Combattente del Viet Nam

di Focardi Fabrizio

È una ricerca, quella di pp, molto interessante, che permette ai lettori di farsi un’idea delle tante tipologie che possono esistere di una razza combattente.
Il Combattente Vietnamita, come noi lo chiamiamo nel nostro libro standard, fa parte di quelle razze molto, ma molto, difficili da trattare, proprio perché molto rare, e delle quali esistono solo frammentarie notizie.
Oltretutto appartengono ad un mondo molto particolare: quello dei veri galli da combattimento.

Questi animali, nel loro Paese di origine, sono trattati come si trattano dei veri campioni.
Le femmine, a differenza delle altre razze, ricoprono un ruolo secondario, senza celebrità, ma la loro importanza non è da meno in quanto, anche loro, contribuiscono a dare alla prole quelle caratteristiche che, in molti casi, si sono cercate per una vita.
Le diverse tipologie di un’unica razza possono derivare dal luogo di origine, ma anche, addirittura, dall’allevatore, che, per mezzo di una personale selezione, può creare soggetti con caratteristiche ben fissate; questi ceppi prendono il nome del luogo o dell’allevatore stesso.
Ovviamente, per come noi intendiamo l’avicoltura, queste tipologie non possono essere tutte prese in considerazione; questo succede per quasi tutte le razze da combattimento orientali.

Ga HoPaolo chiede la revisione dello standard che è già presente nel nostro libro.
Va precisato che il combattente che pp riporta nella sua ricerca è ben diverso da quello che noi abbiamo nel nostro standard, e non è presente, al momento, in nessun altro standard europeo.

La tipologia che noi abbiamo deriva dallo standard svizzero, ed è la tipologia del Ga Ho o Ga Dongtao che fu introdotto in Germania nel 1961 ed in Svizzera nel 1980.

È una tipologia molto particolare che non assomiglia minimamente a quei soggetti che forse oggi girano, in ambienti molto ristretti, in Europa.

Ga HoLa Ga Ho o Ga Dongtao assomiglia un po’ alla Yamato, ma ancora più “mostruosa”, più tarchiata, più compatta e con un’ossatura molto più forte.

Pertanto non ritengo opportuno parlare di “modifica allo standard” in quanto, da quello che ho potuto appurare, la razza, almeno in Vietnam, esiste ancora. Magari il nostro standard avrà pure bisogno di una rinfrescata, ma niente più. Dunque si dovrebbe richiedere il riconoscimento di una nuova razza e, siccome non presente in nessun standard europeo, dovrà seguire l’iter per il riconoscimento.

Criteri di selezione

di Fabrizio Focardi

Come ho già detto svariate volte, la genetica non è il mio forte; cercherò comunque di rendervi chiaro il significato di “Selezione” più sul piano pratico che su quello genetico. Riporto qui di seguito quanto ho scritto su un mio precedente articolo circa le colorazioni orlate della Wyandotte, per una conoscenza genetica di base, indispensabile per consentirci di parlare di “Selezione” :

« Quante volte ho sentito dire: “ma che combinano questi tedeschi? Dal mio gruppo, comprato in Germania, escono soggetti con colori e disegni che nulla hanno a che vedere con quello che ci si sarebbe aspettato”.
Si sceglie un soggetto per il suo aspetto fenotipico, sperando che quelle caratteristiche che mostra, generalmente provenienti da geni dominanti, vengano passate alla prole; ma il bagaglio genetico recessivo non è evidente e ci può riservare delle sorprese, e non solo nella colorazione, ma anche nella crescita, nella resistenza a determinate malattie, nella formazione del piumaggio, nella fertilità o nella produzione di uova, nella mole, ecc.
Se poi alleviamo in consanguineità, si contribuirà a rafforzarle, sia le buone che quelle che proprio non vorremmo.
Come ho già altre volte accennato, allevo, oltre ai polli, anche Agapornis di diverse specie.
Ho un’ottima coppia di Nigrigenis, della colorazione ancestrale (verde), che riproduce senza problemi da molti anni e dalla quale ho sempre avuto discendenti ancestrali; avendo altre coppie – sempre ancestrali e volutamente non consanguinee -, non ho mai tenuto nessuno dei figli, almeno fino allo scorso anno, quando decisi, per non trovarmi con tutti i riproduttori attempati, di cominciare a tenere per me qualche esemplare giovane. Due di questi, fratello e sorella, decisero di metter su famiglia; ebbene, ebbi una piacevolissima sorpresa: due loro figli su quattro erano blu. È evidente che uno solo dei genitori dei giovani riproduttori era portatore, ed ambedue i figli scelti hanno ereditato da quel soggetto il gene portatore del blu.
Esistono dunque geni dominanti e geni recessivi, cioè non tutti hanno lo stesso potere. Un gene dominante agisce da solo. Un gene recessivo può agire solo se presente in doppia dose.
I geni dominanti si identificano con una lettera maiuscola, i geni recessivi con una minuscola.
I geni, portatori di caratteri ereditari, hanno sede nei cromosomi, i quali sono sempre associati per paia.
Su un cromosoma ogni gene occupa sempre lo stesso posto, che viene chiamato “locus” (luogo, al plurale “loci”). Quando una coppia di cromosomi ha, nei punti corrispondenti, due geni identici, si dicono geni “omozigoti”. Quando invece una coppia di cromosomi ha, in due punti corrispondenti, due geni che trasmettono lo stesso carattere, ma con particolarità diverse – e di cui uno (dominante) prevale sull’altro (recessivo) – si dicono geni “eterozigoti”. Una coppia di geni che occupano lo stesso locus è detta allele.
Ogni cromosoma del paio proviene da uno dei genitori, i quali erano in possesso di uno dei due cromosomi di ogni paio, che, a loro volta, lo avevano ricevuto da ciascuno dei propri genitori e così di seguito a ritroso.
L’insieme dei fattori che caratterizzano un individuo sotto il profilo genetico ed ereditario è detto “genotipo”. L’insieme dei caratteri fisici visibili di un individuo, dovuti sia al patrimonio genetico sia all’azione dell’ambiente, è detto “fenotipo”.
La conoscenza dell’origine dei nostri polli è dunque molto importante: mai riprodurre a casaccio inserendo nel gruppo soggetti di origine sconosciuta. Occorre sempre, prima, vedere quello che porteranno. »

Si parla molto di selezione nel nostro hobby; molti però la sottovalutano, credendo che si limiti alla sola scelta dei soggetti migliori, al farli riprodurre e aspettare che escano i “Campioni”.
Non è così semplice: molti fattori legati fra loro possono essere causa di un successo, ma anche, purtroppo molto spesso, di un insuccesso. E’ bene pertanto conoscere più profondamente la materia: questo non eviterà del tutto le delusioni, ma aiuterà ad averne meno o meno grandi.
Senza la selezione non esisterebbero oggi le molteplici razze che alleviamo.
Selezionare significa scegliere gli elementi migliori, o che presentano determinate caratteristiche, o che appaiono più adatti ad un determinato scopo.
Si può effettuare una selezione produttiva ricercando qualità produttive (carne o uova nel nostro caso), o una selezione fenotipica (morfologia, disegno e colorazione).
Esiste una selezione naturale, propria degli animali selvatici, in cui entrano in gioco, oltre alla costituzione genetica di ogni individuo, anche molteplici fattori ambientali – lotta per la sopravvivenza, clima, capacità a reperire alimenti ecc. -; sono quindi gli animali più forti e più prolifici a tramandare le proprie caratteristiche. Esiste poi quella artificiale, che a noi interessa maggiormente: qui è invece l’uomo – l’allevatore – che la dirige, con la scelta, per la riproduzione, degli individui più idonei a tramandare alla prole determinate caratteristiche morfologiche, di disegno e colorazione. Posso aggiungere però che non si deve mai tralasciare le caratteristiche classiche della selezione naturale quali resistenza alle malattie, fertilità, ecc.
Ad esempio, oltre all’estetica, in una Livorno occorre valutare anche impennamento e deposizione precoce, alta produzione di uova, assenza di istinto alla cova.
Purtroppo si assiste molto spesso ad una selezione che viene fatta sulla base di preferenze personali, in alcuni casi anche avallata da giudici, senza tenere conto dello standard; si hanno così risultati che stravolgono la tipologia, determinando in una sola razza tipologie diverse a seconda della colorazione, del piumaggio, ecc.: questo va assolutamente evitato.

Scelta dei riproduttori

La scelta dei riproduttori sta alla base della selezione.
Va fatta in un gruppo di animali di giusta tipologia – sani, forti e con alta fertilità -, che con la loro eterogeneità genetica permetteranno, grazie alla capacità e sensibilità dell’allevatore, di migliorare la qualità e ridurre i difetti.
Pertanto è assolutamente necessario conoscere alla perfezione lo standard della razza che si alleva.

Conviene o non conviene allevare in consanguineità?

Nell’allevamento come noi lo intendiamo la consanguineità, fino ad un certo livello, è considerata un fattore positivo perché ci permette di fissare le caratteristiche fenotipiche desiderate con maggior facilità.
Ma, quando si oltrepassa un certo limite, il rischio che si corre è quello di creare un ceppo, magari meraviglioso e perfetto esteticamente, ma privo di quelle qualità necessarie – rusticità, resistenza alle malattie, fertilità, ecc. – che gli dovrebbero permettere, scongiurando mortalità embrionale e post-natale, di procreare una prole sana e forte, senza la quale il successo sarebbe effimero.
La consanguineità è generata dall’unione di due soggetti appartenenti alla stessa famiglia, e si può tollerare fino al 40%.
Tutti i soggetti hanno anche un bagaglio di geni recessivi indesiderati e, con un’alta consanguineità, si avrà un aumento di coppie geniche omozigoti che potranno essere causa di quanto sopra classificato indesiderabile.
E’ bene pertanto, per avere sempre presente il grado di consanguineità, non fidarsi della nostra memoria, ma tenere una sorta di libro genealogico in cui si appunteranno tutti gli accoppiamenti fatti nel tempo e le relative nascite.

Come agire per riportare nel proprio gruppo le caratteristiche richieste dallo standard?

Se le caratteristiche sono più o meno già presenti, si può effettuare una selezione di miglioramento facendo riprodurre solo quei soggetti che riteniamo preziosi per ciò che si ricerca.
Ma se ciò che vogliamo fissare non è presente nel nostro gruppo, si può ricorrere – pratica più comune di quello che si creda – all’incrocio con un’altra razza affine e che si pensi porti quello che ci manca senza sconvolgere troppo il resto.
Sarà l’esperienza dell’allevatore a decidere in quale modo intervenire.

Comunque, anche questa pratica non è immune da sorprese: una volta raggiunto lo scopo prefissato con ulteriori incroci, prima o poi, si potrà rivelare l’eterogeneità con caratteristiche inaspettate.
Una razza può pertanto definirsi “fissata”, nel vero senso della parola, quando, dopo un lungo lavoro in attenta consanguineità, si è raggiunta una totale omogeneità genetica (non soltanto quella fenotipica).
A noi comunque quello che interessa è fissare solo determinate caratteristiche estetiche, pertanto questa totalità non è necessaria.

La cosa migliore è, quando si è in possesso di un gruppo omogeneo, con giuste caratteristiche morfologiche di razza e di colorazione, lavorare sapientemente con esso; quindi non più promiscuità, ma riproduttori e prole sempre sotto controllo, un po’ come nei cani, e non oltrepassare il limite concesso di consanguineità.
Nel caso sia necessario introdurre nuovo sangue, usare soggetti di altro ceppo con i quali sia stato usato lo stesso sistema di allevamento.

Darwin diceva:

« Accrescere la consanguineità di una popolazione di cattiva qualità non comporta che rovina e devastazione, quando entro certi limiti questa pratica può essere attuata senza danni partendo da animali di prima classe »

Penso vi sia utile quello che scrive il dott. Elio Corti nel suo trattato di genetica “Summagallicana”, che qui riporto:

« Coefficiente o percento di consanguineità:
se un gallo viene accoppiato con le sue figlie, i prodotti saranno consanguinei nella proporzione del 25%.
Se queste figlie sono di nuovo accoppiate col gallo originale, si avrà un altro grado di consanguineità del 12.5 % per un totale del 37,5%.
Se il gallo originale dovesse ancora essere usato per fecondare le ultime figlie, si avrebbe un ulteriore aumento del 6.25% per un totale del 43,75%, ad un così alto livello di consanguineità molto probabilmente andremo incontro a inconvenienti.

Se un gallo viene accoppiato con le nipoti, le figlie avranno un coefficiente del 12,5% se poi queste pronipoti saranno fecondate da un gallo figlio del maschio originale, il coefficiente aumenterà del 3,125%, per cui il valore effettivo raggiungerà il 15,625%.
In generale è consigliabile non raggiungere un alto coefficiente, raramente oltre il 12,5%, e non bisogna fare salti eccessivi ad ogni generazione. »

Ovviamente, se un allevatore dispone di un gruppo di media qualità, potrà far riprodurre soggetti non parenti (outcrossing): si otterrà così una selezione non consanguinea.
Ma, se invece si disporrà di una gallo eccezionale, si potrà usare per la riproduzione il sistema (linebreeding) sopra descritto.

Esiste anche il sistema “closebreeding”: si tratta di un allevamento in stretta consanguineità (fratelli x sorelle o padre/madre x figlie/figli) che si usa quando si dispone di soggetti “Eccellenti” soprattutto per generare galli da usare poi come riproduttori in linee di allevamento diverse.

Sarebbe auspicabile disporre di gruppi separati ben selezionati da poter all’occorrenza scambiare vicendevolmente i riproduttori, ma sempre tenendo un libro genealogico.

E’ bene tener presente che si possono considerare parenti gli individui che hanno antenati in comune nelle prime 4/5 generazioni, dopodiché la parentela viene meno.

Scelta delle uova

La selezione di soggetti da esposizione parte dall’uovo, che deve essere di giusta misura, forma e colore.

Selezione dei pulcini

Già alla schiusa si fa una scelta di quelli privi di difetti strutturali e di quelli con la giusta colorazione del piumino.
Man mano che crescono e si cominciano a vedere nuove caratteristiche, si allontanano dal gruppo quelli con caratteristiche non conformi allo standard.

Scelta dei soggetti per esposizione

Da quello che vedo ad alcune mostre, molti portano quello che gli capita a portata di mano.

La scelta va invece fatta, almeno una settimana prima dell’ingabbio, standard alla mano, fra tutti i soggetti.
Una volta scelti i migliori, isolarli in gabbie separate con un buon fondo di truciolo.

Si abitueranno alla gabbia e alla vicinanza dell’uomo.
Non è male prenderli in mano più di una volta al giorno e, in queste occasioni, approfittare per esaminare quelle parti che non sono in vista e per pulire i tarsi e l’anello.
Ad alcune razze si può fare una leggera toilette, ad esempio al ciuffo delle Olandesi o Padovane.
Il piumaggio deve essere completo ed in buone condizioni.

Conclusioni

In conclusione, quello che a noi interessa è, più che creare una nuova razza, ricercare quelle caratteristiche necessarie per ottenere un “Eccellente”. Al giudice non interessa la strada che si è percorso per ottenere quello che lui ha davanti, pertanto il fine giustifica i mezzi: tutti sono buoni, l’importante è il risultato finale.
E’ dunque giustificato l’incrocio fra razze diverse? Qualcuno può non approvarlo o addirittura scandalizzarsi, ma guardiamoci un po’ alla spalle e chiediamoci come siano state selezionate tutte le razze che oggi conosciamo; è presto detto: con l’incrocio di razze diverse.
Vediamone qualcuna:

Wyandotte

Wyandotte:
Stati Uniti. Si iniziò intorno al 1870 e fu riconosciuta nel 1883.
Si partì incrociando un gallo Sebright (strano ma vero!) con una Cocincina fulva. Altri probabili incroci con Amburgo, Brahma e Breda.

Wyandotte nana

Wyandotte Nana:
riconosciuta nel 1911 in Inghilterra.
La prima fu la colorazione nera ottenuta incrociando Bantam nera con Cocincina nera, poi Wyandotte perniciata e Combattente Indiano Nana. Le colorazioni Perniciate a Maglie furono create con le razze Brahma Nana perniciata e Wyandotte grande sempre perniciata. Per la bianca invece contribuirono la Bantam bianca e la Cocincina Nana bianca.

Orpington

Orpington:
creata in Inghilterra da William Cook intorno al 1886 (Orpington era il villaggio dove Cook abitava).
Hanno contribuito la Minorca, la Plymouth Rock nera e la Langashan a tarso nudo.

Sebright

Sebright:
creata intorno al 1800 da Sir John Sebright usando la Padovana, dorata e argentata a orlo nero, la Bantam nera e la bianca e la Nankino.

Rhode Island

Rhode Island:
intorno al 1890/1905 nello stato di Rhode Island (Stati Uniti).
Frutto dell’incrocio di alcune razze asiatiche con il Malese rosso e la Livorno.

E potrei proseguire oltre.

Allevo da tanti anni e confesso che non sono mai ricorso all’incrocio fra razze diverse.
Questa necessità mi si presentò quando, con una maggiore esperienza, mi accorsi che le mie Wyandotte nane non erano come avrei voluto che fossero, e sulla piazza poco trovavo che potesse aiutarmi.
Riflettei a lungo e venni alla conclusione che l’unico tentativo che potevo fare era, a mio avviso, tentare l’azzardo.
Studiai tutte le razze, ma la risposta mi venne da un allevatore tedesco, diventato poi amico, che mi aveva venduto un ceppo di Wyandotte nane barrate.
Lui usava, in maniera ciclica, inserire sangue di Plymouth Rock Nana per migliorare la barratura.
Sempre in quel periodo fui attratto da un forte patriottismo avicolo e la ricerca e lo studio delle nostre razze mi convinse che forse era meglio che mi dedicassi a loro, quasi sconosciute e quindi molto più bisognose di attenzione rispetto alla Wyandotte Nana.

Presi così la decisone di abbandonare le mie amate Wyandotte nane e dedicarmi anima e corpo alla campagna pro razze italiane: decisione della quale oggi sono orgoglioso.
Persi quindi l’occasione, e non posso pertanto raccontarvi una mia esperienza, ma sarebbe utile per tutti che qualcuno decida di tentare.

Purtroppo gli allevatori italiani sono pigri e preferiscono adattarsi alla tipologia, più o meno giusta, che altri hanno preparato.
Così facendo non avremo mai l’esperienza necessaria a portare avanti un discorso serio per una nuova colorazione o razza o soltanto per migliorare quello che siamo riusciti a trovare.

Ancora una volta ringrazio il dott. Elio Corti per il suo encomiabile lavoro “Summagallicana”

www.summmagallicana.it

Nuove razze e colorazioni: una bella tentazione!

di Focardi Fabrizio

Quest’anno ho visitato due mostre all’estero: la nazionale tedesca, a Dortmund, e quella olandese, a Zuidlaren.
La Germania sorprende sempre per le nuove colorazioni: ho avuto modo di vedere la New Hampshire nella colorazione Bruno Dorata Blu, la Renania Bianca Columbia Nero, la Phoenix Nana Betulla, il Combattente Inglese Antico Ginger Rosso, la Crèvecoeur Bianca.

Burma Olandese 1,0

Burma olandeseL’Olanda stupisce invece per le sue razze, molte delle quali con l’ormai famoso e bellissimo disegno a fiocchi o a barre.
In particolare, sono rimasto colpito dal pollo di Chaams, del quale ho già parlato in un mio precedente articolo e che è già stato riconosciuto, e dalla Civetta Barbuta Olandese.
Ma non è stata da meno la Burma, una razza nana con barba, ciuffo, calze e garretti d’avvoltoio, e la rarissima Eikenburger, sempre una razza nana nelle colorazioni nera e bianca, che gli olandesi hanno selezionato molti anni fa: si tratta più o meno della Sebright monocolore.

Confesso che la tentazione era grande, ma sono stato fermo ai propositi precedenti la mia partenza dall’Italia: non cedere alle tentazioni!

Esistono più razze che allevatori, se per allevatori si intende chi è realmente tale.
Mi sfugge il numero preciso, ma la razze superano senz’altro le 240; non parliamo poi delle colorazioni: riesco a malapena a tenerne il conto.
In alcuni Paesi, un qualsiasi club di razza ha un numero di iscritti maggiore al numero totale degli allevatori italiani.
Pertanto, le “rarità”, per noi, sono tantissime.

Burma olandese

Burma Olandese 1,2

E’ comprensibilmente difficile, per un allevatore italiano, resistere alla vista di una nuova razza o colorazione. Ce ne sono di bellissime e di strane, per tutti i gusti, e in continuo aumento.
Spesso, e facilmente, scatta l’amore a prima vista: si vede, si compra, e felici si porta a casa.
Una volta arrivati gli si mette a disposizione il ricovero migliore, sfrattando quella che era la beniamina fino ad allora.
Si guardano tutti i giorni e, come genitori trepidanti in attesa di un lieto evento, aspettiamo il primo uovo.

Eikenburger Olandese 1,0

Eikenburger Olandese 0,1Purtroppo la permanenza in mostra, lo stress per il trasporto e la differente sistemazione ritardano questo evento, e allora si comincia quasi ad essere sicuri che quell’uovo non arriverà mai.
E si comincia ad inveire contro tutti gli allevatori del Paese dove l’abbiamo comprata; ne ho sentite di tutti i colori: danno fregature, sterilizzano i soggetti prima di venderli, adottano alimenti dopati, ecc.
Ma l’uovo arriva, e allora, felici o quasi, aspettiamo impazienti la nascita, che in genere arriva, ma se non arrivasse si ricomincia: apriti cielo e spalancati terra!

Quasi sempre comunque la storia ha un lieto fine, ma, non per fare il “bastian contrario”, a volte può anche succedere il contrario.

Personalmente sconsiglio sempre l’acquisto di nuove selezioni, e questo soprattutto per le difficoltà a reperire nuovi riproduttori; ma, se proprio non si può rinunciare, conviene tener presenti alcune regole.
E’ bene non limitarsi a comprare la coppia, ma almeno due galli e tre/quattro galline, per scongiurare un gallo sterile o che diparte precocemente.
Difficilmente le nuove selezioni offrono una vasta scelta di allevatori, quindi si rischia di cominciare già con soggetti consanguinei, che rafforzeranno sì geneticamente alcune caratteristiche positive, ma anche quelle negative. Ad esempio, in Germania, ma anche in altri Paesi europei, non si va tanto per il sottile: una nuova colorazione presentata in visione viene, in genere, riconosciuta senza problemi nel giro di un paio d’anni.
Quindi, se quello che compriamo non è geneticamente ben fissato, si rischia di avere brutte sorprese, più probabili se si riprodurrà sempre con soggetti dello stesso ceppo.
E’ bene pertanto acquistare quando una razza si vede già da alcuni anni e quando, in catalogo, gli allevatori sono in numero rassicurante.
Ma a questo punto la rarità non sarà più tale: non mi illudo pertanto che i miei consigli saranno presi in considerazione.

Anatra di Sassonia

di Fabrizio Focardi

Std Anatra di Sassonia

Marco Simeoni, che alleva questa razza di anatre, riconosce, giustamente, che per allevare e fare una giusta selezione non è sufficiente basarsi esclusivamente sullo standard. Lo standard ovviamente è schematico, e molto è lasciato all’interpretazione del giudice e, perché no, dell’allevatore. Non sempre queste interpretazioni coincidono: in questo caso, un dialogo è necessario per ovviare ad inutili incomprensioni.
Ecco perché, come da sempre sostengo, organizzare incontri, anche senza una tematica precisa, ma solo per una “chiaccherata” fra amici – è augurabile – può essere utile per fugare dubbi, oppure per avere la soddisfazione di sapere che siamo sulla strada giusta. Anche i giudici, in queste occasioni, possono trarre profitto dall’esperienza degli allevatori: conoscere le difficoltà della selezione, razza per razza, dà la possibilità di conoscere quelle caratteristiche con le quali è necessaria una certa tolleranza; conoscenza che aiuterà il giudice a dare preziosi consigli.

L’anatra di Sassonia prende il nome dal suo luogo di origine. La Sassonia (Sachsen) è uno stato federale tedesco creato a seguito della riunificazione della Germania nel 1990.
Occupa all’incirca l’area dell’ex regno che portava lo stesso nome (1806 – 1918). Questa area confina a est con la Polonia e a sud con la Repubblica Ceca. Internamente invece confina con la Baviera, Turingia, Sassonia Anhalt e Brandeburgo.

Anatra di SassoniaSi può definire un’anatra di recente creazione: è stata riconosciuta solo nel 1957, anche se si dice fosse già presente agli inizi degli anni ’30, scomparsa, purtroppo, durante l’ultima guerra.
Dopo il suo riconoscimento, e la conseguente presentazione alle mostre, fu subito apprezzata e presto raggiunse la Svizzera e la Francia, ma poco dopo anche l’Inghilterra e gli Stati Uniti. Il particolare interesse era soprattutto dovuto al suo rendimento, sia per la carne che per le uova: circa cento all’anno (non poche per un’anatra).
Queste caratteristiche gli sono derivate dalle razze che hanno contribuito alla sua creazione: la Rouen, la Pomerania e la Pechino Tedesca.

E’ un’anatra di tipo campagnolo, pertanto il suo tronco deve essere robusto, con un petto largo e ben pieno; il dorso, molto lungo, deve avere la stessa larghezza del petto.
E’ un’anatra carnosa, abbastanza pesante, ma non si deve esagerare: soggetti troppo pesanti perderebbero quella vitalità necessaria per una buona riproduzione.
Consiglio quindi di non superare i pesi dello standard tedesco: kg. 3,5 il maschio e 3 per la femmina.

Anatra di SassoniaLa posizione è quasi orizzontale, solo leggermente rialzata davanti.
La linea inferiore deve essere assolutamente pulita: priva di chiglia o pieghe ventrali.
Alle femmine, non più ragazzine, si potrà solo perdonare un leggero rigonfiamento del ventre, ma non la presenza di fanoni, neanche se poco sviluppati.
Il collo non deve essere né troppo lungo né troppo corto; lo stesso equilibrio si richiede per la grossezza. La testa deve essere proporzionata, con fronte piatta e guance poco sviluppate.
Il becco è richiesto di media lunghezza e leggermente concavo nella parte superiore.

Quindi: teste esili, troppo allungate, guance troppo sviluppate e becco convesso o con gobbe sono caratteristiche sgradite in quanto alterano la forma classica della testa dell’anatra di Sassonia.
Le ali non devono raggiungere la fine del dorso – sarebbero esagerate -, ma terminare poco prima della fine; ali troppo lunghe, ma anche se troppo corte, sono da penalizzare.
Non devono stare aperte, neanche leggermente, e stare ben aderenti al corpo, così da formare un tutt’uno col tronco.
La coda chiusa e portata in posizione orizzontale allunga visivamente il dorso. Anche le gambe, coperte dal piumaggio, fanno un tutt’uno con il tronco, senza pertanto rigonfi laterali.
I tarsi sono di media lunghezza; lo standard richiede un’ossatura del tarso fine, ma questo cozza con la richiesta di un anello, per i due sessi, del 18: pertanto accettare una grossezza del tarso proporzionata al corpo.
Il piumaggio deve essere ben aderente e senza sbuffi. Una “frisure” dietro alla nuca, come nell’Anatra di Pechino, è invece difetto grave nell’Anatra di Sassonia.


Colorazione

E’ allevata in una sola colorazione: Blu Gialla. E’una colorazione che trovo molto bella, soprattutto per i suoi toni non troppo intensi.
Può sembrare facile, ma non lo è se si vorrà raggiungere quanto richiesto sia nelle sfumature che nei piccoli particolari del disegno.
Va subito precisato che in tutte le anatre la forma prevale sulla colorazione. Questo non vuole assolutamente dire che la colorazione non abbia importanza: esistono anche qui, come vedremo in seguito, dei difetti gravi.

Maschio:

Anatra di SassoniaTesta e parte alta del collo – almeno i due terzi – blu piccione, separata dal resto del collo da un anello bianco completamente chiuso.
Il blu deve avere una tonalità uniforme e pulita: grigio perla o presenza di bruno nella parte bassa sono difetti abbastanza gravi.

Petto e parte inferiore del collo, attaccatura dell’ala e spalla: rosso ruggine abbastanza carico, simile alla buccia di una castagna; il nostro standard richiede, in queste parti, un’orlatura argento.
E’ bene precisare che non si tratta di un’orlatura come siamo abituati a vedere nei polli, ma è un’orlatura formata da una fine pepatura bianca, quindi non così netta e precisa. E’ importante però che sia presente: la sua mancanza è da considerarsi difetto, difetto grave se manca nel petto.

Il ventre, il dorso, le remiganti primarie e la punta della coda sono richiesti dallo standard color farina di segale: non ho mai visto la farina di segale, ma il colore di queste parti deve essere un bianco con una leggera sfumatura giallastra, o bianco crema, fino a bruno pastello: non deve comunque essere bianco puro.
La parte bassa del dorso ed il piumaggio del codione, compreso il ricciolo, e il sottocoda sono dello stesso colore della testa; nel sottocoda il blu si schiarisce solo in prossimità della cloaca; un sottocoda tutto chiaro è da considerarsi difetto grave.
Ali grigio/blu sbiadito; lo specchio deve essere blu piccione ed avere bilateralmente una striscia più scura, e, nella sola parte esterna, una striscia bianca.
Nelle anatre lo specchio dell’ala è importante; purtroppo, molto spesso, o è troppo chiaro o le strisce sono difettose. E’ consigliabile pertanto usare per la riproduzione solo soggetti con lo specchio dell’ala ben costruito.

Femmina:

Anatra di Sassonialo standard richiede il colore di fondo “giallo pisello intenso”. Conosco solo il verde pisello, e presumo che il giallo pisello si riferisca al seme secco. Per avere le idee chiare sono andato a comprare una bustina di piselli da seme: trovo i piselli secchi più rosati che gialli, e ovviamente il piumaggio delle femmine di Sassonia è più caldo e soprattutto brillante.
Pertanto lo definirei più precisamente “giallo cuoio” o “beige con velatura giallastra”: la prima mi convince di più. O l’una o l’altra non ha molta importanza; ha invece molta importanza la sua uniformità.
Spesso il petto ha una tonalità simile al maschio: queste femmine sono da scartare. La testa è ornata da ambedue i lati da due strisce chiare, quasi bianche. Ambedue le strisce cominciano alla radice del becco, la prima si estende al di sopra dell’occhio e continua quasi fino alla fine della nuca, la seconda invece, più bassa, termina all’inizio della parte inferiore dell’occhio.

Possono apparire come “finezze” puramente estetiche, ma sono invece importanti caratteristiche che vanno ricercate, nella giusta forma e misura, nella selezione.
Sempre dal becco, nella parte inferiore del collo, parte una larga striscia bianco crema che dovrebbe arrivare nel punto dove, se fosse un maschio, avrebbe l’anello; non si tratta di una bavetta, quindi: non deve assolutamente oltrepassare questa linea immaginaria.
Le remiganti hanno una tonalità più chiara del colore di fondo: è ammesso un leggero riflesso blu, ma meglio, ovviamente, se non c’è. Anche le femmine hanno uno specchio alare blu piccione che termina con una striscia bianca, senza però le strisce scure presenti nel maschio.
La divisone dei colori deve apparire abbastanza netta. Coda e codione dello stesso colore del colore di fondo, ammessa una leggera sfumatura blu; punta della coda bianca è difetto.

Nei due sessi:
piumino chiaro. Tarsi di colore giallo scuro, essere però tolleranti se leggermente più chiari o con tracce brunastre purché molto lievi.
Il becco è giallo con una patina verde pallido, l’unghiata è chiara: altre versioni sono da penalizzare fortemente.
Occhi bruno scuro.


Allevamento – Selezione – Giudizio

Le anatre sono sempre prese un po’ alla leggera: si allevano in genere in gruppi con un certo numero di maschi e di femmine senza badare troppo se nel gruppo ci sono soggetti non proprio giusti.
Forse perché si crede che le anatre siano sempre tutte uguali, e che, come le razze selvatiche, non necessitino di una selezione (non ho mai allevato selvatici, comunque presumo che anche con loro sia necessaria).
Questo non è assolutamente vero: le nostre anatre derivano da incroci, come del resto le nostre razze di polli, e pertanto a seconda del loro patrimonio genetico possono riuscire meglio o peggio.
Con questo errato tipo di allevamento si dovrà soltanto sperare in un colpo di fortuna, e, per esperienza personale, in avicoltura sono molto rari.

Vedremo in seguito come sia augurabile una rigorosa selezione per poter garantire quelle caratteristiche che fanno la differenza fra un campione e un soggetto da arrosto.
L’allevamento, come noi – o perlomeno come alcuni di noi – lo intendiamo, non può essere improvvisato: per avere buoni risultati occorrono anni di esperienza, acquisita con tentativi che non sempre ci lasciano entusiasti.
Un buon gruppo riproduttore è il frutto del lavoro di anni; bisogna quindi usare molta prudenza quando si deciderà di inserire nuovi soggetti.

Ma anche i giudici non sempre sono preparati: può avvenire pertanto che alcune caratteristiche, sia di colorazione che di morfologia, non vengano valutate nella giusta maniera.
Per questa ragione sarebbe necessario che gli anatidi venissero giudicati da un giudice specializzato, come del resto succede in tutti i Paesi europei.
E’ vero che la forma prevale sul disegno e colore, ma il predicato viene deciso nel complesso e, è bene precisare, proprio nelle anatre il disegno è spesso formato da sfumature diverse che necessitano di una buona conoscenza per poterle ottenere e valutare.

Una precisazione: forse alcuni di voi non sanno che le anatre, durante il periodo della muta, hanno un piumaggio chiamato “piumaggio d’eclissi”.
I colori, in genere brillanti nel maschio, assumono una tonalità molto meno intensa che si avvicina al colore e al disegno delle femmine; così, anche loro, essendo in questo periodo inabili al volo e pertanto più vulnerabili, riescono più facilmente a mimetizzarsi nella vegetazione palustre.

Anatra di Sassonia

Alcuni vecchi allevatori consigliano, anche con questa razza di anatre, di usare due gruppi riproduttori distinti: uno per ottenere un giusto disegno e colore per i maschi ed uno per ottenere altrettanto nelle femmine.
Va detto che ambedue i gruppi devono avere una morfologia e posizione il più vicino possibile allo standard.
Per ottenere femmine “campionesse” sarà bene usare come riproduttore un maschio che, durante il piumaggio d’eclissi, mostri chiaramente due strisce brune – simili a quelle della femmina – nella testa: purtroppo questo appare solo al secondo anno, e sarà quindi necessario mantenere, senza la certezza che siano quelli giusti, un certo numero di maschi; ma – c’è sempre un “ma”, purtroppo – questi maschi, a muta ultimata, quando rientreranno in possesso della livrea normale, non saranno animali da esposizione perché il colore della testa e della parte superiore del collo invece di un bel blu piccione sarà grigiastro.
Per dei maschi “campioni”, invece, si dovranno usare femmine relativamente scure che però non avranno la tonalità per potersi aggiudicare un buon predicato.

In sede di giudizio, come ho sempre consigliato, è bene osservare gli animali a debita distanza: la troppa vicinanza gli farebbe perdere la naturale postura, poiché, allarmati, rialzerebbero la parte anteriore, e, siccome la posizione rientra nelle caratteristiche peculiari, verrebbe ingiustamente penalizzata.
Ogni colorazione comporta difficoltà diverse che sarebbe bene conoscere. Nella “Blu Gialla”, ad esempio, non è facile ottenere una giusta colorazione dello specchio dell’ala dei due sessi, pertanto essere tolleranti di fronte a piccoli difetti.

Non ho esperienza personale, ma da quello che ho letto la riproduzione non presenta difficoltà: buona fertilità e crescita veloce.
Un allevatore consiglia di incubare uova di peso standard (80 g.) per assicurare all’embrione uno spazio sufficiente per diventare un pulcino robusto.
L’allevamento risulta abbastanza facile: spazi verdi e, anche se non sono necessario grandi superfici di acqua, è bene che abbiano sempre a disposizione acqua pulita soprattutto per mantenere pulito il piumaggio.
Marco Simeoni, comunque, ci potrà dare a questo proposito informazioni più precise.

Bibliografia
  • Der Kleintier Zuechter/Gefluegel Zeitung – (Herr Paul-Erwin Oswald)
  • FIAV – Standard Italiano Delle Razze Avicole
  • E.E. – Standard des volailles de race pour l’Europe

Serama

di Focardi Fabrizio

Qualcuno di voi si ricorderà come in passato abbia già avuto modo di parlare della Serama. Una “razza” – la più “nana” – molto simile alla Chabo. A tal proposito ho ricevuto il seguente messaggio, che riporto tradotto, nella speranza che possa interessare qualcuno di voi.

« Caro Fabrizio,
ho trovato, casualmente, cercando su internet “Serama”, il sito FIAV. Ho letto il tuo articolo datato 2005. Leggere è una parola grossa, diciamo piuttosto che sono in grado di capire un po’ l’italiano.

Nel frattempo molte cose sono cambiate. Io ho dato inizio ad una collaborazione con il club americano “World Serama Federation” (WSF) che permettesse di allevare la Serama con lo stesso standard in tutto il mondo.
Questo tipo di collaborazione non si è mai verificato prima nella storia dell’avicoltura.
Noi partecipiamo alle mostre “virtuali” che il “Serana Council of North America” (SCNA) organizza, così i nostri animali possono venir valutati da giudici esperti dell’altra parte del mondo, e possiamo fare anche un reciproco confronto.
Il SWF forum è una piattaforma internazionale dove gli allevatori di Serama di tutto il mondo si incontrano per scambiarsi le esperienze in una atmosfera molto amichevole. Eccezionale!

Se sei interessato alla Serama, io ho oltre 250 soggetti, discendenti dal meraviglioso ceppo orginario di Jerry Schexnayer.»

Seramacts011_001

cts011_002Serama

«La Serama non è un pollo che può essere giudicato in una gabbia, il modo che anche noi usiamo. Sono come una televisione spenta quando sono in una gabbia.
Liberi su un tavolo, invece, incedono impettiti, fanno quello che sanno fare meglio: mostrano se stessi e quanto siano fieri. L’E.E. non può accettare ciò.
Nessun club nazionale (legato all’E.E. = Germania e Svizzera!!) accetta una razza che non è allevata per il colore, ma allevata solo per tipo e CARATTERE.
Sono delle creature deliziose. Non sono come dei polli, ma come dei cani: sono così interessati agli esseri umani che vogliono far parte della loro vita. Sì, io li porto con me quando vado a far visita ad una Amica, ecc., e camminano liberamente con me nel giardino o in casa dove alle galline piace beccare le briciole sul pavimento della cucina. »

«Un allevatore italiano mi ha contattato e vuole che gli invii delle uova in dicembre. Non molto saggio, gli ho detto: le uova ghiacciate, anche se poi non nascono, almeno non si rompono nel viaggio (battuta! ndr).
Così ci sarà la Serama anche in Italia! Spero che anche l’Italia avrà un Club della Serama (utopia!ndr), che possa divenire parte del WSF.
La Germania sta arrivando, il Belgio anche e la Francia sta lavorando sul proprio website: gli animali saranno prelevati da qualche parte durante l’inverno quando gli allevatori francesi verranno in Olanda.

La Serama è in Europa e di superba qualità! Qui in Olanda cerco di diffonderla il più possibile e il nostro club ha ora 17 buoni allevatori. Puoi trovar più notizie del club su www.seramaclub.nl, ovviamente è in olandese.

Tanti saluti.»

Sigrid van Dort
Sì Seramas – Olanda


Serama

Zuidlaren Olanda: SERAMA
Fabrizio Focardi e Sigrid van Dort

Ho risposto a Sigrid (Sigrid è un nome femminile di origini norvegesi, a scanso di equivoci) e abbiamo fissato un incontro a Gennaio a Zuid Laren in occasione del NoordShow (Nazionale Olandese).
Lei sarà lì a presentare un suo libro sulla genetica avicola.
Abbiamo chiacchierato del nostro hobby e di alcune razze di polli, e, fra le tante notizie, una primizia: alcuni allevatori olandesi, già da 3 anni, stanno selezionano la Moroseta nella colorazione pezzata (come una mucca per intedersi). Chissà se la potrò vedere: vi terrò informati.

Sigrid, nell’interesse di far conoscere la Serama, mi ha autorizzato a pubblicare il suo messaggio.

Per avere più notizie potete leggere il mio precedente articolo (Notiziario Avicoltura/Avicultura n° 15 – Luglio/Settembre 2005) clicca qui.
Aggiungo anche l’indirizzo del website del WSF: www.worldseramafederation.org
Sono comunque a disposizione per ulteriori informazioni o per facilitare il vostro contatto, qualora lo desideriate.

Sul giallo nel piumaggio bianco

di Verelst Andy

Un problema che incontriamo spesso nell’ allevamento delle galline bianche e molto difficile da prevenire, è un riflesso giallo nel piumaggio.
Durante le mostre questo provoca spesso critiche del giudice e non raramente anche la perdita di voti cari. Questo non rende più piacevole l’allevamento o l’esposizione di polli bianchi, visto che bisogna lavare in ogni caso questi animali. In quest’articolo vorremmo allora approfondire le cause e i rimedi possibili di questo riflesso non gradito e infine proveremo a fare una conclusione sull’importanza che si dovrebbe dare o no a questo riflesso durante il giudizio. Il colore del piumaggio delle nostre galline è provocato dalla presenza o dall’assenza e dalla collaborazione di due pigmenti, cioè l’eumelanine e il pheomelanine.
L’eumelanine è il pigmento che è responsabile per le colorazioni nero, blu e grigio perla e il pheomelanine è responsabile per tutte le tinte rosse, marrone e gialle.
Entrambi pigmenti sono solo depositati nel piumaggio e sono responsabili di tutte le colorazioni dei nostri polli che conosciamo. Quando non c’è nessuno dei due pigmenti, allora abbiamo un animale bianco.
Accanto a questi due, c’è un terzo pigmento che ha un ruolo importante nell’apparenza dei nostri polli, cioè il xanthophyl. Questo pigmento non può, al contrario degli altri due, essere prodotto dall’ animale stesso e proviene integralmente dall’alimentazione. Il xantophyl è responsabile per il colore giallo delle zampe, del becco, degli occhi, del rosso d’uovo, del grasso e eventualmente della pelle e degli orecchioni. Ogni tanto può anche depositarsi nelle piume e così provoca il riflesso giallo nel piumaggio bianco. Il xanthophyl fa parte del gruppo dei carotenoidi e si trova ampiamente per esempio nel granoturco, ma anche in tutte le piante verdi.

Andy VerelstDr. Andy Verelst mentre giudica
al Campionato Italiano 2007 di Jesolo.

Dal punto di vista della genetica ci sono due generi di polli bianchi, cioè i bianchi dominanti e i bianchi recessivi. Il bianco dominante è provocato dal gene dominante ‘I’ che impedisce la sintesi dell’ eumelanine o in altre parole per colpa di questo gene i polli neri, blu o grigio perla diventano totalmente bianchi. Il pheomelanine non è intaccato e rimane visibile quando è presente.
Lo conosciamo per esempio nella colorazione fulva orlata bianco nella Padovana o nel Combattente Indiano giubileo. La razza più famosa nella colorazione bianca dominante è il Leghorn americano. Il bianco recessivo è provocato dal gene recessivo ‘c’ che impedisce anche la produzione di eumelanine e pheomelanine o in altre parole di polli bianchi recessivi che sono dei polli colorati che non possono far vedere la loro colorazione perché non possono produrre i pigmenti.
La maggior parte dei polli bianchi è bianca recessiva, per esempio gli Orpington, i Wyandotte, le Morosete, le Minorca ma anche tutte le razze italiane. Tutti i polli possono assorbire il xanthophyl e depositarlo nei loro occhi e nei rossi d’uovo.

Se anche le zampe e la pelle saranno gialli, dipende dal gene dominante ‘W’. W impedisce la deposizione del pigmento giallo e allora è responsabile per le zampe bianche, nere e ardesia. Il gene recessivo ‘w’ permette la deposizione di xantophyl nella pelle, nel grasso e nelle zampe e così è responsabile per le zampe gialle o verdi. In quale misura questo pigmento giallo può esser assorbito e depositato, è anche influenzato per la maggior parte dalla genetica ma i geni responsabili non sono però identificati.
Quello è anche visibile nell’allevamento. Ogni allevatore di una razza con zampe gialle vedrà che qualche soggetto non avrà lo stesso colore intenso delle zampe nonostante la stessa alimentazione. Quelli sono allora i soggetti meno interessanti dal punto di vista della genetica.
Usando sempre i soggetti con le zampe più verdi o più gialle come riproduttori, i geni ‘migliori’ sono selezionati. Accanto all’influenza genetica, c’è anche una influenza distinta ormonale. I galli depositeranno il xantophyl più facilmente delle galline ma dall’altra parte le galline non possono depositare tanto pigmento perché ne perdono tanto ogni giorno deponendo le uova. Questo è anche la ragione perché abbiamo più problemi con il riflesso giallo con il gallo e perché una gallina che depone molto avrà sempre le zampe e gli occhi più chiari di una che depone meno.

Il problema del riflesso giallo nel piumaggio bianco, lo vediamo allora di più con i galli e sopratutto sulla mantellina, sulle spalle e sulle lanceolate della groppa o, in altre parole, sulle piume che sono dipendenti degli ormoni maschili. Lo vediamo anche più pronunciato in quelle razze che hanno le zampe gialle o verdi, in quei soggetti che ricevono un regime ricco di caroteno (molto granoturco) e quelli che vivono fuori sull’erba.
Non lo vediamo quasi mai con i bianchi dominanti ma con i bianchi recessivi invece molte volte. Un ulteriore ostacolo è l’influenza della luce solare. Più lungamente sono stati al sole, più pronunciato sarà il problema. Perciò quasi in tutti i galli bianchi di più di un anno incontriamo riflessi gialli. Le risposte alla domanda che possiamo dare, sono abbastanza semplici: tenerli su regime povero di caroteno, non lasciarli sull’erba, tenerli fuori dal sole e anche selezionare i soggetti con meno di riflessi.
Naturalmente questo è più facile da dire che da fare. Un regime povero di carotene è raggiungibile. Si può scegliere un mistio povero di granoturco o fare personalmente una mescolanza senza granoturco. Naturalmente l’alimentazione deve essere equilibrata e avere il valore nutritivo necessario. Questa misura è più efficace durante il periodo della crescita, quando le piume crescono costantemente, o durante la muta per gli adulti.
Un problema è che non possiamo farlo con le razze con le zampe gialle perché allora avranno le zampe troppo chiare. Non lasciarli sull’erba è possibile se si hanno delle voliere pulite o un pollaio asciutto, se no la probabiltà d’insudiciare il piumaggio è troppo grande.
Tenerli fuori dal sole è possibile qualche volta, per esempio quando si può lasciarli in un frutteto sotto gli alberi o tenerli in una voliera, ma di solito questa misura non è tanto facile da prendere. Quando si possono combinare queste misure diverse, è possibile ottenere un certo risultato ma ancora piuttosto ristretto.
Il modo in cui un giudice deve maneggiare dei riflessi gialli con galli bianchi, dipende dalla situazione. Un riflesso giallo molto pronunciato è sempre non gradito ma una certa tolleranza qualche volta è giustificata: più con i galli di più di un anno che con i giovani e più con razze con le zampe gialle che con le altre (secondo lo standard europeo è tollerato con tutti i combattenti asiatici nella collorazione bianca).
Inoltre si deve prendere in considerazione il clima. Sarà più facile tenere un gallo bianco ben bianco nel Belgio piovigginoso che nell’ Italia assolata. Accettare alcuni riflessi gialli per esempio in una Polverara bianca, una varietà rara di una razza rara con le zampe verdi, che ha sempre vissuto sotto il sole italiano, mi sembra giustificato. Con la conoscenza delle cause del problema, questo può essere considerato come prendere responsabiltà rispetto agli animali e agli allevatori. Delle reazioni sono benvenute.

Tacchini Italiani

di Focardi Fabrizio

Eccoci all’ultima tappa delle razze italiane: i Tacchini.
Purtroppo oggi rari, o addirittura introvabili, se si ricerca la purezza.
Nel nostro Libro Standard sono presenti due sole razze di origine italiana:

Castano D’Italia

Tacchino CastanoOccorre fare una precisazione: questa razza, che noi chiamiamo “Castano D’Italia”, presumo (ma non ne sono certo) sia il “Tacchino Castano Precoce”, che fu selezionato dal prof. Raffaello Quilici alla Stazione Sperimentale di Pollicoltura di Rovigo nel 1960.
Quello del prof. Quilici era un tacchino rosso castagna, colore dovuto ad un gene recessivo legato al sesso e avente la proprietà di diluire il colore nero-bronzato.
Infatti, accoppiando maschi castani con femmine bronzate si ottenevano maschi bronzati e femmine castane, riconoscibili, fin dalla nascita, dal colore del piumino: una caratteristica molto utile specialmente per i grandi allevamenti.
Purtroppo sono dell’opinione che questa razza sia in serio pericolo.
Occorre fare una precisazione: questa razza, che noi chiamiamo “Castano D’Italia”, presumo (ma non ne sono certo) sia il “Tacchino Castano Precoce”, che fu selezionato dal prof. Raffaello Quilici alla Stazione Sperimentale di Pollicoltura di Rovigo nel 1960.

Quello del prof. Quilici era un tacchino rosso castagna, colore dovuto ad un gene recessivo legato al sesso e avente la proprietà di diluire il colore nero-bronzato.
Infatti, accoppiando maschi castani con femmine bronzate si ottenevano maschi bronzati e femmine castane, riconoscibili, fin dalla nascita, dal colore del piumino: una caratteristica molto utile specialmente per i grandi allevamenti.
Purtroppo sono dell’opinione che questa razza sia in serio pericolo.
Credo che Veneto Agricoltura, in collaborazione con l’ITAS “Duca Degli Abruzzi” di Padova, stia tentando il suo recupero utilizzando quelle poche femmine ancora esistenti e le razze progenitrici del tacchino comune castano.
Negli ultimi tempi ho visto alcuni tacchini che si avvicinavano al Castano D’Italia, ma purtroppo il colore era incerto fra un Bourbon con remiganti e timoniere troppo scure o un Castano ad ali e coda troppo chiare.
Sarebbe necessario un gruppo di allevatori che prenda a cuore il suo recupero e lavori in stretta collaborazione con il CTS e, perché no, con Veneto Agricoltura e l’I.T.A.S “Duca Degli Abruzzi”; solo così si potrà forse rivedere il nostro tacchino con quelle caratteristiche genetiche che il prof. Quilici selezionò.
La tolleranza, sulla presenza del disegno bianco nelle ali, non ci deve autorizzare a spacciare Bourbon mal riusciti per Castani: così facendo non si arriverà mai ad un vero recupero. Sarei d’accordo per tollerare tracce biancastre nelle remiganti e timoniere, purché molto leggere.

Nero D’Italia

Si tratta di un tacchino molto piccolo, selezionato non molti anni fa da un allevatore lombardo: Francesco Confalonieri.
Mi ricordo che Francesco una volta mi disse di ricordare che in Brianza esisteva, molti anni addietro, un piccolo tacchino nero che serviva ottimamente come incubatrice: forte istinto alla cova e peso giusto per non correre il pericolo di schiacciare i pulcini.
Grazie a questi ricordi lo ha riselezionato ricercando una tipologia leggera, specialmente nella femmina, ed un’alta rusticità.
Non ho niente da aggiungere allo standard già esistente.


Esistono altre razze che si possono definire “italiane”: il “Tacchino Ermellinato di Rovigo” ad esempio, o il “Tacchino dei Colli Euganei” o “Tacchino di Treviso” e altre ancora. Sono comunque contrario a tentare la loro riselezione: esistono attualmente le stesse colorazioni che verrebbero usate per questo recupero, che porterebbe quindi solo alla creazione di ibridi di varietà già esistenti.
Tentiamo piuttosto l’incremento delle due varietà, di accertata origine italiana, già presenti nel nostro standard, che, oltre al colore, hanno soprattutto altre proprie importanti caratteristiche quali la precocità, l’autosessabilità ed il peso, per chi desidera un tacchino veramente leggero e relativamente poco ingombrante.
Approfitto dell’occasione per completare l’opera sui Tacchini e per rivedere anche tutte le altre varietà.

Cennti storici

Il primo a parlare del tacchino, nel 1525, fu lo spagnolo Gonzalèz Fernando de Oviedo, governatore di Hispaniola, nel suo “Summario de la Historia Natural de las Indias Occidentales”: lo descrive qui come una varietà del Pavone, con una coda meno grande del Pavone comune e con una carne ancora più saporita.
Proveniente dal Messico, fu introdotto in Spagna intorno al 1520; da qui raggiunse la Francia – dove fu chiamato Pollo d’India (Coq d’Inde, da cui deriva l’attuale Dindon e Dinde) – e poi, in seguito, in tutto il Continente, divenendo sempre più comune.
In Inghilterra comparve per la prima volta sotto il regno di Enrico VIII nel 1524; gli storici di quel tempo, credendo che provenisse dai possedimenti turchi dell’Asia Minore, lo chiamarono Gallo Turco (Turkey-cocks) e, per abbreviazione, Turkey, mantenuto fino ad oggi.
Fernandez, nel suo “Tesoro di cose nella Nuova Spagna” del 1576, già distingue il tacchino domestico da quello selvatico, ed aggiunge che gli spagnoli ed i portoghesi lo chiamavano “Pavones de las Indias”.
Già intorno al 1565, in Francia, in un convento vicino a Bourges i monaci avevano impiantato un allevamento, con soggetti direttamente importati dall’America: si dice anche che il primo tacchino servito a tavola fosse quello delle nozze di Carlo XI con Elisabetta d’Austria il 20 novembre 1570.
La prima descrizione scientifica del tacchino è dovuta al naturalista viaggiatore francese Pierre Gilles, edita a Lione nel 1553; a lui seguirono Pierre Belon, sempre francese, che fornì nella sua “Histoire Naturelles des Oiseaux” (Lione, 1555) il primo disegno del tacchino; indi Gesner da Zurigo ed il nostro grande Ulisse Aldrovandi.

I Tacchini che noi oggi conosciamo derivano tutti dai tacchini selvatici del genere “Meleagris”. Si contano sette sottospecie con caratteristiche più o meno simili che vivevano in un’area molto vasta, dal Canada al Messico.
Ecco cosa diceva Brehm del tacchino selvatico nel suo lavoro “La Vita Degli Animali” (Torino, 1869):

«Il tacchino vive allo stato selvatico anche al giorno d’oggi, è di una grande bellezza e prolifico assai. Era sparso nei piani dell’America del Nord, particolarmente nell’Arkansas, nell’Illinois, l’Alabama, l’Ohio, Kentucky, l’Indiana, il Missouri e il Missisipi. I grandi branchi condotti da vecchi maschi i quali sono di una meravigliosa vigilanza che temono del continuo l’insidia, che non cercano il cibo se non quando si vedono rimpiazzati da altri vecchi di ugual tempra. Fanno lunghissimi giri di strada a piedi e possono in un giorno fare tanto cammino quanto ne può fare un robusto cane; in caso di bisogno fanno anche forti voli per oltrepassare corsi di acque. Si nutrono di semi, frutti di alberi, ghiande, bacche, insetti, verdure ed ogni sorta di tuberi che trovano. Sono ghiotti specialmente di lumache e di insalate tenere, e sovente fanno indigestioni pel troppo mangiare. Certi scrittori a torto prendono questo animale come prototipo della collera stupida ed inconscia; ma molti altri lo difendono, ed alcuni americani, come Beniamino Franklin, ebbero a proporre agli Stati Uniti che si mettesse nello stemma nazionale l’emblema del Tacchino in luogo della superba e antisociale aquila; mentre il tacchino è di origine essenzialmente americana”.»

Riporto anche integralmente quello che il grande naturalista G. Buffon (1707 – 1788) scriveva, sia per la sua importanza storica che per la sua pittoresca e scrupolosa descrizione:

«E’ rimarchevole per la grandezza della sua statura come per certe naturali inclinazioni che non gli sono comuni con un piccol numero di altre specie. La sua testa che è molto piccola a proporzione del corpo, è quasi interamente spogliata di piume e solamente coperta, del pari che una parte del collo, di una pelle turchina carica di capezzoli rossi nella parte anteriore del collo e di capezzoli biancastri sulla parte posteriore della testa con alcuni piccioli peli neri sparsi raramente tra i capezzoli e con piume più rare all’alto del collo. Dalla base del collo gli scende sul collo fino ad un terzo circa della sua lunghezza una specie di barba carnosa rossa ondeggiante, composta di una doppia membrana. Sulla base del becco superiore gli si innalza una caruncola carnosa di figura conica e solcata di grinze traversali assai profonde: questa allo stato naturale ha poco più di un pollice, cioè quando il gallo d’India passeggia tranquillamente senza oggetti intorno a lui che lo tormentino; ma se qualche straniero oggetto gli si presenta inaspettatamente, massimo nella stagione degli amori, lascia questo uccello il suo portamento semplice ed umile, si ingalluzza immediatamente con fierezza, la sua testa e il suo collo si gonfiano, la caruncola si spiega, s’allunga e discende due o tre pollici più basso coprendosi il becco interamente; tutte le dette parti carnose si colorano di rosso vivo, nel tempo stesso le piume del collo e del dorso si arruffano, e la coda si alza a guisa di ventaglio, mentre le ali spiegandosi si abbassano fino a trascinarsi a terra.
In tale attitudine or va camminando fieramente intorno alle sue femmine, accompagnando la sua azione con un sordo rumore, prodotta dall’aria del petto che esce pel becco, e che è seguito da un lungo sussurro; ora abbandona la sua femmina come per minacciare quelli che lo turbano; e in tal caso la sua andatura è grave, e soltanto si accelera nel momento in cui fa sentire il rumore suddetto; di tempo in tempo egli interrompe siffatto esercizio per gettare un altro grido più forte, e che gli si può, tante volte, far ripetere quanto si vuole o fischiando o facendogli sentire qualsiasi altro tono acuto; egli ricomincia in seguito a far la ruota, la quale esprima ora il suo amore per la femmina, ed ora la sua collera contro quel che non conosce. Ventotto penne si contano in ciascuna delle ali, e diciotto nella coda; egli ha peraltro due code, l’una superiore e l’altra inferiore, la prima formata come sopra di penne grandi piantate intorno al groppone, è quella che l’animale rialza facendo la ruota, la seconda poi consiste in altre penne men grandi e non l’alza dalla sua situazione orizzontale.
Due attributi sensibili distinguono il maschio dalla femmina; un mazzetto cioè di crini duri e neri, lungo da 5 a 6 pollici, che gli esce quando è adulto dalla parte inferiore del collo, e l’altro che è uno sperone cha ha a ciascun piede, che è più o meno lungo, ma più corto e spuntato che quel del gallo ordinario. La gallina d’India è diversa dal maschio non solo per gli attributi suddetti, per la caruncola del becco superiore più corta ed incapace di allungarsi e pel rosso più pallido della barba carnosa e della barba glandulosa che le copre la testa, ma eziandio per gli attributi propri del sesso, essendo più piccola, avendo una fisionomia meno caratteristica, con men di forza nell’interno, e men d’azione all’esterno: di più il suo grido non è che un accento lamentevole, i suoi movimenti non sono che per cercare il nutrimento o per fuggire il pericolo; finalmente è priva della facoltà di far la ruota, non già perché non abbia la coda doppia, ma perché manca dei muscoli atti a levare e raddrizzare le penne più grandi (in questo devo purtroppo smentire il Buffon in quanto, come abbiamo detto, anche la femmina saltuariamente fa la ruota, ndr).
Un maschio può avere cinque o sei femmina, ove sianvi più maschi, si fanno fra loro la guerra battendosi, non però col furore dei galli ordinari. La femmina non è così feconda coma la gallina ordinaria, non fa essa le uova che una volta all’anno per quindici giorni circa, il suo accoppiamento col maschio non è così breve come quello del gallo, appena ha terminato di far l’uovo che si mette tosto a covare; cova pure le uova di ogni sorta di uccello, basta che abbia il nido in luogo asciutto e nascosto, vi si abbandona ella a questa occupazione con tanto ardore ed assiduità che morrebbe di inazione sulle sue uova se non si avesse la cura di levarla una volta al giorno per darle da bere e da mangiare.
Quando il maschio vede a covare la sua femmina cerca di rompervi le uova, riguardandole forse come un ostacolo ai suoi piaceri, il perché essa si nasconde allora con tanta cura. Finito il tempo in cui debbono schiudersi tali uova, i pulcino battono col becco il guscio dell’uovo che li chiude; talvolta ancora per essere il guscio troppo duro, vengono aiutati a romperlo, il che si fa con molta circospezione. Appena schiusi dal guscio, hanno questi pulcini la testa coperta di una specie di lanugine, e non hanno ancora né carne glandulosa, né barba carnosa, parti che si sviluppano in capo a sei settimane o due mesi. La madre li guida con la stessa sollecitudine onde la gallina conduce i suoi; essa li riscalda sotto le proprie ali col medesimo affetto e li difende collo stesso coraggio. Quando questi sono divenuti forti, lasciano la loro madre, o piuttosto ne sono abbandonati, amano andare a pollaio in aria libera, e passano così le notti più fredde dell’inverno or sostenendosi sopra un sol piede, ritirando l’altro nelle piume del loro ventre come per riscaldarlo, ora al contrario annicchiandosi in equilibrio sul lor bastone, per dormire, mettendosi la lor testa sotto l’ala, e durante il loro sonno hanno il moto della respirazione sensibile e notabilissimo. Essi hanno diversi toni e differenti inflessioni di voce secondo l’età e il sesso e secondo le passioni che vogliono esprimere. La loro andatura è lenta e il loro volo pesante, bevono, mangiano ed inghiottiscono dei piccoli sassolini digerendo presso a poco come i galli. Se credesi ai viaggiatori, sono essi originari dell’America e delle isole adiacenti e prima della scoperta di quel nuovo continente essi pure non esistevano nell’antico.
I galli d’India selvaggi non sono differenti dai domestici se non perché sono molto più grossi e più neri, del resto essi hanno gli stessi costumi, le stesse naturali inclinazioni, e la medesima stupidità; vanno a pollaio nei boschi sui rami secchi e quando se ne fa cadere qualcuno a colpi di fucile, gli altri se ne restano al lor sito, e non ne vola via neppure uno.
Ha questi la carne più dura, e se ne allevano facilmente dovunque trovansi nei parchi e nei boschetti.»

Oggi il Tacchino allo stato selvatico, a causa della caccia di cui è stato oggetto, è diventato molto più raro, anche se si sono tentate reintroduzioni, alcune delle quali andate a buon fine.
I Meleagridi sono i più grandi galliformi oggi esistenti.

Molteplici sono le denominazioni volgari con cui esso è stato ed è chiamato; eccone alcune, tratte da una lista ben più lunga riportata nel libro di Savorelli:
– Piemonte: Pitu/Pita, ma anche Biru e Bira come pure Dindi e Dinda o Bibin e Bibina.
– Veneto: Dindio/Dindia
– Brianza: Polin e Pola
– Crema: Pulù/Pola
– Ravenna: Tachèn e Tachena
– Toscana: Lucio o Tacco
– Arezzo: Billo/Billa
– Roma: Gallinaccio
– Cagliari: Dindu e Piocce
– Messina: Ciurro e Gaddu d’India

Allevamento

Non è molto sviluppato in Italia; peccato, perché è un animale molto bello e per le nostre campagne lo trovo molto più indicato del Pavone.
Devo però riconoscere che solo chi ha grandi spazi può permettersi l’allevamento del tacchino, che necessita infatti di pascolare: un tacchino in un pollaio non è bello da vedere.

Anche se il tacchino domestico è meno battagliero del selvatico, è bene comunque non tenere più di un maschio nel periodo della riproduzione: si disturberebbero a vicenda e non dimostrerebbero alle femmine il dovuto riguardo.
Il gruppo riproduttore potrà essere formato da un giovane maschio e tre o quattro femmine di almeno due anni.
E’ la femmina che decide quando accoppiarsi: il maschio non deve fare altro che essere pronto, e lo dimostra facendo sempre la ruota.
E’ sufficiente un accoppiamento andato a buon fine perché tutte le uova che la femmina deporrà, prima di iniziare la cova, risultino fecondate.
L’inizio della deposizione è la primavera: molte femmine però iniziano anche nel mese di febbraio.
L’incubazione dura 28/30 giorni.

La tacchina è una covatrice e madre eccezionale che può portare a termine più covate in una sola stagione; per questa sua dedizione è sfruttata come “incubatrice” naturale: non è comunque bene approfittarne troppo, per lei è sempre uno stress; assicurarsi giornalmente che sia uscita dal nido e si sia rifocillata; anche un buon bagno di sabbia sarebbe l’ideale per dargli sollievo e disfarsi di un po’ di parassiti.
Spesso è restìa ad allontanarsi dal nido; con alcune, dopo averle messe fuori, dovevo chiudere la porta per garantire almeno 15 minuti d’aria.

Quando allevavo il Tacchino Crollwitz facevo fare alle mie femmine una sola covata; mi davano soggetti sufficienti, e devo dire che avere un gruppo di più di 20 tacchini non è una cosa semplice da gestire: orto devastato, vasi in continuo pericolo, tetti presi d’assalto con i conseguenti danni alle tegole, ecc.

E’ preferibile che sia la tacchina stessa a fare da madre perché, se allevati sotto lampade, può succedere che i tacchinotti abbiano difficoltà ad iniziare a nutrirsi.
Se poi la stagione è asciutta si possono far uscire prima, approfittando delle giornate di sole – necessario per lo sviluppo scheletrico – e per farli cominciare fin da piccoli a mangiare sassolini, erba e insetti, tanto utili al loro sviluppo.
Nei primi due/tre mesi comunque è bene somministrare una miscela con una dose proteica del 28% e con coccidiostatico per prevenire brutte epidemie.
A tre mesi effettuare due sverminazioni a distanza di 15 giorni l’una dall’altra.
Hanno bisogno di molta verdura, frutta e di tanto spazio a loro disposizione con tanto verde.
Personalmente non ho mai riscontrato la fatidica “crisi del rosso” o “crisi del corallo”: in queste condizioni i miei tacchini sono sempre cresciuti velocemente e in salute.

Standard

I tacchini hanno tutti più o meno le stesse caratteristiche morfologiche: ciò che differenzia le varie razze è il peso e la colorazione.
Al disegno presente nel nostro standard modificherei la linea dorsale, che dovrebbe a mio avviso essere meno bombata; il tarso dovrebbe risultare leggermente più lungo e parte della gamba più evidente. Il granatello, più piccolo e meno pendulo.
Essendo il disegno relativo alla fase di riposo, e non di eccitazione, l’escrescenza carnosa sul becco deve essere ritirata, e non allungata; anche nella femmina deve essere meno evidente, come del resto le caruncole sul collo, sia nel maschio che nella femmina, devono essere più piccole.

Nello standard E.E., – o standard tedesco che dir si voglia – i tacchini sono inseriti come “Tacchini Tedeschi”: non capisco questa precisazione, dal momento che non si può definire tedesco il Tacchino Bourbon, ad esempio; questo va contro a quello che è l’intento di creare un vero “Standard Europeo”.
Oltre a questo, il Tacchino Narragansett è qui inserito nella categoria “Leggera”: personalmente non sono d’accordo ,come del resto non lo sono i rappresentanti di altri Paesi; il nostro standard rispetta quello del Paese d’origine, gli Stati Uniti – Maschio kg. 10,00/15,00 e Femmina kg. 6,300/8.200 – , pertanto, per noi, resta inserito nella categoria “Pesante”.
Già il Savorelli nel 1936 dava un peso di kg. 13,600 per il maschio e kg. 8 per la femmina.
Alla recente mostra euopea di Lipsia erano presenti le due tipologie: la differenza di mole era evidente, ma anche la colorazione, nei tacchini più pesanti, era meglio rappresentata.
Il nostro Castano d’Italia, avendo un peso di kg. 10/12 per il maschio e kg. 5/7 per la femmina, va inserito nella categoria “Media”, mentre il Nero d’Italia, con un peso di kg. 4/6 per il maschio e kg. 4/5 per la femmina, rientra in quella “Leggera”.
Lo standard morfologico E.E. è, per quanto riguarda il resto, ben fatto e più preciso del nostro. Lo riporto pertanto in corsivo, tradotto integralmente. Le parti in diversa grafia sono mie considerazioni.

Tacchino STD

I – Generalità
Origine: Importato in Europa dopo la scoperta dell’America; presenza attestata nell’Europa occidentale intorno al 1550.
Aspetto Generale Grande e pesante.

Le varietà sono divise in tre categorie di peso:

Pesante: Maschio Giovane kg. 9/12 – Maschio Adulto kg. 12/15
Femmina Giovane kg. 6/7 – Femmina Adulta kg. 6/8
Varietà: Bronzato, Bianco, Ali Nere e Narragansett.
Hanno un corpo allungato ed un portamento alto sulle gambe.
Media: Maschio Giovane kg. 8/10 – Maschio Adulto kg. 10/12
Femmina Giovane kg. 5/6 – Femmina Adulta kg. 6/7
Varietà: Bourbon , Nero e Ali Rosse.
Sono leggermente più leggeri dei precedenti, ma hanno un portamento più elegante.
Leggera: Maschio Giovane kg. 6/7 – Maschio Adulto kg. 7/8
Femmina Giovane kg. 4/5 – Femmina Adulta kg. 4/5
Varietà: Crollwitz, Blu, Ramato, Rosso e Fulvo.
Sono i tacchini più leggeri con portamento più basso e corpo più compatto.
Peso minimo dell’uova da cova: 70 g.
Colore del guscio delle uova: giallo brunastro con punteggiatura bruno scuro.
Diametro degli anelli: Categorie Pesante e Media: Maschio 27 – Femmina 24
Categoria Leggera: Maschio 24 – Femmina 22
Caratteristiche
Corpo: lungo e forte, soprattutto alle spalle; si strettisce verso la coda.
Dorso: lungo. A partire dalle spalle prosegue in linea dritta verso la coda.
Petto: pieno e largo.
In stato di “Pompa Amorosa”, come la definisce il Savorelli, il gozzo del tacchino si gonfia a dismisura incamerando tutta l’aria che può contenere; la comprime poi con i muscoli esterni, spingendola in un solo punto per determinarne la fuoriuscita al momento in cui stende le remiganti fino a terra e dando origine a quel caratteristico breve soffio.
Il “goglottare” o “goglottire” del tacchino è dovuto all’organo vocale che si ripercuote nella cassa di risonanza costituita dal gozzo ripieno di aria: più è gonfio, più la voce appare forte e profonda. Funziona più o meno come una cornamusa che si svuota dell’aria ad intervalli ritmici.
Addome: poco sviluppato, ben attaccato al tronco.
Testa: nuda nel maschio; di colorito blu fino a blu cielo intenso; fortemente guarnita di caruncole rosse. Al disopra del becco, alla base della fronte, un’appendice che si può allungare, maggiormente nel maschio che nella femmina, in stato d’eccitazione raggiungendo, nel maschio, la lunghezza di una palmo. Nella femmina presenta un leggero piumino su tutto il cranio. Ciò costituisce un mezzo per determinare il sesso dei giovani soggetti.
L’appendice estensibile sul becco è una caratteristica presente solo nei Meleagridi.
Quando il maschio è in parata essa si allunga mollemente e notevolmente, da un lato del becco, fino a raggiungere anche 15 cm. Questo è possibile grazie alla presenza di numerose piccole vene e capillari nella duplicatura della pelle.
La pelle del capo e della prima parte del collo è nuda, ricca di rughe e di escrescenze di vario aspetto e grandezza, alcune delle quali hanno la forma di bitorzoli, chiamati anche “coralli”: la grossezza aumenta man mano che ci si avvicina al piumaggio del collo.
Le caruncole, che appaiono solo dopo la prima muta, rappresentano uno dei caratteri sessuali secondari; nel maschio in stato di eccitazione si fanno più turgide e rosse, da qui il proverbio:”Diventare rosso come un tacchino”.
Becco: lungo e forte; leggermente ricurvo; color corno.
Occhi: brillanti; grandi; iride scura.
Collo: di lunghezza media; leggermente arcuato; parte superiore guarnita di caruncole di colore bluastro che diventano rosse quando l’animale è eccitato. Al di sotto del becco inizia una sorta di giogaia che si estende fino alla metà del collo.
Il bargiglio singolo sottogola è formato da una duplicatura cutanea ed è di colore rosso pallido; parte subito sotto la mandibola inferiore per arrivare verso la metà del collo ed ha un’ampiezza più o meno di una mano aperta.
Granatello: i maschi adulti hanno nel petto un ciuffo di peli neri che sembrano dei crini, spesso, nei soggetti giovani, nascosti dal piumaggio. Un ciuffo nelle femmine vecchie e più ciuffi nei maschi adulti sono un segno di vitalità e questi soggetti non devono essere penalizzati.
Noi, nel nostro standard lo chiamiamo ciuffo; ho usato “granatello” perché così lo chiamava il Ghigi. Il suo colore non cambia a seconda della colorazione del piumaggio.
Ali: lunghe; larghe; portate alte e ben serrate al corpo.
Coda: lunga; portata chiusa e leggermente cadente; nei maschi in parata è portata rilevata ed a forma di ruota. Anche le femmine spiegano la coda in stato d’eccitazione.
La coda è composta da 18 timoniere molto larghe; le esterne sono molto più brevi delle interne, per ottenere la perfetta “ruota” che conosciamo. Anche le femmine possono, molto saltuariamente però, spiegare la coda senza però mai raggiungere la perfezione e la durata del maschio.
Gambe: in tutte le varietà molto carnose con un piumaggio duro e serrato. Nelle varietà pesanti e medie le gambe si staccano nettamente dalla linea addominale. Le varietà leggere hanno un portamento più basso e le loro gambe sono meno visibili.
Tarsi: più lunghi possibile; forti; senza piume; con dita lunghe e ben distanziate. Presenza di speroni nei maschi.
Gli speroni nel maschio sono appena accennati nel primo anno; anche in un tacchino adulto comunque non hanno un grande sviluppo e non sono mai appuntiti come quelli del gallo.
Piumaggio: ben serrato al corpo.
I maschi in stato di eccitazione rabbuffano il piumaggio delle spalle fino al ritorno alla calma. Ciò è senza importanza nel giudizio.
Il Tacchino, per mezzo di una contrazione volontaria dei muscoli sottocutanei, può erigere tutte le penne del corpo: trattandosi quindi di un naturale atteggiamento temporaneo, è ovvio che il giudice non deve tenerne conto.
Tutte le penne, eccetto le remiganti primarie e secondarie, hanno l’apice larga e tronca; una leggera stondatura è presente nelle copritrici delle ali.

Varietà

Alcune delle descrizioni dei nostri standard relativi alle colorazioni sono imprecisi, con evidenti errori di traduzione. Sarebbe troppo complicato e poco chiaro riportare solo le correzioni, pertanto li riporterò integralmente.
Le colorazioni che non hanno necessità di correzioni sono le seguenti: Nera, Bianca, Rossa.

Ali Nere

Il colore di fondo è nero intenso. Petto, collo e spalle, a seconda dell’illuminazione, di colore bronzo scuro a verde brillante. Dalle spalle alla punta della coda, ogni penna ha una banda dorata larga e brillante. Nei due sessi , questa bandavè ben visibile sulle penne delle copritrici della coda e larga 2-3 cm. Il piumaggio dei fianchi del maschio e della femmina ha ugualmente bande dorate molto larghe. L’orlatura del maschio sul dorso è nera e quella della femmina è verde.
L’orlatura delle grandi e piccole copritrici della coda è bruna.
Le timoniere sono nere, con pepatura bruna e orlate di bruno castano.
Remiganti primarie e secondarie interamente nere; le 5 o 6 remiganti secondarie superiori hanno intensi riflessi di colore da oliva a verde luminoso, con all’ estremità una orlatura bianca larga 2-3 mm. che dà un disegno scalato.
Colore dei tarsi bruno rossastro.
Difetti Gravi: dorso nero; copritrici della coda poco dorate; orlatura chiara nel petto e nella coda; assenza di riflessi verdi; remiganti di altro colore che nero.

Ali Rosse

Petto bruno cuoio scuro a riflessi rosso/arancio fino a verde oliva. Maschio con orlatura nera, femmina con larga orlatura sabbia fino a bruno rossastro. Sul dorso ogni penna porta una larga banda dorata a riflessi violetti; nel maschio segue una stretta orlatura nera; nella femmina la banda dorata è seguita da una stretta orlatura nera, dopo da una banda trasversale verde smeraldo brillante; la penna nei due sessi termina con un orlo ruggine intenso. Collo e spalle bruno cuoio brillante. Piumino del collo, delle spalle, del petto e del dorso, nero con delle ondulazioni trasversali brune. Le piccole penne delle copritrici della coda nei due sessi hanno una larga banda dorata a riflessi violetti e terminano con una larga orlatura ruggine. L’orlatura nera fra la banda dorata e l’orlatura terminale è molto stretta, appena 1 mm di larghezza. Il piumino di queste penne è bruno con delle ondulazioni trasversali nere. Le grandi piume delle copritrici della coda sono di colore ruggine brillante senza disegno. Piume della coda bruno rossastro con ondulazioni trasversali nere; fra le ondulazioni nere pepatura nero intenso; in cima alle penne più lunghe, larga banda dorata e orlatura ruggine; la banda dorata è bordata di nero. Le penne dei fianchi hanno delle larghe bande dorate ed un’orlatura rosso ruggine. Remiganti primarie grigio-bianco con pepatura nero intenso; rachide ruggine. Remiganti secondarie ruggine intenso; finemente pepate.
Colore dei tarsi bruno scuro fino a rosso nei soggetti adulti.
Difetti Gravi: bande dorate assenti o troppo strette; remiganti secondarie o orlatura finale di un altro colore che ruggine; barratura trasversale nera sulle grandi copritrici delle ali.

Blu

Blu scuro o chiaro purché uniforme. E’ da ricercare un blu piccione. Qualche punto a barre è tollerato. Colore dei tarsi carne sporco.
Difetti Gravi: rachide delle penne bianca; remiganti bianche; colore non uniforme del piumaggio; presenza di altro colore che blu.

Bourbon

Tacchino Bourbon

1,2 Tacchino Bourbon

Maschio: rosso bruno scuro su tutto il mantello; tutte le penne con una stretta orlatura nera, con eccezione delle piume della parte alta del collo, della base del dorso e delle grandi copritrici della coda.
Remiganti bianche, le sei remiganti secondarie superiori leggermente sfumato di rosso brunastro.
Coda bianca che termina con una barra trasversale rossa orlata di bianco.
Piumino salmone.
Femmina: ha lo stesso colore di fondo del maschio, ma senza orlatura nera nelle penne. Solo il piumaggio del petto presenta una stretta orlatura bianca.
Colore dei tarsi bruno rossastro; rosso violetto nei soggetti adulti.
Difetti Gravi: coda rossa; remiganti rosse; assenza di orlatura.

Bronzata

Tacchino Bronzato

1,1 Tacchino Bronzato

Petto, collo, spalle e pomo dell’ala di colore fondamentalmente nero a riflessi bronzei intensi che richiamano tutti i colori dell’arcobaleno.
Copritrici delle spalle con un’orlatura nero vellutato, le piume laterali del petto del maschio con un’orlatura nero vellutata, mentre nella femmina è di colore sabbia scuro fino a bruno scuro. Copritrici delle ali bruno nero molto brillante, terminanti con una fine orlatura più chiara.
Tutte le piume del dorso, dalle spalle fino alla coda, devono presentare una larga (1-2 cm) banda bronzata, con dei riflessi dorati fino a rosso violaceo, e terminare con una stretta orlatura nero vellutato ed una larga barra bruno/marrone. Le ali sono ornate da una larga banda trasversale verde oliva bronzato e terminano con una banda nero vellutato brillante. Le remiganti sono nere traversate da barre nette e regolari grigio/bianco. Le piume della coda sono molto larghe, nere con barre brune e terminano con una barra bronzea larga 1-2 cm ed una barra sabbia scuro fino a bruno dorato. Più questa linea è scura meglio è. Sulle grandi copritrici della coda la banda bronzea deve essere presente nel maschio e deve essere ricercata nella femmina.
Le piume delle gambe sono nere ed hanno una macchia bronzea verso l’estremità, larga 1-2 cm, che termina, nel maschio, con un’orlatura nero vellutato e, nella femmina, con una orlatura bruna.
Piumino nero.
Colore dei tarsi bruno scuro; rosso fino a violaceo nei soggetti adulti.
Difetti gravi: assenza delle tonalità bronzee; piume delle ali interamente nere, senza disegno: molto bianco nelle remiganti; orlatura bianca nel piumaggio del dorso e sulle copritrici della coda; coda nettamente troppo disegnata vista di sopra; orlatura chiara nel petto delle femmine giovani; dorso nero nei due sessi.

Crollwitz

Tacchino Crollwitz

1,1 Tacchino Crollwitz

Colore fondamentale bianco. Collo bianco puro, una leggera orlatura nera tollerata nella parte alta del maschio. A partire dal petto e sul dorso ogni penna con un bordatura nera, preceduta da una fascia bianco argento larga 1-2 mm nel petto e d’una stessa fascia un po’ più larga sul dorso. Nel maschio la parte alta del dorso è nera. L’assenza di un’orlatura argentata nel petto non è attualmente un difetto, ma è augurabile una selezione per ottenerla. Nel maschio il petto sembra picchiettato, nella femmina è meno delineato. Il dorso, le spalle, i fianchi e le copritrici della coda hanno un disegno più pronunciato. Le grandi copritrici della coda e le timoniere hanno una banda trasversale nera seguita da una orlatura bianca. Le fasce dell’ala devono terminare con una orlatura nera. Remiganti secondarie bianche, barbe esterne terminanti con del nero. Remiganti primarie grigio-nero con rachide bianca.
Colore dei tarsi da carne a rosso.
Difetti Gravi: bruno nel piumaggio. Altro colore che nero intenso per il disegno.

Fulva

E’ una colorazione molto rara anche in Paesi molto più progrediti di noi, questo comporta difficoltà a reperire riproduttori.
Nei due sessi giallo ocra uniforme e sostenuto. Piumino fulvo intenso. Una leggera orlatura nera attualmente è ammessa nel maschio.
Colore dei tarsi da carne a rosso chiaro.
Difetti Gravi: piumino bianco; colore del mantello troppo spento; remiganti chiare; presenza di orlatura su tutto il mantello.
A Lipsia ho avuto modo di vedere una bella collezione di questi tacchini e li ho trovati ad un buon punto di selezione, migliore degli anni precedenti: il colore, anche nel maschio, era buono, senza quelle orlature nere ammesse.

Ramata

Tacchino Ramato

1,2 Tacchino Ramato

Bruno rame regolare cangiante e brillante. Il colore del mantello deve essere il più uniforme possibile. Nel maschio le piume del collo, del petto, dell’addome, del dorso e dei pomi dell’ala terminano con una fine orlatura larga 1-2 mm blu-nero brillante. Nella femmina questa orlatura non è ancora abbastanza pronunciata, ma è augurabile la sua presenza. Le remiganti e le penne della coda non devono avere questa orlatura. Le penne della coda presentano alla loro estremità una banda bruno chiaro di circa 2 cm preceduta da una banda, della stessa larghezza, di colore bruno scuro. Per favorire la selezione della banda nera, è tollerata una leggera ondulazione.
Piumino grigio-fulvo, rachide delle penne bruno rossastro. Nella femmina il piumaggio non deve essere brillante, tuttavia il colore non deve essere spento.
Colore dei tarsi da carne a rosati.
Difetti Gravi: piumino bianco; coda bianca; remiganti e rachide bianche; orlatura grossolana. Non mi ero mai soffermato così tanto fra i tacchini quanto è accaduto a Lipsia, dove, proprio per questo mio lavoro, gli ho dedicato più tempo, avendo così modo di apprezzare questa colorazione, veramente bellissima: probabilmente la mia preferita anche per la mole e la forma contenuta dei soggetti.

Tacchino Narragansett

(Riportato nello standard europeo come “Tacchino Colorazione Narragansett”)
Il nostro standard è l’esatta traduzione di quello del Paese d’origine, pertanto non necessita di nessuna revisione, anche se in alcune parti non concorda con quello europeo.

Bibliografia:
  • FIAV, Standard Italiano delle Razze Avicole
  • E.E., Standard des volailles de race pour l’Europe
  • Schede di Divulgazione Veneto Agricoltura
  • Giovanni Savorelli, Il Tacchino, 1936
  • Alessandro Ghigi, Fagiani Pernici e altri galliformi del mondo, 1968
  • Teodoro Pascal, Fagiani, Tacchini, Faraone, Pavoni, Anatra, Oche, Cigni, 1908
  • Tedoro Pascal, Storia e Origine dei Volatili da Cortile, 1926

Araucana… La gallina dalle uova blu

di Focardi Fabrizio

Ne ho già parlato qualche anno fa, e precisamente sul Notiziario n°15 del Marzo 1998, nell’articolo:“Araucana – Tentiamo Di Fare Chiarezza”.
Denunciavo un’anarchia di forme e caratteristiche in quasi tutti i Paesi ed auguravo la possibilità di uniformarsi ad un unico modello.
Chiarezza ed uniformità non sono state raggiunte e molte sono le cose ancora lasciate in sospeso. Oggi, che abbiamo uno “Standard Avicolo per l’Europa” (anche se discusso), è giunto il momento, soprattutto per facilitare il lavoro di selezione di questa razza piena di difficoltà, di tentare di uniformarsi, così da fornire ai nostri allevatori chiare dritte per poter fare una giusta selezione dei loro soggetti.

Araucana

Araucana bianca 1,0

Araucana

Araucana bianca 0,1

Alcune Araucana erano presenti ai passati Campionati Italiani a Jesolo e, successivamente, anche a “Nostravicoli” di Reggio Emilia.
E’ una razza molto particolare che merita, proprio per le sue caratteristiche poco comuni e non presenti in altre razze, di essere presa in considerazione da un maggior numero di allevatori.
In ambedue le occasioni alcuni soggetti non erano male: anche se non le ho giudicate personalmente, mi sembra di ricordare che alcune femmine erano un po’ piccole e che il problema maggiore fosse la colorazione che, anche se ha un’importanza secondaria, non si deve troppo discostare dallo standard; ma di questo parleremo in seguito.

Araucana

Araucana selvatica 1,0

Standard e Colorazioni

Penso che i disegni dei soggetti riportati nel nostro libro Standard andrebbero modificati nella posizione: il tronco è troppo inclinato, specialmente nella gallina, e il collo è tenuto troppo allungato.
Riporto, qui di seguito, lo standard E.E tradotto integralmente. Personalmente lo ritengo giusto; sarà comunque il CTS a decidere la sua ratifica.

Araucana STD

I – Generalità
Origine: Scoperta nel XIX secolo in Cile fra gli indiani Araucana.
Aspetto Generale : Pollo di tipo comune, robusto e resistente, senza coda, con leggera affinità al tipo combattente. Il corpo, visto di fianco, deve essere ovale. Le caratteristiche principali sono i ciuffi auricolari ai lati della testa o i favoriti, o ambedue. Depone uova di colore turchese.
Caratteristiche del gallo
Tronco: ben arrotondato, tenuto leggermente rilevato
Collo: di media lunghezza; con lanceolate della mantellina larghe
Dorso: abbastanza lungo
Spalle: larghe
Ali: ben aderenti; orizzontali; non devono oltrepassare il tronco
Sella: riccamente impiumata
Coda: assente
Petto: largo; leggermente arrotondato
Addome: ben sviluppato
Testa: abbastanza larga
Faccia: rossa; nerastra nelle colorazioni Nera e Nera a Mantellina Dorata
Cresta: cresta a pisello irregolare; ferma; non deve riposare con la parte posteriore sulla nuca
Bargigli: poco sviluppati; assenti nei soggetti barbuti
Orecchioni: rossi; qualche traccia biancastra ammessa
Occhi: vivi; colore secondo le varietà
Becco: possente; leggermente ricurvo
Barba: a) con ciuffi auricolari. I ciuffi sono impiantati da ogni lato della testa su una caruncola di pelle (ciuffi possibilmente uniformi nella taglia e nella posizione: verso l’alto, il basso, all’indietro o in avanti)
b) con favoriti sviluppati. La barba (a cravatta) deve essere piena senza diventare una barba da cappuccino
c) con ciuffi auricolari e barba.
Araucana

Araucana bianca 1,0

Se si considera come caratteristica peculiare della razza la produzione di uova blu, può essere giusto riconoscere soggetti delle tre tipologie.

Del resto, come vedremo in seguito, l’allevamento comporta serie difficoltà genetiche.
Quindi, così facendo, si facilita l’allevamento di una razza assai rara.

La mia opinione è pertanto quella di accettare le tre tipologie e di riportarle anche nel disegno nel nostro Libro Standard.

Gambe: possenti; abbastanza visibili
Tarsi: di lunghezza media; lisci; fini; colore a seconda delle varietà
Dita: ben allargate
Piumaggio: ben incollato al corpo, ammesso più soffice nelle varietà blu
Caratteristiche della gallina

Identica al gallo a parte le differenze legate al sesso. Posizione del corpo più orizzontale

Difetti gravi delle caratteristiche: Taglia esagerata; figura grossa o angolosa; dorso corto, fortemente inclinato; estremità del corpo troppo stretta o appuntita; cresta a pisello vacillante; barba da cappuccino o criniera fortemente sviluppata; ciuffi auricolari sviluppati da un solo lato; assenza delle caruncole di carne; vertebre caudali completamente sviluppate; colore diverso dal bluastro nel giudizio delle uova.

Araucana

Colorazioni
La purezza del colore ed il disegno hanno un’importanza secondaria

Selvatica

Gallo: testa, mantellina e sella rosso/bruno con fiamme nere. Spalle, copritrici delle ali e dorso rosso/bruno scuro. Remiganti primarie nere, con orlatura bruna sulla parte esterna. Remiganti secondarie con barbe interne nere; barbe esterne brune che formano il triangolo dell’ala. Fasce dell’ala nere; petto, addome e gambe nere.
Gallina: testa e piumaggio del collo bruno dorato con fiamme nere. Petto salmone. Piumaggio del mantello bruno con pepatura nera, rachide bruno chiaro e orlatura nerastra più o meno marcata. Gambe grigio/bruno. Addome grigio/nero.
Tarsi verde salice. Iride di colore rosso/aranciato.

Blu Selvatica

Gallo e gallina Come la varietà Oro Selvatica, ma il blu rimpiazza il nero.

Collo Oro

Gallo: testa bruno dorata; mantellina e sella giallo dorato scuro con fiamme nere. Dorso e spalle rosso dorato. Remiganti primarie nere, bordo esterno bruno. Remiganti secondarie e barbe interne nere; barbe esterne brune che formano il triangolo dell’ala. Fasce dell’ala nere. Petto, addome e gambe nere.
Gallina testa e mantellina giallo dorato con fiamme nere. Petto color salmone. Piumaggio del mantello bruno giallastro con pepatura nera; rachide delle penne gialla; orlatura bruno giallastra tollerata. Gambe e addome nero/grigio.
Tarsi verde salice. Iride di colore rosso/aranciato.

Blu Collo Oro

Gallo e Gallina: Come la varietà Collo Oro, ma il blu rimpiazza il nero.

Collo Argento

Gallo: testa, mantellina e sella bianco argento con fiamme nere. Dorso e spalle bianco argento. Remiganti primarie nere con bordo esterno bianco. Remiganti secondarie con barbe interne nere; barbe esterne bianche che formano il triangolo dell’ala. Fasce dell’ala nere; petto, addome e gambe nere.
Gallina: testa e mantellina bianco argento con fiamme nere. Petto color salmone. Piumaggio del mantello grigio argento con pepatura nera e rachide delle penne bianco argento; leggera orlatura argentata ammessa. Gambe e addome grigio.
Tarsi verde salice. Iride di colore rosso/aranciato.

Dorata Frumento

Gallo: colore e disegno come nelle colorazioni collo Oro o Selvatica, ma senza fiamme nere nella testa, mantellina e nella sella (leggero disegno nascosto tollerato nella mantellina).
Gallina: testa e mantellina bruno rossastra, qualche traccia di nero opaco tollerato nella mantellina. Mantello color frumento. Petto, ventre e gambe color crosta di pane chiara. Remiganti frumento scuro con tracce bruno-nero sulle barbe interne.
Tarsi verde salice. Iride di colore rosso/aranciato.

Dorata Frumento Blu

Gallo e Gallina: Come la Dorata Frumento, ma il blu rimpiazza il nero.

Nera-Rosso

Gallo: nero intenso con riflessi verdi. Testa, mantellina e sella rosso dorato intenso con forti fiamme nere. Spalle e copritrici delle ali rosso brunastro. Dorso nero o nero con tracce bruno rossastre.
Gallina: nero a riflessi verdi; testa e mantellina bruno-rosso con fiamme nere nella mantellina. Orlatura bruno rossastra tollerata nel petto.
Tarsi nero oliva con suola gialla. Becco color corno scuro. Iride di colore rosso fino a bruno-rosso.

Blu-Rosso

Gallo e Gallina: Come la Nera-Rosso ma il blu rimpiazza il nero.

Nera

Gallo e Gallina: nero a riflessi verdi.
Tarsi neri con suola gialla. Iride di colore rosso fino a bruno/rosso.

Bianca

Gallo e Gallina: Bianco crema; leggere sfumature giallastre tollerate nella mantellina e lanceolate della sella del gallo.
Tarsi di colore verde salice fino a giallo verdastro. Iride di colore rosso/arancio.

Blu (con o senza orlatura)

Gallo e Gallina: Blu più o meno chiaro o scuro. Nel gallo testa, mantellina, sella e spalle nettamente più scure.
Tarsi di colore verde oliva fino a verde salice, con pianta di colore giallo.
Iride di colore rosso fino a bruno/rosso.

Sparviero

Gallo e Gallina: Ogni piuma barrata trasversalmente, in alternanza multipla, di nero e di grigio/blu chiaro; le barre leggermente arcuate. Le barre sono della stessa larghezza nel gallo, mentre nella gallina le barre nere sono un po’ più larghe. Il disegno sparviero non è così netto e il piumino è solo disegnato leggermente.
Tarsi di colore giallo, parzialmente anche con un velo nerastro o qualche scaglia nera. Iride di colore rosso/arancio.

Araucana

Peso Gallo: 2-2,5 kg
Peso Gallina: 1,6-2 kg
Peso minimo dell’uovo: 50 gr
Colore dell’uovo: turchese (blu verdastro fino a verde bluastro)
Misura Anello Gallo 18
Gallina 16

Detto questo, darò maggiori informazioni su questa razza. Del resto penso che la curiosità stia nell’animo dell’allevatore e, anche se non è la razza che alleviamo o vorremmo allevare, la passione per il nostro hobby ci rende curiosi di tutto ciò che è coperto di piume.

Dove avrà avuto origine un pollo così strano: senza coda, con penne agli orecchi e che fa uova blu?

L’Araucana è la IX Regione del Cile. Qui vive una numerosa popolazione autoctona: la Mapuche, con una propria lingua, Mapudungum – che è tra l’altro la più parlata in Cile -; è questa la regione che ha dato origine alla gallina dalle uova blu.
Quella che noi oggi conosciamo come Araucana non è la vera razza autoctona della popolazione Mapuche, ma il prodotto di incroci effettuati nel tempo.
Nella regione Araucana erano allevate due tipologie di polli: la “Collonca” (che significa ‘tronco mozzo’) era un piccolo pollo con una piccola cresta, senza coda e che deponeva uova blu; la “Quetro” era invece una razza conosciuta per avere un canto molto particolare, sgraziato, e dotata di ciuffi auricolari, cresta a pisello e coda normalmente sviluppata; le uova erano però brune.
Col tempo, le due razze furono incrociate creando polli con caratteristiche comuni, chiamati “Collonca de Aretes” (Collonca con i ciuffi alle orecchie), ma questi soggetti erano molto rari e non furono solo loro a dare origine al nostro pollo.
Fu il Dr. Rueben Bustos, un esperto di polli cileno, che selezionò, con un lavoro durato molti anni, una linea partendo da questi ibridi. Nel 1914 la ufficializzò, dandone la descrizione: soggetti anuri, con ciuffi auricolari, piccola cresta semplice, occhi rossi, tarsi senza piume e deposizione di uova blu.
Nel 1921 il professor Salvador Castello, esperto spagnolo e direttore della “Reale Scuola Avicola Di Spagna” di Barcellona, presentò questi polli, suffragati da materiale fotografico, al primo Congresso Mondiale dell’Aia (NL), definendoli polli autoctoni dell’Araucana, e chiamandoli “Gallus Inauris”
Il nome latino, che vuol dire ‘gallo con i ciuffi auricolari’, fu accettato dal Congresso come ufficiale.
In seguito, la sua storia creò un po’ di confusione, in quanto quello che Castello aveva presentato come una razza autoctona era invece il frutto del lavoro di selezione del Dr. Bustos.

Allevamento e selezione

L’allevamento non comporta particolari difficoltà se si escludono ovviamente le difficoltà genetiche che più avanti vedremo.
Se si fa riferimento al mio precedente articolo ci si rende conto che molti Paesi hanno uno standard “molto personale” dell’Araucana: con la coda o senza, con la barba o con i ciuffi auricolari o con barba e ciuffi auricolari insieme, cresta a pisello o cresta semplice. e si potrebbe ancora continuare.
L’unica caratteristica comune a tutte queste varianti è l’uovo blu, o verdastro. Senz’altro questa è la caratteristica che più incuriosisce, ma è anche la più facile da ottenere perché dovuta ad un gene autosomico dominante: il gene “O” (Olive) che causa la colorazione blu o verde del guscio.
Questo gene rende blu le uova che altrimenti sarebbero dovute essere bianche, e verdastre quelle che sarebbero senza di esso state brune.
Il pigmento blu è presente in tutto il guscio, cioè anche nella parte interna di esso. Diversamente, nelle uova più o meno brune il guscio è colorato solo nella parte esterna: questo perché il pigmento si deposita solo nell’ultimo tratto dell’ovidotto.

Mi spiace sfatare il mito secondo cui l’uovo dell’Araucana avrebbe un basso tasso di colesterolo, ma molte analisi hanno dimostrato il contrario. Riporto qui sotto la tabella della “Researchers at Kansas State University” del Marzo 1977, dalla quale risulta che il tuorlo ha una percentuale di colesterolo addirittura più alta rispetto alle altre razze:

Razza Colore del Guscio Colesterolo (mg./100g.)
Araucana Blu/Verde 1315
Livorno Bianco 1163
Plymouth Rock Bruno 1255

Una doverosa parentesi: secondo quanto accertato dalla Kansas State University, sembrerebbe che fosse la nostra razza nazionale a detenere il record; una ragione in più per darsi al suo allevamento.

L’altra caratteristica propria della razza e non presente in altre razze è quella dei ciuffi auricolari.
Il ciuffo non è soltanto una mutazione a carico del piumaggio, ma fa parte di una particolare struttura cutanea, situata appena sotto l’orecchio, alla quale sono fissate penne abbastanza rigide.
E’ bene fare attenzione che questo peduncolo non venga danneggiato nelle lotte o nella pica in quanto non ricrescerebbe, determinando così ciuffetti eterogenei o addirittura la loro sparizione.
Se i ciuffetti, da un lato, sono una simpatica caratteristica, dall’altro sono un grosso problema per l’allevatore. Questo perché, allo stato omozigote – con genotipo “Et/Et” (ear tufts) – questo gene è letale: gli embrioni muoiono fra il 17° e il 19° giorno di incubazione; i pochi nati, in genere, non sopravvivono a lungo. Per questa ragione la presenza di ciuffi auricolari denuncia uno stato eterozigote di un singolo gene dominante autosomico.
Conviene quindi accoppiare un soggetto con ciuffo ad uno senza; ma anche in questo caso la mortalità dell’embrione sarà oltre del 20%.

Il dott. Elio Corti espone, nella sua Summagallicana, questa previsione:

«(…) Pertanto un soggetto con ciuffetto alle orecchie accoppiato con uno sciuffettato non può riprodursi fedelmente in tutta la discendenza dal momento che solo il 50% dei suoi gameti è portatore del gene: il 25% dei suoi discendenti non avrà gli orecchini di piume.
Ogni 100 uova fertili provenienti da genitori con ciuffetto (eterozigoti, ndr.), l’allevatore deve attendersi:
– 25% di embrioni morti nel guscio
– 25% di figli senza ciuffetto
– 50% di figli con ciuffetto; di questi, 25% è ciuffettato internamente (cioè portatore, ndr.), 25% è ciuffettato esternamente ma non in modo uniforme; i soggetti da esposizione debbono essere scelti in seno all’esiguo gruppo composto da soggetti con ciuffetto esterno uniforme. Ma, come già detto, di questo 50% una quota variabile può anche non essere vitale.»

Araucana STDIl giudice, riguardo a questa caratteristica, deve essere quindi molto, molto tollerante.
I ciuffi auricolari possono assumere posizioni diverse: rivolti in avanti o all’indietro, verso il basso o verso l’alto; è però importante che abbiano sempre ambedue la stessa posizione, altrimenti saranno penalizzabili. I ciuffi dovrebbero essere formati da un minimo di cinque fino ad un massimo di undici penne per parte.
Come abbiamo detto, esistono anche soggetti con barba e favoriti, che non devono essere troppo abbondanti – come ad esempio nella Faverolles -, ma devono assumere una forma contenuta con un piumaggio aderente e non troppo lungo; volendo fornire un esempio derivante dai celebri favoriti di un personaggio storico, si direbbe stile “alla Cavour”.

Altra caratteristica particolare, ma non esclusiva dell’Araucana, in quanto presente in altre razze, è la mancanza del posteriore.

Araucana STDQuesta caratteristica era già conosciuta da Ulisse Aldrovandi nel 1600, che infatti ne parla e propone i disegni di un gallo ed una gallina chiamandoli”Gallus Persicus”, perché provenienti dalla Persia.
Il gene che causa l’assenza completa del posteriore, cioè di tutte le vertebre caudali, è un gene dominante, che Dunn e Landauer (1936) definirono “Rp” (dall’inglese Rumplesss = ‘senza posteriore’).
Pare che anche i portatori di questo gene abbiano una percentuale di schiusa inferiore alla media, a causa della mortalità dell’embrione; è stata notata anche una mortalità non comune nei primi mesi di vita.
Anche la fertilità non è eccezionale, e le supposizioni sulle cause sono tante: la mancanza di coda – che può causare nel gallo uno scarso equilibrio -, l’abbondanza di piume – che contrasta la copula, anche se questo può forse essere evitato con l’eliminazione di tale piumaggio nel periodo della riproduzione – e l’impossibilità di coprire il piumaggio con la sostanza oleosa, venendo a mancare la ghiandola che la produce.
Sarebbe interessante conoscere cosa ne pensano i nostri allevatori, per sapere se la loro esperienza conferma a queste eventualità.

Araucana STDIl tronco termina con un piumaggio della sella folto e abbondante, ordinatamente sistemato a forma bombata. Le lanceolate del gallo non devono essere troppo lunghe: è preferibile che, ricadendo, non oltrepassino la linea inferiore del ventre.
In Italia è una razza rarissima, come del resto anche all’estero, per questo si raccomanda nel giudizio una certa tolleranza.
E’ bene usare come riproduttori soggetti di giusta mole: vanno quindi eliminati soggetti leggeri e con un tronco troppo stretto.
Il tronco deve essere abbastanza lungo e non deve stare troppo in discesa. La posizione non deve apparire troppo bassa, quindi le zampe non devono essere troppo corte: le gambe devono essere in parte visibili, altrimenti si ha un aspetto troppo tarchiato che non è quello giusto.

I punti della testa sono importanti: la cresta è richiesta a pisello, cioè formata da tre linee con una perlatura regolare, senza formazione di punte, e con la linea centrale leggermente più alta delle laterali; una cresta troppo grande non sarà mai una bella cresta perché difficilmente avrà quella compattezza che la farà stare ben ferma. Può succedere che la cresta abbia una linea in più: in questo caso essere tolleranti, purché non sia una cresta afflosciata.
Gli orecchioni devono essere rossi: qualche lieve traccia di bianco nella gallina è ammessa, ma nel gallo è bene che siano di un bel rosso vivace. Ovviamente in presenza di barba non si deve per forza cercare di vedere l’orecchione e penalizzarlo; ma se è rosso, anche in questo caso, è meglio.
Il colore degli occhi varia a seconda della colorazione: è una caratteristica importante che, qualora si discostasse troppo da quanto richiesto, va penalizzata.
La parte posteriore non deve sembrare vuota, ma ben piena, larga e arrotondata; così anche il petto, che deve essere pieno e assolutamente non piatto.
Per quanto riguarda barba, favoriti e ciuffi, è bene ancora essere tolleranti: man mano che i soggetti miglioreranno si potrà, pari passo, diventare più esigenti.

Come ho già accennato, nel giudizio la colorazione ha un’influenza minore, ma è bene rispettare determinate caratteristiche, altrimenti, in alcuni casi, si rischia di avere colorazioni di difficile assegnazione, specialmente nelle Selvatica, Collo Oro e Dorata Frumento.
Specialmente nei galli la differenza deve essere molto evidente: ad esempio, nella mantellina e nella sella è bene conoscere e rispettare le tonalità, che vanno da un rosso/bruno per la Selvatica, ad un giallo dorato scuro per la Collo Oro; in ambedue sono richieste fiamme nere, mentre, nella Dorata Frumento, si può avere un’intensità variabile fra le due precedenti, ma non deve avere assolutamente fiamme.
Anche nella mantellina della gallina le tonalità sono diverse nelle tre varietà. Nei galli, quando richieste, le fiamme devono essere presenti sia nella mantellina che nella sella con disegno regolare: una fiamma troppo importante o che sfonda, genererà addensamenti di pepatura nella gallina, mentre una fiammatura scarsa ed irregolare non darà mai una pepatura sufficiente.
Pertanto sul cartellino segnalare quando le fiamme non sono regolari. Una tonalità nerastra può essere tollerata solo sul dorso della gallina; anche la possibilità che il colore del piumaggio del mantello invada leggermente il petto è accettabile. Il piumino nelle tre varietà deve essere grigio: un piumino chiaro è accettabile se non è visibile in superficie, cosa che può accadere nel passaggio dorso/coda.
Nei petti dei galli sono tollerate delle tracce brune. Insomma, il giudice dovrà segnare sul cartellino tutti i difetti di colorazione presenti e, a seconda della loro importanza, decidere quanto declassare il soggetto.
Quando si dice che il blu rimpiazza il nero si intende che tutto il nero del disegno, pepatura compresa, diventa blu.
Nella colorazione Sparviero essere indulgenti su qualche penna nera e su penne della coda con disegno sfumato.

Nelle colorazioni a tarsi molto scuri accertarsi che le piante dei piedi siano gialle.

Una razza, dunque, che ha bisogno di aiuto per far superare agli allevatori quelle difficoltà di selezione dovute anche alla non facilità a reperire nuovi soggetti riproduttori.
I giudici dovranno comunque indirizzare gli allevatori verso la giusta strada, compilando un cartellino con pregi e difetti, ma anche con consigli per ottenere sempre soggetti migliori.

Bibliografia:
  • – Dott. Elio Corti – www.summagallicana.it
  • – Standard des volailles de race pour l’Europe, 2006

Romagnola, Atto Primo

di Focardi Fabrizio

Di tutto mi si può accusare – di questi tempi poi… – tranne che di non dare ascolto alle richieste degli allevatori.
È stato un lavoro lungo, e non privo di ostacoli, quello che il CTS ha portato avanti per sistemare gli standard delle razze italiane – quelle storiche – e per farle riconoscere come tali in Europa.
Una volta fatto questo, mi sono dedicato subito alla ricerca di notizie su alcune razze che, per la loro origine ed il loro scarso sviluppo, ritenevo meno importanti.

Nel passato Notiziario è uscito l’articolo sulla Romagnola, che fra l’altro mi era stato richiesto anche dal Presidente AMAC, Giuseppe Santoni, a nome di alcuni allevatori. Mi aspettavo pertanto, alla loro mostra di Forlì, la presenza di un maggior numero di questi soggetti. L’allevatore Maurizio Bartolini, col quale avevo avuto modo di parlare di questa razza in occasione della mostra sociale AERAv nel Marzo di quest’anno, è stato il solo ad esporre sei soggetti: quattro della colorazione Argento a Fiocchi Neri e due della colorazione Oro a Fiocchi Neri. Darò, qui di seguito, non un giudizio vero e proprio, ma riporterò quelli che, secondo come, sono pregi e difetti dei soggetti esposti in base a come io immagino la Romagnola; è solo la mia opinione, che potrà poi, mi auguro, essere discussa fra gli allevatori.

2,2 Argento a Fiocchi neri

Tutti i soggetti, in questa colorazione, erano presentati con un piumaggio in discrete condizioni.

Prima Coppia

Romagnola

Gallo:
buona la forma e la posizione, solo la coda sarebbe preferibile portata più alta.
La cresta non segue, come dovrebbe, la linea della nuca; la lama è troppo larga, di conseguenza i denti sono corti e mal formati.
Da migliorare il colore degli orecchioni per la presenza di tracce rossastre.
I tarsi, stranamente, sono verdastri.

Romagnola

Gallina:
buona la forma e la posizione; buoni i punti della testa.
Abbastanza buono – anche se lo preferirei più scuro – il colore dei tarsi.
In mostra ha deposto un bell’uovo bianco.
Il disegno ed i colore sono buoni. Il disegno non è perfetto, ma come ho già detto siamo solo all’inizio.

Seconda Coppia

Romagnola

Gallo:
da migliorare nella forma e posizione. Buona la cresta, anche se migliorabile nella larghezza e lunghezza dei denti.
Buono il colore degli orecchioni e dei tarsi. Il mantello troppo simile a quello del “Gabbiano Della Frisia Orientale”: sono dell’opinione che non vada bene per la nostra Romagnola.
Personalmente ritengo più adeguata la fioccatura su tutto il mantello, meno ovviamente che nelle lanceolate.

Romagnola

Gallina:
forma e posizione molto da migliorare.
Coda troppo bassa e chiusa. Cresta troppo piccola e dritta: forse per la giovane età del soggetto.
Tarsi troppo chiari. Totale assenza del disegno.

1,1 Oro a Fiocchi neri

Ambedue i soggetti con buona mole, forma e posizione; il colore di fondo ed il disegno molto buoni.

Romagnola

Gallo:
peccato per la totale assenza della coda.
La cresta con i denti da migliorare ed il lobo deve essere meno frastagliato.
Tarsi troppo chiari.

Romagnola

Gallina:
buona forma e posizione.
La cresta abbastanza buona, migliorabile nella forma. La coda preferibile più aperta.
Buono il colore dei tarsi.

Posso azzardare e definirlo un “buon inizio”, anche se sarebbe senz’altro meglio se gli allevatori fossero in numero maggiore. Presumo che Bartolini abbia – più che altro per la disposizione del disegno e per il colore dei tarsi, come abbiamo visto nel gallo n° 1 e nella coppia n° 2 – un alto scarto; ma ho fiducia nella sua passione che lo farà senz’altro lavorare seriamente. Sarebbe per lui più facile se avesse la possibilità di collaborare con qualche altro allevatore: pertanto, se esiste ancora qualche buon intenzionato, spero mi contatti o contatti lui direttamente.

Un’altra occasione di verifica si avrà ai prossimi Campionati Italiani di Jesolo, dove, come l’anno passato, sarà allestita un’area riservata alle razze che si vogliono sottoporre al giudizio del CTS per avere l’assenso al proseguimento della selezione.

Nana Italiana, perchè no?

di Focardi Fabrizio

L’Italia ha mai avuto una sua razza di polli nana? Questa è una domanda che mi sono più volte fatto, e devo dire che la risposta è sempre stata molto incerta.
Ho 64 anni, ed ho quindi vissuto il periodo successivo all’ultima guerra, quando l’Italia tentava di rialzarsi dalla batosta subìta. I problemi erano tantissimi e tutti, compresi i “grandi” della nostra avicoltura, avevano ben altre cose a cui pensare: gli italiani non sono mai stati grandi selezionatori, e non credo che proprio in quel periodo si siano dedicati alla selezione della razza nana italiana.
Man mano che le cose miglioravano, anche l’avicoltura riprendeva a vivere, ma seguendo più un indirizzo industriale che amatoriale.
Si cominciò perciò a pensare ad una selezione di produzione, più che ad una di razza: gli allevamenti preferivano, in poche parole, polli meno belli, ma più produttivi.

Le origini della mia famiglia sono contadine, i miei nonni infatti abitavano in Toscana, non lontano dalla località di Vallombrosa, che allora si poteva definire “in capo al mondo”.
Come tutti i contadini avevano anche loro polli e conigli. Ovviamente dell’incubatrice, anche se già presente nei grandi allevamenti, lì non ne avevano neanche sentito parlare…
La riproduzione avveniva pertanto naturalmente, preferibilmente con tacchine, ma anche con chioccie. Spesso erano usate, per la loro spiccata propensione alla cova, delle galline nane chiamate “Mugellesi”, perché, presumibilmente, credute originarie nel Mugello.
Il Mugello è un’ampia zona rurale a pochi chilometri da Firenze, dove, nei tempi passati, erano presenti pochi borghi e moltissime case coloniche; ogni tanto emergevano, da boschetti e giardini, ville e castelli, alcuni dei quali appartenenti alla famiglia dei Medici. Mugellani erano anche Giotto e Beato Angelico.
Ma torniamo alla nostra Mugellese, che altro non era se non una gallinella nana presente in tutte le aie dei contadini, ma spesso anche tenuta in un giardino cittadino, a volte addirittura in casa, magari in un mini pollaio sul davanzale della finestra, come animale da compagnia; le nonne erano solite regalarne una coppia ai propri nipotini quando raggiungevano un’età che gli permetteva di accudirla personalmente.

Pepoi

Pepoi: presentata alla Mostra Avicola Alpe Adria, Sagra dei Osei, Sacile 2007
Allevatore Enrico Borgato

Ho visto Mugellesi di tutti i tipi: col ciuffo, con le calze e con i tipi di cresta più svariati. Il piumaggio poi aveva un’ampia varietà di colori e disegni; ognuno usava per la produzione quelle che più gli piacevano, ma i gusti cambiavano, e se un vicino ne aveva una più bella si faceva di tutto per averne una simile nel nostro pollaio.
Mi ricordo – ero ancora un ragazzino – che ne vidi una con la cresta doppia (così si chiamava l’odierna cresta a rosa): una rarità! Feci di tutto per averla, dopodiché i miei coetanei facevano la fila per avere le uova.
Così cambiavano disegni, colori, morfologia e mole; sì, anche la mole variava, perché ovviamente non erano tenute separate dagli altri polli, e le galline spesso preferivano il gallo più aitante, generando così quelle “mezzane” che avevano il pregio di covare più uova.

Nella vecchia letteratura si parla molto vagamente di queste gallinelle e non sono mai riportate caratteristiche particolari che potrebbero palesare l’appartenenza ad un ceppo o quantomeno ad una razza.
Gli scrittori avicoli non si sarebbero certo lasciati sfuggire una presenza così importante, dal momento che sono stati oltremodo scrupolosi a riportare razze e sottorazze, molte delle quali altro non erano che tentativi fatti a casaccio e che hanno poi avuto la gloria che si meritavano.
Nel nostro standard abbiamo una sola razza nana italiana riconosciuta: la Mericanel della Brianza, nientedimeno che in otto diverse colorazioni: Bianca, Nera, Argentata, Dorata, Dorata Blu, Perniciata, Perniciata Blu e Pile.
È da considerare che le tre colorazioni Argentata, Dorata e Dorata Blu sono abbastanza recenti nel mondo avicolo; basti pensare che nel libro di Bruno Duerigen “Handbuch der Gefluegelzucht” del 1910 non erano ancora selezionate neanche nell’Italiana; oltretutto, nessuna razza italiana aveva colorazioni in cui fosse presente il blu; è quindi azzardato pensare che l’avesse proprio la Mericanel della Brianza.
La sua presenza è sempre stata molto scarsa, in alcune colorazioni addirittura non si è mai vista.
Non credo che questa razza, agli inizi del ‘900, abbia avuto origine da una accurata selezione mirata a fissare caratteristiche morfologiche e di colorazione; credo invece che sia stata niente di più della classica gallinella nana presente in tutta Italia. Unica differenza il nome, che poteva essere Mericanel della Brianza o Americanina, Mugellese o Francesina, Pepoi o, sicuramente, anche qualche altro che adesso non ricordo.
Il solo fatto che in diverse zone si usasse un diminutivo del nome di un Paese straniero sta a significare che non fosse considerata autoctona.
Anche in vecchi libri francesi, più o meno come nei nostri, si trovano notizie su non ben precisati polli nani, ma oggi l’unica razza nana autentica francese è la Pictave, che non vanta certo un’origine ancestrale, ma che fu selezionata intorno al 1929 dal Conte Raymond Lecointre senza rincorrere fantasmi del passato (per notizie più precise rileggetevi il mio articolo sul notiziario Avicoltura/Avicultura N° 10-Aprile/Giugno 2004).

Nel tempo, da diverse parti d’Italia, ho ricevuto molte telefonate su questo argomento; ma tutti, più o meno, mi descrivevano queste gallinelle con caratteristiche che poco si discostavano l’una dall’altra.
Non si potrebbe negare alle varie Regioni, qualora lo richiedessero, il diritto di riconoscere una propria razza nana; il problema? Si dovrebbero imporre caratteristiche diverse per poter diversificare le svariate razze.
Mi è stato chiesto, in base ai miei ricordi, di buttare giù uno standard per la Mugellese, e per farlo mi sono basato sui soggetti che sempre avevo visto dai miei nonni: cresta semplice e colorazione vagamente somigliante all’odierna “Collo Oro”; molto simile dunque alla razza francese Pictave.
Devo dire che i ceppi presenti in quella zona erano abbastanza omogenei; questo era molto probabilmente dovuto alla difficoltà a reperire nuovi soggetti. È importante tenere conto che gli spostamenti umani erano molto, ma molto, limitati; basti pensare che moltissimi erano stati nel Capoluogo una sola volta nella vita, e la maggior parte di essi, il mare, che oggi si raggiunge in poco più di un’ora, lo potevano solo immaginare.
Più tardi, quando “andar per il mondo” diventò più facile, la situazione andò pian piano peggiorando perché facilitò l’inserimento di nuovi soggetti, causando così la distruzione di quel poco che sporadicamente, in zone molto ristrette, casualmente si era riuscito a fissare.
La mia conclusione è che tutte le varie razze nane che si pensa siano esistite in Italia, in base alle sole voci di popolo, facciano parte di quella nutrita schiera di ceppi di polli ai quali la fantasia popolare aveva dato un nome, ma che non si fosse mai neanche tentato di farne una razza…
Si possono definire razze quelle popolazioni i cui soggetti sono contraddistinti da comuni caratteri ereditari fenotipici e genotipici, sia ottenuti attraverso particolari processi riproduttivi (selezione) sia per origine ancestrale. E, diciamocelo francamente, non è questo il caso delle nostre gallinelle…

Non sarebbe dunque meglio unire gli sforzi e creare una nana italiana trovandoci d’accordo sulle caratteristiche? Utopia? Forse sì, ma tentar non nuoce! Questa naturalmente non è altro che un’opinione personale, e se qualcuno che mi legge avesse notizie più precise, preferibilmente avallate da vecchi scritti, sono disponibilissimo a cambiarla.