Ulisse Aldrovandi
Ornithologiae tomus alter - 1600
Liber
Decimusquartus
qui
est
de Pulveratricibus Domesticis
Libro
XIV
che tratta
delle domestiche amanti della polvere
trascrizione di Fernando Civardi - traduzione di Elio Corti - revisione di Roberto Ricciardi
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Haec
erit cohortalis officinae dispositio, quam Columellae acceptam ferre
debemus, a qua nonnihil diversa est, quam ponit Varro[1].
Si {ducentas} <ducentos>, inquit, alere velis, locus septus
attribuendus, in quo duae caveae coniunctae magnae constituendae, quae
spectent ad orientem versus, utraeque in longitudinem circa decem pedes,
latitudine dimidio minores, et altitudine paulo humiliores. Utriusque
fenestrae latitudine {bipedali} <tripedali>[2],
et uno pede altiores, {a} <e> viminibus factae raris, ita ut lumen
praebeant multum, neque per eas quicquam ire intro possit, quod nocere
possit Gallinis. Inter duas ostium sit, qua Gallinarius curator earum
ire possit. In caveis crebrae perticae traiectae sint ut omnes sustinere
possint Gallinas. Contra singulas perticas in pariete exculpta sint
cubilia earum. Ante sit, ut dixi, vestibulum septum, in quo diurno
tempore esse possint, atque in pulvere volutari. Praeterea sit cella
grandis in qua curator habitet, ita ut in parietibus circum omnia posita
sint cubilia Gallinarum aut exculpta, aut affixa firmiter, motus enim,
cum incubant, nocet. |
Questo
sarà l’assetto del laboratorio del cortile che dobbiamo
riconoscere come dovuto a Columella, dal quale è un po’ diverso
quello che propone Varrone. Egli dice: Se vuoi allevare 200 soggetti
bisogna assegnare un luogo recintato in cui vanno costruiti due grandi
locali contigui che debbono essere rivolti a oriente, ambedue della
lunghezza di circa 10 piedi, più piccoli in larghezza della metà, e
poco più bassi in altezza. Le finestre di ciascun locale debbono avere
la larghezza di 3 piedi, e debbono essere più alte di un piede, fatte
di vimini a trama larga, in modo da fornire molta luce senza che
attraverso di loro possa entrare qualcosa che possa nuocere alle
galline. Fra i due ambienti ci sia un’apertura attraverso cui possa
passare l’addetto al pollaio, che si prende cura di esse. Dentro ai
locali debbono trovarsi numerose pertiche che li attraversano in modo
tale che possano sorreggere tutte le galline. Di fronte alle singole
pertiche debbono trovarsi i loro nidi che sono stati scavati nella
parete. Sul davanti ci deve essere uno spazio recintato in cui possano
stare durante il giorno e rotolarsi nella polvere. Inoltre vi deve
essere un locale ampio in cui possa stare l’addetto, in modo che
tutt’intorno sulle pareti si trovino tutti i nidi delle galline, o
scavati, o saldamente fissati, poiché quando covano il movimento è
nocivo. |
Haec
ille, quanvis Florentinus non plures, quam quinquaginta in uno aviario
nutriri prohibeat, quod in angusto arctatae labefactentur. Quapropter
aviarium magnum sit, necesse est. Columella ducenta capita unius
custodis curam requirere etiam scripsit, eamque sedulam, ne vel ab
hominibus, aut insidiosis animalibus aliqua diripiantur. Quod vero ad
cortem attinet, ea ad meridiem pateat, et soli obiecta sit, quo facilius
hyeme aliquem tepore<m> concipiat. Porticus furcis, asseribus, et
fronde formandi, {quae} <qui> vel scandulis, vel si copia suppetit,
tegulis, vel, si facilius, et sine impensa placuerit, caricibus, aut
genistis tegendi, ut aestate caloris saevitia temperetur, animaliaque
ceu in umbra degant. Columella[3] monet, ut pulvis siccus,
et cinis, ubicunque cohortem porticus, vel tectum protegit, iuxta
parietes reponatur, ut sit, quo aves se perfundant. Nam his rebus,
inquit plumas, pennasque emundant, si modo credimus Ephesio {Heracleto}
<Heraclito>, qui ait[4],
sues coeno, aves cohortales pulvere vel cinere lavari. |
Queste
le sue parole, benché Florentino vieti che in un solo pollaio vengano
allevate più di cinquanta galline, in quanto pigiate in un posto
angusto si indebolirebbero. Motivo per cui è necessario che un pollaio
sia ampio. Columella ha anche scritto che 200 soggetti richiedono
l’impegno di un solo custode, e tale impegno deve essere attivo,
affinché alcuni soggetti non vengano saccheggiati dagli uomini o da
animali pericolosi. Ma per quanto riguarda il cortile, esso deve essere
aperto a sud e deve essere esposto al sole, in modo che d’inverno
possa assorbire più facilmente un po’ di tepore. Bisogna costruire
dei portici con forcelle, travi e ghirlande di foglie, i quali vanno
ricoperti o con assicelle, o con tegole se sono in quantità
sufficiente, oppure, se sembrerà più facile e senza spesa, con canne
palustri o con ginestre, affinché d’estate venga mitigata
l’intensità del calore e gli animali possano vivere come all’ombra.
Columella suggerisce che dappertutto dove il portico o il tetto
proteggono il cortile, venga deposta vicino alle pareti della polvere
asciutta e della cenere, affinché ci sia un posto dove i volatili
possano fare il bagno. Infatti, dice, con queste cose si ripuliscono le
piume e le penne, se appena crediamo a Eraclito di Efeso, il quale dice
che i maiali si lavano col fango, i volatili da cortile con la polvere o
con la cenere. |
Qui
itaque emolumenti causa hocce avium genus educare volunt, aediculam
qualem ex Columella, vel ex Varrone descripsimus, aedificare poterunt,
et quae sequentur, diligenter observare. Nonnulli, teste Leontino, {domunculos}
<domunculas>, et nidos purgant, ipsasque aves sulphure, asphalto,
pice{a} lustrant, sed et ferri laminam, ac clavorum capita, atque lauri
surculos imponunt nidis, ut quae ad arcenda prodigia (textus Graecus
habet διοσημείας
tempestates) omnia magnam vim habere videntur. Sed eiusmodi remedia, ut
diximus nimiam sedulitatem veterum declarant. |
Pertanto,
coloro che vogliono allevare questo genere di volatili per motivi di
guadagno, potranno costruire una piccola casa come l’abbiamo descritta
in base a Columella e a Varrone, e dovranno osservare con diligenza le
cose che seguiranno. Alcuni, testimone Leontinus - un geoponico,
purificano le casette e i nidi, e purificano i volatili stessi, con
zolfo, asfalto - o
bitume, pece, ma mettono sui nidi anche una lamina
di ferro e delle teste di chiodi nonché dei rametti di alloro, in
quanto sembra che tali cose siano dotate di un grande potere nel tenere
lontano tutte le cose nefande (il testo greco ha diosëmeías - prodigi, segni celesti - cioè sciagure). Ma rimedi di questo tipo,
come abbiamo detto, mettono in luce l’eccessiva sollecitudine degli
antichi. |
Gallorum
etiam ratio habenda est ut totius Gallinarum numeri sexta pars mares
sint, sed id minime observatur a nostris Gallinariis, cum alioqui haud
ab re ab antiquis Geoponicis ea norma tradita sit. Quoniam si plures
Gallinae fuerint, Gallum nimio coitu enervant. Si ergo forte evenerit,
quod Gallum vel noviter emeris, vel dono acceperis, eumque in corte tua
{eum} <cum> reliquo grege educare volueris, non temere statim, ac
fortuito solutum dimittes. Sed curabis, si alii Galli ibi sint, ne ab
eis fugetur. Aelianus[5]
eiuscemodi Gallum recentem sponte fugitivum ad suos familiares, et
compascales, utcunque procul allatus fuerit, se recipere tradit, ideoque
custodia ipsum muniendum, et vinculis occultioribus, quam quibus apud
Homerum[6]
{Vulcanus} <Mars> irretitur, coercendum, idque hunc in modum
effici, si ei fidem adhibes, (nam revera fabulam sapit) mensam super qua
cibum capere soles, in medium cortis siste, et Gallum ter circa ipsam
circumferto, atque ita cum caeteris avibus domesticis liberum dimittito.
Sic enim tanquam vinctus nusquam aufugiet. Sed Gallus ad suos non
revertetur, ut ille ait, nisi a vicinis tuis illum emas, nam tunc
propter veterem pellicum amorem facile domum repetit. |
Bisogna
anche tener conto dei galli, affinché i maschi rappresentino la sesta
parte del numero delle galline, ma ciò non viene minimamente tenuto in
considerazione dai nostri addetti al pollaio, nonostante tale norma sia
stata tramandata dagli antichi geoponici non senza motivo. Dal momento
che se le galline saranno troppe, estenuano il gallo con un coito
eccessivo. Pertanto se si sarà verificato che recentemente hai
acquistato un gallo oppure che l’hai ricevuto in regalo, e vorrai
allevarlo nel tuo recinto insieme al restante branco, non lo lascerai
subito andare libero con avventatezza e a casaccio. Ma ti preoccuperai,
se vi si trovano altri galli, che non venga messo in fuga da loro.
Eliano riferisce che un siffatto gallo giunto di recente mettendosi
spontaneamente in fuga si rifugerebbe presso i suoi amici e i compagni
di pascolo, a qualsivoglia distanza sarà stato portato, e che pertanto
bisogna dotarlo di un custode e bisogna legarlo con catene più
invisibili di quelle con cui, stando a Omero, viene intrappolato
Marte
- vedi Vulcano il cornuto - e, se gli vuoi mostrare fiducia
(infatti a dire il vero ha il sapore di una favola), bisogna eseguirlo
nel seguente modo: colloca al centro del cortile il tavolo sul quale sei
solito mangiare e porterai il gallo a farci tre giri intorno, e quindi
lo lascerai libero insieme agli altri volatili domestici. Infatti così
non fuggirà da nessuna parte quasi fosse incatenato. Ma il gallo, come
lui dice, non tornerà dai suoi amici, a meno che tu non lo compri dai
tuoi vicini, infatti allora torna a casa facilmente a causa di un antico
amore per le concubine. |
Quod
vero ad reliquam ὀρνιθοτροφίαν,
seu, ut Columella[7]
vertit, rationem cohortalem attinet, ea iam in solo victu, et potu
consistere videtur. Victus autem ratio ob duas potissimum causas
instituitur, ut scilicet vel ova pariant, et proli {incubant} <incubent>,
vel pro hominum futuro pastu saginentur. Sed cum animantia sint pamphaga,
nihilque non devorent, absumantque naturae suae caliditate {adiuti} <adiuta>,
adeo ut non solum praeter omnia fere granorum genera, omnium animantium
cum terrestrium, tum aquatilium carnibus oblectentur verumetiam nec
humanis stercoribus, nec serpentibus, scorpionibus, eiusmodique
animalibus, venenatis sibi temperent, quinim<m>o conficiant ac
nonnunquam arenas, lapillosque ingluvie sua devoratos, teste Dioscoride[8],
dissolvant: nam cum hos in ventriculo aperto tantum reperire sit, (unde
et Gallicum vulgus, ut scribit Laurentius Io<u>bertus[9]
Gallus, earum avium ventriculum {perie} <periè> vocat a petris,
quas patria lingua peiras dicunt[10])
nunquam vero in intestinis, itaque non dissolvi tantum, sed confici
etiam ab illis quispiam non inepte iudicet, quia non prius descendit
conclusa ventriculo materia, quam sit emollita, et in {chilum} <chylum>[11]
conversa. Quinim<m>o avium genus, maxime earum, quae non sunt
carnivorae, et seminibus pascuntur potissimum, ut Gallinae, ventriculi
membranam habet densissimam, in eaque nativum calorem valde acrem, ut
est in c<h>alybe ignito ob subiecti soliditatem. |
Ma
per quanto riguarda ciò che resta da dire circa l’allevamento dei
polli - ornithotrophían - o, come traduce Columella, ratio cohortalis -
la scienza del cortile, sembra infine che consista solo in ciò che si dà
da mangiare e da bere. Il modo di alimentarli viene stabilito
soprattutto per due motivi, cioè affinché depongano uova e
custodiscano la prole, oppure per essere ingrassati in vista di
un’alimentazione degli esseri umani. Ma dal momento che sono animali
onnivori e che trangugiano e ingollano di tutto, favoriti dal calore
della propria natura, tant’è che traggono diletto, lasciando da parte
quasi tutti i tipi di granaglie, non solo dalle carni di tutti gli
animali sia terrestri che acquatici, ma non si astengono né dalle feci
umane, né dai serpenti, dagli scorpioni e da animali velenosi siffatti,
talora mangiano addirittura anche i granelli di sabbia e, come riferisce
Dioscoride, dissolvono con il loro stomaco i sassolini ingoiati:
infatti dal momento che li si trova solamente nello stomaco dopo che è
stato aperto (per cui, come scrive il francese Laurent Joubert anche la
gente comune francese chiama lo stomaco di tali uccelli periè
dalle pietre, che nella loro lingua dicono peiras) ma giammai
nelle anse intestinali, per cui qualcuno potrebbe concludere non a
sproposito che vengono da loro non solo dissolti, ma anche prodotti, in
quanto il materiale che si trova racchiuso nello stomaco non scende
prima di essere diventato molle e convertito in chilo - oggi detto
chimo. Inoltre il genere degli uccelli, soprattutto di quelli che non
sono carnivori e che si nutrono soprattutto di semi, come le galline,
possiede una parete dello stomaco molto ispessita, e nel suo spessore
possiedono un calore innato molto forte, come è presente in un oggetto
in acciaio arroventato a causa della compattezza del materiale che lo
costituisce. |
[1] Rerum rusticarum III,9,6-7: [6] Nec tamen sequendum in seminio legendo Tanagricos et Melicos et Chalcidicos, qui sine dubio sunt pulchri et ad proeliandum inter se maxime idonei, sed ad partus sunt steriliores. Si ducentos alere velis, locus saeptus adtribuendus, in quo duae caveae coniunctae magnae constituendae, quae spectent ad exorientem versus, utraeque in longitudinem circiter decem pedum, latitudine dimidio minores, altitudine paulo humiliores: in utraque fenestra lata tripedalis, et eae pede altiores e viminibus factae raris, ita ut lumen praebeant multum, neque per eas quicquam ire intro possit, quae nocere solent gallinis. [7] Inter duas ostium sit, qua gallinarius, curator earum, ire possit. In caveis crebrae perticae traiectae sint, ut omnes sustinere possint gallinas. Contra singulas perticas in pariete exclusa sint cubilia earum. Ante sit, ut dixi, vestibulum saeptum, in quo diurno tempore esse possint atque in pulvere volutari. Praeterea sit cella grandis, in qua curator habitet, ita ut in parietibus circum omnia plena sint cubilia gallinarum aut exsculpta aut adficta firmiter. Motus enim, cum incubat, nocet.
[2] Il conforto che la larghezza sia tripedali e non bipedali ci viene anche da Conrad Gessner, Historia Animalium III (1555), pag. 424: Si ducentas alere velis, locus septus attribuendus, in quo duae caveae coniunctae magnae constituendae, quae spectent ad exorientem versus, utraeque in longitudinem circiter decem pedes, latitudine dimidio minores (latitudine paulo minus, Crescenti) et altitudine paulo humiliores. Utriusque fenestrae latitudine tripedali, et co(uno)pede altiores, e viminibus factae raris, ita ut lumen praebeant multum, neque per eas quicquam ire intro possit quod nocere solet gallinis. - Ma anche Gessner ha ducentas invece di ducentos.
[3]
De re rustica
VIII,4,4: Siccus etiam pulvis et cinis, ubicumque cohortem porticus vel
tectum protegit, iuxta parietem reponendus est, ut sit quo aves se
perfundant. Nam his rebus plumam pinnasque emundant, si modo credimus
Ephesio Heraclito, qui ait sues caeno, cohortales aves pulvere lavari.
[4] Eraclito di Efeso, Sulla natura, fr. 37 Diels-Kranz.
[5] La natura degli animali II,30.
[6] Odissea 8,274 sgg. (Francesco Maspero, 1998) The reference in Homer’s Odyssey 8. 266-366, should be to Ares, not Vulcan. (Lind, 1963) - Conrad Gessner, Historia Animalium III (1555), pag. 404: Alectryon quidam adolescens Marti acceptus fuit, quem Mars aliquando cum Venere concubiturus in domo Vulcani pro vigile secum ducebat, ut si quis appareret, Sol oriens praesertim, indicaret. Ille vero somno victus cum Solis ortum non indicasset, Mars a Vulcano deprehensus et irretitus est. Qui postea dimissus, Alectryoni iratus in avem eum mutavit una cum armis quae prius gerebat, ita ut pro galea cristam haberet. Itaque memor deinceps huius rei alectryon, etiam nunc ales, id tempus quo Sol prope ortum est, quo scilicet Vulcanus domum reverti solebat, cantu designat. Fabulam memorant Lucianus, et ex eo interpretatus Caelius Rhodiginus, et Aristophanis Scholiastes, et Eustathius in octavum Odysseae, et Varinus.
[7]
De re rustica VIII,2,6: His enim curis et ministeriis
exercetur ratio cohortalis, quam Graeci vocant ornithotrophian.
[8] La citazione non è farina del sacco di Aldrovandi, bensì di quello di Conrad Gessner, Historia Animalium III (1555), pag. 383: Gallinae calida natura praeditae sunt. nam et venena conficiunt, et aridissima quaeque semina consumunt. et nonnunquam arenas lapillosque ingluvie sua devoratos dissolvunt, Dioscor. - Salvo leggere tutto quanto il testo di Dioscoride nelle svariate edizioni, nonostante un accanimento e una perseveranza da certosino mi è risultato impossibile localizzare questa affermazione di Dioscoride riferita da Gessner. Dioscoride può benissimo aver affermato tutto ciò, oppure si tratta di un’erronea citazione di Gessner a noi propinata da Aldrovandi.
[9]
Laurent Joubert, Disputatio de febribus putridis; in qua tria de febribus
paradoxa L. J. excutiuntur (1580); cited by Aldrovandi as In Apologia
pro paradoxis, Book 7, Decade 2. (Lind, 1963)
[10] Aldrovandi ne ha già parlato a pagina 199: Gallicum vulgus, quod tanquam parergon interiectum esto, inquit Laurentius Ioubertus, Gallinarum ventriculum, si bene memini, periè vocat a petris, quas patria lingua peiras dicunt: quoniam raro absque lapillis reperitur. – Roberto Ricciardi puntualizza che in dialetto alessandrino – oltre che in quello valenzano – si dice pré, essendo preia la pietra.
[11] Confronta per esempio Conrad Gessner, Historia Animalium III (1555), pag. 442: Alii cum vitelli sic in patella assi ad chylum illum pervenerunt, amplius adhuc coquunt, donec materia tota siccari ac denigrari incipiat: quae paulo post iterum liquescet, et multum humorem nigrum et ex adustione graveolentem remittet.