di Fabrizio Focardi

Non l’ho mai scritto, ma penso che tutti voi l’abbiate comunque capito: riporto gli articoli sempre integralmente, quindi con pregi e difetti, e anche se a volte è usato un vocabolario che definirei quanto meno “pittoresco”, corretto o meno che oggi possa apparire, mi sembra comunque giusto rimanere sempre fedele all’originale.

L’articolo che qui riporto è molto più attuale di quanto si possa a prima vista pensare. Infatti, proprio di questo argomento si discute in E.E. e nei singoli paesi di questi tempi – senza peraltro riuscire a trovare un accordo. Ognuno tira l’acqua al suo mulino ed ognuno ritiene valide, forse giustamente, le necessità, più o meno giustificate, dei propri allevatori. C’è da dire che in quei tempi si riteneva facile creare una nuova razza e molto spesso le caratteristiche fissate erano davvero poche.
Solo di alcune abbiamo oggi cenni storici; molte altre sono state solo delle comete, che hanno attraversato il cielo dell’avicoltura, sia italiana che straniera, senza lasciare un segno tangibile.
Pascal nel suo articolo vuol significare che non è facile portare innovazioni in avicoltura e che bisogna avere pazienza e conoscenza del campo; solo pochi – oggi si possono constatare i risultati di allora – sono riusciti nel loro intento, tramandando fino a noi il loro lavoro.
Pascal porta ad esempio William Cook (e non Coock come lui riporta), il quale è riuscito ad entrare di gran carriera nell’avicoltura mondiale grazie alle sue Orpington pollo ed Orpington anatra. Certo, l’evoluzione della razza, non sempre naturale, fa sì che i prodotti di oggi poco abbiano da spartire con quelli del sig. Cook, ma questo è avvenuto ed avverrà, purtroppo, con tutte le razze.
Le differenze fra razza e razza che oggi vediamo non erano allora così marcate, e qui l’amico Secondo Rore troverà risposta alla domanda fatta in occasione della mia dispensa sulla Langshan: come si faceva a confondere la Langshan con la Cocincina? Oggi , è vero, sarebbe impossibile, ma in passato la Langshan non era un trampoliere, come la chiama Pascal, e la Cocincina non era altrettanto larga e teniamo sempre presente che l’errore era fatto pensando a “brutti soggetti” di Cocincina, senza quindi la giusta rotondità e l’abbondante calzatura.
Certo, la tipologia odierna della Langshan è a mio avviso bellissima, ma è giusto plasmare le razze seguendo una corrente di preferenza momentanea o peggio ancora personale? Posso capire una nuova razza, ma perché modificarne una già esistente? magari a scapito di caratteristiche di produzione. Il Pascal non ha trovato risposta e neanche io mi voglio sforzare troppo per trovarla: l’avicoltura e gli avicoltori così erano, così sono e nessuno riuscirà a cambiarli.


Le innovazioni in avicoltura
“Pagine Sparse di Avicoltura di Teodor Pascal”

(dal “Giornale degli Allevatori” di Catania – 1906)

“L’arte non ha Patria”. – Frase retorica vecchia quanto il Mondo e che bene s’applica all’Avicoltura, un’arte come tante altre e se non arte bella, arte industriosa per eccellenza certamente.
La Patria? Ma che m’andate contandovi risponde l’utopista alias socialista. La patria è il Mondo e certo lo disse Cristo che non era utopista.
Sarebbe un sogno dorato quello dell’internazionalizzare l’Avicoltura, forse più che qualunque arte, bella o brutta che sia, purtroppo non il Mondo ha per patria, ma il Campanile, che su di essa ombra funesta proietta, mentre che Sole, nient’altro che sole, l’Avicoltura richiede.

Abbattiamolo questo benedetto Campanile e di luce vivida si rischiarerà il campo dell’Avicoltura.

I vecchi campanili s’abbattono da se, improvvisamente San Marco a Venezia insegni, ma in Avicoltura ben diversamente le cose si passano.
Una volta è vero, unico era l’indirizzo d’allevamento dei nostri volatili ed il Verbo emanava dalla libera Albione, infine, per ogni dove in Francia, nel Belgio, in Germania, in Italia e finanche in America si allevava a orma del Codice inglese: ora ogni regione vuol far da sé, così una stessa razza compare sotto diversi aspetti a seconda del Paese da cui proviene.
Chi è ignaro dei fatti nostri, chi non è allevatore infine attribuirà il fatto ad influenza d’ambiente, ma noi Avicoltori gli risponderemo che il codice d’Avicoltura ha la sua cittadinanza ed è francese in Francia, tedesco in Germania e così via. Conveniamone apertamente che tutto ciò è roda di chiodi, e che chiodi!… Inchiodiamo qualsiasi probabile progresso, lo paralizziamo indiscutibilmente: il Codice d’Avicoltura dovrebbe essere internazionale e veramente tale è in sostanza, ma non è rispettato “at literam” ed ogni regione lo applica alla sua maniera. Trattasi di un malo andazzo che ingenera confusione, caos indescrivibile e che trova larga diffusione nelle razze della gallina domestica, e certo assi meno nei colombi, nelle anatre, ecc.

Osserviamo la razza Langshan p. es.: i soggetti di provenienza francese in generale arieggiano piuttosto il tipo cocincinese, per quanto rudimentalmente, mentre che gli inglesi se ne discostano molto di più e molto di più vi si avvicinano invece i tipi americani, i tedeschi poi sono più affini agli inglesi, ma hanno tarsi perfettamente nudi e riflessi meno marcati (1).
(1) Nota dello scrittore: I Langashan a tarsi nudi, si pensò nell’adunanza del Club degli allevatori tedeschi di Langashan, che ebbe luogo il 19 febbraio di quest’anno (1906 ndr) a Francoforte s.m., di chiamarli semplicemente Langshan tedeschi e la proposta fu approvato all’unanimità. Tutto ciò è giusto perché i suddetti Langshan sono di esclusivo allevamento tedescao ed io, nel mio libro delle razze della gallina domestica, edito nel 1905, cioè un anno prima della suddetta riunione, li chiamo anche Langshan tedeschi, dunque ben mi apposi a definirli colla loro nazionalità tedesca: diamo a cesare quello che è di Cesare.

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A quale di questi quattro rappresentanti dare la preferenza?… ma vattelapesca.
Mi sento dire, lo prevedo, agli inglesi e certo calza la risposta se per tipo inglese intendiamo quello originario, il classico tipo Croad, ma anche qui gli allevatori inglesi, se non tutti un certo numero ha ripudiato il suddetto tipo. Dunque? Il nuovissimi indirizzo d’allevamento inglese è una innovazione incomprensibile, un’alterazione della razza che la si è trasformata in trampoliere della pollicoltura alta, assai alta sulle gambe, la piuma abbastanza aderente al corpo.
Ho sott’occhio, mentre scrivo, la riproduzione d’una fotografia d’una gallina di nuovo indirizzo di allevamento e veramente sconcerta il fatto di veder mutata la Langshan in tal modo. Se questo indirizzo innovatore avrà il sopravvento nelle sfere d’allevamento inglese, la Langshan tipica ed impareggiabile sarà un pio ricordo ed allora i quattro tipi suaccennati spariranno dalle sfere d’allevamento. È opportuno tutto ciò?… ma.

Continuando la solfa, voglio citare un altro esempio saliente per provare la diversa cittadinanza del codice, alludo all’anatra Corritrice Indiana. Questo utile prodotto, il più produttivo di tutte le anatre sin’oggi di n’esclusivo allevamento inglese, da qualche tempo ha passato la Manica e trova caldi fautori in Germania particolarmente.
Gli inglese hanno tenuto questo prodotto sempre del volume primitivo, cioè non al disopra di quello d’una piccola anatra comune ed il loro Codice impone di non oltrepassarlo mai, chè altrimenti, così dice lo stesso, si va incontro ad un rallentamento di fecondità.
I tedeschi invece ora producono, consenziente il loro Codice, animali di più forte volume: animali asssi più lunghi di corpo, che però conservano la primitiva sveltezza di forma.

È sempre innato nell’uomo il prurito della innovazione, certo sempre a scopo di migliorare uno stato di cose esistente: quanto ciò sia indispensabile all’umano progresso è inutile discutere, e se così non fosse le imprese umane resterebbero stazionarie e si arrenerebbero sullo scoglio del regresso.
Dato e concesso il surriferito, noi non possiamo a priori condannare la instabilità d’indirizzo che vige negli allevamenti, poiché egli è appunto a questa instabilità che spesso si deve il perfezionamento d’una razza. Certo “errare humanum est” ma dagli sbagli emerge sempre il ravvedimento e perciò anche il miglioramento, quindi negli esempi sopraccitati forse abbiamo occasione d’intravedere un miglioramento di cosa ad onta degli sbagli enunciati; ma non è ciò che ci deve preoccupare e solo dobbiamo impensierirci che non tutti gli allevatori lavorano concordi verso un obbiettivo colla guida d’un Codice d’Avicoltura.
Se fosse possibile d’eliminare questo gravissimo inconveniente, se si potesse abbattere il campanile, allora sì che gli eventuali errori sarebbero rischiarati sulla luce che ne deriverebbe e perciò evitati, ma come abbattere pietre tanto fortemente cementate dall’orgoglio nazionale?
Le innovazioni in avicoltura si collegano spesso ad altre circostanza, oltre quelle ora enunciate, fra le quali la principale è quella che riflette la mania di sempre voler formare razze nuove.

 

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Certamente anche qui, d’altra parte non possiamo non riconoscere anche il lato buono: l’allevatore tende sempre più alla perfezione, quindi non gli si può assegnare un numero limitato di razze già stabilite dal generale consenso, cioè dal Codice; altre egli ne vuole, per vedere, chissà, di raggiungere ed afferrare la gallina dei suoi sogni.
In massima si ebbe sempre avversione per i fautori di nuove razze, particolarmente perché si pensava che ne avevamo abbastanza di quelle già esistenti e si diceva: pensiamo a sempre più perfezionare quelle che possediamo e non accresciamo confusione con nuove venute. E poi doleva l’animo di pensare che razze nuove venute potevano detronizzare man mano le già esistenti, e difatti così sta succedendo. Anch’io fui fra coloro che gridavano il crocifiggere a tali innovazioni, ma mi sono accorto che il male non è poi tanto grave: vi sono certo inconvenienti moltissimi, ma vi sono pure d’altra parte reali vantaggi, che tutti farò rilevare in appresso con esempi salienti. Però per non essere frainteso, è bene fare osservare che molti sono gli illusi in siffatta materia, molti sono colore che credono di poter improvvisare nuove razze come se si trattasse d’un qualsiasi impiastro di liquori più o meno tonico, più o meno corroborante: non è certo di costoro che ci occuperemo, ma soltanto degli allevatori seri che hanno ottenuto risultai meravigliosi e strabilianti sol perché le loro esperienze vennero intraprese sopra rilevante numero di soggetti ben cresciuti e ben allevati e non già sopra 5 e 6 miseri capi rachitici e molto male allevati; è inutile illudersi, per siffatta speculazione solo i grandi allevatori possono intraprendere determinate esperienze. Ma torniamo sui nostri passi che troppo ho divagato.

Nel volgere di pochi anni si sono viste detronizzare da nuove arrivate le più belle razze di galline, così le superbe razze francesi, la Crèvecoeur, la Houdan e la Flèche non sono più in voga come una volta e cominciano a perdere terreno davanti alla loro nuova consorella, la Faverolle; la Langshan anch’essa subisce una fierissima concorrenza colla sua diretta filiazione l’Orpington nera e concorrenza le fanno anche le gallineorpington d’altro mantello, abbenchè queste non sono per nulla prodotti derivati dalla Langshan come lo è l’orpington nera.
I belghi, che hanno abilità rare a saper mettere in vista i loro prodotti dopo aver empito il mondo di Campine; ora l’hanno quasi completamente detronizzata coll’ammannire la nuova intrusa, la Braekel, che sulla prima ha il vantaggio del maggior volume, tanto che ora la stampa belga, per quanto meno anche quella d’altri Paesi, non parlano che di Braekel, additandola quale panacea a tutti i mali dei passati allevamenti.
La nostra impareggiabile Italiana, abbenchè non razza nuova, pure è da considerarsi perlomeno come nuova venuta, poiché negli anni andati era soltanto rinvenibile in Italia allo stato di gallina comune, mentre che è ora generalmente allevata come pollo selezionato in Germania, nel Belgio, in Inghilterra; ecc. Quante e quante razze non ha detronizzate la gallina italiana? Potrei continuare ad additare un lungo elenco di nuove razze che si sono affermate saldamente a scapito di antiche e rinomate razze, ma andrei troppo oltre, quindi credo sufficienti per lo scopo prefissomi i pochi esempi sopraccitati.

Per ritornare alla Faverolle di cui abbiamo fatto cenno più sopra ed alla orpington pure summentovata, faremo osservare che questa esteticamente è riuscitissima, ma non quella certamente. La Faverolle create con i migliori elementi di questo mondo, cioè con Houdan Dorking Brahma, ma con elementi, come si vede troppo disparati, non poteva riuscire altrimenti che un pollo di stile Liberty, epperò un tale pollo omnibus ha reali requisiti di produttività che lo pongono molto in alto nella scala dei polli di valore economico.

Più che la Faverolle, la palma della vittoria spetta però indubbiamente alla gallina Orpington che riunisce in sé, al massimo grado, tutti i requisiti economici e sportivi, giacchè è pollo bellissimo e di grande reddito, quindi spendiamo poche parole sulla sua formazione.
L’Opringyon nera fu creata nel 1876 dal defunto allevatore W. Coock, vero colosso dell’Avicoltura inglese, nella sua proprietà denominata Orpington, ove l’allevamento grandioso esercitato da lui aveva la sede. W. Coock unì delle splendide galline nere Plymouth Rock con galli Minorca di forte statura, ed i prodotti d’incrocio di sesso femminile che risultarono da tale connubio vennero accoppiati a galli Langshan.

A furia di selezione esercitata indefessamente per ben nove anni continuati dall’intervento della razza Langshan, il grande allevatore potè finalmente mettere in commercio la sua nuova razza ben fissata. Naturalmente, per raggiungere lo scopo, Coock operò la selezione sopra un grandissimo numero di soggetti ogni anno, che un numero limitato non gli avrebbe potuto certamente fornire risultati sicuri. I primi Langshan importati in Inghilterra contavano anche qualche rappresentante a cresta tripla e W: Coock nel suo grandioso allevamento ne aveva più d’uno, quindi l’intervento di questi soggetti nel connubio fornì pure l’Orpington a cresta tripla, ma la prima, a cresta scempia è molto più diffusa.

Non qui si arrestò la tenacia del valente allevatore e nel 1889 mise in commercio anche l’Orpington bianco dopo un paziente lavoro durato pure 9 anni come per l’Orpinton nera. Gli Orpinton bianco però non hanno nulla del Lanhshan, quindi rappresentano una razza diversa dalla nera, eppure le assomigliano moltissimo ed al punto da confonderle l’una coll’altra.
La formazione degli Orpington bianchi si deve all’unione di galli italiani bianchi con galline Amburgo nere ed all’unione successiva di tutte le galline bianche che ne risultarono con galli Dorking bianchi extra nel volume.

Come nei neri Vi sono anche Orpington a cresta tripla, ma si preferisce sempre la cresta scempia.

Nel 1895, anche dopo 9 anni di lavoro (il defunto Coock aveva il numero 9 per amuleto a quel che pare) vennero lanciati in commercio gli Orpington gialli. Furono formati da galli Amburgo dorati con galline Dorking grigie, tutti gli allievi di colore rosso bruno vennero incrociati con galli Cocincina fulvi.

Nel 1897 nacquero in commercio, sempre lanciati dall’infaticabile Coock, gli Oprington porcellana o Giubileo (in omaggio al giubileo della regina Vittoria). Vennero formati come i gialli, solo si adoperarono Dorking coucou (ora quasi spariti). Il fondo del colore è rosso bruno, ogni penna con una punta bianca e macchiata di nero nel mezzo.

Dopo vennero anche gli spangled che vemmero formati da Dorking scuri (gialli) con gallina Plymouth coucou, le galline risultate da questo connubio vennero accoppiate con galli Amburgo argentati.

 

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Il meraviglioso successo che ha ottenuto la razza Orpington per ogni dove è li a dimostrarci che le innovazioni sapientemente condotte in Avicoltura non sono da condannare. Certo l’Orpington molte razze ha fatto passare nel dimenticatoio e specie la nera: basti in proposito affermare che arrabbiati fautori della Langshan ora non vedono che l’Orpington nera, la figlia, ha scalzata la madre infine.
È ciò forse male? Vorrei credere di no, anzi vorrei affermare che è bene positivo. E qui sento dirmi: “peccato, era una così ottima razza la Langshan”. È un rimpianto platonico, non positivo, dal momento che la ditte che le succede offre alla sua clientela benefici maggiori.
Dunque? Dunque non rimpiangiamo un passato certo glorioso quanto mai, ma che è rimpiazzato da un avvenire più luminoso ancora. Cadono le città cadono i regni, cadono pure la galline! Non fraintenda però, la Langshan ciò malgrado ha ancora mola vitalità e non abbandonerà di botto il suo allevamento, ho semplicemente voluto mettere in evidenza che è sorto un suo concorrente.

Una volta eravamo più conservatori in Avicoltura ma ora l’esempio degli irrequieti americani ha esteso il contagio anche agli europei e specie agli inglesi. Difatti, come in America, una vera mania innovatrice ha preso radice nelle sfere di allevamento, così non bastano le radicali modificazioni portate a razze tradizionali, la combattente inglese insegni, non bastava nemmeno d’aver deturpata la classica Langshan Croad e nemmeno bastava d’averla quasi scalzata colla indovinato Orpington nera, no, altre novità si richiedevano, proprio ad uso americano. Ecco ora in lizza una nuova razza ancora, i cosiddetti Bleu a cresta tripla Rosecom blues).

Troppe razze abbiamo, si è sempre detto per lo passato. Quelle che abbiamo ci potrebbero bastare, ma quante stanno sperando davanti alle nuove arrivate?
Dunque queste ultime non portano con sé un soprannumero di razze nelle sfere d’allevamento perché distruggono altre che hanno fatto il loro tempo.
Sopraggiungeranno altre nuove arrivate che altre più antiche razze scalzeranno e così via giungerà anche il turno di quelle che ora in voga e che ora sono state formate.
Infine è l’eterna legge dell’evoluzione che soprassiede negli allevamenti e sarebbe assurdo di pretendere uno stato stazionario delle cose.
Migliorare sempre, aspirare verso un ideale che non mai si raggiunge: è questo l’umano destino in generale quindi l’allevatore si sente sempre spinto ad innovare il tipo di una razza, sempre coll’ideale di ottenere soggetti migliori dei precedente e mai s’arresterà in questo affannoso cammino.

Lasciamolo dunque fare dal momento che a nulla gioverebbe l’opposizione.