Lessico


Bagnomaria

Anche bagno Maria. Vocabolo del sec. XV, da bagno+Maria, la leggendaria alchimista sorella di Mosè e di Aronne. Consiste nel riscaldamento o cottura a calore uniforme di cibi o altre sostanze per i quali occorra evitare il contatto diretto con il fuoco, mediante immersione del recipiente che li contiene in un secondo recipiente pieno di acqua o altro liquido tenuto alla temperatura desiderata: sformato cotto a bagnomaria. È anche una piccola caldaia usata nei laboratori chimici per riscaldare i recipienti.

L’Etimologico di Cortelazzo-Zolli così si esprime: ‘sistema indiretto di riscaldamento di un recipiente mediante un liquido, in genere acqua, che viene direttamente scaldato’ (bagno marie: 1539, A. Piccolomini; bagno di Maria: av. 1557, P. Mattioli; bagnomaria: av. 1537, V. Biringuccio), ‘apparecchio contenente il liquido scaldato direttamente’ (1790, Cod. farm.: “Belfagor” XLV [1990] 243), ora relegato nella terminologia gastronomica con la loc. ‘a bagnomaria’ (1772, D'Alb.). Su bagnomaria (balneo of Mary in ingl., 1471: Fennell) non resta che riprendere la ripetuta spiegaz., secondo cui il n. deriverebbe dal n. della leggendaria alchimista Maria l'Ebrea, sorella di Aronne (Migl. NP 70, 104).

   

A sinistra: bagnomaria di Conrad Gessner tratto da Thesaurus Euonymi Philiatri – 1567
A destra: bagnomaria di Pietrandrea Mattioli tratto dai Discorsi - 1585

Maria l’Ebrea o Maria di Amram

Nel Vecchio Testamento, figlia di Amram e di Jokebed che era zia di Amram e figlia di Levi. Maria era sorella di Mosè e Aronne, anch’essi figli di Amram e Jokebed, la quale avrebbe partorito Mosè all’età di 130 anni (www.jewishencyclopedia.com); Maria vegliò su Mosè lasciato sulle acque del Nilo e riuscì poi a fargli dare dalla figlia del Faraone come nutrice la sua stessa madre (Esodo, 2 4-10).

Jokebed, non certo ultracentenaria, mentre affida Mosè alle acque del Nilo
(da www.christcenteredmall.com)

Al passaggio del Mar Rosso, ispirata da Dio, Maria condusse le danze e i canti di ringraziamento (Esodo 15, 20-21). Nel deserto, avendo mormorato contro il potere di Mosè, fu colpita dalla lebbra, e solo per l’intervento del fratello poté essere risanata (Numeri 12). Morì e fu sepolta a Cades nel Negeb o Negev (Numeri 20, 1). Fu Mosè a guidare l’esodo degli Ebrei dall’Egitto verso la Terra Promessa e la datazione può all'incirca situarsi tra la fine del XIV e l'inizio del XIII sec. aC.

Una delle rare figure femminili dell'alchimia: Maria l'Ebrea, la sorella di Mosè (Viridarium Chymicum). La trasformazione della mitica Maria nell'antenata dell'alchimia risale a una tradizione piuttosto antica. In un trattato firmato da Maria l'Ebrea è descritto quel particolare processo di cottura che ancora oggi è chiamato Bagnomaria.

Secondo Michela Pereira dell’Università di Siena (Alchimia e metallurgia - Le origini in www.resonline.it) la datazione di Maria l’Ebrea sarebbe ben più recente:

“Quest'ultima concezione è quella più vicina alla visione ermetica, caratterizzata da una logica del vivente forse d'origine stoica, cui rinvia un altro detto "ermetico", in realtà risalente a Maria l'Ebrea (III secolo dC): "Se non rendi incorporei i corpi e non rendi corporee le cose prive di corpo, il risultato atteso non ci sarà". In esso è implicita una continuità fra la dimensione corporea e quella incorporea o "spirituale", che operativamente si coglie nel processo della distillazione. E infatti il principale contributo dato alla pratica di laboratorio da Maria consiste nei primi apparecchi distillatori: la kerotàkis (un alambicco in tre parti), il trìbikos, che dal recipiente in basso, a contatto col fuoco, porta il vapore sublimato in tre tubi infissi nel recettorio posto all'estremità superiore e lo raccoglie in tre diversi vasi di vetro, il bagno-Maria, ovvero il riscaldamento per contatto indiretto col fuoco mediante un recipiente con acqua o sabbia. Ma risale alla stessa autrice anche il detto che definisce la distillazione in maniera così criptica da aver assunto arcane valenze simboliche: "Uno diventa due, due diventa tre, e mediante il terzo e il quarto compie l'unità: così due sono uno". Fu però Zosimo, discepolo di Maria, a esplicitare le valenze religioso-salvifiche delle pratiche di laboratorio, definendo l'alchimia un'arte sacra mediante la quale si produce l'acqua divina, o acqua di zolfo. Le operazioni si compiono su "un altare a forma di ampolla", descritto in "sogni" allegorici in cui vengono mostrate le fasi successive dell'opera, dalla separazione al ricongiungimento degli "spiriti" ai "corpi". Leggendo descrizioni del genere dall'interno della nostra cultura, fortemente dualista nel linguaggio e nell'immaginario, tendiamo ad attribuire loro un significato meramente simbolico. Ma Zosimo stava parlando di operazioni di laboratorio ben precise attraverso cui si ottengono sia l'"acqua divina" sia la polvere finissima detta xerìon (da cui l'arabo al-iksir e il latino elixir) che, "proiettata" sui corpi metallici, conferisce loro la perfezione dell'oro. Tuttavia queste operazioni sono anche veicolo di un perfezionamento spirituale, che fa sì che gli alchimisti possano essere definiti "la razza dei filosofi che si pone al di sopra del Fato": l'irriducibilità dell'arte trasmutatoria a nient'altro che pratica o simbolo è già tutta contenuta nei testi delle origini.”