Uova in mostra?

di Paola Fallaci e Fabrizio Focardi

Caro Fabrizio Focardi
Mi ha molto colpito il suo articolo sulle uova apparso nel numero scorso. Da tanto tempo mi chiedevo come mai l’uovo viene considerato e studiato soltanto in base alla riproduzione e non anche per la sua compiutezza e bellezza: la religione cattolica lo considera addirittura il simbolo della rinascita, del Cristo risorto, della Pasqua.
E noi che trattiamo quotidianamente polli e galline non lo mettiamo mai in risalto, non lo valorizziamo.
Mi aveva colpito anche una frase del giudice Maremmi quando gli chiedevo le uova di Marans e come deve essere una Marans: “Non ha tanto importanza la sua perfezione quanto la perfezione delle sue uova”.
Ma allora perché le uova non vengono esposte e giudicate come in Inghilterra, in Francia e talora in Germania?
Perché nei grandi Stati Agricoli degli Usa le galline vengono esposte con le loro uova sulle gabbie e da noi no? È bellissimo l’invito in neretto che concludeva il suo articolo: “Un’idea! Perché ai prossimi Campionati non si organizza anche noi un bel concorso per l’uovo più bello?”
Nel frattempo, da parte mia, raccolto l’invito a provare, a studiarci: come si fa ad ottenere delle belle uova?
Quali galline sono più adatte? È possibile rendere più forte il pallido azzurro di un uovo di Araucana? E se, in America, comperassi delle Amercaune, che fanno uova sia azzurre sia verdi sia rosa, potrei partecipare con le Easter eggs alle gare? O no, visto che il nostro Standard non contempla questa razza?
Chi ha voglia di seguirmi?
Sono certa che molte socie dell’Airpa diranno di sì perché è la nostra cultura, sappiamo che le uova sono da sempre state gestite dalle donne, in Toscana, per esempio nei piccoli poderi, contadine e fattoresse curavano personalmente il pollaio essendo le uova l’unica ricchezza che potevano gestire senza il capoccia, essendo l’unica fonte di reddito loro concessa.
E che bel patrimonio di informazioni ci hanno lasciato.

Paola Fallaci

PS. Focardi, perché l’uovo con due tuorli dovrebbe venire squalificato secondo il Poultry Club?


Prima di tutto: grazie Signora Fallaci!
Che piacere la sua lettera aperta pubblicata sul passato Notiziario! Al di là dei complimenti (che ovviamente fanno sempre piacere), confesso che aspetto sempre un cenno a conferma che quello che ho scritto ha interessato qualcuno: anche un “non sono d’accordo” mi farebbe ugualmente piacere, in quanto segno di interessamento attivo da parte del lettore.
Alla sua domanda: “perché l’uovo con due tuorli dovrebbe venire squalificato secondo il Poultry Club?”, così rispondo: viene squalificato perché rappresenta un’anomalia.
L’uovo è la partenza per una nuova vita – salvo decidere di farne una frittata, s’intende – ; vita che non potrebbe svilupparsi, o perlomeno non potrebbe farlo nella giusta maniera, in presenza di due tuorli.
Approfitto per fare a Lei, ed a tutte le pioniere dell’AIRPA, i miei complimenti ed “auguri” per la nuova associazione: ritenetemi a disposizione per qualsiasi necessità e collaborazione.

Fabrizio Focardi

iodonna

IO DONNA – Il femminile de IL CORRIERE DELLA SERA
Foto Roberto Manzotti

iodonna

Esemplari fotografati messi a disposizione dall’AIRPA
esposti all’edizione di Giardini in Fiera a San Casciano Val di Pesa, settembre 2006.

Timoniere o grandi copritrici della coda?

di Fabrizio Focardi

Eravamo, io e Marco, in vacanza a goderci il fresco dell’Engadina e, tanto per non perdere l’esercizio, ignorando le malelingue familiari, stavamo correggendo le bozze delle nuove schede standard.
Non è una cosa semplice né piacevole. Forse per Marco era sopportabile, in quanto più portato per le cose schematiche, ma il ripetere in continuazione: ali, colli, tarsi, code e poi remiganti primarie, secondarie ed ancora timoniere, copritrici… mi si ingarbugliavano le cellule grigie!
Era comunque necessario farlo con molta attenzione e non lasciarsi assopire dalla cantilena: pena lasciarsi sfuggire l’inesattezza.
Per far questo, oltre alla nostra esperienza, c’erano sul tavolo libri e standard di diversi Paesi – alcuni di origine – delle razze trattate.

coda gallinaAd un certo punto, controllando la colorazione “Collo Oro”, ci siamo accorti che mentre uno diceva una cosa l’altro ne intendeva un’altra. Parlavamo della coda della gallina, più precisamente delle due ultime penne in alto, quelle che in genere non hanno lo stesso colore delle timoniere.
Timoniere o grandi coprirci?

Nella pratica poco importa, diranno alcuni e in effetti la precisazione diventa necessaria solo quando si parla di colorazione: dire “le ultime due timoniere” o “le ultime due grandi copritrici” all’atto pratico cambia poco: sempre quelle sono.
Ma il nostro lavoro e la nostra serietà ci impongono di usare una terminologia esatta: anche questo ci separa dai soliti “pollaioli”.

Abbiamo indagato ed ecco il risultato:

L’enciclopedia on line Wikipedia riporta a proposito delle “Timoniere”: tipo di penne presenti negli uccelli. Sono in genere dodici: sei per ogni parte della coda.

Germania: il disegno tedesco è molto preciso; la coda è chiaramente formata da 12 timoniere e 2 (le più alte) sono chiamate “grandi copritrici della coda”.

Olanda: nel loro disegno le timoniere sono 14 (7 per parte). Quelle che noi chiamiamo grandi copritrici le divide in grandi copritrici e le top-copritrici le ultime due, che però non sono le penne di cui noi stiamo parlando, queste le chiama semplicemente timoniere.

Francia: non c’è il disegno con la legenda del piumaggio della gallina, ma leggendo nelle colorazioni parla semplicemente di timoniere e grandi copritrici della coda. Quest’ultime le dà del colore del mantello: si presume quindi che sia, perlomeno in questo, d’accordo con la Germania.

Inghilterra: parla genericamente di “piumaggio della coda” e specifica che le due esterne hanno diversa colorazione.

U.S.A.: chiama le due più alte semplicemente timoniere, specificando che le ultime due hanno colore diverso.

coda gallinaProprio oggi, prima di spedire l’articolo, ho ricevuto il nuovo Standard Europeo E.E., ecco quello che riporta:
“Copritrici della coda: piume laterali della coda dei polli, che coprono parzialmente le timoniere. Le due grandi sopra-caudali terminano la coda. In maniera errata, le due sopra-caudali sono spesso chiamate timoniere. Nel gallo, le piume di copertura della coda sono chiamate falciformi (grandi e piccole).”

Mi sembra chiaro, non ci resta quindi altro che adeguarsi e chiamarle anche noi, a mio avviso giustamente, “le due grandi copritrici superiori”.

Allevatori: futuro incerto per tutti!

di Secondo Rore Lazzaro

Nel momento in cui termina un anno, in realtà si pensa spesso e volentieri a come dimenticare per qualche giorno di festa i nostri problemi di tutti i giorni, ma si sa, sono pochi coloro che riescono a mettere in pratica il detto: anno nuovo vita nuova.
Quasi sicuramente per la maggior parte di noi si riprende con la stessa solita routine di tutti i giorni, adattandoci alla nostra vita quotidiana e ricercando qualche momento di relax con i nostri famigliari e con i nostri amici pennuti.
Generalmente io sono solito fare una piccola riflessione su tutto quanto accaduto nell’anno appena finito, dando uno sguardo a tutti i 12 mesi trascorsi congratulandomi per i progetti ben riusciti e cercando di trarre vantaggio, dopo attente analisi, alle situazioni negative che mi hanno posto in seria difficoltà. Quest’anno, proprio perché ho avuto modo di riflettere a lungo su quanto accaduto in Italia, io mi permetterei di dare un consiglio a tutti noi allevatori: dobbiamo incrementare l’interesse dei giovani nel nostro hobby.

Sì certo non è facile, spesso veniamo visti come dei pazzi ad esporre polli in una mostra, però, tutti quelli che prima si stupiscono poi dopo s’informano su come fare per poter allevare. Vedete com’è facile trovare le risposte se si fa un’attenta analisi al problema stesso.
In effetti, la mancanza di linfa più giovane nel nostro hobby è dovuto a mio avviso ad una mancata e mirata pubblicità.

Chioccia

Certamente i manifesti, i volantini, ma sono le scuole che dobbiamo interpellare è lì che deve iniziare una più costruttiva informazione di chi siamo e cosa facciamo. Vi rendete conte che dalle mie parti i bambini sanno dell’esistenza della giornata del pulcino ma non sanno dell’esistenza delle fiere.
Questo sta a sottolineare che se un piccolo commerciante di mangimi può attirare interesse nelle scuole con dei pulcini figuriamoci noi che con le nostre associazioni abbiamo anni di esperienza e un bagaglio di cose e spiegazioni da poter distribuire a tutti i bambini italiani.
Chiaro, poi mi auguro che non gli vengano venduti soggetti pieni di difetti! Anche perché questo fatto è il secondo e forte motivo per il quale molti giovani dopo un annetto di allevamento preferiscono molto probabilmente investire i propri soldi ed il proprio tempo in altri hobby, e noi rimaniamo così in una situazione di stallo.

In questi anni ho notato che le associazioni italiane in ogni “campagna arruolamenti” acquista un paio di soci in più e nello stesso tempo ne perde altrettanti; ma quelli che se ne vanno non sono intenzionati ad iscriversi in qualche altra società, se ne vanno proprio dal mondo dell’avicoltura… molto deprimente. Oggi siamo l’unico stato in cui il nostro hobby, oltre ad essere ostacolato dalle istituzioni, non viene valorizzato come dovrebbe essere.
I nostri animali vengono presi in considerazione soltanto durante le mostre, mi rendo anche conto di come non è semplice iniziare a trattare una cultura avicola, ma credetemi che le possibilità ci sono eccome.
A mano a mano che si svolgono le riunioni delle società, penso che sarebbe cosa gradita da parte di tutti i soci vedere sempre nuovi iscritti, per avere ciò si deve cercare di lavorare verso la comprensione e la conoscenza, formare nuovi allevatori suscitando loro l’interesse nei polli. Come?
Riunioni abbinate a giornate di studio, contattare le scuole ed invitarle per uno studio approfondito scientifico da come nasce il pulcino fino alla toelettatura dei nostri animali, manifestazioni (qualora venissero liberalizzate) nei paesi per farci conoscere dai nostri stessi vicini di casa, pubblicazioni delle nostre iniziative sui giornali locali, concorsi premi per il miglior disegno di gallo o gallina negli asili, .. come vedete di idee io ne ho e sono uno, figuriamoci fra tutti gli allevatori italiani!

Da parte mia ci sarà sempre la più affermata convinzione che se si semina bene avremo un buon raccolto, quindi per favore, e mi voglio rivolgere a tutti i presidenti, facciamo qualcosa per il nostro futuro e per il futuro di quei giovani che sono già buoni allevatori ma se i cari vecchi dinosauri non si muovono rischiano di fare estinguere anche i più giovani.
Grazie a tutti.

Standard per uova

di Fabrizio Focardi

Ho letto, sul libro standard inglese, lo standard usato dai giudici per la valutazione delle uova.
Già da moltissimi anni in questo Paese, in genere in occasione di mostre avicole, si organizzano questi concorsi.
Negli ultimi tempi, da riviste tedesche e francesi, ho appreso che anche nei loro Paesi, seppur più raramente, si assiste a manifestazioni del genere.
Le uova vengono presentate, ben sistemate su paglia o truciolo in piatti o cestini, e dopo essere state valutate viene proclamato un campione assoluto e, a seconda dei regolamenti, anche campioni per razza o colore del guscio.
Oltre che curioso può risultare interessante in quanto, anche per incubare, è importante che l’uovo abbia determinate caratteristiche strutturali, ma quali sono queste caratteristiche?
Eccole qua!

Il “Poultry Club” ha autorizzato il seguente standard e scala dei punti per giudicare le uova.

Esterno
Guscio deve mostrare ampia larghezza, buona cupola ed essere più alto che largo; la parte superiore con una curvatura più ampia della parte inferiore.
La parte inferiore è più appuntita nelle uova deposte da galline che da pollastre, ma non deve esserlo troppo; una forma troppo ampia o una troppo stretta non è desiderabile.
Misura la sola misura, senza la struttura del guscio, non è sufficiente per la decisione del giudizio.
Un uovo normale per una pollastra che inizia a deporre si aggira intorno a g. 49,0 per poi arrivare rapidamente a circa g. 56,0, che poi sorpasserà dopo diversi mesi dall’inizio della deposizione. Un altro aumento ci sarà dopo la prima muta.
Uova di razze nane devono essere giudicate con lo stesso standard delle uova di razze grandi con eccezione della misura e del peso che non dovrebbe superare i g. 42,0. Uova più pesanti per questa categoria sono indesiderate.
Struttura del guscio: liscio, senza linee o protuberanze, uniformemente strutturato, levigato ad ogni estremità senza zone porose o presenza di bollicine.
Colore bruno, bianco, crema, picchiettato, blu, verde oliva, prugna, ecc.
Freschezza dell’aspetto il guscio deve essere pulito, senza essere opaco od avere apparenza stantia; la camera d’aria deve essere piccola, come conviene ad un uovo appena deposto; il contenuto con la speratura non deve avere tracce di sangue o macchie. Le uova possono essere lavate prima di esporle.
Uniformità le uova formanti un piatto o una qualsiasi serie devono essere uniformi nella forma, nella struttura del guscio, nella misura e nel colore.
Interno
Tuorlo colore giallo oro intenso, senza striature o macchie di sangue. Ben sferico, liscio sulla superficie e ben in rilievo dall’albume; di colore uniforme.
Albume preferibilmente di colore bianco, formato da materiale denso, particolarmente intorno al tuorlo che ricopre. Il contorno dell’albume deve essere ben netto; senza macchie di sangue.
Calaze ogni calaza assomiglia ad uno spesso cordoncino di albume bianco e sono attaccate alle due estremità laterali del tuorlo per mantenerlo così al centro dell’albume dove è più denso.
Camera d’aria molto piccola, come si addice ad un uovo appena deposto, la membrana aderisce al guscio.
Freschezza è caratterizzata da una piccola camera d’aria e da una superficie del tuorlo ben a cupola e senza rughe. Un tuorlo vecchio ha una forma cadente.

Uovo2

Scala dei punti – Esterno
Guscio 25
Misura 15
Struttura del guscio 20
Colore 20
Aspetto Freschezza 20
Totale 100*
Scala dei punti – Interno
Tuorlo 35
Albume 35
Calaza 10
Camera d’aria 10
Freschezza 10
Totale 100

*Punteggio massimo per ogni uovo o per una serie di uova indipendentemente dal numero
*Aggiungere 5 punti ogni uovo per uniformità.

Uovo3Difetti (per i quali le uova possono essere squalificate)
Più di un tuorlo. Assenza di freschezza. Lucentezza e guscio artefatto.
Guscio colorito artificialmente.
Caratteristiche contraffatte oltre alla squalifica comportano il rapporto al Poultry Club.

Una idea!! Perché ai prossimi Campionati non si organizza anche noi un bel concorso per l’uovo più bello?

Le nostre razze nel mondo: la Siciliana

di Focardi Fabrizio

La Siciliana è senz’altro conosciuta in Europa, ma, se si fa eccezione per l’Inghilterra, non credo sia allevata in nessun altro Paese; il problema, comunque, è che purtroppo non è molto allevata neanche in Italia.
Peccato! E’ una bella razza, tutta italiana, con caratteristiche, anche se difficili, interessanti.
Le sue qualità sono indubbie: precocissima con alta fertilità, ottima carne e buonissima produzione di uova bianche. Di tutto ciò ne ho comunque già parlato in tante altre occasioni; con questo articolo volevo solo mettervi a conoscenza che sto tentando di sensibilizzare allevatori di altri Paesi a questa nostra razza, purtroppo non è cosa semplice, in Germania, ad esempio, la Siciliana non è riconosciuta.
Come tutte le razze italiane sarà presente nel prossimo standard europeo, ma questo, secondo me, non sarà sufficiente ad invogliare allevatori europei ad allevarla.

Restando in Europa un po’di fortuna comunque l’ho avuta, in Germania esiste un’allevatrice, Nuele Mersch, entusiasta di questa razza, con la quale ho stretti contatti e un interessante reciproco scambio di informazioni.

Gallina Siciliana Mersch

Gallina Siciliana Neule Mersch

Alleva, oltre alla nostra Siciliana, anche quella di selezione americana; si voleva disfare di questa per dedicarsi interamente alla nostra, nella colorazione Collo Oro, ma io gli ho consigliato di aspettare in quanto patrimonio sempre importante; credo, fra l’altro, che siano gli unici esemplari esistenti in Europa.
Spero convincerla a richiedere il riconoscimento nel suo Paese, sarebbe un buon inizio: i tedeschi sono ottimi allevatori e sono sicuro che darebbero alla Siciliana un buon contributo.
Mi ha mandato alcune foto che pubblico volentieri, anche perché sono sicuro di farle cosa gradita.
Sono degli ottimi soggetti di giusta mole, cosa che manca ai soggetti che ho avuto modo di vedere in Italia.

Gallo Siciliano Mersch

Gallo Siciliana Neule Mersch

Un altro interessante contatto ce l’ho con un allevatore americano Eric Coppinger; in America è selezionata con l’orecchione bianco, ma è interessante la colorazione, che loro chiamano “Buttercup” – ricorda la Dorata a Fiocchi Neri – che, a mio avviso, è quella importata originariamente dall’Italia.
Troverei interessante che qualche nostro allevatore tentasse la selezione, in questo caso però si dovrebbe richiedere al CTS lo standard e poi il suo riconoscimento,
Pubblico le foto che Eric mi ha inviato: sono soggetti ottimi con una giusta mole ed una buona cresta.

Gallo Siciliano Coppinger Cresta Gallo Siciliano Coppinger Galline Siciliane Coppinger

Gallo Siciliano Eric Coppinger

Cresta Gallo Siciliano Eric Coppinger

Galline Siciliane Eric Coppinger

Influenza Aviaria

di Michela Corrò

Caratteristiche del virus

L’influenza aviaria è una malattia virale altamente contagiosa che interessa moltissime specie di volatili con manifestazioni ed andamento nella popolazione animale molto diversi in funzione del ceppo virale coinvolto e della specie colpita.

Il virus appartiene alla famiglia Orthomyxoviridae, genere Influenzavirus di tipo A ed è caratterizzato da un genoma virale costituito da un filamento di acido nucleico: RNA, suddiviso in 8 segmenti tenuti insieme da proteine strutturali, avvolto da un involucro lipidico (envelope), sul quale sporgono due differenti strutture proteiche denominate emoagglutinina e neuroaminidasi. (foto e disegno 1)

Foto virus Disegno virus

Foto 1: Influenzavirus A sottotipo H5N1

Disegno 1: Influenzavirus A: disegno schematico

Ad oggi si conoscono 16 tipi diversi di emoagglutinine e 9 neuroaminidasi, identificate rispettivamente con le lettere “H” ed “N”, dall’iniziale del nome inglese (haemoagglutinin e neuraminidase) e da un numero progressivo, ad esempio Influenzavirus tipo A sottotipo H5N1. Queste proteine permettono al virus di penetrare e replicarsi nella cellula ospite e sono in gran parte responsabili sia delle caratteristiche virali, sia della differente virulenza osservata.
Per tale motivo i virus influenzali sono classificati in sottotipi diversi in base alla combinazione di emoagglitinine e neuroaminidasi che li compongono. Queste proteine svolgono inoltre attività antigenica inducendo nell’ospite la produzione di anticorpi specifici, ciò significa che gli anticorpi prodotti nei confronti di un sottotipo influenzale non agiscono, né proteggono l’organismo nei confronti di altri sottotipi.
Nonostante non si abbiano ancora notizie precise sulla effettiva diffusione dei sottotipi influenzali nei volatili né sulla sensibilità delle diverse specie aviarie, tuttavia i virologi sono concordi nel ritenere che solo alcuni ceppi virali appartenenti ai sottotipi H5 e H7, sono responsabili della forma più grave della malattia: definita influenza aviaria ad alta patogenicità.
Oltre al sottotipo virale ed alla sensibilità di specie, anche altri fattori possono condizionare le manifestazioni cliniche della malattia ad esempio l’età dei soggetti colpiti, il loro stato immunitario, la presenza di altre patologie concomitanti, le condizioni di allevamento, ecc. Molto sensibili, ad esempio, ai sottotipi H5 e H7 sono polli e tacchini, mentre gli anatidi spesso sono portatori asintomatici del virus.
Tuttavia nei recenti episodi di influenza aviaria verificatisi in Asia si è potuto constatare che anatre e oche allevate si ammalano più facilmente e in modo più grave rispetto ad oche ed anatre selvatiche.

La malattia

I virus dell’influenza A si possono distinguere in 2 gruppi in relazione alla gravità della malattia che causano:

Influenza aviaria ad alta patogenicità HPAI (dall’inglese Highly Pathogenic Avian Influenza), provocata da particolari ceppi di H5 e H7; causa elevata mortalità nei volatili allevati, mentre più rari sono gli episodi di malattia in specie selvatiche, anche se i focolai verificatisi negli ultimi anni in molti Paesi Asiatici, dai quali è stato isolato il sottotipo virale H5N1, hanno coinvolto con esiti spesso drammatici sia specie allevate, sia specie selvatiche; particolarmente grave il focolaio del lago Qinghai, Cina occidentale, con circa 6.000 uccelli acquatici morti.
Il virus una volta penetrato nell’ospite diffonde in tutto l’organismo provocando lesioni talmente gravi da indurre in poche ore la morte del 95-100% dei soggetti presenti in un allevamento. Quando il quadro clinico è meno violento, si può osservare la comparsa di sintomi quali: tosse, starnuti, lacrimazione, edema della testa e del collo, colorito scuro dei bargigli e della cresta, emorragie sulla cute apprezzabili soprattutto nelle zone prive di penne; diarrea profusa e sintomi nervosi; la mortalità rimane comunque sempre elevata.
Influenza aviaria a bassa patogenicità LPAI (dall’inglese Low Pathogenic Avian Influenza), causata dagli altri sottotipi influenzali, compresi alcuni ceppi di H5 e H7 a bassa patogenicità. La malattia si caratterizzata per i sintomi non specifici, spesso di lieve entità, che possono comprendere sia forme enteriche: diarrea, sia forme respiratorie: sinusite, congiuntivite, tracheite, aerosacculite, ecc., accompagnate da diminuzione della deposizione di uova, inappetenza, depressione. Alla sintomatologia clinica può seguire la guarigione nel giro 1/2 settimane, oppure nelle specie più sensibili la morte spesso dovuta ad infezioni secondarie.
Anche in questo caso la malattia è altamente contagiosa, diffonde cioè rapidamente nella popolazione di volatili ed è probabile che quasi tutte le specie aviarie sia domestiche, sia selvatiche siano recettive al virus e possano quindi infettarsi.
I monitoraggi fino ad ora effettuati hanno evidenziato nei volatili acquatici la presenza di una grande varietà di sottotipi a bassa patogenicità, soprattutto in Anseriformi (anatra, oca, cigno, ecc.) e in Caradriformi (gabbiano, ecc.)
In entrambe le malattie la trasmissione del virus avviene per contatto diretto con animali infetti, in questo caso feci ed aerosol sono i veicoli principali per la trasmissione virale; oppure per contatto indiretto attraverso: cibo, attrezzature, acqua, veicoli, mezzi di trasporto contaminati dal virus. Il microrganismo ha una discreta resistenza nell’ambiente esterno se protetto da materiali biologici (feci, organi, ecc.) e nell’acqua, soprattutto in presenza di basse temperature, mentre viene rapidamente inattivato a temperature superiori ai 60-70°C. Il mantenimento comunque del virus nell’ambiente esterno e la sua diffusione anche a grande distanza, è possibile grazie alla presenza di specie aviarie più resistenti all’azione del patogeno (specie reservoir), in grado di ospitare il microrganismo nell’intestino.

Disegno 2

Disegno 2: ruolo dei volatili acquatici nella trasmissione virale

La situazione attuale

Numerosi sono i focolai di influenza aviaria ad alta patogenicità provocati dal sottotipo H5N1, segnalati in Asia, Medio Oriente, Africa ed Europa dal 1997 ad oggi. Il virus originatosi nel sud-est asiatico si è profondamente radicato nella popolazione di volatili, favorito sia dal grandissimo numero di uccelli selvatici e domestici qui presenti, sia dalle particolari condizioni di allevamento praticate; inoltre l’adattamento a specie migratrici, ha permesso l’arrivo e la diffusione del virus anche in altre aree del mondo.
Da febbraio di quest’anno il sottotipo H5N1 è stato segnalato in Italia meridionale, in uccelli selvatici trovati morti. Fino ad oggi sono risultati positivi 19 volatili: 16 cigni provenienti dai Balcani, un germano, una poiana e un pollo sultano (dati del centro di Referenza Nazionale per l’influenza aviaria aggiornati al 3 marzo 2006).
Non si segnalano casi in allevamenti avicoli.
Su tutto il territorio nazionale sono da tempo applicati piani di monitoraggio e di controllo sia nei volatili allevati, sia in quelli selvatici per individuare tempestivamente focolai di infezione ed intervenire in modo adeguato.

Il problema influenza aviaria è particolarmente sentito in tutto il territorio comunitario e nell’ultimo anno l’Unione Europea ha rivisto la normativa in vigore ed emanato nuove disposizione alla luce delle conoscenze scientifiche ed epidemiologiche acquisite nel frattempo, tra queste la recente la direttiva 2005/94/CE del 20 dicembre 2005 relativa a misure comunitarie di lotta contro l’influenza aviaria, che abroga la precedente direttiva del ’92; mentre in ambito nazionale ricordiamo alcune ordinanze del Ministero della Salute:

  • – O.M. 10 ottobre 2005: modifiche ed integrazioni all’O. M. 26 agosto 2005 concernente misure di polizia veterinaria in materia di malattie infettive e diffusive dei volatili da cortile

  • – O.M. 22 ottobre 2005 misure ulteriori di polizia veterinaria contro influenza aviaria

  • – O.M. 11 febbraio 2006 recante misure urgenti di protezione per casi di influenza aviaria ad alta patogenicità negli uccelli selvatici e successive integrazioni e precisazioni, emanata dopo la scoperta dei focolai in Italia meridionale.

Dott.ssa Michela Corrò
Istituto Zooprofilattico delle Venezie

Sulle tracce di Aldrovandi

Devo ringraziare Stefano Bergamo che mi ha segnalato questo bell’articolo di Luuk Hans sull’origine della Padovana; lo ritengo molto interessante e lo sottopongo alla vostra opinione. È pur sempre una razza italiana; o no?
Stefano – che non ho il piacere di conoscere personalmente ma che spero di incontrare presto – è sempre molto disponibile e pieno di buona volontà e mi aiuta nei miei rapporti con l’Olanda.
Lo ringrazio quindi di tutto cuore e ringrazio Luuk Hans per l’autorizzazione a pubblicare il suo articolo.
Luuk Hans è il segretario del Club della “Nederlands Baard- en Kuifhoenderclub” (Club Olandese della Barbaciuffo) e coordinatore del’INPC (International Network of Poland Clubs): praticamente tiene i contatti fra i club di razza di vari Paesi (Gran Bretagna, Germania, Danimarca, Svizzera, Australia e ovviamente Paesi Bassi).

Fabrizio Focardi


Sulle tracce di Aldrovandi
di Luuk Hans

con la collaborazione de: Dott. Elio Corti; traduzione: S. Bergamo

Il Dott. Elio Corti è un medico-chirurgo specialista che sin dal 1994 si occupa della genetica del pollo.
Stefano Bergamo è un italiano appassionato della razza, che vive in Olanda.

Come si è giunti alla selezione di razze avicole dotate di ciuffo o ciuffo e barba?
Le teorie in proposito sono diverse. E diversi sono soprattutto gli aneddoti. Molte notizie trovano origine dall’opera dello studioso italiano Ulisse Aldrovandi, che intorno al 1600 scrisse l’opera intitolata Ornithologia, ove si trovano anche illustrazioni raffiguranti polli ciuffati. L’ipotesi è che le ciuffate abbiano quindi raggiunto i Paesi Bassi dall’Italia. Un’altra teoria vuole che siano giunti in Olanda attraverso le rotte del Mar Baltico. Tale ipotesi sarebbe corroborata dal nome che gli inglesi diedero alle ciuffate: ‘Polish’ o ‘Polands’, che significa ‘originarie della Polonia’.
Il primo riferimento alle ciuffate in Olanda è del XV° secolo, mentre i primi dipinti in cui vengono raffigurate sono del XVI e XVII secolo. Comunque sia, la ciuffata deve essere una razza molto più antica. Infatti, la selezione e fissazione di certi caratteri così peculiari, quali il ciuffo decisamente molto sviluppato, ed in colori che spesso contrastano nettamente con il piumaggio sul resto del corpo, deve essere avvenuta nel corso di moltissimi anni.
Le ciuffate sono state oggetto di studio anche prima di Aldrovandi. I dati certi sono decisamente scarsi, ma è proprio per questo che si delinea la necessità di fare luce sulla loro storia precedente il 1600.

Nei tempi antichi

Negli antichi testi si fa riferimento ai Greci ed ai Romani. Sono diversi gli autori che si riallacciano a documenti che risalgono a tale epoca.
È possibile affermare che le ciuffate esistessero già tra il primo ed il quarto secolo d.C. Non è invece probabile che esistessero in data precedente, in quanto gli scrittori romani più antichi non ne trattano affatto nelle loro opere. Autori romani di epoca precedente l’era cristiana, quali Varrone, Plinio e Columella, dimostrano di ignorare l’esistenza dei polli dal gran ciuffo.
L’olandese Houwink, nel suo libro Razze avicole nelle forme e colori loro propri, pubblicato intorno al 1900, cita fonti greche e romane, tra le quali lo scienziato e filosofo greco Aristotele, vissuto intorno al 400 a.C. Houwink prospetta la possibilità che Aristotele abbia individuato le ciuffate con la denominazione di ‘Patavine’. Tale ipotesi, tuttavia, è ben lontana dal convincere.
La prima prova concreta dell’esistenza delle ciuffate ci viene fornita da determinati scavi archeologici effettuati in Inghilterra, e precisamente ad Uley, ove vennero rinvenuti scheletri appartenuti a polli ciuffati di epoca romana, come si deduce dalle caratteristiche del cranio, tipiche delle ciuffate. Tali ritrovamenti risalgono ad un periodo compreso tra il I ed il IV secolo d.C.

 

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Fig. 1: cranio di ciuffata

Molto particolari sono le statue, dello stesso periodo, esposte nella Sala degli Animali dei Musei Vaticani. Si tratta, senza ombra di dubbio, di polli ciuffati. Le statue, della grandezza di circa 30 cm., negli anni ’30 sono state oggetto di studio da parte del Prof. Ghigi; sfortunatamente, non mi è stato possibile entrare in possesso di tale documento.

 

varie013_002Fig. 2: Musei Vaticani.

Delle copie in gesso delle suddette opere sono state esposte in occasione del congresso mondiale di Londra (1939). Gli originali sono in marmo. In breve, in base ai ritrovamenti in Inghilterra ed ai marmi dei Musei Vaticani, è possibile ritenere che le ciuffate siano giunte in Europa tra il I ed il IV secolo d.C.

Rimane naturalmente aperta la questione della loro provenienza.
L’ipotesi più probabile è che le ciuffate, al seguito di tribù nomadi provenienti dall’estremo oriente, abbiano viaggiato in direzione dell’Europa. Ciò può essere avvenuto in diversi modi: nel caso si consideri il percorso settentrionale, attraverso la Russia ed il Baltico, la razza russa Pavlov potrebbe costituire una testimoninza di tale passaggio; acquista plausibilità anche, per deduzione, l’ipotesi che le ciuffate siano giunte in Olanda dall’est europeo. Ciò spiegherebbe anche la denominazione inglese delle stesse: Polands o Polish. Se invece si considerasse il percorso meridionale, sarebbero allora le Sultana e le Padovane una logica conseguenza di tali spostamenti. Interessante è il fatto che uno scrittore tedesco, Conrad Gesner, nel 1555 fa menzione di alcune galline ciuffate che sarebbero state regalate dal sultano turco ad un ospite veneziano (probabilmente un regalo forzato, dopo la caduta di Costantinopoli). Venezia e Padova sono vicine: il collegamento col nome Padovana è presto fatto!

Sembra realistico ritenere che le diverse razze originarie di ciuffate, quali Sultana, Pavlov e la nostra Ciuffata Olandese, ed altre razze ad esse collegate come il Brabante, l’Uilebaard e la Breda, siano state tutte, in origine, strettamente imparentate fra loro.
In breve, la storia delle ciuffate copre un arco di molti secoli, ben più di quanto si ritenesse recentemente.

Da Aldrovandi a van Gink

Comunque sia, molte delle storie sulle origini delle ciuffate cominciano dal summenzionato Aldrovandi. Ciò in quanto da allora le ciuffate vengono rappresentate nei dipinti, la miglior prova dell’effettiva esistenza delle stesse.
Nella sua opera datata 1600 si trovano anche illustrazioni raffiguranti polli ciuffati, che dall’autore stesso vengono denominati Padovani. Il gallo della figura è, a mio parere, un bell’esempio di olandese nero a ciuffo bianco. È vero che un tale esemplare non supererebbe l’esame di una giuria odierna, ma il ciuffo bianco ed il piumaggio – prevalentemente – nero denotano una chiara relazione con l’Olandese nero a ciuffo bianco.
L’illustrazione a colori di Aldrovandi non compare spesso nelle pubblicazioni: si tratta di una copia tratta dall’edizione originale del libro di Aldrovandi, conservato nel Museo zoologico di Bologna, in Italia.

 

varie013_003Nel XVII secolo vengono prodotti numerosi dipinti raffiguranti polli ornamentali dell’epoca. Uno dei più famosi è L’aia di Jan Steen, databile intorno al 1660: uno splendido dipinto, che si può ammirare nella Mauritshuis dell’Aja. Tale dipinto, da solo, giustifica una visita a detto museo.
Vi vengono riprodotti polli ciuffati in colorazioni a noi oggi ancora familiari, quali argento reticolato nero e bianco. Ma la cosa sorprendente è che vi sono dipinte anche due belle galline nella colorazione fulvo a ciuffo nero, una colorazione che oggi non è (più) riconosciuta. Vi si trova, tra l’altro, anche una ciuffata dai tarsi impiumati! La si confronti con raffigurazioni recenti di Pavlov. Lo stesso vale anche per colorazioni che riitroviamo nei dipinti di Melchior d’Hondecoeter.

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Fig. 4: D’Hondecoeter
Fonte: Museo centrale di Utrecht

D’Hondecoeter è l’autore di diversi dipinti raffiguranti galline ciuffate.
È risaputo che i pittori dell’epoca dipingevano animali in modo molto fedele alla realtà. Melchior d’Hondecoeter riprodusse regolarmente gli stessi soggetti in diversi dipinti. Ad esempio, una ciuffata bianca (con pulcini) ricorre diverse volte, e lo stesso vale per un gallo perniciato a ciuffo bianco. Si noti anche la gallina dorata reticolata/pagliettata di nero. Tuttavia, l’artista ha riprodotto, in una delle sue opere, anche un gallo che è un chiaro esemplare di Olandese nera a ciuffo bianco, come si evince dalla figura.

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Fig. 5: D’Hondecoeter
Fonte: Rijksmuseum, Amsterdam

I dipinti di d’Hondecoeter si possono vedere anche al Rijksmuseum di Amsterdam ed al Museo centrale di Utrecht, qualora non siano in restauro o in deposito.

Dall’assoluta eterogeneità alla perfezione

Benché le ciuffate non siano originarie dei Paesi Bassi, va al nostro Paese l’onore di avere perfezionato la razza, vale a dire, di avere creato delle ‘vere ciuffate’. In tal modo ai soggetti a ciuffo bianco, sia in Olanda che in Germania, è stata aggiunta la specificazione ‘olandese’. Anche in Inghilterra si parla da tempo di Dutch Crested, ciuffata olandese. Tale onore ci viene riconosciuto per le ciuffate prive di barba, ma non per la varietà che ne è provvista. Quest’ultima, nei Paesi a noi confinanti, viene ancora indicata con il nome di Padovana, come – d’altra parte – anche in Olanda fino agli inizi del secolo scorso. In considerazione di ciò, si può anche sospettare che l’Olanda abbia svolto un ruolo di primo piano nel perfezionamento della ciuffata con barba, o Padovana. È un fatto che anche antiche razze olandesi, quali Brabante e Uilebaard, siano state originate utilizzando lo stesso materiale di partenza.
Ad illustrare il livello di perfezionamento raggiunto si prestano i disegni di C.S.Th. van Gink, morto l’11 febbraio del 1978 all’età di 78 anni. Van Gink era un profondo conoscitore delle razze avicole, ma anche un maestro nell’arte del disegno. Disegnava soggetti dalla costruzione e dai colori ideali, ma anche colorazioni quali sarebbero potute apparire, come ad esempio soggetti fulvi a ciuffo nero.
Un bell’esempio ne è la raffigurazione in basso. È possibile che Van Gink abbia trovato ispirazione ne L’aia di Jan Steen?

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Fig. 6: Il soggetto fulvo a ciuffo nero di Van Gink

Nel corso del Ventesimo secolo vengono create le varietà nane delle razze di taglia gigante o standard. Ciò è vero anche per le ciuffate, sia con barba che senza.
Se possiamo parlare di razze olandesi, dobbiamo in ogni caso ringraziare gli inglesi per la creazione della varietà nana della Ciuffata olandese con barba o Padovana. Al merito di avere creato la varietà nana della Ciuffata aspirano gli inglesi, i tedeschi e gli olandesi. Comunque sia, entrambe le varietà sono state create a cavallo dei secoli XIX e XX.
Tutte le varietà, grandi e nane, con barba e senza, in Olanda sono attualmente allevate alla perfezione nelle colorazioni riconosciute.

Colori e ciuffi

Al momento attuale ci dedichiamo alle colorazioni riconosciute dallo standard, ognuna con l’appropriato ciuffo ed eventualmente la barba. Fin dall’epoca dei primi dipinti, in qualità di allevatori abbiamo realizzato dei capolavori grazie alla perfezione che abbiamo raggiunto nell’arte di allevare. Ed è così che possiamo ammirare splendidi soggetti a piumaggio nero dai lucenti riflessi verdi e ciuffi candidi come neve, o orlature nitide con barbe e ciuffi appropriatamente inversi.

 

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Fig. 7: Bogdani

Ma non sempre è stato così. Negli antichi dipinti si vedono delle belle ciuffate multicolori o picchiettate, in colorazioni che oggi considereremmo frutto di fantasia. Basti pensare a dei soggetti fulvi a ciuffo bianco e barba nera, come nel dipinto dell’ungherese Bogdani, attivo in Olanda nel XVII secolo, o ai summenzionati fulvi a ciuffo nero o perniciati a ciuffo bianco quali sono raffigurati nei dipinti di Jan Steen en Melchior d’Hondecoeter.

Anche le preferenze in materia di grandezza del ciuffo sono cambiate nel corso degli anni. Le prime ciuffate presentano un ciuffo più ridotto, e spesso – soprattutto nel gallo – meno armoniosamente arrotondato. Nel corso del XX secolo, con un lavoro di selezione sistematica, i ciuffi sono divenuti più grandi. Basti consultare lo standard degli anni 50: “Ciuffo: il più grande possibile”.
Anche il logo del Club olandese della ciuffata testimonia il cambiamento del gusto. Nel nostro Paese il Club di razza della ciuffata olandese venne fondato nel 1925, e si presentava con il logo sottostante. Il club attuale è stato fondato nel 1980 e presenta un logo maggiormente stilizzato, in cui tuttavia le dimensioni del ciuffo rimangono notevoli.

 

varie013_008Fig. 8: logo a confronto

Recentemente si è optato per un ciuffo sì grande, ma soprattutto robusto ed in proporzione al resto del corpo, soprattutto al fine di ottenere un campo visivo naturalmente libero. In concreto, si tratta di un passo indietro nel tempo.

Ritorno al futuro

La lunga storia che abbiamo passato velocemente in rassegna, per così dire a volo d’uccello, ci dimostra che le ciuffate esistono sin dall’inizio dell’era cristiana. La marcia trionfale ha avuto inizio nell’Olanda del Medio Evo, con il perfezionamento nel nostro Paese delle ciuffate con e senza barba. In tal senso l’Olanda si è fatta eleggere la patria d’origine di tali razze.
La storia ci mostra anche come gli animali si adattino, nel corso del tempo, ai mutamenti sociali, una caratteristica essenziale alla sopravvivenza degli stessi.

Comunque sia, le ciuffate, grazie al loro aspetto particolare e la bellezza dei colori, hanno sempre suscitato, nel corso dei secoli, un interesse particolare.
C’è da augurarsi che aumenti il numero degli allevatori che si dedicano a questi nostri animali di particolare bellezza.


Letteratura interessante dal punto di vista storico:
  • Historie van de pluimveehouderij, prof.dr.ir. E.H. Ketelaars
  • Hoenderrassen in hunne vormen en kleuren, R. Houwink
  • Roman Evidence of a Crested Form of Domestic Fowl, as Indicated by a Skull Showing Associated Cerebral Hernia, D. Brothwell
  • Did Chickens Go North? New Evidence for Domestication, Barbara West and Ben-Xiong Zhou
  • Aldrovandi on chickens, L.R.Lind
  • Races of domestic poultry, E Brown

Innovazioni in Avicolutura secondo Teodoro Pascal

di Fabrizio Focardi

Non l’ho mai scritto, ma penso che tutti voi l’abbiate comunque capito: riporto gli articoli sempre integralmente, quindi con pregi e difetti, e anche se a volte è usato un vocabolario che definirei quanto meno “pittoresco”, corretto o meno che oggi possa apparire, mi sembra comunque giusto rimanere sempre fedele all’originale.

L’articolo che qui riporto è molto più attuale di quanto si possa a prima vista pensare. Infatti, proprio di questo argomento si discute in E.E. e nei singoli paesi di questi tempi – senza peraltro riuscire a trovare un accordo. Ognuno tira l’acqua al suo mulino ed ognuno ritiene valide, forse giustamente, le necessità, più o meno giustificate, dei propri allevatori. C’è da dire che in quei tempi si riteneva facile creare una nuova razza e molto spesso le caratteristiche fissate erano davvero poche.
Solo di alcune abbiamo oggi cenni storici; molte altre sono state solo delle comete, che hanno attraversato il cielo dell’avicoltura, sia italiana che straniera, senza lasciare un segno tangibile.
Pascal nel suo articolo vuol significare che non è facile portare innovazioni in avicoltura e che bisogna avere pazienza e conoscenza del campo; solo pochi – oggi si possono constatare i risultati di allora – sono riusciti nel loro intento, tramandando fino a noi il loro lavoro.
Pascal porta ad esempio William Cook (e non Coock come lui riporta), il quale è riuscito ad entrare di gran carriera nell’avicoltura mondiale grazie alle sue Orpington pollo ed Orpington anatra. Certo, l’evoluzione della razza, non sempre naturale, fa sì che i prodotti di oggi poco abbiano da spartire con quelli del sig. Cook, ma questo è avvenuto ed avverrà, purtroppo, con tutte le razze.
Le differenze fra razza e razza che oggi vediamo non erano allora così marcate, e qui l’amico Secondo Rore troverà risposta alla domanda fatta in occasione della mia dispensa sulla Langshan: come si faceva a confondere la Langshan con la Cocincina? Oggi , è vero, sarebbe impossibile, ma in passato la Langshan non era un trampoliere, come la chiama Pascal, e la Cocincina non era altrettanto larga e teniamo sempre presente che l’errore era fatto pensando a “brutti soggetti” di Cocincina, senza quindi la giusta rotondità e l’abbondante calzatura.
Certo, la tipologia odierna della Langshan è a mio avviso bellissima, ma è giusto plasmare le razze seguendo una corrente di preferenza momentanea o peggio ancora personale? Posso capire una nuova razza, ma perché modificarne una già esistente? magari a scapito di caratteristiche di produzione. Il Pascal non ha trovato risposta e neanche io mi voglio sforzare troppo per trovarla: l’avicoltura e gli avicoltori così erano, così sono e nessuno riuscirà a cambiarli.


Le innovazioni in avicoltura
“Pagine Sparse di Avicoltura di Teodor Pascal”

(dal “Giornale degli Allevatori” di Catania – 1906)

“L’arte non ha Patria”. – Frase retorica vecchia quanto il Mondo e che bene s’applica all’Avicoltura, un’arte come tante altre e se non arte bella, arte industriosa per eccellenza certamente.
La Patria? Ma che m’andate contandovi risponde l’utopista alias socialista. La patria è il Mondo e certo lo disse Cristo che non era utopista.
Sarebbe un sogno dorato quello dell’internazionalizzare l’Avicoltura, forse più che qualunque arte, bella o brutta che sia, purtroppo non il Mondo ha per patria, ma il Campanile, che su di essa ombra funesta proietta, mentre che Sole, nient’altro che sole, l’Avicoltura richiede.

Abbattiamolo questo benedetto Campanile e di luce vivida si rischiarerà il campo dell’Avicoltura.

I vecchi campanili s’abbattono da se, improvvisamente San Marco a Venezia insegni, ma in Avicoltura ben diversamente le cose si passano.
Una volta è vero, unico era l’indirizzo d’allevamento dei nostri volatili ed il Verbo emanava dalla libera Albione, infine, per ogni dove in Francia, nel Belgio, in Germania, in Italia e finanche in America si allevava a orma del Codice inglese: ora ogni regione vuol far da sé, così una stessa razza compare sotto diversi aspetti a seconda del Paese da cui proviene.
Chi è ignaro dei fatti nostri, chi non è allevatore infine attribuirà il fatto ad influenza d’ambiente, ma noi Avicoltori gli risponderemo che il codice d’Avicoltura ha la sua cittadinanza ed è francese in Francia, tedesco in Germania e così via. Conveniamone apertamente che tutto ciò è roda di chiodi, e che chiodi!… Inchiodiamo qualsiasi probabile progresso, lo paralizziamo indiscutibilmente: il Codice d’Avicoltura dovrebbe essere internazionale e veramente tale è in sostanza, ma non è rispettato “at literam” ed ogni regione lo applica alla sua maniera. Trattasi di un malo andazzo che ingenera confusione, caos indescrivibile e che trova larga diffusione nelle razze della gallina domestica, e certo assi meno nei colombi, nelle anatre, ecc.

Osserviamo la razza Langshan p. es.: i soggetti di provenienza francese in generale arieggiano piuttosto il tipo cocincinese, per quanto rudimentalmente, mentre che gli inglesi se ne discostano molto di più e molto di più vi si avvicinano invece i tipi americani, i tedeschi poi sono più affini agli inglesi, ma hanno tarsi perfettamente nudi e riflessi meno marcati (1).
(1) Nota dello scrittore: I Langashan a tarsi nudi, si pensò nell’adunanza del Club degli allevatori tedeschi di Langashan, che ebbe luogo il 19 febbraio di quest’anno (1906 ndr) a Francoforte s.m., di chiamarli semplicemente Langshan tedeschi e la proposta fu approvato all’unanimità. Tutto ciò è giusto perché i suddetti Langshan sono di esclusivo allevamento tedescao ed io, nel mio libro delle razze della gallina domestica, edito nel 1905, cioè un anno prima della suddetta riunione, li chiamo anche Langshan tedeschi, dunque ben mi apposi a definirli colla loro nazionalità tedesca: diamo a cesare quello che è di Cesare.

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A quale di questi quattro rappresentanti dare la preferenza?… ma vattelapesca.
Mi sento dire, lo prevedo, agli inglesi e certo calza la risposta se per tipo inglese intendiamo quello originario, il classico tipo Croad, ma anche qui gli allevatori inglesi, se non tutti un certo numero ha ripudiato il suddetto tipo. Dunque? Il nuovissimi indirizzo d’allevamento inglese è una innovazione incomprensibile, un’alterazione della razza che la si è trasformata in trampoliere della pollicoltura alta, assai alta sulle gambe, la piuma abbastanza aderente al corpo.
Ho sott’occhio, mentre scrivo, la riproduzione d’una fotografia d’una gallina di nuovo indirizzo di allevamento e veramente sconcerta il fatto di veder mutata la Langshan in tal modo. Se questo indirizzo innovatore avrà il sopravvento nelle sfere d’allevamento inglese, la Langshan tipica ed impareggiabile sarà un pio ricordo ed allora i quattro tipi suaccennati spariranno dalle sfere d’allevamento. È opportuno tutto ciò?… ma.

Continuando la solfa, voglio citare un altro esempio saliente per provare la diversa cittadinanza del codice, alludo all’anatra Corritrice Indiana. Questo utile prodotto, il più produttivo di tutte le anatre sin’oggi di n’esclusivo allevamento inglese, da qualche tempo ha passato la Manica e trova caldi fautori in Germania particolarmente.
Gli inglese hanno tenuto questo prodotto sempre del volume primitivo, cioè non al disopra di quello d’una piccola anatra comune ed il loro Codice impone di non oltrepassarlo mai, chè altrimenti, così dice lo stesso, si va incontro ad un rallentamento di fecondità.
I tedeschi invece ora producono, consenziente il loro Codice, animali di più forte volume: animali asssi più lunghi di corpo, che però conservano la primitiva sveltezza di forma.

È sempre innato nell’uomo il prurito della innovazione, certo sempre a scopo di migliorare uno stato di cose esistente: quanto ciò sia indispensabile all’umano progresso è inutile discutere, e se così non fosse le imprese umane resterebbero stazionarie e si arrenerebbero sullo scoglio del regresso.
Dato e concesso il surriferito, noi non possiamo a priori condannare la instabilità d’indirizzo che vige negli allevamenti, poiché egli è appunto a questa instabilità che spesso si deve il perfezionamento d’una razza. Certo “errare humanum est” ma dagli sbagli emerge sempre il ravvedimento e perciò anche il miglioramento, quindi negli esempi sopraccitati forse abbiamo occasione d’intravedere un miglioramento di cosa ad onta degli sbagli enunciati; ma non è ciò che ci deve preoccupare e solo dobbiamo impensierirci che non tutti gli allevatori lavorano concordi verso un obbiettivo colla guida d’un Codice d’Avicoltura.
Se fosse possibile d’eliminare questo gravissimo inconveniente, se si potesse abbattere il campanile, allora sì che gli eventuali errori sarebbero rischiarati sulla luce che ne deriverebbe e perciò evitati, ma come abbattere pietre tanto fortemente cementate dall’orgoglio nazionale?
Le innovazioni in avicoltura si collegano spesso ad altre circostanza, oltre quelle ora enunciate, fra le quali la principale è quella che riflette la mania di sempre voler formare razze nuove.

 

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Certamente anche qui, d’altra parte non possiamo non riconoscere anche il lato buono: l’allevatore tende sempre più alla perfezione, quindi non gli si può assegnare un numero limitato di razze già stabilite dal generale consenso, cioè dal Codice; altre egli ne vuole, per vedere, chissà, di raggiungere ed afferrare la gallina dei suoi sogni.
In massima si ebbe sempre avversione per i fautori di nuove razze, particolarmente perché si pensava che ne avevamo abbastanza di quelle già esistenti e si diceva: pensiamo a sempre più perfezionare quelle che possediamo e non accresciamo confusione con nuove venute. E poi doleva l’animo di pensare che razze nuove venute potevano detronizzare man mano le già esistenti, e difatti così sta succedendo. Anch’io fui fra coloro che gridavano il crocifiggere a tali innovazioni, ma mi sono accorto che il male non è poi tanto grave: vi sono certo inconvenienti moltissimi, ma vi sono pure d’altra parte reali vantaggi, che tutti farò rilevare in appresso con esempi salienti. Però per non essere frainteso, è bene fare osservare che molti sono gli illusi in siffatta materia, molti sono colore che credono di poter improvvisare nuove razze come se si trattasse d’un qualsiasi impiastro di liquori più o meno tonico, più o meno corroborante: non è certo di costoro che ci occuperemo, ma soltanto degli allevatori seri che hanno ottenuto risultai meravigliosi e strabilianti sol perché le loro esperienze vennero intraprese sopra rilevante numero di soggetti ben cresciuti e ben allevati e non già sopra 5 e 6 miseri capi rachitici e molto male allevati; è inutile illudersi, per siffatta speculazione solo i grandi allevatori possono intraprendere determinate esperienze. Ma torniamo sui nostri passi che troppo ho divagato.

Nel volgere di pochi anni si sono viste detronizzare da nuove arrivate le più belle razze di galline, così le superbe razze francesi, la Crèvecoeur, la Houdan e la Flèche non sono più in voga come una volta e cominciano a perdere terreno davanti alla loro nuova consorella, la Faverolle; la Langshan anch’essa subisce una fierissima concorrenza colla sua diretta filiazione l’Orpington nera e concorrenza le fanno anche le gallineorpington d’altro mantello, abbenchè queste non sono per nulla prodotti derivati dalla Langshan come lo è l’orpington nera.
I belghi, che hanno abilità rare a saper mettere in vista i loro prodotti dopo aver empito il mondo di Campine; ora l’hanno quasi completamente detronizzata coll’ammannire la nuova intrusa, la Braekel, che sulla prima ha il vantaggio del maggior volume, tanto che ora la stampa belga, per quanto meno anche quella d’altri Paesi, non parlano che di Braekel, additandola quale panacea a tutti i mali dei passati allevamenti.
La nostra impareggiabile Italiana, abbenchè non razza nuova, pure è da considerarsi perlomeno come nuova venuta, poiché negli anni andati era soltanto rinvenibile in Italia allo stato di gallina comune, mentre che è ora generalmente allevata come pollo selezionato in Germania, nel Belgio, in Inghilterra; ecc. Quante e quante razze non ha detronizzate la gallina italiana? Potrei continuare ad additare un lungo elenco di nuove razze che si sono affermate saldamente a scapito di antiche e rinomate razze, ma andrei troppo oltre, quindi credo sufficienti per lo scopo prefissomi i pochi esempi sopraccitati.

Per ritornare alla Faverolle di cui abbiamo fatto cenno più sopra ed alla orpington pure summentovata, faremo osservare che questa esteticamente è riuscitissima, ma non quella certamente. La Faverolle create con i migliori elementi di questo mondo, cioè con Houdan Dorking Brahma, ma con elementi, come si vede troppo disparati, non poteva riuscire altrimenti che un pollo di stile Liberty, epperò un tale pollo omnibus ha reali requisiti di produttività che lo pongono molto in alto nella scala dei polli di valore economico.

Più che la Faverolle, la palma della vittoria spetta però indubbiamente alla gallina Orpington che riunisce in sé, al massimo grado, tutti i requisiti economici e sportivi, giacchè è pollo bellissimo e di grande reddito, quindi spendiamo poche parole sulla sua formazione.
L’Opringyon nera fu creata nel 1876 dal defunto allevatore W. Coock, vero colosso dell’Avicoltura inglese, nella sua proprietà denominata Orpington, ove l’allevamento grandioso esercitato da lui aveva la sede. W. Coock unì delle splendide galline nere Plymouth Rock con galli Minorca di forte statura, ed i prodotti d’incrocio di sesso femminile che risultarono da tale connubio vennero accoppiati a galli Langshan.

A furia di selezione esercitata indefessamente per ben nove anni continuati dall’intervento della razza Langshan, il grande allevatore potè finalmente mettere in commercio la sua nuova razza ben fissata. Naturalmente, per raggiungere lo scopo, Coock operò la selezione sopra un grandissimo numero di soggetti ogni anno, che un numero limitato non gli avrebbe potuto certamente fornire risultati sicuri. I primi Langshan importati in Inghilterra contavano anche qualche rappresentante a cresta tripla e W: Coock nel suo grandioso allevamento ne aveva più d’uno, quindi l’intervento di questi soggetti nel connubio fornì pure l’Orpington a cresta tripla, ma la prima, a cresta scempia è molto più diffusa.

Non qui si arrestò la tenacia del valente allevatore e nel 1889 mise in commercio anche l’Orpington bianco dopo un paziente lavoro durato pure 9 anni come per l’Orpinton nera. Gli Orpinton bianco però non hanno nulla del Lanhshan, quindi rappresentano una razza diversa dalla nera, eppure le assomigliano moltissimo ed al punto da confonderle l’una coll’altra.
La formazione degli Orpington bianchi si deve all’unione di galli italiani bianchi con galline Amburgo nere ed all’unione successiva di tutte le galline bianche che ne risultarono con galli Dorking bianchi extra nel volume.

Come nei neri Vi sono anche Orpington a cresta tripla, ma si preferisce sempre la cresta scempia.

Nel 1895, anche dopo 9 anni di lavoro (il defunto Coock aveva il numero 9 per amuleto a quel che pare) vennero lanciati in commercio gli Orpington gialli. Furono formati da galli Amburgo dorati con galline Dorking grigie, tutti gli allievi di colore rosso bruno vennero incrociati con galli Cocincina fulvi.

Nel 1897 nacquero in commercio, sempre lanciati dall’infaticabile Coock, gli Oprington porcellana o Giubileo (in omaggio al giubileo della regina Vittoria). Vennero formati come i gialli, solo si adoperarono Dorking coucou (ora quasi spariti). Il fondo del colore è rosso bruno, ogni penna con una punta bianca e macchiata di nero nel mezzo.

Dopo vennero anche gli spangled che vemmero formati da Dorking scuri (gialli) con gallina Plymouth coucou, le galline risultate da questo connubio vennero accoppiate con galli Amburgo argentati.

 

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Il meraviglioso successo che ha ottenuto la razza Orpington per ogni dove è li a dimostrarci che le innovazioni sapientemente condotte in Avicoltura non sono da condannare. Certo l’Orpington molte razze ha fatto passare nel dimenticatoio e specie la nera: basti in proposito affermare che arrabbiati fautori della Langshan ora non vedono che l’Orpington nera, la figlia, ha scalzata la madre infine.
È ciò forse male? Vorrei credere di no, anzi vorrei affermare che è bene positivo. E qui sento dirmi: “peccato, era una così ottima razza la Langshan”. È un rimpianto platonico, non positivo, dal momento che la ditte che le succede offre alla sua clientela benefici maggiori.
Dunque? Dunque non rimpiangiamo un passato certo glorioso quanto mai, ma che è rimpiazzato da un avvenire più luminoso ancora. Cadono le città cadono i regni, cadono pure la galline! Non fraintenda però, la Langshan ciò malgrado ha ancora mola vitalità e non abbandonerà di botto il suo allevamento, ho semplicemente voluto mettere in evidenza che è sorto un suo concorrente.

Una volta eravamo più conservatori in Avicoltura ma ora l’esempio degli irrequieti americani ha esteso il contagio anche agli europei e specie agli inglesi. Difatti, come in America, una vera mania innovatrice ha preso radice nelle sfere di allevamento, così non bastano le radicali modificazioni portate a razze tradizionali, la combattente inglese insegni, non bastava nemmeno d’aver deturpata la classica Langshan Croad e nemmeno bastava d’averla quasi scalzata colla indovinato Orpington nera, no, altre novità si richiedevano, proprio ad uso americano. Ecco ora in lizza una nuova razza ancora, i cosiddetti Bleu a cresta tripla Rosecom blues).

Troppe razze abbiamo, si è sempre detto per lo passato. Quelle che abbiamo ci potrebbero bastare, ma quante stanno sperando davanti alle nuove arrivate?
Dunque queste ultime non portano con sé un soprannumero di razze nelle sfere d’allevamento perché distruggono altre che hanno fatto il loro tempo.
Sopraggiungeranno altre nuove arrivate che altre più antiche razze scalzeranno e così via giungerà anche il turno di quelle che ora in voga e che ora sono state formate.
Infine è l’eterna legge dell’evoluzione che soprassiede negli allevamenti e sarebbe assurdo di pretendere uno stato stazionario delle cose.
Migliorare sempre, aspirare verso un ideale che non mai si raggiunge: è questo l’umano destino in generale quindi l’allevatore si sente sempre spinto ad innovare il tipo di una razza, sempre coll’ideale di ottenere soggetti migliori dei precedente e mai s’arresterà in questo affannoso cammino.

Lasciamolo dunque fare dal momento che a nulla gioverebbe l’opposizione.

Chi è Teodoro Pascal?

di Fabrizio Focardi

Ho intenzione, e spero di farvi cosa gradita, pubblicare in futuro alcuni articoli di Teodoro Pascal.
Alcuni li avete già letti nei passati Notiziari, credo pertanto bene che sappiate qualcosa di più su chi li ha scritti.

Teodoro Pascal è stato per me un grande dell’avicoltura italiana, insieme a tanti altri sì è vero, ma lui ha saputo trasmettere nei suoi articoli tutta la sua passione, e oggi, a distanza di tanti anni, si ha la sensazione che il suo carattere critico e la sua sincerità abbiano influito a realizzare un’avicoltura migliore.

Qui di seguito alcune parole di chi l’ha conosciuto:


C.A. Gonin (altro autorevole scrittore di libri avicoli)

Dire di lui come allevatore è quanto celebrare, come lo merita, uno dei primi e dei migliori d’Italia; egli fu milite glorioso di quel manipoli di pionieri…
I suoi magnifici polli Langshan, alla qual razza aveva consacrato le cure più intelligenti, le sue stupende galline Maggi e le meravigliose anatre muschiate testimoniavano dell’amore dello studio di quel vero avicultore che era Pascal.
È un grande benemerito, un vero cavaliere del lavoro intellettuale, il principe dei letterati avicoli italiani al quale voglia il destino concedere lunghi anni di vita per la fortuna del nostro Paese.


Concetto Battiato (direttore della Casa Editrice Battiato)

Io considero Teodoro Pascal come un vivente autore classico della nostra Avicoltura. Il pubblico attribuisce ai suoi scritti un assoluto valore scientifico e pratico nello stesso tempo. E non si sbaglia.


Pubblico qui il suo primo articolo, in cui parla dell’inizio della sua passione, mi è piaciuto, e penso che tanti di noi abbiano avuto un inizio avicolo, anche se in maniera meno poetica, simile al suo: amore per gli animali e la natura in genere.
Proseguendo nella lettura si conosce quella che era in Italia l’avicoltura ai suoi albori: molto commerciale, ma fatta con passione ed in alcuni casi anche con una certa dose di illusione.

E se oggi possiamo divertirci col nostro hobby questo lo dobbiamo anche a persone come Teodoro Pascal.


Da: Pagine Sparse d’Avicoltura di Teodoro Pascal
Art. 1 dalla “Rivista degli Allevatori” di Genova

Acqua Passata (Reminescenze d’Avicoltura)

In una tiepida notte di giugno, in epoca ben lontana, contemplavo la luna piena che colla sua luce diffusa fugava le stelle e si riverberava in un ridente specchio d’acqua, affogandovi dentro, a circa un metro dalla superficie, leggermente increspata dall’alito profumato d’un dolce zeffiro primaverile, Quell’immagine riflessa della luna oscillava lentamente al ritmo del moto delle increspature galleggianti sullo specchio d’acqua.

Un maestoso Cigno reale, il cui candido mantello era reso d’argento dai riflessi lunari, si cullava pigro nell’acqua, lasciandosi trasportare in voluttuoso abbandono alla deriva nella scia luminosa di perle che lasciava dietro di se. Giunto alla portata della riflessa immagine lunare si tuffò nel liquido elemento alzando il massiccio e voluminoso corpo in posizione verticale, con la testa in giù e lasciando al di fuori dell’acqua la parte posteriore impudicamente; la manteneva in equilibrio labile con abilità di clown da circo equestre. Il becco di ceralacca sbiadita, che robusto spuntava nel mezzo delle guance, guazzava nel riflesso disco lunare, intrufolandosi dentro e spappolandolo come pastone di cui pareva nutrirsi.

Affascinato da quella suggestiva avventura a base di luna riflessa, sognai ad occhi aperti d’essere io il cigno ed ad occhi chiusi mi trovai fra le braccia della mia Leda che avevo scovata in uno spiazzale adiacente allo specchio d’acqua. Quivi s’allineavano, a debita distanza l’uno dall’altro, numerosi pollai smontabili di legno, sollevati ognuno dal suolo da quattro trampoli sui quali erano saldamente assicurati. Sembravano capanne lacustre fermate su palafitte, ma si vegliava in quelle capanne, giacchè ne uscivano, nel silenzio della notte, suoni aspri, rauchi e cavernosi e alternati da strilli tenorili: era il coro dei galli che teneva concerto. Da quel momento non abbandonai più Leda e l’amai con passione, ma timoroso della vendetta di Giove, le cambiai nome, la chiamai Avicoltura. Così divenni allevatore e scrittore.

Parevami un tempo maniaca passione l’Avicoltura, ma poi, praticandola e percorrendone l’intricati meandri di sua produttività, ebbi la sensazione di essermi smarrito in un immenso laboratorio chimico che forniva, a getto continuo: albumina, sostanze grasse, glutine, calce ossia uova – azoto, acido fosforico, potassa, ossia pollina – fibrina, gelatina, caseina, ossia carne – sostanze cornee, ossia piume. Un autentico paese di cuccagna quel laboratorio immenso, costituito dai campi, ove lieti scorrazzavano polli, oche, faraone, tacchini e dalla brezza trasparente che il volo dei colombi offuscava, nonché dall’acquitrino, soggiorno e ristoro dell’anatra garrula e vorace.

Tesori opulenti di sostanze organiche concentrate in tutti quei piccoli essere pennuti a beneficio della specie umana che sempre sfruttò nel corso dei secoli. Blando ed irrazionale nei tempi che furono, efficacissimo nel prosieguo, lo sfruttamento prese il nome di avicoltura nello scibile umano, ciò avveniva verso la metà del secolo scorso (XIX sec.). E divenne col crescere degli anni, arte suprema l’Avicoltura, al punto che qualche fanatico usò elevarla a scienza: puerile pretesa, confusione di attributi, null’altro, l’Avicoltura non è una scienza a sé, bensì applicazione tecnica della scienza zoologica, è infine una branca della zootecnica.
L’Avicoltura attrasse nella sua orbita cultori insigni che la glorificarono, la resero popolare e diffusa in tutti i paesi civili quale fonte di benessere economico: furono quelli gli apostoli illuminati e coscienziosi, ma purtroppo ad essi si contrapposero in breve legioni di disonesti, che atteggiandosi a coribanti della Dea feconda, la prostituirono del tutto agli occhi dei profani. Costoro, ad istigazione di quelli, ravvisarono nell’Avicoltura “la Gran Madre fecondatrice della Ricchezza Universale” come i Greci antichi di Rea Cibale, quella della “Vita universale”. Finita la festa gabbato il Santo! E tutti quei Santi… gabbati, colle tasche alleggeriti a beneficio di quei furfanti, imprecarono alla Dea infeconda, proprio essi che da quelli s’erano lasciati stroncare nella virilità e che non potevano più fecondare la bella Dea.

Impotenti capponi della specie umana, anziché inveire contro i loro eviratori, se la presero coll’Avicoltura, condannandola come cimbraccola improduttiva.
Chi scrive visse in quell’epoca di bassa speculazione che aveva un solo ideale, l’inganno; lestofanti del mestiere prospettarono ai gonzi favolosi progetti d’impianto, incassi mirabolanti, utili dal 50 al 100 per cento sul capitale impiegato.
I merli, e non furono pochi, incapparono nella pania di quelle illusioni, si lasciarono allegramente spennare, cullandosi nella dolce e promettente illusione di una prossima ricchezza, ma l’indomani si svegliarono più poveri di prima. Tutti i loro sudati risparmi erano stati ingoiati nella voragine delle spese d’impianto e dagli acquisti di derrate alimentari. Alla prova dei fatti si constatò che non vi era convenienza a trasformare le granaglie, le farine, i tuberi, ecc. in uova, piume, pollina e carne nelle condizioni normali in cui era sorta l’industria e si constatò eziandio che i lestofanti si erano arricchiti, fornendo impianti e derrate a suon di grancassa e di piattini, araldi di strepitosa e menzognera pubblicità.

Un paradosso mi spunta a fior di labbra: non esito a sentenziare che il fenomeno lestofantico ora enunciato fu un bene e non un male. Brevi tratti di penna basteranno a menomare il paradosso, ed identificarlo come logica contingenza:
I lestofanti trionfanti trionfarono per breve lasso di tempo, incalzati dalla reazione degli onesti e debellati. La stampa avicola del tempo , e qui potrei far nomi di scrittori, che lascio nella penna per ragioni ovvie, intraprese una coraggiosa crociata, dando rilievo a tutte le ciurmerie di quei messeri ed affondando così il bisturi risanatore nel corpo piegato dell’Avicoltura. Rinacque la Dea fecondatrice di ricchezza a nuova vita e gli iniziati al suo culto crebbero numerosi, attirando nelle loro fila non pochi sbandati, non pochi disillusi dell’antico regime dei lestofanti. Trionfava la reazione su tutta la linea e quel trionfo mai venne meno sin’oggi. La lue lestofantica svaniva nelle nebbie di un triste passato, soffiato via dalla nuova vigorosa corrente rigeneratrice: analogia strana coll’attuale momento politico italiano.

Novello Teseo, l’allevatore sorto in seguito, liberò l’Avicoltura dal letto di Procuste, ove le malefatte dei lestofanti l’avevano sprofondata, purtuttavia lo stesso, non sempre seppe proteggerla contro le avversioni che ispirava tuttora il suo passato. Gli è che diversi allevatori, anche alcuni che andavano per la maggiore, avendo smarrito il senso della realtà, si abbandonano ai sogni e da quelli crearono fantasmi.
Caddero nell’esagerazione, spinta al parossismo precisamente come i lestofanti una volta, e fu certo in buona fede, ma caddero. È ovvio ricordare che l’Avicoltura anche questa volta ebbe a scapitarne nel suo progredire, ma poiché esulava dalla mente dei sognatori l’inganno, gli stessi non ad altri allevatori rovesciarono la cura dell’esperimento, la praticarono invece personalmente. E fu l’ecatombe, il disastro di aziende rilevanti che s’erano costituite su fragili basi: esempii a dozzine potrei citare, ma anche ora li lascio nella penna.

Il paradosso, mi tenta un’altra volta e dirò ancora, come allora, il fenomeno fu un bene, non un male, e soggiungerò che debbo ricorrere nuovamente a brevi tratti di penna per assorbire il paradosso nell’esponente della logica:
Ai lestofanti di un tempo ed ai caduti in buna fede che seguirono, successe la nuova generazione, ammaestrata dalla eloquenza dei fatti, resa perciò diffidente, ma anche riflessiva sull’accaduto. La riflessione conduce appunto a cercare, a vagliare l’entità della diffidenza, a valutare infine quanto vi è in essa di ponderabile e di inesistente e raggiunge di conseguenza una equilibrata percezione delle cose. Difatti l’Avicoltura si è ora incamminata per la dritta via, non più contaminata dall’amplesso dei lestofanti e non soggiacendo più nemmeno a quella dei sognatori che spesso la resero madre di fantasmi invece che di realtà. L’Avicoltura attuale infine, edificata col materiale valido del passato, ricavato dopo opportuna cernita dal cattivo, si è consolidata in edificio stabile e duraturo, sede di produzione feconda come pure d’insegnamento pratico e dottrinale.
Merito intrinseco dunque di tanto successo, seguito da tanto oscillare dei venti, all’Avicoltura moderna, che edotta di un passato disastroso, ha saputo trovare la buona strada del successo. Ma anche il Fato vi ha la sua influenza, il Nume onnipotente a cui sottostava tutta un’Eletta di Dei nell’Olimpo, finanche il potentissimo Giove. Gli eventi maturati per lo passato in veste di Araldi annunziatori di ricchezza si sono riverberati in luce serena negli attuali ambienti d’allevamento, non più bagliori accecanti di sogni luminosi, non più lusinghe di ricchezze fantastiche, bensì onesta prospettiva di tornaconto personale, di non iperbolici utili, ma adeguatamente remunerativi. Tutto ciò come logica conseguenza di un passato eccezionalmente caotico e paradossale, che per forza di cose dovrà rientrare nelle sfere della normalità, precisamente come alle rivoluzioni violente succede inevitabilmente uno stabile assetto della compagine sociale. Ma è poi lo stato attuale dell’Avicoltura totalmente normale? Santi Numi, non è certo tutto oro di coppella, i ciurmatori, gli eunuchi, i sognatori non mancheranno mai nelle manifestazioni dello scibile, quindi nemmeno nell’Avicoltura, ma certo si è che per lo passato trattatasi di una vera invasione di quella gente, elevata a sistema nel campo dell’Avicoltura. Ne doveva perciò seguire la reazione epurativa e gli allevatori moderni sono appunto la REAZIONE. Gli eventi attraversati dall’Avicoltura in oltre un cinquantennio mi si sono affacciati alla memoria e li ho riassunti nei loro capisaldi.

Acqua passata! Eventi sfumati nel solco del tempo! Mi sono ricordato! Chi è vecchio ricorda volentieri, specie i sogni, ed il sono il vecchio che sognò senza crear fantasmi: lo dicano i miei cortesi lettori.

Razze autoctone italiane

 di Fabrizio Focardi e Alessio Zanon

In questi ultimi tempi è di moda il recupero di vecchie razze autoctone italiane, ma in molti casi la ragione di questa passione è tutt’altro che onorevole.

Sono dell’opinione che tutto ciò porti danno all’avicoltura italiana seminando incertezze.

L’Italia è stata “rigirata come un calzino” e quello che c’era da trovare è stato trovato, ma se si vuole creare confusione le nuove razze si possono sempre scovare. Tempi addietro era sufficiente girare l’angolo per trovarne una, magari solo per una penna di colore diverso, che però bastava a far sì che il vicino la chiamasse in modo diverso, a suo piacimento.

Suffragare poi la propria ricerca con foto di razze che non hanno nulla in comune fra loro, questo oltre che disonesto alimenta ancora di più la confusione.

In proposito ho ricevuto quanto segue dall’amico Alessio Zanon, col quale ho buoni rapporti di collaborazione già da tanti anni, e che pubblichiamo certi che possa rendere più chiara la situazione attuale.

Alessio è laureato in Medicina Veterinaria presso l’Università di Parma con una Tesi presso il Dipartimento di Produzioni Animali, Biotecnologie Veterinarie, Qualità e Sicurezza degli Alimenti, dal titolo: “Identificazione e Salvaguardia genetica delle razze avicole italiane in via di estinzione”, Relatore Prof. Alberto Sabbioni.

Fabrizio Focardi


Avicoltura di razza alle prese con la contraffazione

In seguito alla divulgazione di numerose razze autoctone esistenti in passato sul territorio italiano, si è assistito ad un preoccupante espandersi di fenomeni incontrollati di nascita di nuove pseudorazze, alcune anche suffragate da foto di soggetti che nulla hanno in comune con esse (né per gli aspetti morfologici né genetici).
Il fenomeno incontrollato tende a vanificare gli sforzi di tutela provocando inoltre notevoli fraintendimenti.

Qui di seguito riporto i suddetti falsi in violazione di protocolli di tutela e non corrispondenti alle razze storiche citate.

I fautori di tutto ciò si trincerano dietro la scusante che le razze animali non sono brevettabili, ma in avicoltura come in altri campi le bugie hanno le gambe corte. Per alcune di esse non è presente nemmeno una citazione storica e sono da ritenersi animali sicuramente non di razza.

Dr. Alessio Zanon

Tipo “Pseudo Razza” Descrizione dei soggetti apparsi nei vari articoli
Polli Ciuffine Ghigi Semplici polli ciuffati
Rustichello Meticci di più razze
Gallina Vicentina Non corrispondente per nessun aspetto morfologico al pollo Mediterraneo
Argentata di Rovigo Livorno con difetti all’orecchione
Megiarola Semplici meticci di più razze
Gigante nera d’Italia Foto mostrate di Jersey Gigante non presente in epoca storica in Italia
Grossa Di Bologna Orecchioni, tarsi e cresta completamente diversi
Pentadattila Dorking
Perniciotta Fidentina Polli ibridi frammisti con Italiana dorata
Gallina Mora Romagnola Ibridi barrati
Collo Nudo Veneto Ibrido collo nudo
Leccese Livorno barrata
Collo Nudo Sorrentino
Padovana Comune Livorno barrata
Trentina Livorno
Oche Oca Del Doge Semplice oca pezzata
Oca Piacentina Semplice oca bianca
Oca Germanata dell’Amiata
Tacchini Tacchino Tipo Treviso Tacchino fulvo, forse Ardenne
Tacchino Lilla
Tacchino Di Avellino Semplice tacchino bianco ibrido
Tacchino Di Benevento Tacchino fulvo forse Ardenne
Tacchino dell’Amiata
Anatre Anatra Nostrana Veneta Anatra frutto di incroci
Anatra Polesana Bianca Anatra bianca
Anatra Polesana Lilla Orpington fulva
Vicentina Anatre Khaki Campbell
Anatra Nera dell’Amiata
Faraone Faraona dell’Amiata