Vol. 1° -  I.5.3.

L'impatto di un enorme meteorite

Gli Alvarez finirono per concludere che l’impatto di un enorme meteorite, un asteroide del diametro di almeno 10 km, poteva spiegare la maggior parte se non addirittura tutti i dati fisici e biologici. L’asteroide, precipitando attraverso l’atmosfera a una velocità di 100.000 km l’ora, avrebbe aperto un cratere largo 200 km, scagliando nella stratosfera una bufera di polvere che si sarebbe sparpagliata rapidamente, avvolgendo nell’oscurità il Globo intero. È quanto accadde, in proporzioni nettamente inferiori, tra Giava e Sumatra con l’eruzione del Krakatoa del 1883. La polvere di quel vulcano oscurò i cieli ovunque e la foschia durò almeno un paio d’anni. Nel 1816 il Tambora, nelle Indie Olandesi, determinò un anno senza estate con la sua eruzione di un anno prima.

L’asteroide degli Alvarez avrebbe determinato una notte di diversi anni, diminuzione di 18°C della temperatura per 6-9 mesi, con arresto della fotosintesi clorofilliana e blocco dal basso verso l’alto della catena alimentare. Le anomalie della concentrazione d’iridio corrisponderebbero al momento dell’estinzione del regno del plancton. È stato calcolato che l'impatto rilasciò un'energia equivalente a 5 miliardi di bombe atomiche di Hiroshima.

La conferma di un impatto di un enorme meteorite del diametro di 10 km postulata dagli Alvarez è giunta all'inizio degli anni Novanta con la scoperta che il cratere Chicxulub - del diametro di circa 200 km nello stato messicano dello Yucatán nonché nell'omonima penisola - è il sito in cui si verificò quel catastrofico evento.

Kevin Pope et al. (1998) riassume così ciò che si verificò in pochi secondi ma che condizionò milioni di anni a venire: l'impatto, la cui traiettoria era obliqua da sudest, si verificò su rocce ricche in acqua, carbonato e solfato, che produssero circa 200 gigatoni sia di anidride solforosa che di vapor acqueo, nonché altri gas che alterarono le proprietà della stratosfera. Tale traiettoria potrebbe giustificare una raffica di gas a temperatura elevata sul Nordamerica, amplificando di parecchio su questo continente gli effetti dell'impatto. 

Questa tesi è suffragata da reperti fossili, relativi specialmente all'estinzione della flora che è stata molto più severa in Nordamerica. I lavori precedenti si concentrarono a dimostrare che il fumo e la polvere dovuti all'impatto fecero piombare la terra in un black-out di gelo. Le recenti simulazioni al computer e i modelli atmosferici stanno ad indicare che nel giro di poche settimane o mesi i livelli di temperatura e luce avrebbero cominciato a rimbalzare a causa del rilascio di calore accumulato negli oceani e a causa della coagulazione e caduta della polvere e della fuliggine.

Gli effetti maggiori di polvere e fuliggine si sarebbero esauriti nel giro di un anno o anche meno, ma la devastazione stava solo per iniziare, in quanto l'anidride solforosa e il vapor acqueo sarebbero rimasti nella stratosfera dando avvio a una serie di reazioni chimiche che produssero degli aerosol di acido solforico. I modelli stanno inoltre ad indicare che una nube globale di aerosol fu prodotta in continuazione per circa 12 anni, bloccando più del 50% della luce solare durante i primi 10 anni, raffreddando così la terra, forse fino al congelamento, e, alla caduta dell'aerosol, inzuppando la superficie del Globo con piogge di acido solforico.

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