Vol. 1° -  VIII.15.4.

Il Faraontacchino

Pochi animali come il tacchino sono stati gravati di un fardello così eterogeneo di nomi capaci di tessere un dedalo tanto tortuoso che nemmeno un linguista provetto è in grado di trovarne l’uscita.

Fig. VIII. 44 - Il trattato di Georg Gottlob Richter - 1789
È qui che è contenuto il Faraontacchino.

Lo stesso Richter, che nel 1789 pubblicava Praecepta Diaetetica, doveva non aver visto mai un tacchino nonostante si peritasse di prescrivere i vari volatili con precise indicazioni terapeutiche. La nomenclatura binomia era stata ideata da Linneo già nel 1751, e fu introdotta a partire dal 1753. Richter cade in confusione, imperdonabile per un Archiatra del Re di Gran Bretagna, in quanto, dopo aver parlato del genere dei Pavoni, Genus Pavonum - e proprio di Pavoni si tratta in quanto adornavano i sontuosi banchetti dei Romani, qui solennes Romanorum epulas ornabant - passa a trattare di un uccello che potrebbe essere identificato col tacchino, ma probabilmente corrisponde alla faraona.

Da sottolineare che di Richter non assegna a tale volatile alcun genere d’appartenenza. I Romani conoscevano i pavoni, ma altrettanto bene conoscevano la faraona, la Numidica, la cui importazione in Roma a scopo d’allevamento sarebbe avvenuta dopo la caduta di Cartagine (146 aC) in quanto, secondo J.André, quest’uccello era sconosciuto ai tempi delle guerre puniche. Ecco il testo di Richter:

D) Gallos indicos, seu calecutenses, [Welscher Hahn] quos ex India (seu novo orbe), alii ex Numidia primum venisse volunt: horum pulli duorum aut trium mensium tenerrimi, saporis suavissimi, digestionis promptissimae.

D) I Galli indiani, o di Calicut, in tedesco Welscher Hahn, che alcuni affermano essere giunti la prima volta dall’India (o Nuovo Mondo), altri invece ritengono siano giunti dalla Numidia: di questi galli, i novelli di due o tre mesi sono tenerissimi, di sapore oltremodo soave, e sono digeribilissimi.

Richter non è in grado di dare una collocazione geografica alla Faraona e ai Galli indiani, in quanto la Numida meleagris è africana e non delle Americhe, né dell’Asia dove si trova Calicut. Siamo di fronte a un Giano bifronte, a un Faraontacchino.

Il fatto di non riuscire a discriminare sia storicamente che geograficamente i due uccelli è molto più perdonabile dell’incapacità di differenziare sic et simpliciter tratti morfologici alquanto diversi, che solo un occhio rivestito di pelle di salame non è in grado di recepire. Richter di questi uccelli aveva solo e sempre sentito parlare, affidandosi maldestramente al pressapochismo che ancora regnava alla fine del 1700.

Se Varrone avesse visto le Faraone, oppure no, non ve lo saprei dire, però posso dirvi che scrisse a ragion veduta, poiché era abituato a sporcarsi le mani di pollìna.

Gallinae Africanae sunt grandes, variae, gibberae, quas meleagrìdas appellant Graeci. Hae novissimae in triclinium ganearium introierunt e culina, propter fastidium hominis. Veneunt propter penuriam magno.

Le Galline Africane sono grandi, variopinte, gibbose, chiamate meleagridi dai Greci. Queste galline di recentissima acquisizione sono passate dalla cucina ai triclini delle taverne a causa del gusto delicato della gente. Siccome ve n’è penuria vengono vendute a caro prezzo.

La congiunzione seu usata da Richter non è disgiuntiva come lo sarebbe aut. Sia seu che aut significano o in italiano, però seu esprime oppure, mentre aut distingue pensieri essenzialmente diversi. Quindi i Gallos indicos di Richter provengono dall’India, cioè dall’Amerindia o Nuovo Mondo, salvo che, secondo altri, non vengano dalla Numidia. Non si comprende perché a Richter, riportando anche l’aggettivo calecutenses, non baleni in mente di volerne analizzare il significato, che lo indurrebbe a riconoscere l’Asia come possibile patria di questi uccelli, se non proprio come patria, perlomeno come corridoio battuto chissà quanti secoli prima per giungere in Europa. A questo punto taccio, altrimenti inizierebbe una tarantella che è meglio rimandare a tempi migliori.

Richter confonde tacchino e faraona anche per un altro motivo: consiglia l’impiego dei novelli. Orbene, io non ho mai sentito che qualcuno rinunzi al piacere di mangiarsi un bel tacchino maturo, prelibato e tenero, solo per il fatto di prendersi un buon ricostituente generale come lo sono i suoi novelli i quali funzionano anche da Viagra visto che il pivello, oltretutto, è sexui congruens.

Ho chiesto a Hoffmann cosa ne pensa di questo impiego precoce dei tacchinelli. Anche secondo lui Richter ha preso un granchio, in quanto stava parlando di faraona, la quale, invece, sì che viene cucinata giovincella. Ecco lo stralcio della lettera di Edmund Hoffmann, 20 marzo 1996:

Re Gottlob Richter. I don’t know the age at which Guinea fowl was considered fit to eat in earlier time. It is nowadays eaten at 12-13 weeks of age. I am not much impressed by Gottlob Richter because he should have been better informed writing in 1789. Not to know the true origin of the turkey at that late date is incredible.

A proposito di Gottlob Richter. Non so a che età, in passato, la faraona fosse considerata adatta per la pentola. Attualmente viene mangiata quando ha 12-13 settimane. Non sono molto impressionato da Richter, perché avrebbe dovuto essere meglio informato, dal momento che scriveva nel 1789. Il fatto di non conoscere la vera origine del tacchino in una data così recente, è incredibile.

 

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