La melanizzazione dei tessuti
epidermici è un processo che può essere suddiviso in due fasi distinte:
formazione di melanina in seno ai melanociti, cui segue un passaggio dei
melanosomi ai cheratinociti circostanti.
Pertanto l’intensità del pigmento visibile presente
nella cute, nei peli e nelle piume, non è determinato solamente dall’attività
pigmentaria dei melanociti, ma anche dalla velocità di trasferimento e dal
modo di distribuzione dei melanosomi ai cheratinociti.
Una volta entrati nella cellula
epidermica, i granuli di melanina tendono a spostarsi nella parte superiore
della cellula, cioè quella prospiciente il lato esterno del corpo,
disponendosi a cupola al di sopra del nucleo. Questo modo tipico di
distribuzione è spesso usato come argomento a favore dell’azione protettiva
svolta dalla melanina nei confronti del nucleo contro gli effetti dovuti ai
raggi solari.
Numero,
tipo, dimensioni e modalità di distribuzione dei melanosomi
nei
tessuti epidermici
sono tutte caratteristiche sotto controllo genetico
In modo tipico, nelle popolazioni a pelle scura, specie nei Negroidi, i melanosomi sono più grandi che nei soggetti a pelle chiara. Inoltre, i primi vengono trasferiti singolarmente ai cheratinociti, mentre i secondi vengono trasferiti a gruppi di due o più, tenuti insieme da una membrana limitante.
I melanosomi grandi della pelle
scura, raggiunto l’interno dei cheratinociti, rimangono
intatti, mentre i gruppuscoli di melanosomi della pelle chiara
vengono attaccati dai lisosomi ed eventualmente vengono disintegrati,
lasciando come residuo una polvere
di melanina.
Le differenze osservate a carico della forma e della stabilità dei melanosomi può giustificare almeno in parte le differenze razziali del colorito cutaneo e del potere fotoprotettivo della pelle. Non è tuttavia chiaro se la formazione di polvere melanica sia dovuta a differenze razziali circa la natura dei melanosomi dell’individuo oppure a differenze razziali riguardo la quantità di enzimi antiossidanti presenti nelle cellule dell’epidermide.
Le
dimensioni dei melanosomi possono peraltro dipendere dalla velocità di
sintesi del pigmento. Così, l’esposizione ai raggi UV della pelle chiara
provoca un aumento delle dimensioni dei melanosomi fino a raggiungere quelle
della pelle dei Negri non stimolata.
I cheratinociti acquisiscono i granuli di pigmento
attraverso un processo di fagocitosi
di porzioni dei dendriti melanocitari, ma è anche possibile che i
cheratinociti giochino un ruolo attivo nel controllo della velocità di
sintesi melanica e che tutto quanto il problema della pigmentazione coinvolga
delle attività complementari intercorrenti fra
melanociti e cellule epidermiche.
Questo concetto è espresso in modo conciso dalla
classificazione di Fitzpatrick, che parla giustamente di unità
melanica epidermica. Osservando il processo di pigmentazione melanica
non bisogna mettere a fuoco solamente ciò che accade nel melanocita, in
quanto nella pigmentazione della cute vengono coinvolti sia la produzione di
melanosomi che la loro distribuzione grazie alle cellule dello strato di
Malpighi, le quali non debbono essere solo viste come un recipiente passivo
dei melanosomi elaborati dai melanociti: esse giocano un ruolo attivo
attraverso un controllo della velocità di sintesi dei melanosomi.
Pertanto, melanocita e cellula malpighiana, che operano in stretta collaborazione, possono essere considerati come facenti parte di un’unità strutturale e funzionale, l’unità melanica epidermica, analoga sotto certi aspetti ad altre unità funzionali come il nefrone del rene.
Quest’unità epidermica può essere definita come composta da un melanocita cui è associato un gruppo di cellule malpighiane in numero variabile.
Come
ha affermato Masson (1948), ciascuna cellula dendritica
forma un nido insieme a un gruppo di cellule malpighiane dello strato
profondo. Segmenti di dendriti penetrano nelle cellule epidermiche e vengono
mozzati, trattandosi quasi di una donazione
di pigmento che si realizza sia attraverso un processo di fagocitosi
di una parte del dendrita sia grazie a un passaggio diretto di melanosomi
entro le cellule epidermiche.
Nell’uomo il numero delle unità melaniche può variare in modo spiccato a seconda delle diverse aree cutanee. È tuttavia degno di nota il fatto che il rapporto melanocita/cheratinociti in seno all’unità melanica rimane costante, implicando l’esistenza di una certa influenza esercitata dai dendriti. Infatti, fattori capaci di intaccare l’integrità e la proliferazione dei cheratinociti, come traumi, calore, UV, flogosi, hanno pure un effetto indiretto sulla morfologia e sulla funzione dei melanociti.
Sembra quasi che i
melanociti sappiano con precisione cosa stia accadendo nei cheratinociti e
viceversa, e che questa conoscenza reciproca influenzi
profondamente il loro comportamento. Anche se ciò a livello biologico è ben
documentato, la comprensione della natura dei segnali chimici intercorrenti è
ancora poco compresa e rappresenta una promettente area d’indagine e di
scoperte.
Passiamo al pollo e cerchiamo di affrontare il problema di come le melanine vengano trasferite alle piume in via di sviluppo: i melanociti si congregano alla base del germe della piuma posto alla radice del follicolo; adiacenti ai melanociti si trovano i cheratinociti, responsabili della sintesi della cheratina che è la principale proteina della piuma; ambedue i tipi cellulari si trovano a livello del collare del follicolo; i melanociti posseggono numerose proiezioni dendritiche responsabili del trasferimento delle melanine ai cheratinociti delle barbe e quindi della colorazione delle piume definitive.
Chiaramente esistono geni in grado di controllare sia la struttura dei dendriti che il rilascio delle melanine da parte dei melanociti: le mutazioni che intervengono in questo punto del controllo istochimico interferiscono senz’altro con il colore del piumaggio.
Anche
se ne discuteremo a proposito della colorazione lavanda, possiamo anticipare
che l’esame istologico di queste piume in via di sviluppo rivela che il gene
lav riduce il trasferimento delle melanine ai cheratinociti circostanti
senza interferire con la formazione dei melanosomi.