Il Popolo Eletto doveva osservare alcune regole fondamentali sulle quali Dio non transigeva, per cui in Palestina l’arte iconografica non si è evoluta in quanto non è neppure nata. Credo non valga la pena di riassumere le parole di Phyllis Glazer, in quanto si tratta di un testo conciso e pieno di spunti per ulteriori ricerche: Mense e Cibi ai tempi della Bibbia è un libro prezioso non solo per chi s’interessa di antiche ricette, ma anche per quelli che, come noi, sono a caccia di notizie storiche precise:
«Lo sviluppo
dell'arte presso gli antichi israeliti è stato fortemente condizionato dalla
proibizione religiosa di raffigurare la divinità, più volte ribadita nei
libri della Bibbia, per impedire il diffondersi dell’idolatria. Scultura e
pittura sono messe al bando da questa proibizione; restano solo, oltre l’architettura,
dipendente di solito da artisti stranieri, alcune modeste manifestazioni delle
arti minori.
«Si affermò per
lo più solo il rilievo su sigilli e quello su placche d'avorio. I sigilli,
appartenenti al tipo da imprimere, non da rotolare, risentono dell’influenza
egiziana sia nella forma scaraboide sia nella maggior parte dei motivi
figurativi: grifi, sfingi, dischi solari alati, ma anche per esempio un gallo
e un leone. Analoghi sono i motivi delle piccole placche d'avorio che ornavano
mobili e pareti dei palazzi: se ne sono rinvenute a Samaria, a Megiddo
[1]
e a Hazor. Fra gli altri
oggetti ornamentali si annovera una scatola d'avorio con quattro leoni
sbalzati all'intorno.
«In tutta
quest'arte minore si riscontra non solo l’influsso egiziano ma anche quello
fenicio e in genere siro-palestinese, per cui non si può parlare di un'arte
ebraica con caratteri propri. Ecco quindi che volendo in qualche modo
illustrare mense e cibi della Bibbia dobbiamo rivolgerci all’arte egiziana e
medio-orientale di cui, grazie alle scoperte archeologiche, abbiamo moltissimi
e splendidi reperti.
«Le vicende degli
egiziani, dei fenici, degli assiro-babilonesi sono strettamente intrecciate a
quelle degli israeliti e le relative civiltà presentano molti aspetti comuni
o analoghi pur nella rispettiva specificità. Attraverso le sculture, le
pitture murali, gli ornamenti degli oggetti d'uso, i modellini, le statuette
votive, possiamo farci un'idea della vita quotidiana di quegli antichi tempi.
Le strisce, che come un film ci raccontano gli avvenimenti, vanno lette in
genere da destra verso sinistra, come del resto anche le loro scritture. Ma i
geroglifici si possono leggere anche da sinistra a destra e verticalmente.
«Un discorso a
parte rappresentano suppellettili e utensili di pietra, di ceramica e di
legno, che ritrovati interi o in frammenti pazientemente ricomposti dagli
archeologi, portano un notevole contributo alla ricostruzione della vita
domestica e dei costumi della Palestina nel periodo biblico.»
A pagina 215 eccoci finalmente di fronte a esaurienti notizie sul pollo:
«La più antica
raffigurazione di una gallina nell’arte egiziana è probabilmente quella
dell’affresco ritrovato nella tomba di Tutankhamen. Anche in resoconti
egiziani dell'epoca si parla di un uccello che si alleva in casa e che fa uova
ogni giorno.
«Nell'Antico
Testamento non c'è invece alcun riferimento diretto alle galline, neppure
nella lista di volatili del Deuteronomio e del Levitico. D'altra parte, noi
sappiamo che i marinai di Salomone portavano a casa ogni tre anni carichi di oro, argento, avorio, scimmie e pavoni (1 Re 10, 22).
Forse portavano anche galline?
«Un sigillo di
onice, risalente al VI sec. aC e ritrovato a Mizpa in Israele, raffigura un
gallo che lotta e l’iscrizione del nome Iaazania [o Jezonia]. Lo stesso nome
compare anche nel secondo libro dei Re (25,23). Se si trattasse della stessa
persona potremmo datare la presenza dei polli in Palestina quanto meno a
partire dal VI sec. aC.
«Inizialmente le
galline furono addomesticate per le loro uova. Si trovano conferme a questo in
documenti romani e greci del V sec. aC. I galli invece erano addestrati per la
lotta, uno sport popolare a quell’epoca. Solo nel II sec. aC i polli
divennero un cibo diffuso a Roma e, forse, anche in Palestina. All'epoca di
Gesù gli animali da cortile erano ormai diventati una visione familiare.
«Le uova erano
relativamente rare nel periodo biblico e quelle che arrivavano nelle pentole
dei nostri antenati provenivano in genere da nidi selvatici, ad esempio di
quaglie: le prolifiche quaglie fanno da 6 a 20 uova per volta e tali uova,
anche se piccole, erano considerate, né più né meno di oggi, una
raffinatezza.»
Fig. VIII.
11 - Sigillo in onice di Iaazania
Trovato a Mizpa, in Israele, risale al VI secolo aC.
Anche secondo Finsterbusch il pollo fu noto in Palestina a partire dal VI secolo aC, quando ormai l’Egitto lo allevava in modo intensivo. Le notizie storiche, confortate da reperti ossei, depongono per un impiego esclusivamente sportivo. Pare certo che l’introduzione del Bankiva tra i figli d’Israele fu merito dei Fenici, i lascivi conterranei adoratori del dio Baal.
Mikhael Taran (1973) afferma che il pollo era noto agli abitanti dell’Antica Giudea almeno 600-700 anni prima di Cristo. Gli scavi effettuati a Gibeon, presso Gerusalemme, hanno portato alla luce incisioni di tale epoca raffiguranti gallinacei il cui tipo non può essere determinato; altri reperti sono costituiti da sigilli con galli risalenti al periodo della prima distruzione del Tempio avvenuta nel 587 aC. Si può ritenere che in prevalenza fossero combattenti, talora raffigurati con doppio sperone per enfatizzarne l’abilità.
Mikhael Taran la pensa così, ma potrebbe solo trattarsi di un'interpretazione artistica, in quanto sono possibili almeno due ipotesi molto meno pindariche:
§ mutazione speroni multipli - M - allo stato eterozigote, poiché l'omozigosi comporta da 3 a 5 speroni, tratto distintivo del Sumatra puro
§ mutazione sperone
supplementare - As - dotata di dominanza completa e che
determina, anche negli eterozigoti, un secondo sperone bilaterale appena al di
sopra di quello normale.
[1] Megiddo: antica città della Palestina, nella piana di Esdraelon, nei pressi dell'attuale villaggio omonimo, 10 km a WSW di Afula nel sito di Tell el-Mutesellim. Conquistata da Thutmose III (ca. 1480), rimase vassalla dell'Egitto nell'età di el-Amarna e sotto la XIX dinastia. Nel sec. XII le tribù d'Israele occuparono questa zona, che forse fu abbandonata al tempo della battaglia di Debora e Barac contro Sisera, per essere rioccupata nel sec. XI come città israelitica. Salomone ne fece un centro del suo regno, e a lui si devono le mura a casematte con la porta monumentale, la fortezza a nord e il palazzo principesco a sud; le cosiddette stalle di Salomone, capaci di 500 cavalli, sono però del sec. IX, quando la città fu nuovamente fortificata e la lunga galleria completata per l'approvvigionamento idrico. Megiddo deve la sua fama anche agli intagli in avorio diffusi in tutto il Vicino Oriente.