo tempo verrà restituita al bosco, certamente in qualche bosco che sia lontano dal territorio dei Périquet.
Nel maggio 1996, quasi prossimo alla conclusione di un tour europeo in caravan organizzato per l’amico Bill Plant, non posso tralasciare di incontrarmi nuovamente con Jean Claude e sua moglie, anch’essi testimoni a Bergamo, durante la seduta conclusiva dell’Entente Européenne ’96, delle malversazioni verso Mediterranei e Baltici inferte dal braccio secolare di una frangia teutonica. Tra le razze di polli allevate da Jean Claude si trova il Denizli, di origine turca, gallo dal lungo canto monosillabico che avevo già avuto modo di fotografare a Marburgo nell’allevamento di Wolfgang Vits, dove il Denizli è solo una delle sue razze che una volta l’anno si sfiatano in gare di canto a Marburgo. Allora, nel 1994, non mi ero soffermato sul canto del Denizli in quanto c’era una gran confusione di galli che stendevano il collo a terra per cantare. Ma a Gincray [4] mi colpì la monotonia del lungo canto del Denizli: un canto un po’ lugubre, monosillabico, fatto di una sola tonalità. Così almeno è apparso al mio orecchio, salvo che uno spettrogramma non possa dire qualcosa di diverso, ma forse, per ora, non esistono studi strumentali sul canto di questa razza.
Dopo qualche attimo di meditazione sfodero il mio ammuffito francese ed espongo a Périquet una mia idea: se ammettiamo valida l’ipotesi monofiletica, il canto del Denizli non ha proprio nulla a che vedere con quello del Bankiva. Il Denizli è un bankivoide un po’ cresciutello. Inoltre è un mediterraneo non solo per la patria d’origine ma anche per le fattezze. Se dobbiamo centrare il problema dell’origine dei polli domestici anche sul canto del Gallus ferrugineus, il Denizli non sappiamo da dove farlo scaturire. È certo che, per mutazione, tutto può succedere, e quindi anche il ferrugineus può essere diventato un canterino; ma allora lo spettrogramma tanto vantato dell’avo ferrugineus se ne va a gambe all’aria: anche il Denizli è un pollo domestico, ma esibisce un canto del tutto diverso dal ferrugineus e da tutti quanti i suoi discendenti che ci rompono i timpani di buonora.
Jean Claude ascolta e non si sbilancia. Tornato a casa metto per iscritto questa mia idea e gliela mando, nero su bianco. Jean Claude va a scartabellare nei suoi archivi e mi invia uno stralcio sul Gallus varius, il Gallo Verde della giungla, che suona così:
“Jean Delacour écrit que les coqs de Java ont depuis très longtemps été tenus en captivité dans leurs Îles natales dans le but de les croiser avec des poules domestiques et de produire des hybrides appelés Bekissar, qui sont grandement appréciés pour leur chant monosyllabique, très fort et prolongé. Les Javanais organisent des concours et parient de grosses sommes sur les oiseaux. Ce renseignement est intéressant: faut-il voir ici les origines des coqs de chant de longue durée comme le Denizli turc, le Chanteur des montagnes allemand et les coqs de chants japonais? Ce Bekissar ou Bekisar, hybride infécond, a été choisi comme emblème par au moins un des plus importants états d’Indonésie; ce qui entraîne une demande pour l’exposer dans les zoos, les hôtels et services publics. Ajoutant ainsi à la pression exercée sur cet oiseau dans la nature!”
Più avanti troverete tutto, o quasi, sul Bekissar, o magari sul Bekisar, a seconda della grafia. Una cosa è certa: uno dei suoi genitori è il Gallus varius, ingrediente indispensabile. Chi ha orecchie per intendere, intenda.
Più tardi, nel gennaio 1997, voglio accertarmi di non aver concepito idee peregrine sul Denizli e lascio da parte ogni paura di essere eventualmente smentito. O la va o la spacca. Scrivo nuovamente a Périquet:
"Moi
et vous nous avons déjà parlé sur la voix du Denizli. Je pense que vous
êtes d’accord que la structure de cette race est méditerranéenne (si je
me trompe, dites-le moi). Quelle est la voix de la femelle du coq Denizli? La
modification du chant a intéressé seulement le coq ou la poule aussi?
Encore une
chose: de quelle couleur est la coquille de l'oeuf? Dans le travail de Irina
Moiseyeva ci-joint vous pouvez voir que parfois la couleur de la coquille n’est
pas si importante pour décider l’arbre généalogique. Mais c’est un
élément important."
Jean Claude mi risponde così:
"En
ce qui concerne les poules Denizli, je pense que cette race est
méditerranéenne; il doit y avoir aussi du sang de Combattent?
Effectivement,
les poules Denizli ont un chant spécial: quand on les attrape ou en d'autres
circonstances, elles émettent un chant semblable à celui du coq mais
beaucoup plus court.
La couleur
de la coquille des oeufs est blanche."
[1] Facciamo un’anticipazione che analizzeremo più a fondo quando avremo modo di parlare degli Atahualpoidi Italici. Secondo alcuni studiosi, la Gallia non trasse il nome dal pollo in quanto le parole gallo o allo sono indoeuropee e significano straniero. Quindi, il vocabolo gallo aveva lo stesso significato assunto successivamente dalla parola barbaro. Io non metterei la mano sul fuoco a sostegno di quest’affermazione, in quanto non vale la pena trascurare certi dati linguistici, talora molto più precisi di certi reperti fossili.
[2] Vedremo, tuttavia, che il Gallus bravardi, pur costituendo una specie relativamente giovane in quanto databile a circa 3 milioni di anni fa, è nota in diverse località della Francia.
[3] Vorrei preannunciare e sottolineare che la penultima classificazione, non adottata da Darwin per ragioni puramente cronologiche, designa come bankiva la sottospecie giavanese e che la sottospecie indiana è tuttora rappresentata dal murghi. Giustamente l’ultima classificazione propone di denominare javanicus il bankiva.
[4] Gincray si trova poco a nord di Verdun, dove vive la famiglia Périquet.