Per riassumere possiamo dire che l’evoluzione del volo non fu accompagnata solo dalla riorganizzazione delle strutture indispensabili per volare: i cambiamenti interessarono l’intero scheletro dell'animale e la sua fisiologia.
Esistono due modelli fondamentali di evoluzione del volo che si contrappongono l’uno all'altro. Secondo il primo modello il tipo di volo che richiede il battito delle ali si sarebbe evoluto dal volo planato e avrebbe avuto origine in animali che si arrampicavano sugli alberi e che si lanciavano dall'alto. Il secondo modello suppone che il volo sia sorto in animali bipedi che compivano piccoli balzi durante la corsa - per esempio per afferrare insetti - e nello stesso tempo sbattevano gli arti anteriori per favorire il balzo. Con il progressivo svilupparsi delle strutture delle ali i balzi divennero sempre più lunghi e alti, sinché questi animali riuscirono finalmente a mantenersi in volo grazie al battito delle ali.
Fig. II. 11 - Archaeopteryx arrampicatore e volatore
Questa seconda ipotesi trova conferma nel fatto che la struttura fisica di Archaeopteryx era ben adattata alla marcia e alla corsa. Tuttavia, correre battendo nello stesso tempo le ali avrebbe comportato un notevole dispendio di energie, in particolar modo durante le prime fasi dell'evoluzione del volo. Oltre a ciò resta il fatto che, per sollevarsi dal terreno, occorre vincere l’attrazione di gravità mentre, lanciandosi da un albero, si sfrutta la gravità e quindi si consuma meno energia.
Il modello del volo planato con partenza dall'alto postula che Archaeopteryx e i suoi antenati fossero in grado di arrampicarsi sugli alberi. Ma possedevano effettivamente i mezzi per farlo? Gli artigli che si osservano negli esemplari fossili sono estremamente ricurvi, a forma di falce, taglienti verso l’interno, arrotondati e ispessiti all'esterno. I pipistrelli, gli scoiattoli e i picchi, animali che si arrampicano sui tronchi degli alberi aggrappandosi alla corteccia, posseggono artigli del tutto analoghi, mentre quelli dei rapaci e degli uccelli corridori sono notevolmente differenti. Gli uccelli attuali si servono esclusivamente degli artigli delle zampe per arrampicarsi, ma Archaeopteryx era in grado di utilizzare anche quelli degli arti anteriori - e in particolare del primo dito assai flessibile - per aggrapparsi e sorreggersi, inoltre la coda poteva fornire un ulteriore sostegno.
Un’ipotesi in grado di combinare aspetti di entrambi i modelli descritti in precedenza - basata in parte sul lavoro di Walter Bock della Columbia University - potrebbe essere definita l’ipotesi del corridore-arrampicatore, in base alla quale si può ritenere che i predecessori di Archaeopteryx fossero piccoli rettili, probabilmente bipedi, che cominciarono ad arrampicarsi sugli alberi nel tardo Triassico e all'inizio del Giurassico, circa 200 milioni di anni fa. Oltre a servire da nascondigli le foreste potevano rappresentare luoghi adatti per nidificare, riprodursi e, probabilmente, facilitavano la ricerca del cibo. Il passaggio alla vita arboricola di questi protouccelli coincise probabilmente con la comparsa dell'omeotermia e la simultanea evoluzione di una copertura isolante di piume che consentisse il mantenimento di una temperatura corporea costantemente elevata. La vita sugli alberi deve aver favorito anche lo sviluppo della visione stereoscopica e della capacità di orientarsi, requisiti entrambi indispensabili per volare.
La resistenza all'aria opposta dalle grosse penne, in particolare da quelle degli arti anteriori, serviva a rendere più morbido l’atterraggio di questi protouccelli rallentando la loro discesa quando si lanciavano dagli alberi. Il volo planato potrebbe aver avuto origine proprio da queste lente discese e, grazie al battito delle ali, potrebbe essersi in seguito evoluta la capacità di volare in linea retta.
Fig. II.
12 - Scheletri a confronto.
Si tratta del confronto fra Archaeopteryx
(sx)
e un piccione odierno (dx).
In nero le strutture anatomiche dotate di differenze più significative.
Visto che le zampe di Archaeopteryx si presentano ben adattate alla corsa, si può supporre che la capacità di muoversi a terra fosse importante per quest’uccello preistorico e per i suoi antenati. Il volo planato fra gli alberi e la discesa sui rami richiedono una notevole capacità di manovra, che a sua volta necessita di grande coordinazione. Per questi uccelli sarebbe stato quindi molto più facile atterrare secondo il principio del paracadute anziché effettuare una complessa manovra per posarsi su un ramo. Una volta a terra, l’animale correva verso l’albero più vicino e vi si arrampicava in cerca di insetti, di un rifugio, di un posto adatto per il nido.