Il
galletto di Casale Monferrato
nel 1215 si trasferisce ad Alessandria
e poi ad alcuni tifosi dell'Alessandria Calcio
Il galletto di Casale – foto di Renato Villa – 30 giugno 2010
Il seguente stralcio di storia alessandrina e casalese è tratto da Storia degli Alessandrini (1965) di Fausto Bima (Alessandria 1912 - Genova 1981), storico, pubblicista, uomo politico, amministratore di grandi aziende nazionali.
« Nel fondo della storia di Alessandria del secolo XIII vi è il permanente dissidio antagonistico con i marchesi di Monferrato. Limitiamoci a ricordare due episodi salienti. Nel 1215 gli Alessandrini collegati con il conte Tomaso di Savoia, i Milanesi, i Vercellesi e i Tortonesi devastano e mettono a sacco Casale e oltre rubare i corpi dei Santi Evasio, Natale e Proietto, che restituiranno in occasione di uno degli infiniti accordi stipulati con l'animo di violarli, si impossessano di un galletto e di un angelo di ottone che erano sulle torri di quella cattedrale e che fissano sulle guglie del vecchio duomo alessandrino, dove vi rimangono fino al suo abbattimento avvenuto sotto il governo napoleonico. Di come sia finito l'angelo non si sa nulla. Ed è probabile che sia andato ad adornare la casa di qualche amante delle memorie del passato, facendo una fine migliore delle catene tolte dagli alessandrini nel 1282 al ponte dei pavesi che, poste nella cappella di Santa Croce in duomo, secondo quanto racconta lo Schiavina, vennero da un sacrestano ai suoi tempi adoperate per attrezzare il camino della cucina. Il galletto, recuperato, è ancora oggi sulla basilica di ferro e lamiera che sovrasta l'orologio a tre quadranti posto sul fastigio del palazzo del comune di Alessandria. »
Il Palazzo Comunale di Alessandria - Palazzo Rosso
Piazza della Libertà 1
foto di Renato Villa – 30 giugno 2010
Sciarpa di alcuni tifosi dell'Alessandria Calcio
col simbolo del galletto sottratto ai Casalesi nel 1215
foto di Renato Villa – 11 luglio 2010
Secondo alcuni tifosi dell'Alessandria Calcio questo simbolo significa la vittoria, in quanto i Casalesi non vinceranno mai, come gli Alessandrini non avrebbero mai ceduto a Federico Barbarossa. Sulla sciarpa sta scritta la frase che pare sia stata pronunciata da Gagliaudo quando Barbarossa aveva assediato Alessandria nel 1174:
In
cederran mai i Lisandren in cederran
Non cederanno mai gli Alessandrini non cederanno
Stemma dell'Unione Sportiva Alessandria Calcio
L'Unione Sportiva Alessandria 1912 è la principale società calcistica di Alessandria, capoluogo dell'omonima provincia piemontese. Fondata nel 1912, disputò 13 stagioni in Serie A tra il 1929 e il 1960 e 20 in Serie B (l'ultima nel 1975); raggiunse inoltre una finale di Coppa Italia nel 1936. Il periodo più fortunato per la squadra fu quello tra le due guerre, quando con Novara, Pro Vercelli e Casale diede vita al cosiddetto "quadrilatero piemontese", fucina di grandi campioni e di importanti vittorie. Oltre alle vittorie di un campionato di Serie B, uno di Serie C e uno di Serie C2, conta nel suo palmares una Coppa Italia di Serie C, vinta nel 1973, e una Coppa CONI, conquistata nel 1927. Tra i più celebri giocatori che hanno indossato la maglia grigia del sodalizio piemontese sono ricordati il Pallone d'Oro 1969 Gianni Rivera e i campioni del mondo Bertolini, Borel, Ferrari e Rava, oltre a Carlo Carcano e Adolfo Baloncieri. Con il recente approdo in Lega Pro Prima Divisione, la squadra ha definitivamente superato un periodo molto turbolento a livello economico, con problemi interni che l'avevano portata, nel 2003, al fallimento.
Stemma civico di Alessandria
Deprimit elatos Levat
Alexandria stratos
Alessandria umilia i superbi ed esalta gli umili
Per comprendere appieno la frase di Gagliaudo è d'obbligo riportare una sintesi storica cominciando dalla città di Alessandria. La città piemontese di Alessandria fu fondata ufficialmente nel 1168. In quell'anno assunse il nome attuale in onore di Papa Alessandro III (al secolo Rolando Bandinelli - Siena ca. 1100 - 1181 Civita Castellana VT), che sosteneva in quel periodo le azioni della Lega Lombarda contro il Sacro Romano Impero e che ne aveva scomunicato l'imperatore Federico I di Hohenstaufen detto il Barbarossa (Waiblingen, Baden-Württemberg, 1122 – fiume Saleph o Göksu, Asia Minore, 1190). Il 29 ottobre 1174 Alessandria subì un attacco delle forze imperiali che nei mesi precedenti già avevano espugnato Susa e Asti, ma rimasero bloccate di fronte al fossato che circondava la città: cominciò così un lungo assedio che terminò il 12 aprile 1175, Venerdì Santo, con la resa degli uomini del Barbarossa, forse grazie a Gagliaudo.
Gagliaudo Aulari è un personaggio della tradizione popolare nonché la maschera carnevalesca della città di Alessandria. Secondo la leggenda salvò la città durante l'assedio del Barbarossa nel 1174. Stremati dal lungo assedio, gli alessandrini si trovarono a un bivio: arrendersi o trovare un sistema per salvarsi. Mentre il Consiglio degli Anziani era riunito al Castello di Rovereto, intervenne in loro aiuto un popolano, Gagliaudo, pastore e produttore di formaggi, che ideò uno stratagemma. Trovata una vacca, la fece nutrire con tutte le granaglie e i viveri rimasti in città, quindi una sera uscì dalle mura per portare la bestia a pascolare. I nemici lo catturarono e uccisero la bestia, ma rimasero meravigliati dal contenuto del suo stomaco e subito informarono l'Imperatore dell'accaduto. Questi convocò immediatamente il Gagliaudo per interrogarlo. Il vecchio riferì che la città era ben lontana dall'essere sul punto di arrendersi, bensì tali e tanti erano i viveri a disposizione degli alessandrini, che essi avrebbero potuto resistere all'assedio ancora per mesi. Il Barbarossa, alla notizia, decise di togliere l'assedio, senz'altro titillato dalla famosa frase di Gagliaudo: In cederran mai i Lisandren in cederran - Non cederanno mai gli Alessandrini non cederanno.
In cederran mai i Lisandren in cederran - Non cederanno mai gli
Alessandrini non cederanno
da Storia degli Alessandrini (1965) di Fausto Bima