Si crede generalmente che la
neosintesi melanica possa avere inizio solo per azione della luce UV
appartenente al cosiddetto spettro eritemizzante (l
< 0,32 µm con picco di efficienza a 0,25 e a 0,297 µm). Studi di
Pathak hanno condotto allosservazione che anche le onde UV più lunghe e la
luce visibile (l 0,32÷0,5 µm)
possono dare inizio alla formazione di nuova melanina.
Le tappe successive di questo processo si possono così
sintetizzare:
o
scurimento immediato del pigmento nelle aree esposte alla
luce UV con elevata l e alla luce visibile,
accompagnato da lieve iperemia e blando eritema
o
attenuazione o scomparsa del suddetto scurimento nel giro
di 1÷3 ore dallavvenuta irradiazione
o
ricomparsa della pigmentazione nelle stesse aree esposte
dopo un intervallo pari a 48÷72 ore
La controprova che la ricomparsa della pigmentazione è
dovuta a melanina neoformata sia nella pelle chiara che in quella scura,
proviene da biopsie sottoposte a procedimento istochimico (Pathak, 1962).
Lattività tirosinasica era presente in tutte le biopsie provenienti da
aree irradiate, ma solo dopo 72 ore dallavvenuta esposizione alla luce. Era
presente anche una spiccata arborizzazione a carico dei dendriti melanocitari
con incremento dei granuli di pigmento sia in seno a queste cellule che alle
cellule basali dellepidermide.
Pertanto si può affermare che anche le radiazioni UV con l
maggiore, nonché lo spettro visibile, debbono essere inclusi nello spettro
melanogenico.
Più del 50% della radiazione solare che raggiunge la superficie terrestre contiene energia UV e visibile con l pari a 0,32÷0,75 µm. Queste lunghezze donda possono penetrare nello strato corneo e nelle cellule malpighiane per raggiungere le papille del derma.
Vale la pena di sottolineare che lefficacia
melanogenica delle varie l
è differente e che le l < di 0,32 µm
sono ancora le uniche ad avviare in modo più efficace sia leritema che la
melanogenesi.