Le
mutazioni consistono in modificazioni del patrimonio genetico che compaiono
inaspettatamente.
Vengono
trasmesse alla discendenza, determinando così nuove razze o varietà.
Quando il comportamento dei cromosomi e dei geni era in
gran parte chiarito a conferma delle leggi di Mendel, ancora non si sapeva con
quale meccanismo i geni potessero comandare la formazione di questa o di quell’altra
struttura organizzata, né in che modo il gene dell’occhio
blu riuscisse a provocare l’esistenza di occhi blu. Beadle era convinto
che questi ultimi segreti dell’ereditarietà sarebbero stati completamente
svelati solo da uno studio basato su ricerche biochimiche.
George Beadle fu il primo ad adottare il metodo chimico che avrebbe rivoluzionato il mondo della genetica. Pensò che il solo modo per approfondire la conoscenza dei cromosomi sarebbe stata l’induzione di mutazioni che comportassero un’unica modificazione.
La Drosophila era un organismo troppo complesso e Beadle la detronizzò a favore della Neurospora crassa, una muffa di un bel rosa corallo - più bello nella realtà di quanto lo sia nella foto - che si sviluppa perfettamente in un mezzo dotato di sali minerali, zucchero e una sola vitamina, la biotina (o vitamina H). A partire da questi alimenti la Neurospora fabbrica tutto ciò di cui ha bisogno.
Neurospora crassa - Ascomiceti
Lavorando con il chimico Tatum, Beadle volle ottenere una varietà di Neurospora che differisse da quella normale solo per un processo biochimico. Irradiò coi raggi X alcune spore al fine di causarne delle mutazioni e le fece sviluppare nel mezzo nutritivo minimo. Alcune spore germinarono e si svilupparono normalmente senza manifestare mutazioni, mentre altre cessarono di crescere. Cosa mancava? Per scoprirlo i due sperimentatori somministrarono diverse vitamine, aminoacidi e altre sostanze necessarie alla crescita.
Al 229° tentativo trovarono che le
spore soffrivano di una carenza di vitamina B6.
Incrociate con spore normali, le spore mutanti trasmisero il loro fabbisogno
di vitamina B6 secondo le leggi di
Mendel. Quando nel 1941
Beadle e Tatum comunicarono il successo dei loro esperimenti, molti
ricercatori si gettarono a capofitto sulla via appena aperta.
Estremamente abbondanti nella Drosophila, le mutazioni hanno permesso di precisare la strana
topografia dei geni di questo moscerino, giungendo a stabilire un parallelismo
rigoroso tra una mutazione e la corrispondente modificazione a carico della
striatura dei cromosomi giganti delle ghiandole salivari. Ciò ha permesso una
localizzazione perfetta di tutti i geni mutanti e quindi dei geni normali
ai quali si erano sostituiti.
Potremmo accontentarci di definire una mutazione come un
cambiamento a carico di un gene che causa una variazione dell’ereditarietà.
Vale la pena di ampliare un po’ questo concetto, affermando che una mutazione corrisponde a qualunque tipo di
variazione che influisca sul materiale ereditario.
Secondo questa prospettiva si finisce per includere tra le mutazioni anche
quei cambiamenti che interessano una parte anche abbastanza estesa del
cromosoma, oppure variazioni numeriche in più o in meno del corredo
cromosomico: in tal caso si parla di aberrazioni cromosomiche.