Fra Vecchi Libri: come indovinare il sesso dei pulcini

di Fabrizio Focardi

Sfogliando il libro di C.A. Finsterbusch “Cockfighting all over the world” (1928) ho trovato questo disegno.
È spiegata la possibilità di “indovinare” il sesso dei pulcini a pochi giorni dalla nascita.
La cosa mi ha incuriosito: sarà vero? Non credo, ma se Finsterbusch l’ha scritto lui almeno ci credeva. Togliamoci una curiosità, proviamo anche noi e risentiamoci.

Disegno pulcini

Se tenete sospeso il pulcino dalla nuca, come mostrato nella figura n. 1 e 3, alcuni si piegano in su denotando di essere femmine; o si stirano dimostrando di essere maschi.
Quando invece si tengono per i piedi le femmine si piegano verso l’alto, come nella figura n. 2, mentre i maschi si distendono.

Fra vecchi libri: Teodoro Pascal e il giurato unico

di Fabrizio Focardi

Rovistando fra i miei vecchi libri di avicoltura in cerca di idee o notizie interessanti, ho trovato questa lettera aperta di Teodoro Pascal in risposta all’amico Gonin (pseudomino di Alberto Gemignani), il quale aveva manifestato la preferenza per il giudice unico, quando ancora i giudizi venivano decisi da una giuria.
Due grandi dell’avicoltura dei tempi passati, molto spesso con idee contrastanti ma sempre discusse pubblicamente con reciproca stima ed una buona dose di simpatica ironia; una lettera curiosa per l’argomento trattato, che vi riporto integralmente.

Tratta da un libro che la Casa Editrice Battiato di Catania dona a Teodoro Pascal a titolo di riconoscimento per il 100° libro pubblicato dall’autore nella collana “Biblioteca D’Agricoltura e Industrie Affini”.


“Pagine Sparse d’Avicoltura” Catania 1925 di Teodoro Pascal
dal “Giornale degli Allevatori”

“Giurato unico NO, Giuria SI”
Lettera senza busta all’amico Gonin

Giurato unico per ogni categoria! Ma dici davvero?

Via, siamo in piena mania collettivista in tutte le manifestazioni della vita e proprio laddove dovrebbero comparire degli innocenti volatili dinanzi al tribunale degli uomini, s’invoca il giudice unico. L’unione fa la forza, quindi evviva la Giuria tanto più che il volgare e stantio adagio non trovò nessuno che sinora ebbe a confutarlo.

Il giudice unico, con probabilità somma, verrebbe scelto nel mazzo, costituirebbe qualche cosa come un oracolo, data la sua probabile competenza, ed allora davanti al Nume occorrerebbe inchinarsi, anche se, vuoi per distrazione, vuoi per..asinaggine, qualche cantonata sopraggiungesse nel suo giudizio illuminato, ma il Nume ha parlato, si direbbe e silenzio a voi misero mortale.

No, carissimi amici, non per niente il tribunale degli uomini è sempre composto di più giudici che, ciò malgrado spesso.. non giudicano, figuriamoci che ne verrebbe fuori se uno solo fosse chiamato a misurare le miserie umane: credo che alla fine diventerebbe proprio lui il giudicabile.

Non posso sconvenire che inconvenienti e difficoltà ve ne sono, e non poche per costituire una Giuria, ma ve ne sarebbero delle più gravi ancora per costituire.. un giurato.

Tutti gli inconvenienti a cui si accenna per costituire una Giuria sono pure inconvenienti che si manifastano nella vita usuale e non vedo perchè se ne vuol far proprio caso nella costituzione di un tribunale.. di polli.

Giudice unico! Ma di questo passo andiamo a rovescio dell’umano progresso, andiamo incontro all’assolutismo e parmi che, dopo quel rendimento di conti che ebbe a fare proprio l’assolutismo con Madonna Rivoluzione al 99, sarebbe un paradosso invocarlo.

No, caro amico, non sono con te questa volta, ma sono per te sempre

Aff.mo Teodoro Pascal

Standard della Livorno? Ce l’abbiamo fatta!

di Fabrizio Focardi

Le Livorno, alla mostra speciale di razza E.E., che si terrà a Zuidlaren in Gennaio, saranno giudicate con lo standard italiano.
A molti di voi potrà sembrare una cosa scontata, ma non è stato proprio così.
In un primo momento era stato deciso di usare, per una fantasiosa tipologia europea, lo standard dell’Italiener; ma scherziamo?!
Ho manifestato il mio disappunto prospettando il fatto che i nostri allevatori non sarebbero stati disposti a fare 3000 km per vedere i propri soggetti penalizzati da uno standard non idoneo.
Ho esposto quelle che sono le conclusioni dell’Italia, e cioè che sarebbero dovuti essere adottati tre standard diversi, trattandosi, inequivocabilmente, di tre razze distinte: Italiener, Leghorn e Livorno.
Dopo intenso scambio di messaggi con Geri Glastra, Presidente del Club della Livorno Olandese e organizzatore dell’evento in seno alla loro mostra nazionale, ho finalmente ricevuto, in data 19/08/2005, questo messaggio:


Ciao Fabrizio,

è mia opinione che tu abbia ragione. Così ho discusso la tua proposta con il Presidente dell’Associazione Giudici Olandese, Wim Voskamp, e con Frans van Oers, Presidente della sezione avicoli dell’E.E.
Ambedue sono d’accordo e noi possiamo accettare Livorno (Tipo Italiano) alla mostra E.E. per Italiener, Leghorn e (ora) Livorno.
Ho già lo standard che mi hai mandato, ma è in italiano, chiederò quindi a Stefano di tradurlo al più presto in olandese.
Ti prego di mandarmi il disegno della Livorno secondo la descrizione del vostro standard. Poi siamo pronti a giudicarle nella giusta maniera.
Ciao per ora,
Geri


Ho subito risposto ringraziandolo molto per l’aiuto a definire la cosa, informandolo anche che secondo noi il disegno di van Gink, presente sullo standard olandese, raffigura in pieno la Livorno come noi la intendiamo.
Ho anche riconosciuto l’importanza della mini conferenza, alla quale spero di essere presente, che lui organizzerà e che senz’altro rappresenterà un valido aiuto per raggiungere un’intesa europea su questa razza.

Credo che tutti capiate l’importanza di questa decisione.

A questo punto mi auguro che molti si “rimboccheranno le maniche” per preparare i loro animali e far fare all’Italia la figura che si merita come Paese di origine della più famosa razza al mondo.
Voglio ricordare che oltre alla Livorno anche l’Ancona sarà in lizza in questa manifestazione, e sarebbe una bella soddisfazione, per gli allevatori, per l’Italia e per me, dimostrare che anche gli italiani si sanno impegnare in una seria selezione.

Approfitto per informare gli allevatori dell’Ancona che il mio amico Bernhard Hanskamp, segretario dell’Ancona Club Olandese, è disposto a cedere uova e soggetti a chi sarà presente a Zuidlaren.
Bernhard alleva questa razza da tanti anni, ha importato soggetti dall’Australia e dall’Inghilterra, e attualmente ha anche la colorazione Blu.

In Olanda si alleva l’Ancona con tipologia identica a quella che per noi è quella autoctona.

Fra Vecchi Libri: Alessandro Ghigi e la sua attività

di Fabrizio Focardi

Sempre girovagando fra i miei vecchi libri ho trovato alcuni fascicoletti del prof. Alessandro Ghigi, tutti rilegati in un unico volume, con notizie sull’avicoltura di quel tempo.
Trattano argomenti interessanti, come ad esempio: leggi promulgate per il bene dell’avicoltura italiana, la partecipazione dell’Italia al secondo Congresso ed alla seconda Esposizione Mondiale d’Avicoltura di Barcellona, attività svolte nei pollai provinciali, l’avicoltura negli scrittori di Roma antica (Catone, Varrone, Columella e Palladio) e tanti altri.
Ho pensato che alcuni di questi, anche per sola curiosità, ma anche per uso pratico, potessero interessare molti di voi, pertanto, ogni tanto, ve ne riproporrò qualcuno.

Inizio con alcune pagine tratte dal fascicoletto:

Prof. Alessandro Ghigi

Direttore della Stazione sperimentale di pollicoltura di Rovigo
La Stazione Sperimentale di Pollicolture di Rovigo
nel primo triennio dalla sua istituzione

La Stazione sperimentale di Pollicoltura di Rovigo fu istituita con Decreto Luogotenenziale 28 giugno 1917 controfirmato dal Ministro d’Agricoltura del tempo, O. Ranieri, ma le difficoltà inerenti alla guerra ed al periodo postbellico fecero rimandare l’applicazione del Decreto stesso alla fine del 1920.

Nominato Direttore nel febbraio 1921, ho impiegato tutto quell’anno nella sistemazione generale del terreno, mediante creazione di viali, di fossetti di scolo, piantagioni, chiusura esterna, formazione dei recinti, costruzione di pollai. Gli acquisti più importanti di gruppi scelti di pollame, furono fatti all’esposizione mondiale d’avicoltura dell’Aja nel settembre dello stesso anno ed i primi allevamenti ebbero luogo nel 1922.
La Stazione ha dunque un triennio di vita, durante il quale sono stati gradualmente sviluppati gli impianti dei diversi servizi, non ancora, per ragioni in massima parte finanziarie, ultimati.

L’art. 1 del Decreto che istituisce la Stazione sperimentale di Pollicoltura di Rovigo determina gli scopi della stessa, nel modo seguente:

  1. perfezionamento, mercé lavori di selezione ed incrocio, delle migliori razze locali o importate;
  2. studio comparativo e scelta delle razze più atte alla produzione della carne e alla produzione delle uova;
  3. studio dei più razionali ed economici mezzi d’allevamento;
  4. studio delle malattie del pollame e dei mezzi di prevenzione e di cura;
  5. istruzione e propaganda mediante corsi temporanei presso la sede dell’istituto, conferenze, diffusione di pubblicazioni pratiche, ecc.;
  6. ogni altro studio di attività didattico-sperimentale atti a contribuire all’intensificazione economica dell’industria avicola nazionale.

La presente relazione da conto di quanto è stato fatto ed osservato durante i tre esercizi 1922, 1923 e 1924 in ordine a ciascuno degli scopi su indicati.
Perfezionamento, mercé lavori di selezione e d’incrocio delle migliori razze locali o importate
a) Ricostruzione della razza Valdarno. – Questa razza, che i vecchi allevatori toscani assicurano essere stata per l’addietro uniformemente distribuita nelle fattorie della vallata inferiore dell’Arno, è caratterizzata da mantello nero, orecchione bianco e tarso ardesia.
Le si attribuisce un’alta fecondità, buona attitudine all’ingrassamento ed un peso alquanto superiore a quello delle galline comuni.
La razza Valdarno può considerarsi, in Italia, come economicamente vicariante della Bresse (razza francese da sempre conosciuta come la migliore razza da carne, oggi razza con marchio di origine controllata – ndr) e perciò adatta ad essere allevata in quelle province nelle quali è molto sviluppata l’industria alberghiera ed in quei centri che esportano pollame in Francia ed in Belgio, dove la carne bianca è preferita alla carne gialla, e la zampa ardesia, simile a quella della Bresse e della Campine, non tradisce l’origine estera.
La Valdarno aveva peraltro subito una soverchia diminuzione di peso e la degenerazione dell’orecchione, ormai quasi interamente rosso. L’incrocio con Minorca tolse questo difetto ma ingrandì troppo e deformò la razza che, selezionata poi dal marchese Ridolfi e dal Dott. Pestellini, entrambi di Firenze, riacquistò le sue caratteristiche morfologiche.

Durante il periodo bellico gli allevamenti del Ridolfi e del Pestellini furono più o meno abbandonati e ridotti ed i Valdarno perfetti tornarono ad essere una rarità.
Come risulta da una mia pubblicazione del 1919, “Osservazioni sull’alimentazione del pollame e sulla produzione delle uova, Mem. R. Acc. Scienze Bologna , Sez. VII, T. VI., 1918-19”, nel periodo dicembre 1917-aprile 1918 avevo allevato all’Istituto Zoologico della Reale Università di Bologna 12 pollastre nostrane, tra i cui antenati figurava un gallo Brahma, le cui tracce si manifestavano esclusivamente nel colore rossastro delle uova. La pollastra contrassegnata col N. 11 depose 18 uova nel mese di dicembre e 10 nel mese di gennaio; 75 complessivamente nel periodo 2 dicembre 19717-30 aprile 1918; 174 nel corso di un anno dal principio della deposizione.

La pollastra N. 11 fu accoppiata con un gallo Valdarno (nero) del Dott. Pestellini e produsse molti figli, i cui discendenti furono portati a Rovigo nel 1921 e costituirono il primo ceppo locale.
Sedici parchetti furono riservati a questa razza con gruppi composti di un gallo e sei pollastre ciascuno. Ma il risultato globale non fu del tutto soddisfacente sia per il numero non abbastanza elevato delle uova, sia perché lo stato eterozigotico della stirpe dava una percentuale troppo forte di scarti a mantello non interamente nero e ad orecchione non interamente bianco; inoltre le uova erano, nella maggioranza delle galline, giallicce o rossastre.
Per correggere questi difetti ricorsi, nella primavera del 1922. all’incrocio con un gallo Castigliano, acquistato dalla Stazione all’Esposizione mondiale di Avicoltura di La Haye presso la sezione Spagnola. Il Castigliano ha taluni dei caratteri generali del Valdarno: mantello nero, orecchione bianco, tarsi nudi ed ardesia, ma è più grosso, ha il dorso più lungo, la coda più refluente e portata più bassa. La gallina depone uova bianche.
I prodotti di questo incrocio, allevati nel 1922, offrirono caratteri generali di Valdarno con mole alquanto ingrossata, Rispondevano quindi, perfettamente, all’aspettativa, ma, nella primavera del 1923, la seconda generazione, come era da prevedere, dette luogo ad una anormale separazione di caratteri, ottenendosi molti esemplari con aspetto di Castigliano più o meno puro, e qualcuno che presentava difetti di colore. Nel 1923 e nel 1924, mediante la scelta dei riproduttori e il controllo della deposizione, abbiamo cercato di eliminare questi difetti ed abbiamo individualizzato per l’attuale riproduzione del 1925, una coppia del 1923 che offre i caratteri morfologici prescritti dal modello della razza e che, per quanto riguarda la gallina, che ha deposto nel suo primo anno di vita 152 uova, lascia prevedere una buona fecondità. Considero tale coppia come il capostipite della Valdarno ricostruita.
E nel dubbio che non sia possibile ottenere uova completamente bianche ho, fino dall’anno scorso, riprodotto un incrocio di Valdarno con Braekel, ottenendo esemplari a caratteri di Valdarno che potranno nuovamente immettere in questa razza il fattore per le uova bianche, proprio dei Braekel.

Si parla poi di vari incroci con razze locali ed estere per ottenere soggetti con alta produzione di uova e di carne, ma questo a noi poco interessa.

Perniciata, Collo Oro o Dorata?

di Fabrizio Focardi

Mi sono accorto che spesso si fa ancora confusione con queste colorazioni: chi pensa che la prima abbia un disegno ellittico, come nella colorazione a maglie; chi invece è convinto siano la stessa cosa; e chi conosce solo l’una o solo l’altra.
Ho già spiegato molte volte la differenza fra le “Perniciate a Maglie” e le altre, pertanto vi rimando ai miei precedenti articoli; ricordandovi comunque che il gallo deve avere nel petto una orlatura bruna.

Chiariamo subito la “Dorata”.

Gallina: mantello più o meno come le altre, ma riconoscibilissima per la chiara e netta orlatura color oro brillante.
Gallo: più o meno come le altre, ma deve avere una orlatura bruna nel petto; nell’argentata ciò che è richiesto bruno cambia in bianco argento.
Un petto completamente nero è difetto grave.
Nei due sessi la mantellina è caratterizzata da fiamme nere con il rachide, nella parte alta della penna, giallo oro.

Rimangono dunque la Perniciata e la Collo Oro, ma io aggiungerei anche la Collo Arancio.
A proposito della Perniciata sarà utile sapere che la Germania, da quest’anno, ha modificato la denominazione da Rebhuhnfarbig (Perniciata) in Rebhuhnhalsig (Collo Perniciato).
Il cambiamento si è reso necessario per non creare più confusione fra colorazioni diverse con denominazione simile, ma anche perché rientra in quelle colorazioni i cui galli hanno petto interamente nero, classico di quelle varietà che hanno come desinenza “halsig” (‘collo’). Un petto macchiato di bruno sarà difetto grave.
Queste tre colorazioni si differenziano l’una dall’altra solo per le diverse tonalità, sia nel gallo che nella gallina: il loro riconoscimento quindi non è una cosa semplice da spiegare.
Va oltretutto precisato che, nelle singole razze, la “Collo Oro” stessa ha delle differenze di tonalità piuttosto notevoli.
Tenterò di spiegare quali sono queste differenze nei due sessi. Qualora qualcosa non risultasse chiaro non esitate a contattarmi.

Galline: la mantellina sarà color oro più o meno intenso, e, a causa della conformazione della penna, la fiamma sarà più larga che nel gallo.
Tutte comunque avranno un petto color salmone: molto più intenso, quasi rosso mattone, nella “Collo Perniciata”.
Il mantello, richiesto bruno grigiastro, assumerà un’intensità di colore variabile partendo dalla più chiara “Collo Arancio” per scurirsi nella “Collo Oro”, e, ancora maggiormente, nella “Collo Perniciata”. Il rachide del mantello sarà visibile, in quanto più chiaro.
In realtà il colore di fondo è bruno, ma è reso grigiastro dalla presenza di una finissima pepatura nera che deve risultare distribuita su tutta la superficie della penna in maniera uniforme: né troppo fitta né troppo rada.
Se il pigmento nero non è sufficientemente ben distribuito il mantello apparirà macchiato e troppo scuro; in molti casi gli accumuli assumono quasi un disegno a maglie: questo è un difetto grave, la cui gravità varia a seconda dell’intensità. Galline con questi difetti determinano, nei galli, la presenza di piumino troppo scuro e tarsi con indesiderate sfumature nerastre. La pepatura gioca quindi un ruolo importante in queste colorazioni, e non va pertanto sottovalutata nella selezione e nel giudizio. Devo però ammettere che non mi è mai capitato di vedere nei cartellini di giudizio, anche quando il caso lo riteneva necessario, segnalazioni circa la pepatura: questo è controproducente, perché si indirizza l’allevatore verso una errata selezione. Si dice che per ottenere galline con una giusta pepatura sia utile usare galli con poche fiamme, e non troppo pronunciate, nella mantellina e nella sella. Presenza di sfumature, o comunque tracce rossastre, in genere nelle fasce delle ali, sono difetto abbastanza grave.
Galli: la formazione del colore del gallo avviene con il contributo dell’ormone maschile.
Nella “Collo Arancio” il riconoscimento del gallo è molto più facile, sia per i toni molto più tenui che per il triangolo dell’ala bianco crema.
Nelle “Collo Oro” e “Collo Perniciato” la differenza è più difficile da determinare.
Nei galli il disegno viene deciso dalla differente ripartizione dei pigmenti di colore oro, rosso, rosso carminio, bruno e bruno rossiccio, che formano un meraviglioso contrasto con le parti nere a forti riflessi verdi.
Tutte le parti del corpo del gallo sono nere, meno la mantellina, la sella, il dorso e le spalle, come pure la parte esterna delle remiganti, che origina il triangolo dell’ala bruno senza altre tracce di altri colori.
La testa ha una tonalità oro più scuro a causa delle penne più corte; il colore si schiarisce nella mantellina, il passaggio però deve essere il più graduale possibile. Nella sella e mantellina sono presenti delle fiamme di un colore nero intenso e brillante, la cui punta non deve arrivare alla fine della penna, che deve invece finire con un orlo color oro; le lanceolate della sella sono più scure.
La presenza di una fiamma che sfonda o un’orlatura troppo scura sono da considerarsi difetto grave. Tracce brune nel nero e nere nel bruno dimostrano una diminuzione del pigmento.
Si deve tenerne conto nella selezione e nel giudizio, altrimenti, continuando su questa strada, il pigmento sbagliato si espanderà a danno del colore giusto.

Nelle razze nane – Wyandotte e Cocincina – il disegno del gallo è lo stesso delle altre razze; anche le galline hanno lo stesso disegno e colore, che però si estende anche al petto: non hanno cioè il petto salmone.
La presenza di penne salmone sarà, in queste due razze, difetto grave.
Un po’ di confusione sorge nello standard europeo di lingua francese che, a causa dell’assenza del salmone nel petto, è tradotto “Perniciata”, come figura nella tabella.

Più di così non posso dire e capisco che l’aiuto non è molto, ma la pratica e la visione delle colorazioni e delle razze, meglio se a confronto, aiuteranno sia il giudice che l’allevatore a farci l’occhio.

Italiano Tedesco Francese Wyandotte/Cocincina Nane
Francese
Perniciato a maglie nere Rebhuhnfarbig gebandert Perdrix dorè maillè Perdrix dorè maillè
Dorato Goldfarbig Saumon liserè dorè
Collo perniciato Rebhuhnhalsig Saumon dorè brun
Collo oro Goldhalsig Saumon dorè Perdrix dorè
Collo arancio Orangehalsig Saumon dorè clair Perdrix dorè clair

LA PREPARAZIONE DEI SOGGETTI ALL’ESPOSIZIONE AVICOLA

di Stefano Bergamo

Premessa

La Scheda di giudizio e valutazione stilata dalla FIAV riassume e sintetizza i criteri in base ai quali avviene l’analisi e la stima delle caratteristiche morfologiche e di razza in un soggetto avicolo. Oltre a valutare aspetti quali ossatura e muscolatura (morfologia) e le caratteristiche peculiari che contraddistinguono tale soggetto quale appartenente ad una determinata razza, varietà o colorazione (conformità allo standard di razza), la scheda prevede anche le voci Condizioni espositive e Aspetti migliorabili.
A proposito delle condizioni espositive, il Libro degli standard stabilisce che ‘nel giudizio complessivo di un soggetto è determinante, al fine di ottenere una valutazione massima, che l’animale offra una perfetta impressione di salute e sia in ottime condizioni espositive’. E continua precisando che ‘la voce relativa agli aspetti migliorabili deve essere interpretata come i consigli che il giudice dà all’allevatore per migliorare la presentazione dell’animale in occasione di eventuali altre esposizioni’.
Alla luce di quanto sopra, appare subito ovvio che tali criteri hanno acquisito una valenza di tutto rispetto tra i requisiti in base ai quali viene redatto il giudizio finale di un soggetto. Si può dire che l’importanza della preparazione alla mostra è andata via via crescendo quale parte integrante di quel processo evolutivo che l’avicoltura sportiva moderna ha conosciuto negli ultimi decenni.

La realtà delle esposizioni avicole

Se da una parte l’attenzione a determinati dettagli è stata ‘ufficializzata’, dall’altra si fatica ancora a riscontrare i segni concreti concreti di un mutato atteggiamento da parte dell’allevatore che porta i propri animali all’ingabbio.
Si assiste tuttora ad interpretazioni riduttive del concetto di ‘condizione espositiva’ che ne limitano la portata, ad esempio, a verificare che un avicolo da mostra abbia l’occhio ‘sano e vivace’, o che soddisfi a requisiti minimi – si pensi all’assenza di parassiti – come se fossero dei punti di arrivo nel percorso del soggetto da pulcino a giovane rappresentante della propria razza in esposizione.
Dispiace quindi dover ribadire che – per tornare all’esempio appena citato – l’assenza di parassiti è data per scontata da una Federazione che si auspica l’eliminazione di acari e pidocchi non solo dagli animali destinati al giudizio, ma dall’intero pollaio.
Sono invece molti di più i punti cui l’espositore dovrà prestare attenzione per garantire lo svolgimento decoroso della competizione sportiva. Si sentono ancora troppo spesso infatti giudici federali che si lamentano di avere dovuto preferire quel tale soggetto, non eccezionale ma ben presentato, rispetto ad un altro con migliori potenzialità ma in condizioni indecorose.
È molto probabile che sia poi il soggetto meno valido ad essere acquistato quale riproduttore o presunto miglioratore da un secondo allevatore.
A tali osservazioni si sente ribattere che si tratta “pur sempre di un animale”. Certo, e proprio in quanto tale non è in grado di determinare da sé quel livello di pulizia e di cure che gli permette di esprimere al meglio le proprie potenzialità. Ma soprattutto, si tratta di un animale che l’allevatore – nel momento stesso in cui porta a termine l’ingabbio – reputa possa a pieno titolo essere maneggiato, esaminato, e portato a distanza molto ravvicinata delle vie respiratorie di quella persona che è il giudice di esposizione.
Se presentiamo un soggetto arruffato da vento e pioggia, oppure sbiadito o ingiallito dal sole, non facciamo altro che chiedere a gran voce un giudizio penalizzante. Ma nel momento in cui presentiamo un animale mancante di qualche penna o con evidenti segni di ferimento a causa delle zuffe da sovraffollamento, solleviamo seri interrogativi su quanto ‘amatoriale’ sia l’allevamento; se addirittura consegniamo al segretario dell’esposizione un soggetto sporco, macchiato delle proprie deiezioni, di cui magari rimane traccia sotto le unghie o – peggio ancora – fra le scaglie dei tarsi che non si è provveduto a curare per tempo, costringiamo il giudice ad entrare in contatto ravvicinato con tutta una serie di (coli)batteri e parassiti interni, per non parlare di coccidi o altri organismi che non vanno assolutamente veicolati.
A questo punto, non è necessario essere dei fini conoscitori della psiche umana per capire come lo stesso giudice, piuttosto che propenso a mettere in risalto i pregi del nostro potenziale campione, difficilmente resisterà alla tentazione di metterne nero su bianco i difetti, dal momento che la valutazione ‘condizioni espositive: insufficienti’ non sembra impressionare granché certi espositori.
In ultima analisi, un allevatore che affida al giudice un animale nelle condizioni di cui sopra dimostra ben poca considerazione per quest’ultimo come individuo, e per la funzione ufficiale che proprio l’allevatore stesso – iscrivendo il soggetto – gli ha chiesto di svolgere.
In parole povere, è come invitare a pranzo un cuoco, e servire dalla zuppiera sporca.

Gli accorgimenti dell’allevatore-espositore

L’esposizione è una gara di bellezza in cui i soggetti iscritti si presentano al meglio delle possibilità e – per così dire – col vestito della domenica.
A tale scopo l’espositore coscienzioso adotta tutti gli accorgimenti del caso, sempre però nel pieno rispetto dei principi di onestà e sportività cui si ispira l’etica dell’avicoltura amatoriale. Quando si parla di accorgimenti è imprescindibile fare una premessa: è escluso nel modo più assoluto l’utilizzo di sostanze sbiancanti o coloranti, la correzione chirurgica di difetti gravi quali ad esempio irregolarità nella forma di cresta e bargigli, e quant’altro possa servire a strappare un giudizio positivo in modo fraudolento.
Gli accorgimenti legittimi ed auspicabili sono molti, ma si informano tutti ad un principio fondamentale: è anche espositore quell’allevatore che, a prescindere dalla data della mostra, osserva attentamente i propri animali, previene l’insorgere di situazioni problematiche e si prende a cuore il benessere degli stessi giorno dopo giorno, senza ricorrere a stratagemmi dell’ultimo minuto per celare mesi di incuria.
Quelli che seguono sono soltanto alcuni esempi di misure adottabili dall’allevatore-espositore, che – per ribadire un concetto già espresso – non trovano alcuna applicazione senza l’osservazione quotidiana ed attenta degli animali.

Tarsi

È sufficiente ungere regolarmente con olio di vaselina i tarsi dei riproduttori per prevenire la penetrazione subcutanea degli acari e la conseguente formazione di scaglie. Può succedere a tutti, comunque, di ritornare da una vacanza e scoprire che i tarsi del campione dell’anno scorso sono stati attaccati dagli acari. In presenza di qualche piccola scaglia qua e là, si proverà a rimuoverla premendo di lato: lo strato cheratinoso dovrebbe staccarsi e lasciare il posto all’epidermide nuova. Se però la scaglia non è pronta a staccarsi ma tende a sanguinare, o se gli acari hanno ormai attaccato gran parte dei tarsi, è necessario fasciarli in garze piuttosto strette da inzuppare poi in olio, e ricoprire con una seconda fasciatura impermeabile. Ripetendo l’imbevitura di olio due volte al giorno per dieci giorni, una volta rimosso lo strato di garza a diretto contatto con la pelle si noterà che le scaglie hanno lasciato il posto a dei tarsi lisci e lucenti.

Cresta, bargigli e orecchioni

Mancano due settimane alla prima esposizione e la giovane Livorno, non avendo ancora deposto il primo uovo, non accenna minimamente a piegare la cresta da un lato. L’allevatore sa benissimo che è questione di tempo, in quanto tale difetto non è mai ricorso nella linea di sangue che ha selezionato e fissato nel corso di anni. Un massaggio giornaliero con olio di vaselina nella direzione giusta, subito dopo il primo dente, può essere il fattore determinante che farà fare bella figura ad una giovane promessa.
Se la cresta del giovane Wyandotte è molto regolare ma la spina tende ad alzarsi, un massaggio con olio di vaselina ogni sera aiuta la stessa a seguire la linea del collo. Lo stesso vale per bargigli ed orecchioni rugosi.
Le razze con cresta od orecchioni particolarmente grandi, come la Chabo e la Livorno da una parte, e la Bantam o la Minorca dall’altra, vanno seguite – leggi: impomatate – soprattutto nei mesi invernali, ad evitare che il gelo provochi la formazione di antiestetiche croste o macchie.

Piumaggio

Come accennato, la pioggia ed il sole sono fattori che influiscono negativamente sulla qualità del piumaggio, soprattutto quando si alternano in rapida successione. La goccia di pioggia, infatti, agisce da lente di ingrandimento ed aumenta l’intensità dei raggi ultravioletti.
È necessario evitare che i giovani soggetti da esposizione, in procinto di ‘indossare’ il piumaggio definitivo, si espongano ad un temporale estivo ed ai raggi del sole di luglio subito dopo: le barbe appena fuoriuscite dalla rachide ne verrebbero danneggiate seriamente.
Il piumaggio degli animali adulti subisce l’esposizione alle intemperie in misura meno grave, ma pur sempre da non sottovalutarsi: se le piume avessero una resistenza illimitata, non sarebbe necessaria la muta annuale.
Invece, l’orlatura e la magliatura – anche nere – tendono a sparire dalla penna non più integra, come ben sa chi alleva la Sebright dal disegno delicato; le livree bianche si affrettano ad ingiallire, soprattutto se si tratta di bianco non dominante; ma anche l’allevatore della Livorno nella classica colorazione bianco dominante sa benissimo quanta selezione sia necessaria per ottenere un ceppo per il quale basti un pascolo ombreggiato ad inibire la tendenza ad ingiallire della sella e della mantellina.
Allo stesso modo, la livrea nera tende a diventare opaca o ad assumere riflessi rossastri; la fulva e la blu sbiadiscono e perdono facilmente di uniformità, che è invece una caratteristica fondamentale in tali colorazioni.
In generale, è buona norma nutrire gli animali in muta con granaglie oleose, quali i semi di girasole, che influiscono positivamente sulla lucentezza del piumaggio.

Olandese ciuffata

Olandese con ciuffo bianca

Ciuffo

Le razze ciuffate meritano un’attenzione particolare perché è spesso proprio sul ciuffo che si concentra l’attenzione del giudice. In generale vale il principio che l’animale deve essere in grado di vedere liberamente diritto davanti a sé, verso il basso ed in buona misura anche di lato.
In base al principio della salvaguardia del benessere degli animali, da tempo l’Entente Européenne e di conseguenza le varie federazioni nazionali hanno emanato delle direttive specifiche volte a prevenire quella che nella lingua ufficiale dell’Entente si chiama Quälzucht, ovvero l’allevamento-tortura.
All’allevatore quindi si richiede di rinunciare a perseguire l’ideale del ciuffo smisurato e di selezionare i propri riproduttori in modo tale che gli animali possano vivere in condizioni accettabili. Detto questo, è innegabile che il processo di selezione richiede del tempo, ed è inevitabile che anche i soggetti più aderenti allo standard possano avere il ciuffo ancora un po’ troppo voluminoso, con alcune piume che tendono a piegarsi verso il basso impedendo la vista o – peggio ancora – veicolando residui di becchime o acqua ormai sporca negli occhi.
A questo punto non solo è lecito, ma si impone l’intervento dell’allevatore-espositore per ‘ripulire’ l’area occipitale della Padovana, o della Moroaseta con piume in eccedenza.
Una menzione a parte merita il caso dell’Olandese a gran ciuffo, che presenta la cosiddetta ‘farfalla’, vale a dire quel gruppo di piume colorate (nere, blu, sparviero, giallo orlato, ed ultimamente anche fulve, cioccolato e kakhi) che hanno la funzione di sostenere la massa delle piume bianche. Le piume colorate infatti, grazie alla pigmentazione, hanno maggiore consistenza rispetto a quelle bianche (basti pensare al caso della colorazione grigioperla, che a causa della notevole diluizione del pigmento presenta una rapida perdita di consistenza del piumaggio, tanto che a tre generazioni di accoppiamenti in purezza di colore deve seguire l’immissione del nero per tornare a livelli accettabili di larghezza e consistenza della penna).
Per tornare all’Olandese ciuffata, la ‘farfalla’ deve essere ripulita per quanto possibile lungo l’intero contorno, eliminando le piumette colorate in eccesso. È chiaro che l’allevatore eviterà di ‘toelettare’ un soggetto con il ciuffo colorato di un terzo o addirittura a metà: in mancanza delle prerogative di razza, la preparazione alla mostra sconfina nel maltrattamento o nella frode.
Infine, il ciuffo va lavato con detergenti non aggressivi e che non provochino l’ingiallimento delle piume bianche. A questo scopo si trovano in commercio degli shampoo speciali per i mantelli bianchi dei cani da esposizione. Non c’è da stupirsene: l’ambiente delle expo cinofile o feline è estremamente esigente in materia di preparazione, ed un soggetto trascurato viene penalizzato senza pietà.

Oltre agli accorgimenti che implicano un trattamento diretto, volto al miglioramento delle varie zone anatomiche nel soggetto da esposizione, ci sono alcune prassi che l’allevatore-espositore fa bene ad adottare senza temere di esagerare, ad eccezione del taglio di cresta e bargigli nel Combattente inglese, pratica ora giustamente vietata dalla legislazione vigente e dalle federazioni avicole.

Bagno

‘Fare il bagno alle galline’ non sembra essere una prassi molto popolare tra gli avicoltori italiani. I motivi sono certamente diversi, legati ad una mentalità tradizionalista, al rifiuto delle innovazioni, a scelte ideologiche e personali che esulano dall’argomento. Se però il motivo che l’allevatore adduce è la mancanza di tempo, all’espositore viene da pensare che chi non ha tempo fa meglio ad evitare l’hobby dell’avicoltura e gli animali in genere.
I vantaggi del bagno in sé sono evidenti per le razze a piumaggio chiaro e per quelle ricche di piumino, come la Cochin e la Orpington che – una volta liberato il piumino del sebo che lo appesantisce – dopo l’asciugatura con il phon risulteranno decisamente più voluminose. Lo stesso vale per la Moroaseta, alla quale si richiede un aspetto quasi da peluche.
In generale è importante usare poco shampoo e risciacquare bene, ad evitare che la pelle cominci a produrre del sebo in eccesso per compensare l’azione aggressiva di saponi o detergenti usati senza parsimonia.
Inutile aggiungere che è assolutamente da evitarsi l’esposizione del soggetto a correnti d’aria e sbalzi di temperatura prima, durante e dopo il bagno, cui seguirà un’acclimatazione graduale alla temperatura esterna.

Addestramento alla gabbia

È anche questa una voce della Scheda di giudizio, ed in quanto tale va presa in considerazione dagli espositori. Un animale che non è mai stato in gabbia prima del trasporto e appunto dell’ingabbio, all’arrivo del giudice non si calmerà certo di propria iniziativa, né assumerà una posizione che permetta all’esaminatore di apprezzarne le qualità.
Al contrario, nervoso e stressato svolazzerà da un lato all’altro della gabbia o si aggrapperà con una zampa alle inferriate della stessa. Se una tale situazione penalizza i soggetti della maggior parte delle razze da esposizione, a maggior ragione è da evitarsi da parte degli appassionati delle razze combattenti, ed in particolare del Combattente inglese moderno nella varietà nana.
Chi alleva tale razza sa che un soggetto impaurito e depresso non farà bella figura e nemmeno si lascerà convincere a mettersi in posa dalla bacchetta del giudice, strumento che magari vede per la prima volta.
Si impone quindi, alcune settimane prima della mostra, un ciclo di allenamenti, a cominciare dall’abitudine alla gabbia prima ed alla bacchetta poi.
Nel giro di poche settimane, al vedere la bacchetta il giovane CIM assumerà automaticamente la posizione più tipica e congeniale alle caratteristiche di razza.
Il giudice, inoltre, si farà un’idea delle qualità dell’allevatore-espositore, a tutto vantaggio dell’Associazione che lo ha invitato e dell’intera categoria.

Trasporto

Il trasporto degli animali, se effettuato erroneamente, può incidere negativamente sulle condizioni espositive. La fretta e l’approssimazione nel sistemare gli animali nel mezzo di trasporto favoriscono l’insorgere di stress, con immaginabili conseguenze.
La bellissima Sebright, ad esempio, va soggetta a stress da cambiamento improvviso di situazione ambientale, e tende a perdere le piume sulla zona anteriore del collo. Se il giovane gallo arriva alla prima esposizione con le narici che colano per lo spavento di avere viaggiato accanto al gallo dell’anno precedente, che certamente non lo ha fatto sentire il benvenuto, o addirittura di un gallo di altra razza, è probabile che arrivi alla seconda esposizione con il collo seminudo, o che l’allevatore abbia il buon senso di tenerlo a casa.
Inutile soffermarsi sull’importanza di utilizzare trasportini aerati ma senza spifferi ed asperità, e dotati di uno strato di segatura (privata della polvere) o paglia pulita sul fondo.

Conclusione

Le presenti osservazioni hanno voluto essere un tentativo di mettere in luce sinteticamente i dettagli che consentono all’allevatore di concludere l’annata con una o più esposizioni di successo, a coronamento di una stagione che lo ha visto impegnato a fare nascere, crescere e maturare una generazione di giovani avicoli secondo i dettami dello standard di razza e nel rispetto dei moderni criteri di zoo-profilassi.
Perché se tutti sanno che non è facile allevare soggetti sani e belli, non tutti sembrano ancora avere compreso che è invece relativamente semplice presentare gli stessi soggetti in modo consono al lavoro svolto nei mesi precedenti. E quale ultima considerazione, all’allevatore attento non può essere sfuggito che la preparazione all’esposizione ha acquisito, in ambito europeo prima ed anche nazionale ultimamente, una valenza sempre più ‘ufficiale’ che viene lasciata sempre meno volentieri alla discrezione del singolo espositore.

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Amburgo - argento pagliettata nero - 0,1

AMBURGO – argento pagliettata nero – 0,1 di Focardi Fabrizio

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CIVETTA BARBUTA OLANDESE – fulva pagliettata bianco 0,1 – di Focardi Fabrizio

DORKING - argento selvatica - E97 - '01

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MOROSETA – bianca 0,1 – di Grati Rachele

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SUSSEX: PIUMINO BIANCO O GRIGIO? – bianca columbia nera 1,3 – di Focardi Fabrizio

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WYANDOTTE: A DISEGNO ORLATO– argento orlata nero 1,0 – di Focardi Fabrizio

 

BARBUTE BELGHE

di Fabrizio Focardi

La Bamtam, per le sue caratteristiche e proporzioni anatomiche, è definita la razza nana perfetta: ma che dire delle Barbute Belghe? Direi che sono le più simpatiche e accattivanti: le galline, dolci e composte, ed i galli, con la loro criniera leonina, sembrano dei piccoli, simpatici ed innocui bulletti. Nel loro Paese di origine sono classificate tre sole razze, ognuna delle quali ha una sottorazza, con standard e colorazioni più o meno uguali alle originali, con un’unica eccezione: tutte sono caratterizzate da anuria.

Razza Originale Sottorazza Senza Coda
Barbuta D’Anversa Barbuta di Grubbe
Barbuta D’Uccle Barbuta D’Everberg
Barbuta di Watermael Barbuta di Boitsfort

Tra queste, in Italia, è abbastanza comune la Barbuta d’Anversa; le altre sono perlopiù sconosciute o molto rare.
Tutte hanno alcune caratteristiche comuni: un tronco abbastanza corto e raccolto, un portamento fiero e rilevato; un profilo asimmetrico: la parte anteriore predomina, due terzi del tronco dovrebbero trovarsi anteriormente alle zampe ed un terzo posteriormente; una coda portata alta e con le grandi falciformi poco ricurve con forma a sciabola.

Siluette Anversa Watermael

La testa è larga e corta: una testa allungata o un becco lungo alterano l’insieme.
Ovviamente tutte, per il nome che portano, hanno una folta barba.
La taglia delle nostre barbute è piccola, ma non troppo, ed i tarsi sono abbastanza corti.

Sono razze vivaci, attente e molto fiduciose: per questo possono essere facilmente allevate su di una superficie limitata.
La deposizione è buona. Le galline sono buone covatrici – ad eccezione della Barbuta D’Uccle e D’Everberg, a causa della loro forte calzatura – e madri affettuose.

Barba Barbute Belghe

La barba, folta e trilobata, è formata da penne che crescono ai lati della base del becco con posizione orizzontale (favoriti) e da altre che crescono verso il basso sotto la base centrale del becco (“barba” propriamente detta).
Queste due caratteristiche sono sempre presenti contemporaneamente, in quanto derivanti da un solo gene autosomico “Mb” (dall’inglese “muffs and beard”), incompletamente dominante.
Negli eterozigoti l’espressione del fenotipo è variabile, pertanto, incrociando un soggetto barbuto con uno non barbuto, i discendenti “F1” avranno una barba incompleta ed eterogenea fra i diversi soggetti.
Nei pulcini omozigoti la barba è già presente alla nascita e devo dire che sono veramente buffi.
A questo tipo di barba si accompagna una riduzione dei bargigli: infatti sono richiesti assenti o appena formati.
Nella gallina la barba ha la stessa forma del gallo, ma ancora più larga e con la forma trilobata più accentuata.
Si è riscontrato che nei polli con barba esiste una tendenza alla formazione di una mantellina molto sviluppata, quasi come una criniera.

I belgi forniscono lo standard delle tre razze originali, e, per le sottorazze, solo alcune precisazioni dovute all’assenza della coda.
Il gene che causa l’assenza completa del posteriore, cioè di tutte le vertebre caudali, è un gene dominante, che Dunn e Landauer (1936) definirono “Rp” (dall’inglese Rumpless = “senza posteriore”).
Pare che i portatori di questo gene abbiano una percentuale di schiusa inferiore alla media, a causa della mortalità embrionale.
Sembra anche che la fertilità non sia eccezionale nei soggetti anuri; le supposizioni sulle cause sono tante: la mancanza di coda – che può causare nel gallo uno scarso equilibrio -, l’abbondanza di piume alla fine della sella – che contrasta la copula, anche se questo può forse essere evitato con l’eliminazione di tale piumaggio nel periodo della riproduzione -.
Di tutto questo non ho però trovato conferma in ciò che ho consultato per le barbute belghe, trattandosi però di una causa genetica, presumo che anche loro non ne siano immuni.

La fine del tronco deve essere armoniosa, pertanto termina con un piumaggio della sella folto e abbondante, ordinatamente sistemato a forma bombata.
Le lanceolate del gallo non devono essere troppo lunghe: è preferibile che, ricadendo, non oltrepassino la linea inferiore del ventre.

Una differenza fra la selezione tedesca e belga la trovo, a colpo d’occhio, nell’altezza della postura dei soggetti: quelli belgi sono più bassi. In effetti lo standard tedesco (ed europeo) richiede “gamba corta e possente e tarsi di misura media”, mentre il belga richiede sia la gamba che i tarsi “abbastanza corti”.
Penserete senz’altro che sono esageratamente pignolo, ma guardando l’animale in gabbia la cosa fa moltissima differenza, e mi chiedo: quale delle due preferirà il giudice? Ho già dato la mia risposta in un altro articolo a proposito della colorazione quaglia: molto probabilmente il giudice farà la cosa più ingiusta: preferirà il soggetto che da anni siamo abituati a vedere, cioè quello di selezione tedesca.
Ma le Barbute sono belghe, non tedesche.

Un altro problema può affliggere queste razze: l’assenza di speroni nei galli!
Lo standard europeo in proposito si esprime così:

« Sono da considerarsi come difetti da squalifica:
[…]
g) Assenza netta di speroni nei galli, nei tacchini. Eccezione: faraone, galli nani al primo anno […] »

E qui casca l’asino!!
Sono sicuro che molti allevatori penseranno: pazienza, esporrò i miei soggetti solo al primo anno, e così me la cavo.
Sbagliatissimo! Tento, ma non so se sarò preso in considerazione: così si va contro l’interesse della razza e dell’avicoltura come noi la intendiamo: con la “A” maiuscola.
Allevo soprattutto per me stesso, quindi il solo vedere i miei galli adulti senza sperone mi darebbe un senso di disagio, cioè di qualcosa che lascio in sospeso per pigrizia o menefreghismo. Oltretutto se cedo qualche soggetto il mio “trucco” verrà scoperto e, a meno che l’acquirente non la pensi come me, non ci faccio certo una bella figura.
Ricevo puntualmente via e-mail il Notiziario del Club delle Barbute Belghe tedesco, in genere pieno di belle foto, e, da queste, ho notato che molti galli sono privi di sperone. Spesso i soggetti sono giovani, e, in questi casi, l’assenza, diciamo, è quasi giustificata – “quasi”, perché da un esame più attento si potrebbe accertare la presenza o meno dell’abbozzo che genererà lo sperone.

Nella ricerca a tappeto ho scoperto che il difetto può essere genetico – “sl “(spurlessness= assenza di speroni) gene autosomico recessivo, parzialmente limitato al sesso – , e, come al solito, l’amico dott. Elio Corti, nel sito “Summagallicana” è stato il più esauriente:

« La mancanza dell’abbozzo epidermico dello sperone è già documentabile al primo giorno di vita, quando al posto si nota una larga squama cutanea. Quest’anomalia genetica si accompagna spesso all’assenza di squame epidermiche lungo la superficie interna dei tarsi.
Abitualmente, raggiunta la maturità, si può notare un dimorfismo sessuale, in quanto i maschi manifestano lievi protuberanze nella sede degli speroni, le quali successivamente si trasformano in escrescenze ossificate simili a speroni deformati, mentre nelle femmine non si verifica nulla di tutto ciò. »

Un problema grosso, dunque, se presente nel nostro ceppo, in quanto gene recessivo difficilmente eliminabile con la selezione perché difetto non appurabile nelle femmine, che possono continuare a trasmetterlo alla prole.
Il dott. Elio Corti scrive di aver appurato l’assenza dello sperone in un suo gallo di Barbuta di Grubbe; interpellato l’allevatore olandese, riceve la risposta che qui riporto in parte:

« […] Circa la sua domanda sulla possibile associazione del gene per l’assenza di sperone e la mancanza do posteriore, posso fornirle le seguenti informazioni:
Assenza di speroni:
Argomento scottante di questi giorni (Aprile 1996, ndr.) tra gli alevatori dele Barbute Belghe Nane, la maggior parte dei galletti e dei galli di Anversa, Watermael, Grubbe, Everberg e Uccle (la Barbuta di Boitsfort è stata creata alla fine de ventesimo secolo) non ha speroni!
Secondo un articolo pubblicato in Germania nel 1993, i galli privi di speroni sono meno fertili o non lo sono affatto. Questo dato è basato su ricerche fatte in linee commerciali.
Se questo fosse vero, non dovremmo avere così buoni risultati nell’allevamento delle barbute Belghe nane, perché la mancanza di sperone è molto comune in queste razze.
Ad ogni modo, l’assenza di speroni non è certamente riservata alla sola Nana di Grubbe.
Qui da noi l’opinione generale è che la mancanza di speroni sia causata dal fatto che noi selezioniamo le nostre Barbute Belghe puntando molto su caratteristiche che hanno con la femmina. Quello che voglio esprimere è che non vogliamo assolutamente nessun bargiglio, una cresta molto piccola, penne ampie e un piumaggio non troppo maschile.
Quando incrociamo puntando in questa direzione semplicemente ci dimentichiamo degli speroni.
In Olanda, dal 1995, i galli senza speroni non sono più ammessi alle mostre (sono galletti!). Gli allevatori sono stati preavvisati di questa regola sin dal 1990. Da allora gli allevatori hanno selezionato i loro ceppi in base al gene per gli speroni.
Il risultato è che in questo momento alcuni maschi hanno di nuovo i loro speroni. Nel mio casi i miei Grubbe neri non hanno, ma i Grubbe quaglia ne sono dotati. Attualmente sto mirando ad ottenere gli speroni nei mie Watermael e Grubbe.
Con l’esperienza ho potuto notare che il modo più sicuro per recuperare gli speroni sta nell’incrociare con femmine che siano figlie di un padre con speroni. Alcuni discendenti hanno speroni anche quando il padre impiegato in riproduzione ne è privo.
Allevando da un gallo con speroni e da femmine provenienti da una linea che non li possiede, si ottengono maschi tutti quanti senza speroni.
Alcuni allevatori hanno avuto la stessa esperienza in merito. Forse che il gene per gli speroni sia legato al sesso?
[…] “

Barbuta d’Anversa – Barbuta di Grubbe

Barbuta d'Anversa Barbuta di Grubbe

La Barbuta d’Anversa ha fatto la sua apparizione nelle Fiandre nella prima metà del diciannovesimo secolo.
La menzione più antica la dobbiamo al grande Ch. Jacques nel 1858 nel suo libro “Le Poullaier”.
La Barbuta di Grubbe è stata selezionata da Robert Pauwels agli inizi del ventesimo secolo, ad Everberg, ma chiamata “di Grubbe” dal nome della via del suo allevamento.
Si distingue dalla Barbuta d’Anversa per la mancanza della coda.
Il Belgio, per la gallina, richiede l’anello di mm. 10 e da quest’anno anche la Germania si adegua: ritengo pertanto che anche noi si debba seguire l’esempio passando dal 9 al 10.

Testa Barbuta d'Anversa

Testa Barbuta d’Anversa

Le caratteristiche che determinano una “bella Barbuta d’Anversa” sono svariate, e tutte ugualmente importanti.
Anche se, come abbiamo detto sopra, ha una forma asimmetrica, deve essere proporzionata.
La testa sarà relativamente grande, larga e corta. La cresta a rosa, nell’insieme non troppo larga e rosso vivo: comincia larga sul davanti e si strettisce regolarmente, senza restringimenti, verso il dietro, per terminare con una spina arrotondata e corta che segue la linea della nuca; la superficie superiore è curva e ha una fine e regolare perlatura.
Gli orecchioni, nascosti dai favoriti, sono rossi.

Il tronco deve essere molto raccolto: largo all’altezza delle spalle, si strettisce verso la coda. Il treno posteriore profondo e ben arrotondato. Il portamento è rilevato, ed il dorso molto corto: la coda parte quasi dove finisce la mantellina, e, specialmente nel gallo, è inclinato.
Il collo è corto e fortemente curvato verso il dietro. La mantellina è molto particolare: deve essere piena e molto bombata nella parte superiore. Le piume sono lunghe, larghe e ricoprono interamente il dorso: esse devono circondare il davanti del collo il più possibile, e, per il loro aumento, verso il dietro danno vita ad una criniera vera e propria che darà maggiore larghezza al collo visto di profilo.

Il petto è molto largo, ben arrotondato, portato alto e proteso verso l’esterno. Le ali di lunghezza media s’incurvano un po’ e sono portate quasi verticali, così che le estremità toccano quasi il suolo: nella gallina sono portate un po’ più alte che nel gallo.
Le lanceolate della sella ben sviluppate riempiono bene la transizione verso la coda. Anche la coda è molto particolare: portata molto alta, quasi verticale; le timoniere di lunghezza appena media sono un po’ allargate, ma ben sovrapposte: le piccole falciformi mediamente sviluppate non nascondono le timoniere; le grandi falciformi sono strette, appena ricurve, a forma di sciabola, e sono poco più lunghe delle timoniere.
Nella gallina la coda forma un angolo di 45°: poco aperta, circa la larghezza di due timoniere, di profilo forma un triangolo con la punta arrotondata.
Tarsi abbastanza corti, il cui colore cambia a seconda della varietà.

Barbuta Anversa

1,0 Barbuta d’Anversa – Nero picchiettato bianco

Barbuta di Grubbe

0,1 Barbuta di Grubbe – Nero picchiettato bianco

Il peso massimo dello standard belga è di 700 g. per il gallo e 600 g. per la gallina, come del resto nello standard europeo: sarebbe pertanto giusto modificare i nostri massimi 800 g. per il gallo e 700 g. per la gallina.
Ovviamente tutti i difetti relativi alle caratteristiche sopra descritte assumono, a seconda della gravità, più o meno importanza nella valutazione.
Le stesse caratteristiche sono richieste anche per la Barbuta di Grubbe, e devo dire che, nonostante non ami le razze anure, questa è veramente molto carina.

Barbuta d’Uccle – Barbuta d’Everberg

Barbuta d'Uccle Barbuta d'Everberg

La Barbuta d’Uccle fu creata agli inizi del ventesimo secolo da Michel van Gelder incociando la Barbuta d’Anversa con polli nani locali calzati.
Anche la Barbuta d’Everberg è stata selezionata da Robert Pauwels agli inizi del ventesimo secolo, e prende il nome dal luogo di origine. Si distingue dalla Barbuta d’Uccle per l’assenza della coda.

Per queste il Belgio richiede l’anello di misura 15 per il gallo e 14 per la gallina, noi invece rispettivamente il 16 e 15: trattandosi di polli con abbondante calzatura sono dell’opinione di mantenere le nostre misure.
Sono le uniche due razze di questo gruppo con calzatura. La calzatura è caratteristica peculiare, pertanto non va sottovalutata né nella selezione né nel giudizio.
Sarà bene, in occasione dell’acquisto di soggetti, controllare, ed esigere, che la calzatura sia completa e non accontentarsi di assicurazioni dubbie da parte del venditore, quali per esempio: il soggetto è in muta, o nel periodo della riproduzione si sono rotte alcune penne, o i soggetti sono tenuti liberi e di conseguenza non è possibile mantenere la calzatura un buone condizioni.
Tutto questo può esser valido per i propri soggetti, ma non per quelli da acquistare: la calzatura va verificata, e per poterlo fare nella giusta maniera deve essere completa ed in buone condizioni.

Quando si parla di tarsi impiumati occorre sempre specificare il grado di impiumatura, perché non in tutte le razze è la stessa.
A che dobbiamo questa diversità? E perché i polli possono essere calzati?
Dai suoi studi Somes ha dedotto che la calzatura è dovuta ad un gruppo di 3 geni autosomici “Pti1 – Pti 2 e pti3” (Pti da ptilopodia) ad azione singola o combinata, che, a seconda della loro presenza, potranno dare una calzatura tipo Faverolles o tipo Barbuta D’Uccle.
La “filogenesi” – scienza che studia il processo evolutivo degli organismi vegetali ed animali dalla loro comparsa sulla terra ad oggi – ci insegna che le penne, in generale, si sono sviluppate da squame cornee: i tarsi dei nostri polli sono appunto ricoperti da queste squame.

La completa calzatura della Barbuta D’Uccle è formata da un’impiumatura dei tarsi all’esterno ed all’interno: corte all’attaccatura, le penne aumentano progressivamente di lunghezza verso la parte inferiore.
Queste sono rade e si dirigono, quasi orizzontalmente, verso l’esterno, assumendo una linea curva che si rileva alla loro estremità.
Il dito mediano e quello esterno sono fortemente impiumati con penne della stessa natura di quelle dei tarsi che si aprono a ventaglio formando un tutt’uno il più regolare possibile.Calzatura Barbuta d'Uccle

Sono presenti anche i garretti d’avvoltoio dovuti al gene autosomico recessivo “v” (da vulture hocks) in genere associato ai geni della calzatura. Questo gene fa sì che le normali penne della parte posteriore delle gambe, in genere morbide, si trasformino aumentando la lunghezza e la struttura, tanto da diventare simili a delle remiganti, proiettate verso l’esterno e verso il basso quasi parallele al bordo esterno delle ali.
Gli esperti dicono che è possibile valutare, dopo un giorno o due dalla nascita, se il soggetto avrà una degna calzatura. Solo dopo la seconda muta, comunque, la qualità delle penne sarà nettamente migliore, e da questo momento sarà necessario sorvegliare che niente la rovini.
Quando le penne in piena crescita vengono rotte o rovinate ciò può provocare futuri difetti di pigmentazione come, ad esempio, indesiderate tracce bianche.

Testa Barbuta d’UccleTesta Barbuta d'Uccle

La cresta è semplice color rosso vivo, di grandezza sotto la media, dritta nei due sessi, con cinque dentelli disposti regolarmente; il lobo segue la linea della nuca.
Gli orecchioni, anche se poco visibili perché nascosti dalla barba, sono rossi. Mantellina moto piena.

Ali ben serrate al corpo, portate oblique verso il suolo, di media lunghezza, s’incurvano leggermente all’estremità, nascoste per una buona parte dalle lanceolate della sella.
Nella gallina sono portate un po’ più alte e riposano sui garretti d’avvoltoio.

La coda è portata alta e moderatamente aperta. Le timoniere, di lunghezza appena media, si soprammettono regolarmente.
Le piccole falciformi sono mediamente sviluppate e non nascondono le timoniere.
Nella gallina la coda è portata leggermente aperta con un angolo di 45°.

Il peso massimo per la Barbuta d’Uccle nello standard belga è di g. 700 per il gallo e di g. 600 per la gallina.
La Barbuta d’Evenberg è leggermente più pesante: g. 800 per il gallo e g. 650 per la gallina.

Barbuta d'Uccle

0,1 Barbuta d’Uccle – Quaglia

Barbuta d'Evenberg

1,0 Barbuta d’Evenberg – Millefiori

Barbuta di Watermael – Barbuta di BoitsfortBarbuta di Watermael Barbuta di Boitsfort

La Barbuta di Watermael è stata selzionata da Antoine Dresse all’inizio del ventesimo secolo nell’allevamento “Les Fougères (felci, trad.) à Watermael”.
Fu esposta per la prima volta nel 1922.
La Barbuta di Boitsfort è stata creata verso la fine del ventesimo secolo, con l’incrocio della Barbuta di Grubbe e la Barbuta di Watermael, nel Club Belga delle Barbute D’Uccle, d’Anversa e di Watermael. Chiamata così dal luogo di origine – il comune di Watermael-Boitsfort – si distingue dalla Barbuta di Watermael per l’assenza della coda.
Presentata per la prima volta alla Nazionale Belga nel 1997.

Anche per queste razze il Belgio richiede per la femmina l’anello della misura 10 mm: propongo di fare la modifica come per la Barbuta d’Anversa.

Testa di Barbuta di Watermael

Le caratteristiche principali che contraddistinguono queste ultime razze sono la cresta ed il ciuffo.
La cresta si può ben dire che è una cresta unica; non è presente in nessun altra razza e pertanto merita attenzione: a rosa di taglia media, di tessitura fine e rosso vivo, quasi larga quanto lunga. La superficie superiore è formata da una perlatura irregolare che si potrebbe definire “rugosa”.
Termina con tre spine, la centrale leggermente più lunga delle laterali, che premono contro un ciuffo abbastanza lungo e stretto, ma ben sviluppato, diretto verso il dietro e che segue la linea della nuca; può essere originato su un cuscino di grasso, ma non su un’ernia cerebrale.
E’ un ciuffo a “fiocco”, dall’inglese “tassel”.

Nella gallina il ciuffo è più sviluppato e leggermente più arrotondato che nel gallo; non deve mai essere più largo del cranio e la cresta può essere parzialmente nascosta dal ciuffo.
Ciuffi troppo larghi o troppo sviluppati sono da penalizzare, soprattutto perché un ciuffo troppo sviluppato nasconde un cranio di Padovana.

Non è una cresta facile da ottenere, pertanto l’assenza di una spina è da considerarsi difetto, ma non da squalifica; personalmente lo considererei un difetto leggero. Occorre pertanto essere tolleranti nella forma, che comunque deve rimanere corta.
Gli orecchioni, nascosti dalla barba, sono bianchi; tracce rosse ammesse.

Il dorso è moderatamente più lungo delle altre barbute e forma, nel passaggio con la coda, un angolo ottuso.
Le timoniere leggermente aperte e ben soprammesse. Nella gallina la coda è appena aperta, larga più o meno come due timoniere, e forma un triangolo con la punta arrotondata.
La mantellina, anche se abbastanza sviluppata, non raggiunge come forma quella della Barbuta d’Anversa.

Il peso richiesto dallo standard belga per il gallo è di g. 700 e per la gallina g. 550.

Barbuta di Watermael

Barbuta di Watermael

Barbuta di Boitsfort

Barbuta di Boitsfort

Colorazioni

Barbuta d’Anversa / Barbuta di Grubbe: 29 colorazioni
Barbuta d’Uccle/ Barbuta d’Everberg: 28 colorazioni
Barbuta di Watermael/ Barbuta di Boitsfort: 30 colorazioni

Descrivere tutte le colorazione delle Barbute Belghe è un’impresa non attuabile su un Notiziario, sono comunque a disposizione qualora qualcuno necessiti di chiarimenti.
La colorazione classica, ed anche la più comune, è la “Quaglia”. Occorre dire che, anche se può sembrare il contrario, non è assolutamente una colorazione facile da ottenere: complica ancor più la situazione il fatto che alcuni standard, compreso quello europeo, danno una descrizione diversa da quella dello standard belga.
Un esempio – Gallo
Standard belga

« Grandi copritrici dell’ala: bruno scuro con orlatura più chiara, più distintamente sul lato esterno. All’estremità di ogni piuma è preferita una perla nera, così che daranno forma a due bande nere. »

Standard europeo

« Dorso e copritrici delle ali: devono sembrare uniformemente bruno dorato scuro (presenza nascosta del fattore del disegno della gallina). Piume esterne delle fasce dell’ala brune, interne nero intenso (in questo caso le fasce dell’ala non potranno essere nere, ndr.). »

Bene, a voi la scelta!
Una cosa posso dirla: attenzione alla formazione dei gruppi. Sarà necessario equilibrare i due colori dominanti – bruno dorato e nero – , quindi non accoppiare soggetti dei due sessi troppo scuri o troppo chiari: meglio se si fanno gruppi misti.
Personalmente ho sempre avuto l’opinione che la colorazione Quaglia fosse caratterizzata de una parte superiore molto scura, a causa del forte disegno nero – con un contrasto, fra l’altro molto piacevole da vedere – con una parte inferiore priva di nero e di un tenue colore camoscio chiaro.

Allevamento e Selezione

La perfezione non è di questo mondo, l’ho già detto molte volte, ma il nostro intento deve essere quello di cercare di raggiungerla, solo così si potrà migliorare.
Ho già parlato della “selezione” in un mio precedente articolo (“Criteri di Selezione” Avicoltura/Avicultura n° 24 – Gennaio Marzo 2008), e, se ancora non l’avete letto, vi consiglio di farlo: vi sarà senz’altro utile.
Una buona partenza faciliterà senz’altro il lavoro: scegliere pertanto dei riproduttori di buon livello dando sempre la preferenza alla morfologia. Il colore sarà più facile da migliorare, e, comunque, influenzerà sempre meno sulla valutazione.
La forma e la posizione prevalgono sulla colorazione. Quando si scelgono dei riproduttori si devono avere le idee ben chiare sulla forma, la posizione e le proporzioni: tutte caratteristiche necessarie per poter scegliere una buona tipologia.
Ci sono razze che sono molto simili fra loro – ad esempio la “Barbuta d’Uccle”, la “Nana Calzata” e la “Sabelpoot Olandese” – , che, se viste separatamente, ad occhio poco esperto potranno sembrare una sola razza, specialmente se non proprio in standard.
Ma, se confrontate, si noteranno differenze ben evidenti: postura, posizione e forma della coda, piumaggio della mantellina, profondità del petto.

Silhouette

Perché allevare le barbute? Perché sono simpatiche, e perché le loro esigenze sono alla portata di tutti.
Un piccolo giardino, anche ben tenuto, per loro sarà sufficiente e non subirà un’invasione barbarica. Se necessario, parte della giornata possono anche restare in piccoli recinti, magari non troppo affollati, senza soffrire.
A volte i maschi, proprio per il loro carattere battagliero, sono un po’ aggressivi anche con l’allevatore, ma date le loro dimensioni non fanno certo paura.
La vastissima gamma di colorazioni e le diverse forme e caratteristiche possono accontentare tutti.
Sono buone produttrici di uova, anche se piccole, e la fertilità e la schiusa sono alte. Sono razze robuste, ed i pulcini, in genere, crescono bene e velocemente.
Con un piccolo gruppo lo stoccaggio degli alimenti è veramente relativo.

Quando si ha a che fare con soggetti con barba occorre fare attenzione che questa non si debba rovinare. Sarà pertanto necessario un occhio di riguardo.
L’acqua dovrà avere un apposito beverino nel quale galleggerà un riduttore della superficie, in modo che gli animali non debbano bagnarsi la barba.
Una barba bagnata raccoglie sporcizia, ma se nutriti con miscele, queste, attaccandosi alle penne, faciliteranno l’insorgenza della pica – i soggetti si mangiano le penne l’un l’altro -: un brutto vizio, che difficilmente perderanno. Sarà anche bene, in occasione delle esposizioni, che il giorno del giudizio i soggetti vengano abbeverati dopo il passaggio del giudice: una barba ammollata sarà difficilmente giudicabile.

Stesso discorso per la calzatura: quando questa è richiesta va selezionata e giudicata nella giusta maniera.
È una cosa che i nostri allevatori non hanno ben capito e ci rimangono stranamente male quando un buon soggetto viene svalutato per la calzatura, quasi fosse una caratteristica secondaria e priva d’importanza.
Anche la mangiatoia dovrà essere studiata affinché i soggetti non riescano ad entrarci dentro: la calzatura sarebbe a rischio.
Consigliabile, un paio di mesi prima delle esposizioni, togliere le penne rotte, che torneranno così ad essere pronte al momento dell’ingabbio.
L’allevamento di soggetti calzati varia proprio a seconda della tipologia di questa caratteristica. Ovviamente le attenzioni da rivolgere ad una Barbuta D’Uccle o ad una Cocincina sono diverse da quelle per una Croad Langshan o Faverolles, dove si richiede una calzatura abbastanza scarsa.
In presenza di una calzatura importante sarà necessario improntare l’allevamento anche per questa caratteristica, affinché si mantenga pulita ed integra: un fondo di truciolo o segatura sempre pulito, ma anche una recinzione adatta che non faciliti la rottura delle penne più lunghe.
I posatoi non troppo alti, ma soprattutto non troppo stretti – intorno ai 5 cm. -, e che non terminino troppo vicino ad una recinzione o ad un muro.
Occorrerà una dieta equilibrata secondo il sistema di allevamento: se tenute chiuse per la maggior parte del giorno, occorrerà studiare una dieta che gli fornisca tutte le sostanze nutritive necessarie per una buona crescita: non sarà quindi sufficiente un misto di grani, ma occorrerà integrarlo con un complesso vitaminico e sali minerali.
Se invece avranno la possibilità di ampi spazi all’aperto con erba, se sufficientemente ampi potranno procurarsi ciò di cui hanno bisogno: basterà ogni tanto un integratore vitaminico.
Ovviamente il secondo sistema è preferibile per la salute dei nostri animali, ma, come abbiamo già accennato per le razze calzate, almeno a quelle che dobbiamo portare alle esposizioni, concediamo una “libertà vigilata”.

Fabrizio Focardi

Ringrazio:
  • L’amico Andy Verelst, segretario del CTS belga, per avermi inviato gli standard ufficiali, aggiornati, di ogni razza.
  • L’amico Beppe Prandi che conoscendo da vecchia data il mio interesse per tutte le razze mi ha inviato una raccolta di articoli curati dal C.B.B.U.A.W. (Club Belga Delle Barbute Uccle, Anversa e Watermael).
  • Il Sig. Alfons Willeghems del C.B.B.U.A.W. per il permesso ad attingere notizie da suddetti articoli.
  • Il “grande” dott. Elio Corti per la sua Summa Gallicana: fonte inesauribile.