Diane Haughney e Pedro Marimán (Población Mapuche: cifras y criterios, 1993) hanno condotto un'approfondita analisi dei dati del censimento cileno del 1992 - che per la prima volta includeva una domanda sull'appartenenza a qualcuna delle culture indigene del Paese - e sono giunti alla dimostrazione che la popolazione Mapuche è molto più numerosa di quella segnalata dagli studi accademici; hanno inoltre focalizzato il fatto che la maggior parte dei Mapuche vive nelle città e che il 44% dei soggetti con età pari o superiore a 14 anni vive nella Regione Metropolitana di Santiago, mentre solo un 15,49% vive nella IX Regione, La Araucanía.
A testimonianza della diffusione di questo popolo nei secoli passati, anche altre Regioni posseggono una popolazione Mapuche, ma la sua percentuale - eccettuata ovviamente la Regione Metropolitana - va scemando sia a nord che a sud di Santiago, per riprendere consistenza dopo la Regione del Maule, cioè nell'VIII Regione, quella del Bío Bío.
In totale gli Araucani cileni assommano a 928.060 e rappresentano il 9,6% dell'intera popolazione.
La IX Regione cilena si estende per 31.858 km² ed ha per capoluogo Temuco con 176.712 abitanti, dei quali 38.410 sono Araucani; Temuco è la città con popolazione Mapuche numericamente più elevata (21,73%), ma la percentuale maggiore in assoluto è rappresentata da quella del comune di Saavedra (63,71% su un totale di 9.594 abitanti). Mapuche indica non solo una popolazione, ma anche la lingua indigena più parlata in Cile nonostante sia più corretto denominarla Mapudungun, ove dungun significa linguaggio.
Fig.
IX. 2 – Famiglie linguistiche sudamericane
da http://www.sil.org/ethnologue
Secondo Barbara Grimes (Ethnologue, 1996) parlano il Mapudungun 440.000 persone: 400.000 in Cile (200.000 lo usano in modo corrente) e 40.000 in Argentina (province di Neuquen, Rio Negro, Chubut, Buenos Aires, La Pampa).
Agli Araucani si deve il nome del pino Araucaria, introdotto in Europa nel 1795: la specie originaria del Cile, l'Araucaria araucana, rappresenta per questa nazione un'importante risorsa forestale utilizzata per infissi, imballaggi e carta.
Fig. IX. 3
- La Araucanía: gli Araucani, costituiti dai clan Picunche,
Huilliche, Chiloé e Mapuche, si estendevano anche a nord del fiume Bío Bío,
considerato il limite settentrionale etnografico in senso stretto.
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Una tribù ritenuta imparentata coi Guaraní [1] del Brasile centrale valicò le Ande intorno all’800-700 aC e si stanziò nella parte centrale del Cile. Successivamente si diffuse a nord sino ai confini del deserto di Atacama - tagliato dal Tropico del Capricorno, una delle zone più aride della Terra - e guadagnò anche lande più ospitali raggiungendo l’Isola di Chiloé, 43° parallelo sud.
I nuovi immigrati si attribuirono il nome di Mapuche, che significa Popolo della Terra (mapu = terra, che = popolo). Quando giunsero in Cile erano cacciatori e raccoglitori e sulla costa avevano di che saziarsi con l’abbondanza delle forme ittiche. Col passare del tempo divennero anch’essi agricoltori e quelli stanziati più a nord appresero l’irrigazione dagli Atacamenos [2] che vivevano nel deserto. Nonostante fossero diventati agricoltori e praticassero con passione la caccia, rimasero sempre permeati di spirito battagliero, tant’è che guerreggiare rappresentava un ingrediente della vita quotidiana, per cui le altre popolazioni cercavano di stare alla larga da questi attaccabrighe: finire nelle loro mani significava morte sicura dato che i Mapuche non possedevano il concetto di prigioniero, essendo pratica comune decapitare i nemici e usarne il cranio come trofeo e come boccale.
Gli Araucani sono anche detti Auca che in quechua significa ribelle oppure feroce. Gli Inca denominarono appunto auca quei Mapuche dell'area del fiume Maule che non si sottomisero al loro dominio.
Esteban
Erize, nel Diccionario comentado
Mapuche-Español etc (1960) riporta il significato di Auca:
§
Auca,
aggettivo - vocabolo comune al mapudungun, al quechua e all'aymará:
disobbediente, ribelle, discolo, fuggitivo, selvaggio, ombroso (riferito al
cavallo); cosa falsa, finta.
§
Auca,
sostantivo: cavalla ribelle, ombrosa.
Gli Inca chiamarono Auca i Mapuche in quanto opponevano resistenza alla loro dominazione e costoro si vendicarono ingegnosamente accettando la parola ed applicandola ai loro animali da soma. Oggi in mapudungun Auca sta a designare la cavalla, che anticamente era detta domo kawellu.
Pertanto si è verificata una trasformazione semantica: da una peculiarità comportamentale - cioè ribelle - dei Mapuche, si è passato più tardi ad attribuire tale comportamento alla cavalla (Carlos Ramirez, comunicazione personale, 1998). Quindi, se un giorno ci recheremo in Araucania, facciamo attenzione a non dare dell'Auca a un Mapuche.
Popolazione indigena sudamericana, gli Auca, o meglio i Mapuche, rappresentano il gruppo più meridionale dei Pueblo Andidi che al tempo della conquista spagnola vivevano raccolti in confederazioni di tribù nella zona andina del Cile. La loro cultura originaria era assai elevata e ricca di elementi andini, presenti anche nei tratti fisici.
L’indole selvaggia, nonostante abbia contribuito all’isolamento, aiutò questo popolo a sopravvivere, mentre altre genti ben presto scomparvero quando il ciclone europeo si scatenò sulle Ande. Tuttavia i Mapuche possedevano il loro tallone d’Achille, che consisteva nella mancanza di organizzazione politica e militare. I Capi non avevano un effettivo potere in quanto assolvevano essenzialmente al compito di Consiglieri. Ogni villaggio faceva a sé invece di legare con il resto della tribù.
Lo spirito d’indipendenza è un’arma a doppio taglio: infatti nel 1471 le truppe di Topa Inca Yupanqui invasero i territori degli Atacamenos, non risparmiando i Mapuche del nord. Quelli che riuscirono a svignarsela trovarono rifugio nelle dense foreste del sud con gli altri Mapuche che qui abitavano. Gli Incas si arresero di fronte a questa fortezza naturale impenetrabile, frequente via di salvezza nei secoli a venire. Quei Mapuche che finirono sottomessi appresero dagli Inca le tecniche d’allevamento e si perfezionarono nell’irrigazione dei campi.
Come abbiamo già visto, nel 1535 si scatenò il primo tornado spagnolo capeggiato da Almagro, ma estinse i suoi turbinii nell'attraversare il deserto di Atacama: quando gli Spagnoli ne sbucarono stremati, i Mapuche li aspettavano al varco. I fucili e la tattica degli Europei ebbero ugualmente ragione, per cui i Mapuche ripiegarono nuovamente nelle foreste del sud. Visto che non c’era nulla di particolare da razziare né qualcosa che valesse la pena di un soggiorno, Almagro se ne andò.
Nel 1540 fu la volta delle brame di Pedro de Valdivia che si inoltrò nel deserto approdando sulla costa pacifica: sgominò e trucidò gli Atacamenos, e nel 1541 intitolò a un Santo, San Giacomo, la città da lui fondata.
Se io fossi quel Santo, tanto romperei le tasche al Padreterno per tutte queste strampalate, grottesche e sanguinose violazioni dei diritti d’Autore, tanto le romperei che di una città non rimarrebbe pietra su pietra. Un conto è plagiare un nome basandosi sull’Amore di Cristo, un conto è plagiare moltiplicando a tal punto le gocce di sangue cadute dalla Croce da far straripare un fiume devastatore. Così va la storia, che è ripetitiva, e peraltro molto facile da prevedere.
I Mapuche, sottomessi, non se ne stavano con le mani in mano: uno di loro, Lautero, imparò dagli intrusi tutto quanto c’era di più utile per sferrare un attacco. Nel 1553 affrontò Valdivia, lo sconfisse, lo fece prigioniero e la tradizione dei Mapuche non si smentì: Valdivia venne ucciso.
Dopo la vittoria del 1553 i Mapuche presero un po’ di respiro, ma per breve tempo: già nel 1556 la Provvidenza inviava Garcia Hurtado de Mendoza a reclamare quanto era degli Spagnoli (!?). Caupolican non ebbe la fortuna di Lautero: catturato, fu giustiziato e gli attacchi dei Mapuche segnarono il passo.
Nel 1569 i Mapuche furono ribattezzati, stavolta dagli Spagnoli, col nome di Araucani: l'apparizione in quell'anno de La Araucana, il maggiore tra i poemi epici spagnoli sulle campagne militari contro gli Amerindi - opera del conquistador Alonso de Ercilla y Zuniga alle dipendenze di Garcia - consacrò definitivamente il nuovo appellativo dei Mapuche che non ha nulla a che vedere con Auca.
Infatti Esteban Erize (ibid.) puntualizza che Araucano è vocabolo spagnolo usato per designare gli indigeni cileni della zona di Ragco (toponimo mapuche composto da Rag, argilla grigia, e Co, acqua: acqua argillosa) che prende il nome da un ruscello situato colà. Negli Atti del Capitolo di Santiago dell'11 agosto 1541 Ragco appare trasformato in Rauco e Pedro de Valdivia poco dopo lo designa come Arauco. Questo vocabolo venne presto esteso alle aree limitrofe e i cronisti del XVIII secolo, tra i quali l'Abate Molina, già ne fanno menzione per le tribù del sud, venendo quindi gradualmente applicato a tutte quelle popolazioni che in Cile e Argentina parlavano lo stesso idioma. Ma i Mapuche hanno sempre considerato il termine Araucano come abominevole essendo una creazione dello straniero e lo ritengono spregiativo.
Quindi, un motivo in più per chiamare un Mapuche sempre e
solamente Mapuche.
Fino al 1641 - quando fu stipulato un trattato di pace - gli Araucani continuarono in azioni di disturbo radendo ogni tanto al suolo alcune città; al trattato seguì un periodo di quiete e nel 1773 i Mapuche finirono per firmare un trattato con la Spagna che si degnò di riconoscere loro una grande autonomia la quale diede vita a una confederazione di 4 Stati governati da capi ereditari, detti Toquis.
A partire dal 1850, con l’immigrazione massiccia di Europei, il governo violò le frontiere dei territori indiani rimettendo in movimento l’apparato bellico. Nel 1861 un avventuriero francese, l’avvocato Orélie Antoine de Tounens, integratosi con gli Indigeni, si fece proclamare Re di Araucania col nome di Orélie Antoine I. Organizzato un esercito di 40.000 uomini, scatenò la guerra contro i Cileni, venne fatto prigioniero nel gennaio 1862, fu rinchiuso in un manicomio e più tardi, dietro intervento del Governo Francese, rimandato in Europa; ma fece ritorno presso gli Araucani nel 1869 riprendendo la guerra per alcuni mesi, finché dovette rientrare definitivamente in Francia.
Le operazioni militari del 1880-81 assicurarono la completa sottomissione degli Araucani, una parte dei quali poté rifugiarsi in Argentina. A questa fase finale dell’excursus storico dei discendenti dei Guaraní è legata la morte di Michiqueo-Toro-Mellin, l’ultimo capo mapuche che diede molto filo da torcere, capace anche a difendersi da solo contro 20 fucili con l'uso della sola lancia. Fu lui che diede a Bustos l’Araucana dagli orecchini.
Un tempo gli Araucani si spingevano anche verso est, dalla provincia argentina di San Juan sino a quella di Rio Negro, scendendo da qui sino alle pampas. Praticamente scomparsi gli Huilliche, i Picunche e i Chiloé, sia per stragi e malattie sia per fusione etnica, sono rimasti i Mapuche che hanno cercato di mantenere le proprie tradizioni e organizzazioni, pur acquisendo alcuni costumi cileni. Sotto il governo Allende, e solo per un breve periodo, fu loro riconosciuta una certa autonomia.
I movimenti indigeni mapuche hanno ripreso energia in questi ultimi anni, tant'è che si verificano frequenti contese con la giustizia cilena, con la polizia, nonché coi connazionali i quali continuano a ingannare e a imbrogliare i Mapuche, soprattutto per quanto riguarda il dominio dei territori. Gli stessi Mapuche si autodenominano ribelli contro l'ingiustizia del Cileno (Carlos Ramirez, comunicazione personale, 1998).
[1] Guaraní: gruppo etno-linguistico dell'America del Sud che costituisce il ramo meridionale delle genti Tupí. I Guaraní, noti fino al sec. XVII con il nome di Carijó o Cario, erano stanziati dalla costa atlantica del Brasile meridionale fino al Paraguay. Ma alcuni gruppi erano giunti anche fino al Paraná, al Rio de la Plata e in Bolivia. I Tupí, anch’essi gruppo etno-linguistico dell'America Meridionale, comprendeva un vasto numero di popolazioni un tempo stanziate dal basso corso del Rio delle Amazzoni e dei suoi affluenti meridionali sino alle regioni costiere settentrionali e centrali atlantiche dell'odierno Brasile. Sembra abbiano progressivamente occupato le loro sedi nello stesso periodo in cui i Caribe invadevano l'Amazzonia. Durante la conquista europea del subcontinente erano ancora in fase di espansione, distruggendo o fondendosi con genti indigene più antiche. In origine cacciatori e pescatori, acquisirono dagli Arawak la coltivazione del mais, della manioca, del tabacco, l'allevamento dei maiali selvatici che integrò il precedente addomesticamento di scimmie, armadilli e uccelli. Dagli affini Guaraní adottarono l'usanza delle pitture corporali e dei tatuaggi; da altre genti più arcaiche l'uso di piattelli labiali. Organizzati in clan patrilineari di grandi famiglie patriarcali, vivevano in gruppi isolati. Tradizionali erano: l'uso di ornamenti di piume d'uccello, il cannibalismo rituale dei prigionieri di guerra, la sepoltura entro grandi urne di terracotta, la nudità completa, l'uso dell'arco e delle trappole.
[2] Gli Atacamenos sono praticamente estinti. Parlavano il cunza, una lingua diversa da quella dei dominatori incaici.