Vol. 2° -  XIX.9.5.

Applicazioni mancate e genocidi

In Inghilterra, dal 1948 al 1962, i Veterinari statali cercarono di eliminare la forma blanda della pseudopeste, detta anche morbo di Newcastle [1] , malattia dell’apparato respiratorio, provocata da un virus ubiquitario, un Paramyxovirus, che causa la morte solo in qualche pollaio, mentre in altri induce solo una diminuzione temporanea dell’ovodeposizione.

In altri casi né lo stato di salute né la produttività variano in presenza del virus. Nel corso di 14 anni di macellazioni collettive, il numero di capi uccisi andò aumentando e superò, tra galline+tacchini+anatre+oche, gli 11 milioni e ½ nel biennio 1959-61. Alla fine il Governo si rifiutò di pagare i danni dovuti all’eccidio. A partire dal 1962 si cominciò a far uso di vaccino, ma continuò la macellazione collettiva nei pollai infetti.

Nel corso di tutti questi sforzi per debellare la malattia, nonostante l’evidenza che gran parte dei polli era in grado di far fronte alla virosi spontaneamente, non venne fatto alcun tentativo per cercare di verificare se fosse possibile ridurre la piccola percentuale di soggetti suscettibili facendo moltiplicare i geni opportuni dei ceppi resistenti. I meglio dotati geneticamente venivano eliminati con gli altri.

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[1] Per lo più gli eponimi derivano dal nome dello scienziato cui è attribuita la paternità di una scoperta. Nel caso della pseudopeste il nome alternativo deriva da quello della contea inglese di Newcastle upon Tyne ai confini con la Scozia, dove l’epidemia fece la sua prima comparsa in Europa nel 1927. In Italia si registrarono i primi casi nel 1940.