Affinché un marker possa essere usato per costruire mappe genetiche, esso deve essere polimorfico. Qualsiasi caratteristica fisica o molecolare ereditata nella progenie e che differisce tra gli individui di una popolazione e che abbia una frequenza superiore all'1%, è un potenziale marker genetico.
I markers possono essere o regioni di DNA esprimibili o segmenti di DNA anonimi dei quali non si conosce niente, tranne che sono polimorfici.
I numerosi alleli per molecole MHC di classe I e II, gli antigeni del gruppo sanguigno AB0, la presenza di varianti enzimatiche, sono esempi di polimorfismo per sequenze di DNA codificante, il cui pattern ereditario può essere facilmente seguito.
Altri markers invece sono in grado di definire un polimorfismo neutrale, ossia variazioni all'interno di DNA non associate a effetti fenotipici tra gli individui di una popolazione, poiché spesso le mutazioni cadono all'interno di introni o sono mutazioni silenti. Esempi di quest'ultima categoria di markers sono i VNTR basati sugli RFLP. I VNTR (Variable Number of Tandem Repeats) sono sequenze nucleotidiche note ripetute in tandem un numero variabile di volte, precedute e seguite da sequenze di DNA a singola copia. Digerendo il DNA genomico di diversi individui con enzimi di restrizione che tagliano all'interno delle sequenze uniche che fiancheggiano un locus VNTR, si evidenzieranno, dopo corsa elettroforetica del prodotto di digestione, frammenti di lunghezza diversi a seconda del numero di ripetizioni.
Polimorfismi di lunghezza degli enzimi di restrizione, che sono alla base degli RFLP, possono essere dovuti anche alla presenza/assenza nel genoma di un individuo di siti di taglio per enzimi di restrizione. Mutazioni puntiformi all'interno della sequenza riconosciuta da un enzima di restrizione hanno spesso come unico effetto la mancata digestione del DNA da parte di quell'enzima (evidenziabile dalla diversa dimensione dei frammenti dopo elettroforesi). In ogni caso queste variazioni tra gli individui possono essere usate come marcatori per costruire mappe genetiche di linkage.
Nel 1993/94 il Genethon, usando come markers dei microsatelliti, ossia sequenze da 1 a 4 pb ripetute in tandem un numero variabile di volte e intersperse nel genoma, ha costruito una nuova mappa genetica. Sono stati mappati 2.066 dinucleotidi (AC)n, ottenendo 1.266 intervalli per una distanza di 3.690 cM. La distanza media tra i markers è di 2,9cM, ma il 56% è ad una distanza di 1cM. Queste mappe possono essere usate per mappare in particolare geni responsabili di malattie monogeniche.
Recenti mappe consensus di alcuni cromosomi hanno una distanza tra i markers di circa 7-10cM. Inizialmente i markers sono stati isolati in maniera casuale da libraries genomiche e successivamente mappati su un dato cromosoma. Oggi nuove tecniche permettono di isolare markers DNA cromosoma-specifici partendo da libraries cromosoma specifiche. Queste possono essere realizzate mediante l'uso di uno strumento, chiamato FACS (Fluorescence Activated Cell Sorter), che permette di separare i vari cromosomi di una sospensione, colorata con fluorocromi, in base alla intensità di fluorescenza che a sua volta è direttamente proporzionale alla grandezza del cromosoma.
Il cromosoma isolato
è digerito con enzimi di restrizione e i frammenti sono clonati in specifici
vettori. Sempre per ottenere markers per una regione subcromosomica specifica
(ad es. una banda cromosomica) si può usare la tecnica della microdissezione.
Un micromanipolatore dotato di aghi molto sottili è usato per tagliare una
particolare banda da un preparato metafasico colorato con tecniche di
colorazione differenziale e osservato al microscopio. La regione di interesse
è così isolata e clonata mediante PCR. Il DNA così ottenuto può essere
usato come sonda per l'ibridazione e per identificare grandi inserti di DNA
presenti nelle libraries genomiche.